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    Le aziende: bandi Pnrr difficili da decifrare e poco dialogo con la burocrazia

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaBandi Pnrr difficili da decifrare e poco dialogo con i sogetti appaltanti. Per questi motivi tre imprese italiane su quattro trovano complesso e faticoso partecipare alle gare del Recovery Plan e accedere ai relativi fondi. Lo rileva un sondaggio condotto dall’Osservatorio Pnrr di The European House – Ambrosetti (Teha) presentato a Cernobbio, secondo cui il 77% delle imprese che ha partecipato a un bando ha dichiarato «di aver riscontrato difficoltà» legate principalmente alla «complessità di interpretazione» (28%) e allo «scarso dialogo con il soggetto appaltante» (23%). Il sondaggio ha coinvolto 450 amministratori delegati e vertici delle principali società italiane membri del Teha Club.Transizione 4.0 fa la parte del leoneMetà dei rispondenti ha dichiarato di non aver partecipato ad alcun bando «a causa della limitata varietà dei settori produttivi» coinvolti. Tra i partecipanti è emerso che il 36% ha presentato un progetto nell’ambito di Transizione 4.0. Di questi solo l’8% ha sfruttato le risorse per finanziare progetti già programmati prima del Pnrr mentre il restante 92% se ne è servito come volano per nuovi investimenti o ammodernamenti.Loading…La bestia nera della burocrazia Rispetto al rapporto con la pubblica amministrazione l’indagine non evidenzia miglioramenti né nella chiarezza delle informazioni fornite, né nella riduzione dei carichi burocratici, né nella riduzione dei tempi di risposta ed elaborazione delle pratiche. L’Osservatorio di Teha conferma che il 2024 sarà un anno «cruciale» per l’avanzamento del Pnrr, nel corso del quale dovranno essere raggiunti ben 113 obiettivi, di cui 19 legati a riforme e 94 legati a investimenti, con un passaggio dalla fase preparatoria a quella di realizzazione delle opere.Italia seconda per fondi ricevuti in percentualeA livello di erogazione, ad oggi l’Italia ha ricevuto 102,5 miliardi di euro, il 54% del nuovo finanziamento totale. L’importo corrisponde al raggiungimento della quarta rata, collegata agli obiettivi di giugno 2023. Il Governo italiano ha, però, già richiesto la valutazione della quinta rata comunicando di aver raggiunto anche tutti gli obiettivi previsti per la fine del 2023. Qualora la Commissione approvasse anche la quinta rata, l’Italia avrebbe ricevuto complessivamente 113 miliardi di euro, oltre il 58% del finanziamento totale. Attualmente l’Italia si posiziona fra i Paesi con la più alta percentuale di avanzamento percentuale dei fondi ricevuti, seconda solo alla Francia, con 102,5 miliardi di euro erogati, pari al 54% del nuovo finanziamento totale.Ci attende uno sprint finaleCon la revisione approvata dalla Ue nel novembre 2023, il numero di traguardi e obiettivi è stato significativamente aumentato, passando da 527 a 617, con un ampliamento degli obiettivi climatici e della transizione digitale. A livello finanziario la revisione del 2023 ha portato a un incremento della dotazione da 191,6 a 194,4 miliardi di euro. Il nuovo piano prevede uno “sprint finale” più accentuato, con un numero significativamente maggiore di obiettivi da raggiungere nelle fasi conclusive. A partire dalla settima rata fino al termine del piano, sono previsti 348 obiettivi, 99 in più rispetto alla versione precedente. LEGGI TUTTO

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    Salari e risparmi: quei dati

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaDopo la pubblicazione dei dati Istat sulla diminuzione del potere d’acquisto, sul risparmio delle famiglie ai minimi dal 1995 e sull’aumento della pressione fiscale con l’Irpef al top, le opposizioni sono partite all’attacco mettendo all’indice le politiche del Governo Meloni. Sia il Pd che Conte hanno accusato la premier di non aver fatto nulla di quanto promesso e, anzi, di descrivere un Paese di segni positivi che non c’è. Naturale che la sinistra, soprattutto in campagna elettorale, cerchi il lato più scuro dei numeri per mettere all’angolo il Governo ma una domanda dovrebbe farla anche a se stessa. Ossia, come mai con queste cifre non riescono ad aumentare il consenso?E’ vero pure che andrebbe fatta un’analisi più precisa dei dati che ciascuno tira dalla propria parte. La maggioranza illumina quello sull’occupazione, che continua a essere buono, l’opposizione quello dell’erosione dei salari, ma sia per gli uni che per gli altri questi numeri si traducono in domande e scelte. La premier, per esempio, ha già detto che vorrebbe – ha usato il condizionale – confermare il taglio del cuneo fiscale anche con la prossima legge di bilancio ma è evidente che con il quadro illustrato ieri dall’Istat diventa più necessario e urgente. La prudenza è dovuta alla difficoltà di bilancio, come ripete Giorgetti che anche ieri è stato a Palazzo Chigi in vista della presentazione del Def. Sta di fatto che se il cammino è pieno di spine, la sinistra non riesce a trovare la chiave per approfittarne.Loading…Infatti, sia il Pd che i 5 Stelle non si muovono – nei sondaggi – da quella fascia rispettivamente del 20% e del 16% come se gli elettori non vedessero una ricetta alternativa. Ma c’è? Dopo l’exploit della proposta sul salario minimo che ha visto tutto il fronte compatto – da Conte a Calenda – quel treno si è fermato. Mancano proposte chiare, misure-bandiera mentre la destra è sempre in grado di srotolare le sue. Che siano il taglio del cuneo, il Piano Mattei o il salva-case, riescono a dire qualcosa agli elettori. Non tutte le proposte sono concludenti, eppure lo schieramento avversario non ne beneficia. Come se non arasse il campo ma vi facesse solo delle brevi incursioni, dei raid: ora sul salario minimo, ora sulla sanità.Ecco, anche puntare il dito contro quello che il Pd ha chiamato “condono” di Salvini non basta se poi manca una proposta sulla casa, sui bonus edilizi, sugli affitti. Così anche il lato scuro dei numeri di Meloni non diventa un assist per l’opposizione. E anche quel metodo indicato dai leader – di trovarsi insieme solo sui contenuti – non sta funzionando. I contenuti non ci sono, gli scandali giudiziari sì, si veda Bari, e le alleanze saltano. LEGGI TUTTO

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    Bari, rottura Pd-M5s: niente primarie. I due partiti correranno divisi

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaMancava solo l’ufficializzazione pure in casa Pd. A metà mattinata è arrivato il post con il quale Vito Leccese, candidato del PD alle primarie, ha preso atto delle parole di Conte e di quelle del suo sfidante, Michele Laforgia (5Stelle), e ha confermato che il 7 aprile non vi sarà l’appuntamento elettorale per scegliere il candidato di centrosinistra alla poltrona di sindaco di Bari, dopo il decennio di Antonio Decaro. Leccese ha anche confermato: «Resto in campo anche senza primarie».Al macero 25mila schede stampateDopo il post è arrivata pure la disdetta degli alberghi e della struttura sportiva che domenica avrebbero dovuto essere utilizzate per ospitare i sei seggi delle primarie. Andranno quindi quasi sicuramente al macero, perché non utilizzate, tutte e 25.000 schede stampate con i nomi dei due candidati.Loading…Rottura Pd-M5sDopo lo strappo di Conte durante il comizio in piazza Libertà nella stessa giornata degli 8 arresti per corruzione elettorale e voto di scambio – quest’oggi sono iniziati gli interrogatori – è dunque rottura tra Pd e 5Stelle. Nè si crede molto nell’eventualità che l’ex premier, ancora a Bari per una serie di incontri, possa poi vedersi con Elly Schlein, pure nel capoluogo, per quello che avrebbe dovuto essere, alle 18.30, il comizio di chiusura in piazza Umberto in vista delle primarie. La Schlein dovrebbe quindi prendere atto, a sua volta, che Conte ha sotterrato le primarie e procedere oltre per una battaglia, senza perimetro ampio, tutta a sinistra, tra Laforgia e Leccese.Margini ristretti per un ripensamentoLaforgia dal canto suo spiega di aver cercato sempre la soluzione unitaria e che dopo gli arresti per corruzione di ieri aveva chiesto di sospendere di comune accordo l’organizzazione delle primarie, e «dunque attribuire a Conte ogni decisione è irresponsabile, oltre che falso. Gli indagati avrebbero partecipato alle primarie». La posta in gioco per Laforgia «non è la mia candidatura a Sindaco, nè quella di Vito Leccese, bensì il futuro della coalizione di centrosinistra e dell’intera città, che corre il rischio di commissariamento e del rinvio delle amministrative ». Dal Pd è arrivato una sorta di appello finale: il segretario regionale, Domenico de Santis, dice: «Speriamo in un ripensamento». LEGGI TUTTO

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    Dalla bufera giudiziaria alle primarie Pd-M5s saltate: cosa sta succedendo a Bari?

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaUna nuova bufera giudiziaria con una inchiesta per voto di scambio piomba sul voto per le comunali di Bari e spacca il centrosinistra che, in un clima già teso, si preparava a celebrare domenica prossima le primarie per scegliere il candidato sindaco unitario. Il leader del M5S, Giuseppe Conte, in città per partecipare ad una iniziativa elettorale a sostegno di Michele Laforgia, si sfila dalle primarie del 7 aprile annunciando che «non ci sono più le condizioni» per svolgerle seriamente» e confermando il sostegno al proprio candidato. Un scelta che dal Nazareno definiscono «incomprensibile». «Se il Movimento 5 stelle pensa di vincere da solo contro la destra proceda pure – fanno sapere i dem – Ma abbia rispetto per la città di Bari, per gli elettori di centrosinistra e non pensi di dare lezioni di moralità a nessuno. Il Pd resta al fianco di Bari che ha già dimostrato quanto sia importante il Pd come presidio di legalità e di buona amministrazione». La decisione del leader M5s potrebbe creare una pesante spaccatura con i dem che, si ragiona in ambienti del partito democratico, potrebbe portarli a sostenere il loro candidato senza cercare una mediazione nell’ambito del campo largo, che ora esce decisamente ammaccato da questa vicenda.L’inchiesta per voto di scambioL’inchiesta giudiziaria che ha fatto irruzione nella politica pugliese ha portato otto arresti e ha toccato la giunta regionale guidata da Michele Emiliano (della quale fa parte anche il M5s) con l’assessora regionale Pd, Anita Maurodinoia, soprannominata ’lady preferenze’, indagata per voto di scambio che si è dimessa dall’incarico e dal partito. Ai domiciliari sono finiti suo marito, Sandro Cataldo, leader del movimento ’sud al centro’ e il sindaco di Triggiano Antonio Donatelli. Le accuse sono di compravendita di voti (pagati anche 50 euro l’uno) per le elezioni in due comuni della provincia di Bari e per le regionali.Loading…Schlein: non tolleriamo voti comprati«Il Partito Democratico – dice la segretaria del Pd, Elly Schlein, – non accetta voti sporchi. Non tolleriamo voti comprati. Chi pensa che la politica sia un taxi per assecondare ambizioni personali senza farsi alcuno scrupolo non può trovare alcuno spazio nel partito che stiamo ricostruendo, qui deve trovare porte chiuse e sigillate».La commissione di accesso inviata dal Viminale a BariL’inchiesta segue altre due indagini sul presunto voto di scambio che, nei mesi precedenti hanno portato agli arresti di due ex consigliere comunali di Bari, con l’ombra anche di infiltrazioni mafiose, tanto che a Bari è al lavoro da giorni la commissione di accesso inviata dal Viminale che valuterà se ci siano infiltrazioni mafiose nell’amministrazione e deciderà se sciogliere il Comune. Il caso Bari è anche all’attenzione della commissione parlamentare antimafia che nei prossimi giorni sentirà anche il governatore pugliese, Michele Emiliano e il sindaco Antonio Decaro.I rapporti incrinati tra Emiliano e DecaroTra gli ultimi due il rapporto è stato incrinato dal presunto incontro che, secondo quanto raccontato pubblicamente (e poi parzialmente rettificato) dal governatore durante una manifestazione a Bari, sarebbe avvenuto diversi anni fa con la sorella del boss di Bar Vecchia, Antonio Capriati. Il sindaco ha smentito di essere mai stato presente e commenta questa nuova inchiesta dicendo di «non essere sorpreso». E aggiunge: «Per primo, durante le ultime elezioni, ho fatto delle denunce circostanziate, ne ho fatte tre. Due di quelle erano per persone che votavano per me, per liste legate al mio nome». E mentre il centrosinistra è in fiamme e il centro destra non ha ancora un candidato sindaco, la premier Meloni interviene sul caso Bari e le polemiche per l’invio della commissione del Viminale e ribadisce: «Possiamo discutere se la norma sullo scioglimento Comuni è adeguata, ma non si può chiedere che amministrazioni di sinistra siano trattate diversamente dalle altre». «Non entro nel merito, la questione non è politica, ma questo governo – ha aggiunto – ha sciolto diversi Comuni e nessuno si è stracciato le vesti. Questa Italia in cui la sinistra ha più diritti degli altri non mi è mai piaciuta». LEGGI TUTTO

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    Una nuova stagione per il «marziano» Marino, l’ex sindaco di Roma candidato alle europee con verdi e sinistra

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaIgnazio Marino sarà candidato nelle liste della Alleanza Verdi e Sinistra alle elezioni Europee. E correrrà come capolista nella circoscrizione Centro. La decisione, nell’aria da giorni, è stata ufficializzata oggi, in una conferenza stampa presso la Sala Stampa Estera a Palazzo Grazioli. Marino dal 2016 è tornato alla Thomas Jefferson University di Filadelfia dove era stato il direttore dell’Istituto trapianti d’organi e dove oggi riveste il ruolo di vicepresidente esecutivo. Ha scelto di tornare in campo e posizionarsi alla sinistra di quello che fu il suo partito (il Pd, per il quale si candidò anche alle primarie da segretario, nel 2009).Il ritorno del sindaco «marziano»Il professore di chirurgia, che potrebbe essere il numero uno nella circoscrizione Centro, era sparito dalla scena politica dopo la “defenestrazione” da sindaco di Roma ad opera degli stessi consiglieri comunali dem, che lo “sfiduciarono” dimettendosi in massa davanti a un notaio, interrompendo a metà il suo mandato, iniziato a giugno 2013 e terminato a ottobre 2015. Il primo cittadino “marziano” (si autodefinì così nel titolo di un libro autobiografico in cui raccontò la sua esperienza da si Roma), pacifista e ambientalista (fu lui a far chiudere a ottobre 2013 la mega-discarica di Malagrotta), è tornato per scompaginare, per dare fastidio agli ex amici dem e sottrarre voti al Movimento 5 Stelle.Loading…I voti dei pacifisti contesiMarino, che era stato contattato anche da Michele Santoro per una candidatura nella sua lista pacifista, torna in campo nella speranza (sua e dei leader Fratoianni e Bonelli) di trainare la lista Alleanza Verdi e Sinistra oltre il 4% (gli ultimi sondaggi la danno poco sotto la soglia di sbarramento) cavalcando i temi a lui più cari, che sono ambientalismo, sanità pubblica, stop all’invio delle armi in Ucraina e riconoscimento dello Stato della Palestina con annesso cessate il fuoco.Giudizi polarizzatiL’amministrazione della giunta Marino, conclusa anticipatamente in maniera clamorosa, è stata caratterizzata da iniziative e atteggiamenti del primo cittadino di rottura con il passato che hanno polarizzato le opinioni sul suo operato. Mentre i detrattori di Marino motivano le critiche nei suoi confronti, che hanno avuto un ampio risalto sugli organi di informazione, principalmente con l’accusa di incapacità, i suoi sostenitori affermano che le scelte politiche e amministrative che ha effettuato hanno intaccato le rendite di posizione di alcune categorie di persone, da sempre privilegiate grazie a una classe politica ignava o addirittura corrotta (come emerge dall’inchiesta Mafia Capitale), e che per questo motivo il sindaco è stato oggetto di campagne di denigrazione. LEGGI TUTTO

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    Regioni al Governo: no a tagli alla sanità o andremo alla Consulta. Appello di 14 scienziati per salvare il Ssn

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaAbrogazione del titolo 1 comma 13 del dl Pnrr che taglia 1,2 miliardi di euro alle Regioni relativi prevalentemente a opere per la sicurezza sismica delle strutture ospedaliere, o un impegno formale per la reintegrazione dei fondi. È quanto chiede al Governo la Conferenza delle Regioni nel parere alla Conferenza Unificata. Se questo non dovesse avvenire, le Regioni sono pronte a rivolgersi alla Corte Costituzionale. La decisione delle autonomie arriva all’idomani dell’ appello firmato da 14 scienziati e ricercatori, tra cui il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi , a tutela del Servizio sanitario nazionale, e per ricordare al governo che “non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico”. “Dal 1978, data della sua fondazione, al 2019 il Ssn in Italia ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell’aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i Paesi ad alto reddito. Ma oggi – si legge nell’appello – i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali. Questo accade perché i costi dell’evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il Ssn, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del Pil (meno di vent’anni fa)”. A firmare il documento appello sono Ottavio Davini, Enrico Alleva, Luca De Fiore, Paola Di Giulio, Nerina Dirindin, Silvio Garattini, Franco Locatelli, Francesco Longo, Lucio Luzzatto, Alberto Mantovani, Giorgio Parisi, Carlo Patrono, Francesco Perrone e Paolo Vineis.Loading…“Il pubblico – scrivono gli scienziati – garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il pubblico arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato”. Per i firmatari, “la spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) e l’autonomia differenziata rischia di ampliare il divario tra Nord e Sud d’Italia in termini di diritto alla salute”.“È dunque necessario un piano straordinario di finanziamento del Ssn e specifiche risorse devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali. La allocazione di risorse deve essere accompagnata da efficienza nel loro utilizzo e appropriatezza nell’uso a livello diagnostico e terapeutico, in quanto fondamentali per la sostenibilità del sistema”, prosegue l’appello.Il ruolo chiave del personale sanitario“Parte delle nuove risorse – sottolinea ancora il documento – deve essere impiegata per intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni, e uno su tre è stato costruito prima del 1940”. “Ma il grande patrimonio del Ssn è il suo personale: una sofisticata apparecchiatura si installa in un paio d’anni, ma molti di più ne occorrono per disporre di professionisti sanitari competenti, che continuano a formarsi e aggiornarsi lungo tutta la vita lavorativa. Nell’attuale scenario di crisi del sistema, e di fronte a cittadini/pazienti sempre più insoddisfatti, è inevitabile che gli operatori siano sottoposti a una pressione insostenibile che si traduce in una fuga dal pubblico, soprattutto dai luoghi di maggior tensione, come l’area dell’urgenza. È evidente che le retribuzioni debbano essere adeguate, ma è indispensabile affrontare temi come la valorizzazione degli operatori, la loro tutela e la garanzia di condizioni di lavoro sostenibili” si legge ancora. “Da decenni si parla di continuità assistenziale (ospedale-territorio-domicilio e viceversa), ma i progressi in questa direzione sono timidi. Oggi il problema non è più procrastinabile: tra 25 anni quasi due italiani su cinque avranno più di 65 anni (molti di loro affetti da almeno una patologia cronica) e il sistema, già oggi in grave difficoltà, non sarà in grado di assisterli”. LEGGI TUTTO

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    La Camera respinge la mozione di sfiducia contro Santanchè

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaNell’Aula della Camera è stata respinta con 213 no, 121 sì e 3 astenuti la mozione di sfiducia presentata dal M5S e sottoscritta da tutte le opposizioni ad eccezione di Italia Viva, contro Daniela Santanché. La ministra del Turismo non era presente nell’Aula di Montecitorio per impegni legati al suo ruolo di ministro. Nei prossimi giorni è attesa la chiusura dell’inchiesta su Visibilia per false comunicazioni sociali, se dovrà affrontare un processo, «la ministra farà le sue riflessioni» è stata la linea nel centrodestra. La prima mozione ad arrivare alla votazione per appello nominale, bocciata dalla maggioranza dei deputati nella serata di mercoledì con 211 no, è stata quella nei confronti del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini.Santanchè: voto molto chiaro, continuo il mio lavoro«Il mio stato d’animo è uguale a quello di ieri, a quello di una settimana fa e a quello di un mese fa: assolutamente tranquilla a fare il mio lavoro. Come vedete anche qua oggi, come ieri e come farò domani». Lo ha detto la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, appena arrivata alla nona edizione del meet forum a Pietrarsa, rispondendo a chi le chiede un commento sulla mozione di sfiducia respinta. « Il Parlamento, credo, che in una democrazia è sovrano. Il voto mi sembra molto chiaro, per cui assolutamente non direi serena ma molto tranquilla», ha aggiuntp.Loading…Braga (Pd): Santanchè ha mentito al Parlamento, lasci«Qui in Italia nel luglio scorso la ministra davanti al Senato tentò di dimostrare di essere vittima di una persecuzione politica, di una campagna stampa e di un uso distorto e manipolato della magistratura», «negando un coinvolgimento personale, attribuendo errori a soci e terze persone, banalizzando l’accaduto e soprattutto descrivendosi come vittima di un’assurda macchinazione». Così, nell’Aula della Camera, la presidente del gruppo Pd Chiara Braga annunciando il voto dei dem a favore della mozione di sfiducia contro la ministra Daniela Santanchè. « Dopo otto mesi quelle accuse sono ancora tutte lì e dove la magistratura ha già indagato, le accuse si sono fatte più circostanziali e precise come sull’utilizzo della cassa Covid, il mancato pagamento del Tfr ai lavoratori e alle lavoratrici, i contenziosi con il fisco».Silvestri (M5S): la ministra ha firmato ben 18 mozioni di sfiducia«Non vedo Santanché in Aula spero sia un presagio…». Comincia così nell’Aula della Camera l’intervento del capogruppo del M5S Francesco Silvestri sulla mozione di sfiducia presentata dal suo gruppo e dalle altre opposizioni contro la ministra del Turismo. «Vedere un governo che tace davanti al fatto che il compagno della ministra e la moglie della seconda carica dello Stato facciano un guadagno di un milione dalla vendita di una casa nel giro di un’ora è una cosa che fa accapponare la pelle. State difendendo Santanché da un’accusa intollerabile: avere usato i ristori per il Covid in maniera impropria sottraendoli a chi ne aveva davvero bisogno. Questa maggioranza – aggiunge il deputato del M5S – che salverà a breve la poltrona della ministra è la stessa che ha fatto una commissione d’inchiesta proprio sul Covid, istituita solo per fare un processo politico contro l’ex premier Conte che ha dato tutto se stesso in uno dei momenti più critici per il Paese». Silvestri ricorda quindi che Daniela Santanché «ha chiesto e votato ben 18 mozioni di sfiducia». E dunque «siamo nell’ipocrisia più totale. Dite no al reddito di cittadinanza e poi difendete il ministro che è accusato di aver truffato l’Inps che è proprio l’ente erogatore del reddito. Penalizzate migliaia di persone per salvarne una. Complimenti!». Il parlamentare, infine, dopo aver criticato l’atteggiamento del Governo e del centrodestra in questa e in altre situazioni, a cominciare «dalle faccette e dalle smorfiette fatte mentre si parla della tragedia di Gaza», punta il dito contro «l’arroganza del potere, la spocchia di chi difende una che non ha mai fatto nulla per le persone e le famiglie», ma solo per il «proprio interesse personale»Toti (FdI): faziosa la mozione contro Santanchè «Io non chiedo l’informativa di qualche ministro per quanto sta accadendo nella Regione Puglia, né chiedo le dimissioni del presidente della Regione». Io «mi limito a una riflessione» sul tema della sfiducia alla ministra Daniela Santanchè, «non è vero che la mozione pone problemi di ordine politico, è scritta interamente sotto il profilo giuridico, anzi sotto il profilo di una mancata conoscenza giuridica» Lo ha detto il capogruppo di FdI Tommaso Foti in dichiarazione di voto. «Bisogna stare attenti a non confondere la politica con la giustizia penale», per questo «chiedo ai colleghi delle opposizioni, invece di dare testate contro il muro che la maggioranza è costretta ad alzare, di usare la testa» altrimenti continuerete a restare «opposizione», ha aggiunto. Anche Foti, come altri parlamentari in mattinata, ha puntato il dito contro la pentastellata Chiara Appendino, che ieri è intervenuta in Aula contro Santanchè. Foti, infatti, ha letto alcune frasi di Appendino «dopo la condanna della corte di assise di appello relativamente al fatti di Torino». Il capogruppo di FdI ha, poi, parlato della «faziosità» della mozione del M5S. «I fatti di cui oggi si parla e di cui parla la mozione non hanno nulla a che fare con la posizione di ministro lo dimostra un fatto inequivocabile: la Procura competente è e rimarrà quella di Milano». LEGGI TUTTO

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    La Camera respinge la mozione di sfiducia contro Salvini

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaL’Aula della Camera ha bocciato la mozione di sfiducia nei confronti del vicepremier, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e leader della Lega, Matteo Salvini, con 211 no, 129 sì e 3 astenuti. Salvini era finito nel mirino delle opposizioni per l’accordo della Lega con il partito di Vladimir Putin, Russia Unita, che non è mai stato disdetto formalmente.La mozione dell’opposizioneLa mozione di sfiducia è stata presentata da Azione, che ha messo nel mirino i rapporti della Lega con Russia Unita, il partito di Valdimir Putin, dopo le dichiarazioni del segretario del Carroccio seguite alla morte in carcere del dissidente russo Aleksei Navalny («Bisogna fare chiarezza. Ma la fanno i medici, i giudici, non la facciamo noi»), prive di una condanna esplicita al presidente russo. Non è bastata la nota della Lega nella quale martedì il Carroccio ha sostenuto che «dopo l’invasione dell’Ucraina i propositi di collaborazione puramente politica del 2017 tra la Lega e Russia Unita non hanno più valore» a convincere il partito di Carlo Calenda a ritirare la mozione. Per farlo, quest’ultimo chiedeva una prova scritta della disdetta dell’accordo.Loading…Salvini: ennesima figuraccia della sinistra, avanti a lavorare«Grazie. Ennesima figuraccia della sinistra, andiamo avanti col nostro lavoro». Così il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini in un tweet commenta la notizia che la Camera ha respinto la mozione di sfiducia nei suoi confronti.Richetti (Azione): Salvini neppure in aula e intanto si gioca credibilità Italia«Dispiace che nemmeno oggi il ministro Salvini sia in Parlamento a portare le sue argomentazioni sull’accordo che impegna la Lega con il partito di Putin. E che il collega Lupi racconti questa mozione come una strumentalizzazione per un attacco parlamentare». Così nell’intervento alla Camera Matteo Richetti, capogruppo di Azione-Per-Renew Europe, in occasione della dichiarazione di voto sulla mozione Salvini. «Questa mozione – ha proseguito Richetti – è tutto fuorché un attacco generico, ed è di una semplicità quasi imbarazzante. C’è un accordo che impegna il vicepremier con Russia Unita: se quell’accordo non c’è più, basta dimostrarlo. Oggi il senatore Romeo ci spiega che l’accordo non ha mai avuto valore: al solito dal partito di Salvini si parla a vanvera, e intanto ci si gioca la credibilità del Paese», ha concluso LEGGI TUTTO