More stories

  • in

    Weekly Beasts di sabato 11 marzo 2023

    Ogni anno a Birmingham, in Inghilterra, si tiene il Crufts, una delle più grandi e importanti mostre di cani al mondo, a cui partecipano migliaia di esemplari di razze diverse – compreso questo pastore del Bernese – che competono per il titolo del miglior cane dell’edizione. Molto più bizzarro è un concorso che si è tenuto a Bangkok, in Thailandia, che premia invece il gatto che somiglia più a una mucca usando come metro di paragone il pelo a macchie. Tra gli altri animali impegnati in occupazioni più naturali ci sono due cicogne bagnate dalla pioggia, un cavallo sotto la neve, un orango tra gli alberi e bisonti al pascolo..single-post-new article figure.split-gal-el .photo-container .arrow::after{content:’LE ALTRE FOTO’} LEGGI TUTTO

  • in

    L’India ha ricevuto dal Sudafrica 12 ghepardi per il suo progetto di reintroduzione della specie

    Sabato 12 ghepardi provenienti dal Sudafrica sono arrivati alla base dell’aeronautica indiana di Gwalior, nell’India settentrionale, e prossimamente saranno portati nel vicino Parco nazionale di Kuno-Palpur: fanno parte dell’ambizioso piano per la reintroduzione della specie nel paese e saranno aggiunti agli otto ghepardi che l’India aveva ricevuto dalla Namibia a settembre.In passato i ghepardi erano presenti in gran numero non solo in Africa, ma anche in alcune zone dell’Asia, dalla penisola arabica all’Afghanistan: oggi la popolazione asiatica di ghepardi è praticamente scomparsa a causa della riduzione del suo habitat per via delle attività umane, della scarsità di cibo legata a una più generale riduzione delle popolazioni di animali selvatici, e della caccia. Durante la dominazione britannica dell’India, i ghepardi venivano uccisi per evitare che sbranassero il bestiame e nel paese non ce ne sono più almeno dal 1952: da allora si era provato più volte a reintrodurli, finora senza successo. Nel 2020 la Corte Suprema indiana aveva stabilito che la specie potesse essere reintrodotta, a patto che il tentativo venisse condotto in un «territorio scelto accuratamente». Sono stati chiesti alla Namibia e poi al Sudafrica perché sono i paesi in cui vivono le più grandi popolazioni selvatiche di ghepardi; in Sudafrica in particolare si stima che ce ne siano troppi per le risorse a loro disposizione e per questo anche in passato ne sono stati donati alcuni ad altri paesi. A gennaio l’India ha detto che progetta di accogliere 12 ghepardi all’anno dai due paesi africani per i prossimi 8-10 anni.Quelli arrivati in India sabato saranno portati in elicottero al parco di Kuno-Palpur e inizialmente saranno liberati in una zona recintata per un periodo di quarantena.I ghepardi sono una specie considerata «vulnerabile» all’estinzione dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), l’ente internazionale riconosciuto dall’ONU che valuta quali specie animali e vegetali rischiano l’estinzione. Dovrebbero essercene circa settemila in natura in tutto il mondo.– Leggi anche: Anche i ghepardi fanno le fusa Due ghepardi all’interno di un’area recintata in una riserva vicino a Bella Bella, in Sudafrica, il 4 settembre 2022: erano in quarantena in attesa di essere portati all’estero (AP Photo/Denis Farrell, LaPresse) LEGGI TUTTO

  • in

    Sulle Alpi austriache si discute di genetica delle api

    Nella Carinzia, una regione nel sud dell’Austria, è in corso uno scontro tra apicoltori che riguarda la genetica delle api carniche, un tipo di api produttrici di miele tipiche della zona. Dal 2007, l’ape carnica è l’unica sottospecie di api che la legge austriaca consente di allevare in Carinzia: chi non la rispetta deve pagare una multa e sostituire le api regine. Alcuni apicoltori si lamentano però del fatto che la legge non venga rispettata da tutti e che sia dunque in corso un processo di ibridazione tra sottospecie diverse che sta facendo perdere a quella carnica le sue specificità. Altri apicoltori pensano invece che gli incroci possano avere effetti positivi, ad esempio un miglioramento della produttività, e accusano chi non la pensa come loro di fanatismo e addirittura di nostalgie naziste.Da tempo nel mondo si osserva una diminuzione delle popolazioni di varie specie di insetti, e quella delle api è particolarmente preoccupante per il ruolo importante di questi animali nell’equilibrio degli ecosistemi per la loro attività di impollinatrici. In particolare sono messe in pericolo da malattie come la peste americana, da alcuni pesticidi usati in agricoltura e da altre attività umane. La discussione che si sta svolgendo in Carinzia non riguarda però la salute delle api, ma la loro “purezza genetica”. L’ape carnica è una delle sottospecie dell’Apis mellifera, cioè l’ape europea, che viene allevata su larga scala per la produzione di miele e per l’impollinazione. Deve il suo nome alla Carniola, una regione della Slovenia che per secoli ha fatto parte dell’impero austriaco. È molto diffusa nell’Europa centrale e generalmente si distingue dal colore dell’addome, che non è marrone come nel caso dell’ape europea, ma ha un colore castano-grigio, con i primi segmenti addominali più chiari.Queste api hanno una serie di qualità: sono mansuete e poco aggressive, cosa che permette di tenere le arnie vicino a luoghi abitati, sono molto prolifiche, hanno una buona resistenza alle malattie, si sanno difendere con successo dagli insetti parassiti, sono particolarmente abili nell’adattare la loro popolazione alla disponibilità di nettare, e sono resistenti alle estati calde e agli inverni rigidi e freddi di alta montagna. Si adattano dunque meglio di altre specie al clima alpino e agli inverni nevosi della Carinzia.Per tutti questi motivi molti apicoltori sostengono la legge in vigore, secondo cui in Carinzia si può allevare solo quest’unica sottospecie. Alcuni ritengono però che non sia di fatto rispettata e che ci siano allevatori che hanno importato illegalmente altre sottospecie con cui le api carniche si stanno mescolando: a sostegno della loro tesi, citano una serie di studi che affermano come oggi, in Carinzia, più di un quarto delle api siano o troppo scure o troppo gialle per essere identificate come api carniche.Se l’ibridazione potrebbe far aumentare la produttività, potrebbe anche rendere meno frequenti tra le api altre caratteristiche specifiche e considerate utili per gli allevatori della sottospecie carnica, e per contro portare a un aumento di aggressività. «L’ape carnica si è perfettamente adattata a questa regione, nel corso di migliaia di anni», ha raccontato al New York Times l’apicoltore Kurt Strmljan: «È qualcosa che merita di essere protetto». È in particolare la mansuetudine delle api carniche a interessare agli apicoltori contrari agli incroci di sottospecie di api.Chi si oppone alla legge sostiene invece che l’ibridazione avrebbe effetti positivi anche sulla resistenza delle api alle malattie. E sostiene che la legge stessa e tutta la discussione intorno alla genetica delle api sia da fanatici e che ricordi il passato nazista della regione. «È una dittatura, proprio come sotto i nazisti», ha detto in proposito l’apicoltore Gerhard Klinger.Negli anni del nazismo, durante i quali l’Austria passò sotto il controllo tedesco, gli studiosi delle api dell’Università di Bonn, che ha una lunga tradizione in Germania, cercarono dei metodi per controllare la riproduzione delle api e riuscire così a evitare incroci tra sottospecie. Gottfried Götze, uno dei più importanti esperti di api dell’Università, si dedicò in modo particolare alle carniche e secondo il racconto del New York Times era convinto che dovessero essere le uniche a poter produrre miele per l’esercito tedesco.Le accuse tra sostenitori e contrari alla legge sono molto aggressive: ci sono apicoltori che fanno foto agli alveari e alle api del vicino da usare come prova perché vengano avviate delle indagini, e sono in corso anche delle cause legali contro alcuni apicoltori accusati di avere arnie “impure”.Il governo locale della Carinzia sembra comunque stare dalla parte degli apicoltori che difendono la legge e sta anzi discutendo una serie di emendamenti per modificarla e renderla più severa: prevedono di inasprire le sanzioni contro chi alleva specie ibride (la multa massima passerebbe da 5 mila a 7.500 euro) e, in caso di illeciti accertati, prevedono l’eradicazione non solo delle api regine, ma anche dell’intero alveare. LEGGI TUTTO

  • in

    Weekly Beasts di sabato 4 febbraio 2023

    Nei giorni scorsi è probabile che abbiate sentito parlare di Phil, la marmotta che ogni anno viene usata per la cerimonia del Giorno della Marmotta a Punxsutawney, in Pennsylvania. Secondo la tradizione locale (ma famosa in tutto il mondo grazie al film del 1993 Ricomincio da capo), la mattina del 2 febbraio la marmotta viene fatta uscire dalla sua tana: se vede la sua ombra e rientra nella tana, perché la giornata è soleggiata, l’inverno durerà altre sei settimane. Se invece rimane fuori, perché non vede l’ombra, l’inverno finirà prima. Non c’è nessuna logica scientifica, ovviamente, ma se siete di quelli che si divertono a seguire questo tipo di cose potrebbe interessarvi sapere che le previsioni di Phil dicono che l’inverno durerà ancora un po’.Tra gli altri animali da fotografare c’erano anche il cane del primo ministro greco che ispeziona le guardie d’onore, una volpe davanti al 10 di Downing Street e animali presi in coppia: due poiane, due piccolini istrici, due macachi e due ara..single-post-new article figure.split-gal-el .photo-container .arrow::after{content:’LE ALTRE FOTO’} #gallery-5{margin:auto}#gallery-5 .gallery-item{float:left;margin-top:10px;text-align:center;width:12%}#gallery-5
    img{border:2px
    solid #cfcfcf}#gallery-5 .gallery-caption{margin-left:0} LEGGI TUTTO

  • in

    Weekly Beasts di sabato 28 gennaio 2023

    Tra le foto degli animali della settimana c’è un cane dal nome difficile da pronunciare: lo xoloitzcuintle, conosciuto anche come cane nudo messicano. Privo di pelo a causa di una mutazione genetica, è una razza molto antica un tempo venerata dagli aztechi, a cui deve il suo nome: deriva da due parole della lingua nahuatl, itzcuintli (cane) e xolotl (il dio dei lampi). Qualcuno, in particolare chi ha a che fare con bambini o appassionati dei film d’animazione Disney, potrà ricordarlo come il cane del film Coco, mentre qualcun altro potrebbe riconoscerlo in alcune foto e opere di Frida Kahlo, che nel corso della sua vita ne ebbe alcuni esemplari.Passando agli altri animali che valeva la pena fotografare in settimana, ci sono un drago a rete centrale, due mufloni, un canguro arboricolo e una vipera del Gabon..single-post-new article figure.split-gal-el .photo-container .arrow::after{content:’LE ALTRE FOTO’} #gallery-5{margin:auto}#gallery-5 .gallery-item{float:left;margin-top:10px;text-align:center;width:12%}#gallery-5
    img{border:2px
    solid #cfcfcf}#gallery-5 .gallery-caption{margin-left:0} LEGGI TUTTO

  • in

    Weekly Beasts di sabato 21 gennaio 2023

    Le foto di animali della settimana sono piene di tradizioni di varie parti del mondo: alcune riguardano pratiche che in molti posti sono illegali, come i combattimenti, altre invece hanno a che fare con consuetudini più innocue, come la benedizione degli animali in occasione della giornata di Sant’Antonio Abate. Una cosa che potreste imparare è che i vombati passano nel marsupio della madre il primo anno di vita, o che a volte gli zoo utilizzano gli alberi di Natale dismessi per intrattenere i loro ospiti, ma anche che in Kenya ci sono problemi con l’invasione di quelea beccorosso (chiamate per questo “locuste piumate”). Poi ci sono agnelli di razza Suffolk, aquile di mare, pinguini minori blu e un fennec, tra gli altri..single-post-new article figure.split-gal-el .photo-container .arrow::after{content:’LE ALTRE FOTO’} #gallery-5{margin:auto}#gallery-5 .gallery-item{float:left;margin-top:10px;text-align:center;width:12%}#gallery-5
    img{border:2px
    solid #cfcfcf}#gallery-5 .gallery-caption{margin-left:0} LEGGI TUTTO

  • in

    I “pesci” non esistono

    Per quanto possa sembrare strano, non esiste qualcosa come un “pesce”, almeno da un punto di vista prettamente scientifico e di classificazione delle specie. Certo Nemo, il protagonista del famoso film di animazione Pixar, è conosciuto da tutti come un “pesce pagliaccio”, ma se andiamo a vedere la sua classificazione scientifica, la parola “pesce” per come la intendiamo nel parlato comune non compare mai.Il nome della sua specie è Amphiprion ocellaris, appartiene quindi al genere Amphiprion che a sua volta rientra nella sottofamiglia Amphiprioninae, facente parte della famiglia Pomacentridae, che a sua volta rientra nel sottordine Labroidei che fa parte dell’ordine Perciformes, che prende il nome dal genere Perca: che vi diremmo sono un particolare tipo di pesci (da cui deriva “pesce persico”) se solo non vi avessimo rivelato appena poche righe fa che “pesce” dal punto di vista scientifico ci dice poco o nulla. A sgombro (ehm) di equivoci proviamo a chiarirci.Chiamiamo comunemente “pesci” più della metà delle specie di animali vertebrati oggi esistenti sulla Terra, e lo facciamo perché identifichiamo caratteristiche relativamente comuni tra le varie specie: ci sembrano così simili da farli ricadere nello stesso grande gruppo. Nel nostro immaginario un pesce ha una forma più o meno sempre uguale, stretta e allungata, squame e pinne per nuotare nell’acqua.La maggior parte delle migliaia di specie di questi animali ha un’ossatura ben definita, un cranio e mascelle facilmente distinguibili. Hanno inoltre pinne sostenute da elementi ossei articolari (“raggi”) e per questo sono chiamati “pesci dalle pinne con raggi” o attinopterigi, dal greco antico πτέρυξ (ala, pinna) e da actino-, cioè dotato di raggi.Ci sono però altri animali che comprendono una minore quantità di specie che chiamiamo comunemente pesci, ma che hanno caratteristiche un po’ diverse dagli attinopterigi. Sono i “pesci cartilaginei” o condroitti, come gli squali e le razze, con uno scheletro più flessibile e una forma asimmetrica. A questi si aggiungono in un altro gruppo di complicata classificazione i vertebrati acquatici privi di mandibole e mascelle e, infine, i “pesci dalle pinne lobate” o sarcopterigi caratterizzati da pinne e code morbide e carnose.Il grande squalo bianco (Carcharodon carcharias) appartiene ai condroitti (Wikimedia)Nella lunga storia dell’evoluzione, questi animali sono andati incontro a importanti modifiche con storie nettamente separate, tali da non poter essere classificati tutti con una stessa definizione come “pesci”. Per farsene meglio un’idea occorre andare indietro nel tempo di circa 500 milioni di anni, quando questi animali iniziarono a popolare le grandi masse d’acqua sulla Terra. Furono i primi a sviluppare una spina dorsale e un cranio, processo che richiese moltissimo tempo, se rapportato per esempio all’esistenza della nostra specie che risale solo a un centinaio di migliaia di anni fa.Secondo i paleontologi, circa 400 milioni di anni fa questi animali si erano differenziati in almeno sei gruppi: quattro erano quelli che esistono ancora oggi, mentre un altro paio dovette fare i conti con una serie di casuali disavventure e andò estinto. Fatto sta che quel periodo, chiamato Devoniano, durò una sessantina di milioni di anni e vide i pesci primeggiare tra le specie viventi.Evoluzione dei pesci (Wikimedia)Al termine del Devoniano, intorno a 358 milioni di anni fa, alcuni pesci dalle pinne lobate iniziarono a esplorare le terre emerse, grazie a mutazioni del tutto casuali che avevano equipaggiato alcune specie degli strumenti adatti per sopravvivere e muoversi fuori dall’acqua, almeno per brevi periodi di tempo. In circolazione c’erano già alcune specie vegetali come le felci e alcuni insetti, ma la loro è un’altra storia evolutiva. I primi esploratori delle terre emerse sarebbero poi diventati gli antenati degli altri vertebrati che conosciamo oggi: uccelli, rettili, anfibi, mammiferi. I pesci rimasti sott’acqua continuarono a evolvere, portando a numerose specie in particolare nel caso degli attinopterigi.Ancora oggi esistono alcune specie che ci ricordano in un certo senso da dove veniamo. Il barramunda (Neoceratodus forsteri) è tipico di un’area del Queensland in Australia ed è definito un “fossile vivente”, perché il suo aspetto e le sue caratteristiche non sono cambiate da almeno 380 milioni di anni. Ciò significa che ancora oggi possiamo osservare come si presentava una specie che nel suo caso contribuì alla comparsa degli anfibi.Un esemplare di barramunda (Neoceratodus forsteri) in Australia (Wikimedia)In centinaia di milioni di anni, sulla Terra si sono verificate enormi trasformazioni, con la formazione di nuovi continenti e la scomparsa di altri, la redistribuzione della grande massa d’acqua che ricopre buona parte del pianeta e la variazione al suo interno di nutrienti e minerali. Tutte queste modifiche hanno influito sui processi evolutivi e sono una delle cause della grande varietà di specie, non solo acquatiche, che possiamo osservare oggi o che troviamo nei fossili risalenti a epoche ormai remotissime.Ed è stato proprio con lo studio di quei cambiamenti e la progressiva disponibilità di tecniche per analizzare la storia evolutiva degli animali odierni che abbiamo capito che “pesci” non voleva dire molto, almeno per la classificazione scientifica. Mentre possiamo inserire tutti gli uccelli, per esempio, in una “classe” (uno dei livelli nella tassonomia) da suddividere poi in sottoclassi, per gli animali che chiamiamo pesci non esiste un’unica classe sistematica vera e propria. Possiamo dire che appartengono a un gruppo molto variegato di vertebrati che vivono per lo più in acqua e con in comune caratteristiche come pinne e branchie.Per farla ancora più breve, “pesce” è un termine ombrello per indicare un vertebrato per lo più acquatico che non è un mammifero, un uccello o qualsiasi altra cosa. Mettere insieme questi vertebrati appartenenti a gruppi diversi e non strettamente imparentati sarebbe come raggruppare tutti i vertebrati volanti, come gli uccelli, i pipistrelli, alcune specie di scoiattoli e quant’altro, definendoli allo stesso modo semplicemente perché volano. Il grado di parentela tra uno squalo e una lampreda non è più stretto rispetto a quello tra un cammello e una salamandra.Tendiamo a immaginare le tassonomie come stabilite e sempre uguali, ma in realtà il modo in cui sono organizzate e suddivise cambia a seconda delle nuove scoperte che smentiscono ricerche precedenti, che a loro volta possono essere poi riconfermate da nuovi studi. Nel corso del tempo ci sono stati scontri e talvolta furiose diatribe sulla collocazione di classi, famiglie e specie, a conferma di quanto sia complicato classificare in modo gerarchico l’estrema varietà che costituisce il nostro pianeta.Al di là dei litigi e delle tassonomie, “pesci” continua a essere un ottimo modo, seppure impreciso, per descrivere una grande quantità di esseri viventi e per questo è ampiamente utilizzato in ecologia. Il nome comune di tantissime specie contiene del resto la parola “pesce”, a dirla tutta compresi i pesciolini d’argento (lepismidi), che sono decisamente insetti.– Leggi anche: Va sempre a finire con un granchio, l’evoluzione LEGGI TUTTO

  • in

    Animali, buffi

    Di recente sono state annunciate le immagini vincitrici del Comedy Wildlife Photography Awards, un concorso che premia ogni anno le foto di animali più divertenti. L’immagine di un cucciolo di leone di tre mesi che cade da un albero è stata nominata la vincitrice assoluta della competizione: è stata scattata nel Serengeti, in Tanzania, da Jennifer Hadley, che ha fatto sapere che il cucciolo di leone non si è fatto niente e dopo essere caduto si è rialzato come niente fosse.“Not so cat-like reflexes” Serengeti, Tanzania © Jennifer Hadley/Comedy Wildlife Photography Awards 2022Altre foto sono state premiate in categorie minori, come nel caso di un’altra immagine di Hadley che ritrae un pinguino con una pinna alzata; quella di un airone che non si accorge dell’ippopotamo con le fauci spalancate dietro di lui che sembra volerlo mangiare (in realtà sta sbadigliando) o ancora di un gufo che sembra fare l’occhiolino, tra le altre. Oltre alle immagini che hanno vinto nelle rispettive categorie, nella gallery a seguire trovate pinguini senza testa, scoiattoli volanti, procioni che fanno ciao e altre foto che meritavano una menzione speciale..single-post-new article figure.split-gal-el .photo-container .arrow::after{content:’LE ALTRE FOTO’} #gallery-5{margin:auto}#gallery-5 .gallery-item{float:left;margin-top:10px;text-align:center;width:14%}#gallery-5
    img{border:2px
    solid #cfcfcf}#gallery-5 .gallery-caption{margin-left:0}Il concorso è stato fondato da due fotografi professionisti e appassionati ambientalisti, Paul Joynson-Hicks e Tom Sullam, con l’obiettivo di sensibilizzare sul tema della conservazione della fauna selvatica e dell’ambiente in modo leggero e positivo. Secondo il comunicato stampa, il 10% delle entrate nette sarà donato al Whitley Fund for Nature, un ente di beneficenza del Regno Unito con cui collaborano. LEGGI TUTTO