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    Weekly Beasts

    In alcuni zoo del mondo l’inizio dell’anno nuovo ha coinciso con il censimento dei suoi animali: lo zoo di Londra, come da tradizione, ha cominciato a contare ogni singolo animale delle più di 300 specie che ospita, comprese zebre, pinguini e millepiedi che trovate in questa raccolta. Poi ci sono una femmina di gorilla e il suo cucciolo, un’iguana e oche e cigni che si muovono in spazi urbani allagati per le forti piogge in Inghilterra. LEGGI TUTTO

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    Il più grande ragno dei cunicoli finora scoperto

    In Australia è stato scoperto il più grande individuo mai osservato di ragno dei cunicoli (Atrax robustus), tra i ragni più velenosi e aggressivi al mondo. Per le sue grandi dimensioni è stato chiamato “Hercules” e sarà tenuto in cattività per poterne estrarre il veleno, in modo da produrre un antiveleno da utilizzare nel caso di persone morse accidentalmente da uno dei suoi simili. Se non trattato adeguatamente, il morso del ragno dei cunicoli può causare gravi problemi di salute e in alcuni casi la morte.Hercules era stato trovato lungo la regione della Costa Centrale in un luogo una cinquantina di chilometri a nord di Sydney, la città più popolosa dell’Australia. Inizialmente era stato trasportato in un ospedale della zona per poterlo gestire in sicurezza e in seguito era stato trasferito all’Australian Reptile Park, una piccola riserva che si occupa della cura e della tutela di molte specie locali. All’interno del parco un’area è dedicata all’estrazione del veleno da ragni e altri animali velenosi, proprio con l’obiettivo di produrre antidoti e di fare attività di ricerca sulla loro efficacia.
    Dopo avere ricevuto il ragno dei cunicoli, i responsabili del parco hanno velocemente realizzato di avere a che fare con l’individuo più grande mai identificato di Atrax robustus). Comprese le zampe, il ragno raggiunge una larghezza massima di 8,9 centimetri, ben al di sopra dei 5 centimetri raggiunti di solito dagli individui più grandi. È inoltre particolare che un maschio abbia dimensioni così grandi, considerato che solitamente sono più piccoli delle femmine, per quanto più letali.
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    Emma Teni, una delle responsabili del parco, ha detto ad Associated Press: «Siamo abituati alle donazioni di grandi ragni dei cunicoli, ma ricevere un maschio di questa specie così grande è come vincere alla lotteria. Anche se le femmine sono più velenose, i maschi hanno mostrato di essere più letali». L’estrazione del veleno consentirà di produrre maggiori quantità di antiveleno, che in caso di necessità può essere inviato agli ospedali che ne fanno richiesta. L’iniziativa fu avviata nel 1981 e da allora non sono state più registrate morti a causa del ragno dei cunicoli in Australia.
    Hercules e i suoi simili, per quanto di taglia inferiore, vivono nelle aree boschive, ma in alcuni casi possono essere trovati anche nei parchi e nei giardini dell’area di Sydney e più a nord fino alla città di Newcastle lungo la costa. La specie è presente solo in Australia come le altre sempre appartenenti al genere Atrax. In inglese sono di solito definiti “funnel-web spiders”, letteralmente “ragni dalla tela a imbuto” per via della particolare forma delle loro ragnatele. LEGGI TUTTO

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    Perché non ci sono mammiferi verdi?

    Il colore verde di solito si associa al concetto di natura: sono verdi le foglie delle piante e lo sono molti animali, tra cui diversi tipi di insetti, molluschi e di vertebrati, in particolare tra i pesci, gli anfibi, i rettili e gli uccelli. Non sono verdi invece i mammiferi, la classe di animali vertebrati in cui rientrano anche gli umani: una peculiarità che nel tempo ha suscitato la curiosità dei lettori di riviste di divulgazione scientifica e dei frequentatori di forum online.Alla domanda “perché non ci sono mammiferi verdi?” non si può rispondere in modo univoco. La questione si può prendere da diversi punti di vista: quello dei ragionamenti sui vantaggi evolutivi dell’avere il pelo o la pelle di un colore piuttosto che di un altro, e quello sulle caratteristiche fisiche proprie dei peli, uno degli attributi che distinguono i mammiferi dagli altri animali.
    I colori della parte più esterna dei corpi degli animali, che si tratti di pelle nuda, squame, penne o peli, possono essere dovuti a due diversi meccanismi fisici. «Uno è la presenza di pigmenti all’interno delle cellule», spiega Adriano Martinoli, zoologo esperto di mammiferi e professore dell’Università dell’Insubria, nonché coautore del podcast del Post sulle specie aliene Vicini e lontani. I pigmenti sono sostanze colorate che determinano il colore di un tessuto. «E il colore dei pigmenti presenti in alcune cellule si può mischiare, non fisicamente ma alla vista, a quello di pigmenti contenuti in altre cellule, producendo nuovi colori».
    È un pigmento verde la clorofilla, la sostanza presente nelle cellule delle foglie che assorbe parte dell’energia del Sole che alimenta le piante. In autunno, quando le ore di luce diminuiscono, le cellule contenenti la clorofilla di molte piante diventano meno vitali e riducono via via la fotosintesi clorofilliana: come conseguenza le foglie cambiano colore, perché diventano visibili altre sostanze, in precedenza oscurate dal verde della clorofilla. Sono ad esempio i carotenoidi che hanno colori caldi che variano dal rosso al giallo. I pigmenti contenuti all’interno della pelle umana (oltre che nei capelli) sono invece le melanine: il colore varia in base alla quantità e al tipo di queste sostanze, fattori che sono influenzati dai geni e dall’esposizione alla luce solare.
    Il colore di un animale però può essere dovuto anche a qualcosa di più complesso, cioè a una «microstruttura fisica superficiale che riflette la luce in un certo modo», spiega Martinoli: «Ad esempio la colorazione scrotale di molti primati durante il periodo riproduttivo non è dovuta a un pigmento, ma alla riflessione della luce. Nelle cellule dell’epidermide infatti ci sono delle microstrutture che, riflettendo la luce, fanno apparire la superficie della pelle stessa di un certo colore, cosa che in realtà non è».
    È il caso della pelle dei mandrilli, i primati dell’Africa centro-occidentale noti per i colori sgargianti dei loro musi, rossi e blu. Il rosso è dovuto all’emoglobina, una proteina di colore rosso presente nel sangue (e quindi un pigmento), mentre il blu ha un’origine diversa. I pigmenti azzurri sono molto rari in natura e nel caso dei mandrilli il blu è prodotto dal modo in cui sono disposte le fibre di collagene nella loro pelle (il collagene è a sua volta una proteina). È un meccanismo che riguarda anche i colori delle penne di molti uccelli variopinti: non contengono pigmenti colorati, tant’è che se le si guarda ingrandite al microscopio le si vede bianche e marroncine.
    Una femmina di mandrillo e il suo piccolo nello zoo di New Orleans, negli Stati Uniti, nel 2020 (AP Photo/Gerald Herbert)
    Il fenomeno fisico responsabile di questi colori è simile a quello per cui il cielo diurno appare azzurro.
    La luce solare è una radiazione elettromagnetica ed è composta da onde di diversa frequenza. A ciascuna corrisponde un colore diverso, in uno spettro che va dal rosso al violetto, passando per l’arancione, il giallo, il verde e il blu. Quando la luce passa attraverso l’atmosfera non viene diffusa tutta allo stesso modo: quella a cui corrispondono frequenze più alte è diffusa molto di più per come sono fatte le particelle dell’atmosfera, e quindi vediamo il cielo azzurro perché la luce che è riflessa e che ci arriva è principalmente di questo colore. Anche il violetto corrisponde a un’alta frequenza ma il sole emette più luce blu che violetto.
    Qualcosa di analogo avviene con le penne degli uccelli o con la pelle di certi animali: in quest’ultimo caso c’entra la struttura microscopica del collagene.
    La struttura fisica dei peli, che sostanzialmente sono tubi di cheratina poco complicati, non consente di produrre questo tipo di effetto, a differenza delle più complesse penne degli uccelli. E per quanto riguarda i pigmenti può contenere solo i diversi tipi di melanina, che danno colori che variano tra il giallo e il marrone scuro. La feomelanina ad esempio dà sfumature tra il giallo e il rossiccio, mentre l’eumelanina è responsabile dei marroni scuri, che in alcuni casi arrivano vicino al nero. Quando i peli sono bianchi significa che non contengono pigmenti e il grigio è dato da una mescolanza di nero e bianco. Il rosso del pelo di certi mammiferi è comunque diverso da quello più acceso del piumaggio di alcuni uccelli, che invece è dovuto a un tipo di pigmenti che i mammiferi non hanno: i carotenoidi.

    – Leggi anche: Perché i capelli diventano bianchi

    A questa riflessione più strettamente legata alla fisica si può aggiungere un ragionamento sui vantaggi evolutivi legati al colore, basato su ciò che sappiamo della storia dei mammiferi. I mammiferi derivano da un gruppo di rettili ancestrale, come pure gli uccelli. Come spiega Martinoli, in questo gruppo probabilmente mancava già la capacità di produrre alcuni pigmenti, quindi non è stata ereditata. Oppure può darsi che la capacità ci fosse ma sia andata persa nel corso dell’evoluzione perché non era utile, cioè non forniva vantaggi adattativi.
    Infatti in origine i mammiferi occupavano «nicchie biologiche»: in un mondo in cui gli animali dominanti più diffusi sulla Terra erano rettili, i mammiferi vivevano nei pochi contesti rimasti liberi. Erano perlopiù animali di piccola o piccolissima taglia attivi di notte. Per questo è probabile che non avessero bisogno di avere un aspetto vistoso e colori sgargianti, così come una vista raffinata: l’olfatto e l’udito erano sensi più rilevanti.
    C’è anche un altro aspetto, cioè che la gran parte dei mammiferi ha una visione in bianco e nero, dicromica. La presenza dei colori non sarebbe stata utile per l’accoppiamento, come succede invece per molte specie di uccelli in cui i maschi attraggono le femmine anche per la qualità del loro piumaggio.
    I colori dei mandrilli, che sono primati (e quindi mammiferi) si spiegano per via di una peculiarità dei primati stessi. «Per dei casi fortuiti di mutazioni degli occhi i primati fanno eccezione e hanno una visione tricromica, cioè vedono i colori», prosegue ancora Martinoli. «E pare che nei primati ancestrali questa visione dei colori sia stata una chiave di successo, perché permetteva di distinguere molto bene i frutti maturi». Sarebbe stato un vantaggio evolutivo importante.

    – Leggi anche: La vita notturna salvò i mammiferi dai dinosauri

    Per quanto riguarda il mimetismo, cioè l’abilità di confondersi con l’ambiente, i colori vicini al marrone di molti piccoli mammiferi sono adatti a non risaltare al suolo e nel sottobosco. E anche pellicce che a noi possono apparire vistose, come quelle delle tigri, sono in realtà adatte al mimetismo se ci si vuole nascondere da animali (prede in questo caso) che hanno una visione dicromatica.
    In un certo senso comunque dei mammiferi col pelo verde ci sono, anche se non si tratta di pelo propriamente verde. Sono i bradipi, gli animali noti per la lentezza nei movimenti che vivono sugli alberi in alcune regioni dell’America centrale e meridionale: sui loro peli crescono delle alghe che fanno la fotosintesi, dunque sono verdi e danno questa sfumatura alla pelliccia dei bradipi. Gli scienziati ritengono che la presenza delle alghe sia vantaggiosa: sia perché consente di mimetizzarsi meglio tra le foglie degli alberi e nascondersi dai predatori, sia perché è una fonte aggiuntiva di cibo.
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    – Leggi anche: Perché i bradipi sono così lenti LEGGI TUTTO

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    Best of bestie

    Una delle raccolte più longeve del Post, tanto da guadagnarsi la sua quota di lettori affezionati, è quella delle foto di animali (o “bestie”, come le chiamiamo affettuosamente) e qui trovate la selezione delle migliori dell’anno, secondo noi. Ci teniamo sempre a dire che che gli animali mostrati sono solo una piccolissima parte di quelli con cui condividiamo il pianeta: le immagini vengono dalle agenzie fotografiche, i cui fotografi le scattano per lo più negli zoo, in riserve naturali o situazioni di vita quotidiana urbana. A volte le foto vengono scelte perché sono buffe, in altri casi perché dicono qualcosa di una specie o del contesto in cui vive (sempre più spesso minacciato dal cambiamento climatico). Sono però un invito a osservare bene, a scoprire un dettaglio in più e magari a guardare con occhi diversi gli stessi animali, anche quelli incontrati ogni giorno fuori dallo schermo. LEGGI TUTTO

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    La Commissione Europea ha proposto di ridurre la protezione per i lupi

    La Commissione Europea ha presentato una proposta per cambiare la classificazione del lupo grigio da specie «rigorosamente protetta» a «protetta», una modifica alle norme europee che di fatto renderebbe più semplice la caccia ai lupi. Secondo la Commissione, ci sono buoni motivi per farlo perché la popolazione di questi animali è continuata a crescere in diversi paesi europei, ma la proposta è stata criticata da numerose associazioni ambientaliste che ritengono non ci siano basi scientifiche per ritenere di nuovo praticabile la caccia.La protezione molto rigida che determina il divieto di caccia per i lupi è contenuta nella Convenzione di Berna e nella Direttiva 92/43/CEE sulla conservazione degli habitat naturali. Le norme stabiliscono che, salvo alcune eccezioni per particolari territori, nell’Unione Europea non si possono cacciare né catturare i lupi, salvo che questi non costituiscano un immediato e diretto pericolo per la popolazione o per il bestiame. I provvedimenti erano stati assunti per favorire il ripopolamento del lupo grigio, che rischiava di scomparire in molte aree dell’Europa occidentale determinando una riduzione della biodiversità, cioè della varietà di specie viventi che popolano un determinato ambiente.
    Da tempo alcune associazioni del settore agricolo e dell’allevamento chiedevano alla Commissione di intervenire sulle regole, segnalando un aumento dei casi di danni causati dai lupi. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, aveva mostrato negli ultimi mesi un particolare interesse alla questione, anche in vista delle elezioni europee del prossimo anno: allevamento e agricoltura costituiscono una parte importante dell’economia europea e hanno grandi capacità di influenza. Da qualche mese si dice che von der Leyen sia interessata al problema anche per un altro motivo: la presidente della Commissione è un’appassionata cavallerizza e l’anno scorso un lupo aveva ucciso la sua pony Dolly.
    Associazioni ambientaliste e per la protezione degli animali non sono però d’accordo con la proposta della Commissione, accusata di non essersi basata sulle prove scientifiche che mostrano come i lupi siano ancora in pericolo in parte dell’Europa occidentale. La modifica ai regolamenti, dicono, renderebbe molto più difficile se non impossibile il ripopolamento di alcune aree, vanificando i progressi raggiunti negli ultimi decenni.
    Nonostante i problemi che ci sono stati in alcuni contesti, i casi di lupi “confidenti”, cioè che mostrano di non aver paura degli umani e in più occasioni si sono avvicinati a meno di 30 metri dalle persone, sono rari. Nel 2022 l’ISPRA aveva conteggiato solo 23 casi di lupi confidenti in Italia nei dieci anni precedenti, sulla popolazione complessiva di 3.300.
    Per cambiare il livello di protezione dei lupi, la decisione dovrà essere approvata da tutti gli stati membri e dagli altri soggetti che fanno parte della Convenzione di Berna. LEGGI TUTTO

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    Weekly Beasts

    Non è insolito che nei dintorni di Downing Street, la residenza del primo ministro britannico a Londra, si vedano e si fotografino alcune volpi, complice la vicinanza al St James’ Park, uno dei parchi più famosi della città. Capita decisamente meno spesso che tali volpi si riescano a fotografare proprio nel momento in cui decidono di fare pipì sull’albero di Natale che si trova fuori dal suo ingresso, come in una delle foto di animali più belle della settimana. Tra le altre ci sono poi un panda su un albero innevato a Pechino, due giraffe in uno zoo in Repubblica Ceca, un pitone verde in Indonesia e il cane del primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, più interessato a recuperare quello che sembra un biscottino che ad accogliere il presidente turco Recep Tayyip Erdogan..single-post-new article figure.split-gal-el .photo-container .arrow::after{content:’LE ALTRE FOTO’} LEGGI TUTTO

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    L’ultimo pasto di un giovane tirannosauro

    Le analisi dei fossili di un tirannosauride vissuto nel Nord America circa 75 milioni di anni fa hanno mostrato qualcosa di piuttosto sorprendente: tra le ossa della sua cassa toracica sono state osservate tracce di ossa appartenenti ad altri due dinosauri più piccoli, il suo ultimo pasto prima di morire. La scoperta è stata descritta in uno studio pubblicato venerdì sulla rivista Science Advances, e ha permesso di fare alcune ipotesi sia sulla dieta di questa specie di dinosauro, sia dell’evoluzione delle sue abitudini alimentari con la crescita.I resti analizzati appartenevano a un individuo adolescente di Gorgosaurus libratus, un teropode dello stesso gruppo di cui facevano parte i Velociraptor e i Tyrannosaurus rex (T. rex, o più amichevolmente e meno scientificamente T-Rex). Questi tirannosauridi vivevano nel Cretacico superiore, il periodo compreso tra 99 e 66 milioni di anni fa, prima dei T-Rex, ed erano leggermente più piccoli rispetto a loro. Da adulti comunque diventavano «tirannosauri grossi e massicci», ha detto a BBC News François Therrien, paleoecologo del Royal Tyrell Museum of Paleontology dell’Alberta e tra gli autori principali dello studio.Il fossile era stato scoperto nel 2009 nel parco provinciale dei dinosauri dell’Alberta, che si trova a est di Calgary, nel Canada occidentale; ci sono tuttavia voluti anni per recuperarlo, per rimuovere la roccia che si era solidificata all’interno della cassa toracica e per analizzare il suo contenuto con le dovute precauzioni.(Royal Tyrell Museum of Palaeontology)L’individuo di Gorgosaurus aveva tra i 5 e i 7 anni, era lungo quasi quattro metri e il suo bacino era alto più o meno come un essere umano di oggi. Al momento della morte pesava circa 330 chili, ma se si fosse sviluppato fino all’età adulta avrebbe potuto superare le tre tonnellate.Durante lo studio dei suoi resti, i ricercatori del Royal Tyrell Museum of Palaeontology e dell’Università di Calgary hanno notato altre piccole ossa corrispondenti agli arti inferiori di due Oviraptorosauria, cioè due piccoli teropodi più simili agli uccelli, con pancia profonda e zampe anteriori corte. Entrambi gli esemplari avevano meno di un anno, e dall’analisi delle ossa è emerso che erano stati mangiati in due momenti diversi, ad alcune ore di distanza l’uno dall’altro.«Sappiamo che questi [tirannosauri] adolescenti cacciavano dinosauri più giovani e piccoli», ha detto sempre a BBC News Darla Zelenitsky, paleontologa dell’Università di Calgary e una delle autrici principali dello studio. Tuttavia «questo individuo è unico» perché permette di dire che i Gorgosaurus più giovani avevano «strategie per nutrirsi molto diverse» rispetto a quelli adulti: a suo dire lo studio offre anche «prove concrete» del fatto che i tirannosauri tendevano a cambiare «drasticamente» la propria dieta con l’età.(Royal Tyrell Museum of Palaeontology)In base all’osservazione dei fossili di altri individui della stessa specie, gli scienziati erano riusciti a concludere che i Gorgosaurus adulti mangiavano un po’ di tutto, compresi dinosauri erbivori molto grossi che vivevano in gruppo. Therrien ha spiegato che probabilmente gli adulti assalivano la loro preda e strappavano la loro carne con i loro denti, che per quanto affilati erano piuttosto arrotondati, tanto da essere soprannominati “banana killer”. È tuttavia probabile che gli individui più giovani, che avevano corpi più agili, zampe più lunghe e denti più affilati, fossero troppo deboli per assaltare facilmente prede più grandi di loro.In effetti le analisi sulle ossa dei due piccoli dinosauri avevano segni tali da far ipotizzare che l’individuo adolescente li avesse morsi con i denti fino all’osso, fino a staccare i loro arti inferiori e inghiottirli completamente. Secondo Zelenitsky il fatto che siano state trovate solo queste ossa inoltre può voler dire che il predatore aveva azzannato di proposito le cosce, cioè i loro arti più carnosi.Hans-Dieter Sues, paleontologo dello Smithsonian National Museum of Natural History di Washington l’ha definita «decisamente una scoperta importante». Sues, che non ha partecipato allo studio, ha detto che «anche se il cambio di abitudini alimentari tra giovani e adulti in tirannosauri come il Gorgosaurus non è una sorpresa, è meraviglioso che adesso se ne abbia la prova concreta».– Leggi anche: Magnifici dinosauri sbagliati LEGGI TUTTO

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    Weekly Beasts

    Lo zoo di Londra ha approfittato dell’arrivo di dicembre per allestire alcuni calendari dell’avvento e fotografare gli animali mentre ci interagivano, come nel caso di questo saimiri. Poi ci sono un po’ di apparizioni umane: un veterinario che visita un cucciolo di rinoceronte di Sumatra, l’etologa Jane Goodall con una tartaruga, una biologa con due lupi gridi della Tundra. Nella raccolta di animali della settimana trovate anche le prime nevi a fare da sfondo a cavalli, linci, fagiani e merli, ma per chi non è pronto per l’inverno ci pensa questo scoiattolo a coprire l’eventuale preferenza di una scena autunnale..single-post-new article figure.split-gal-el .photo-container .arrow::after{content:’LE ALTRE FOTO’} LEGGI TUTTO