More stories

  • in

    “Unica a resistere alla Cina”. Pure la Francia promuove il modello Italia

    Ascolta ora

    I punti chiave

    L’Italia si è affermata come “campione delle esportazioni”, posizionandosi al quarto posto tra i maggiori esportatori a livello globale. A sottolineare questo traguardo è il quotidiano francese Le Figaro, che evidenzia come il Belpaese sia riuscito a conquistare un ruolo di primo piano nell’economia mondiale, grazie alla qualità e alla varietà dei suoi prodotti. Dall’agroalimentare al settore manifatturiero, l’Italia continua a imporsi con forza nei mercati internazionali, confermando la propria eccellenza su scala globale.Le esportazioni“Le loro esportazioni sono state particolarmente dinamiche, aumentando dal 48 per cento tra il 2016 e il 2023, contro solamente il 28 per cento della Francia e il 27 per cento della Germania”, aggiunge Le Figaro. A confermare questa tendenza è Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison, che ha sottolineato come l’Italia sia l’unico Paese europeo ad aver mantenuto la sua quota di mercato nel commercio mondiale, nonostante la crescita della Cina. In un periodo in cui molte nazioni europee hanno visto ridursi il loro ruolo sullo scenario internazionale, l’Italia ha saputo resistere, adattandosi ai cambiamenti globali e riuscendo a proteggere la sua economia dalle pressioni delle grandi potenze emergenti, come la Cina. Questo risultato è il frutto di una combinazione tra innovazione tecnologica e rispetto delle tradizioni, due fattori che continuano a sostenere il “Made in Italy” e a renderlo simbolo di eccellenza nel mondo. LEGGI TUTTO

  • in

    La scure Fed, tassi giù dello 0,50%

    Ascolta ora

    No, non è la Bce, questa è la Federal Reserve. Incurante degli strali che arriveranno dal coté repubblicano, la banca centrale Usa ha ieri rotto gli indugi e tagliato i tassi d’interesse di mezzo punto. Il primo allentamento dopo quattro anni ha quindi le misure di un jumbo cut che riposiziona il costo del denaro in una forchetta compresa fra il 4,75 e il 5%, centra le aspettative dei mercati e conferma come il focus di Washington si sia decisamente spostato dalla lotta all’inflazione all’azione di sostegno dell’economia. «Il nostro approccio paziente nell’ultimo anno ha dato i suoi frutti. L’inflazione è ora molto più vicina al nostro obiettivo», ha affermato il presidente Jerome Powell nella conferenza stampa post-incontro. Il passaggio cruciale è però questo: «Siamo impegnati a mantenere la nostra economia forte sostenendo la massima occupazione. Una politica monetaria adeguata dovrebbe consentire di mantenere «la solidità del mercato del lavoro».Serviva una scossa, peraltro anticipata fin dal simposio di Jackson Hole dallo stesso Powell, e un colpo di frusta è arrivato. Ma il percorso di ammorbidimento è solo all’inizio, anche se questo taglio «non segna un nuovo ritmo», ha detto il numero uno della Fed. I dot plot, i pallini che indicano l’evoluzione dei tassi da qui al 2026, mostrano infatti come il board dell’istituto si sia fatto più dovish: altri due tagli da 25 punti base entro fine anno, un’ulteriore sforbiciata di 100 punti base nel 2025 e 50 punti base nel 2026. Nel complesso, compresa la riduzione di ieri, un maxi-allentamento di 200 punti base.Una traiettoria ipotetica, tuttavia. «Prenderemo le decisioni – ha spiegato Powell – sulla base dei dati in arrivo». Per il momento, la Fed constata che «gli indicatori recenti suggeriscono che l’attività economica ha continuato a espandersi a un ritmo solido. L’aumento dei posti di lavoro è rallentato e il tasso di disoccupazione è aumentato, ma rimane basso». Parole che sembrano contraddire la forza con cui l’istituto intenda evitare il rischio di un atterraggio duro dell’economia nonostante le previsioni sul Pil 2024 siano state lievemente ritoccate al ribasso (dal 2,1 al 2%) e che quelle relative al 25 siano rimaste invariate, mentre la disoccupazione dovrebbe salire di poco, dal 4,2 al 4,4 percento. LEGGI TUTTO

  • in

    Stellantis, sale il malcontento. Sciopero in Usa

    Ascolta ora

    Stellantis nella morsa delle proteste: in Italia, per la mobilitazione (ultima di tante) proclamata dai sindacati dopo l’ennesimo nulla di fatto sulla Gigafactory di Termoli, in Molise, che ha costretto il ministro Adolfo Urso a dirottare altrove il fondo Pnrr di 400 milioni; negli Usa, per lo sciopero generale alle porte a causa delle crescenti tensioni con il sindacato United Auto Workers. È lo stesso leader Uaw, Shawn Fain, a scaldare gli animi contro la tattica adottata negli Usa dall’ad Carlos Tavares (in foto).Il sindacato accusa infatti Stellantis di non aver rispettato le garanzie fornite durante l’accordo sindacale siglato l’anno scorso. «Siamo al 100% nel nostro diritto e nel nostro potere di intraprendere un’azione di sciopero, se necessario. L’azienda è tenuta a mantenere le promesse fatte», l’avvertimento di Fain. LEGGI TUTTO

  • in

    Terremoto a Campari. Via l’ad, crolla il titolo

    Ascolta ora

    Scossone improvviso al vertice di Campari. Dopo appena cinque mesi al timone della società, l’amministratore delegato Matteo Fantacchiotti si è dimesso con effetto immediato e il colosso dei liquori dovrà cercare un sostituto. Le dimissioni sono arrivate per motivi personali e non sotto richiesta del consiglio di amministrazione, a differenza di quanto successo recentemente per la svizzera Nestlé.Fantacchiotti aveva preso le redini di Campari ad aprile, cogliendo la pesante eredità del ceo di lunga data Bob Kunze-Concewitz proprio nel bel mezzo di un periodo difficile per il segmento degli alcolici e il parallelo emergere del nodo fisco (la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta su una presunta evasione da un miliardo di euro della holding lussemburghese Lagfin, ndr). Durante il suo breve mandato, le azioni sono scese di oltre il 15%, compreso il calo del 5,6% di venerdì scorso in seguito delle dichiarazioni dell’ad sulla debolezza del mercato degli spirit negli Usa, poi corrette dalla società specificando che il riferimento erano i trend generali del settore e non di Campari.Per identificare il prossimo ceo la società ha richiamato proprio Kunze-Concewitz. L’ex ceo presiederà un comitato di transizione della leadership che valuterà sia profili interni sia esterni. Intanto, Paolo Marchesini (direttore finanziario e operativo) e Fabio Di Fede (general counsel and business development officer) sono stati nominati co-ceo ad interim. Il presidente di Campari, Luca Garavoglia, ha precisato che l’ambizione di crescita del gruppo «rimane fortissima» e il futuro sarà «solido». LEGGI TUTTO

  • in

    La Corte di Giustizia Ue grazia Google, annullata la maxi-multa da 1,5 miliardi

    Ascolta ora

    Sospiro di sollievo per Google. La Corte di Giustizia Ue ha annullato la decisione con cui la Commissione Ue aveva inflitto cinque anni fa una maxi-multa di quasi 1,5 miliardi di euro ad Alphabet, casa madre di Google, per ostacolo alla concorrenza. L’ammenda riguardava la piattaforma pubblicitaria AdSense e, secondo il tribunale Ue, «non teneva conto dell’insieme delle circostanze rilevanti nella sua valutazione della durata delle clausole contrattuali che aveva qualificato come abusive». Il tribunale nelle motivazioni della sentenza spiega che la Commissione Ue non ha dimostrato che le clausole in questione avessero «da un lato eventualmente scoraggiato l’innovazione e dall’altro aiutato Google a mantenere e rafforzare la sua posizione dominante sui mercati nazionali della pubblicità nei motori di ricerca in questione e, da ultimo, eventualmente danneggiato i consumatori». Bruxelles, che potrebbe presentare ricorso alla Corte Ue, al momento si è limitata a dire che esaminerà la sentenza e rifletterà sui possibili passi successivi. La sanzione legata ad AdSense è una delle tre maxi-multe comminate dall’Ue in questi anni a Google per un totale di 8,25 miliardi.La Corte di giustizia europea si è espressa ieri anche sull’ammenda inflitta a Qualcomm per abuso di posizione dominante, confermandola in larga misura con l’importo rivisto in 238,7 milioni, rispetto ai 242 milioni decisi dall’esecutivo comunitario.L’annullamento della multa decretato dalla Corte Ue arriva al termine di un mandato con riscontri alterni per Margrethe Vestager. Negli anni alla guida dell’antitrust Ue, Vestager ha portato avanti la crociata per contrastare lo strapotere delle Big Tech e proprio la scorsa settimana sono arrivate due importanti vittorie: la Corte Ue ha confermato la multa da 2,4 miliardi inflitta da Bruxelles alla stessa Google e ha dato torno ad Apple nell’accordo fiscale con le autorità irlandesi condannando il colosso di Cupertino a versare 13 miliardi. LEGGI TUTTO

  • in

    Intesa fa squadra sul venture capital

    Ascolta ora

    Una doppietta di nuovi fondi andrà ad allargare la gamma di prodotti di Neva Sgr, la società di investimenti in venture capital di Intesa Sanpaolo. Si tratta di Neva II, che punta a una raccolta finale di circa 400 milioni di euro da investire nelle migliori aziende emergenti altamente innovative a livello mondiale, mentre Neva II Italia prevede di raccogliere 100 milioni da riservare alle realtà italiane. In tutto si tratta di un obiettivo totale di 500 milioni che andranno a finanziare società ad alto potenziale di crescita in settori come biotecnologie, aerospazio e settore industriale, digitale e transizione energetica. La società, guidata dal presidente Luca Remmert e dall’amministratore delegato Mario Costantini, ha raggiunto quattro anni di attività e, con il lancio di questi due nuovi fondi, intende bussare alla porta di casse di previdenza, fondi pensione e fondazioni bancarie: realtà importanti del nostro Paese, con patrimoni ingenti, ma che generalmente non vengono coinvolti in questo genere di investimenti, considerati ad alto rischio.Ieri, alla presentazione dei fondi alle Officine grandi riparazioni di Torino, è intervenuto anche il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro (in foto): «Oggi è un giorno importante per la vita di Neva Sgr; breve ma già piena di successi al fianco della capogruppo Intesa Sanpaolo», ha sottolineato, «Neva è partita quattro anni fa con 100 milioni di euro forniti dalla banca e l’abbiamo vista lavorare bene, si è fatta conoscere e apprezzare sui mercati. Oggi, visti i risultati ottenuti, siamo convinti che sia arrivato il momento di crescere ancora». LEGGI TUTTO

  • in

    Commerz in trincea: “Unicredit non ci serve”

    Ascolta ora

    Commerzbank ha scelto il suo «mastino» per affrontare i colloqui con Unicredit, che punta ad acquisire e a fondersi con la stessa banca tedesca, la seconda del Paese. Si tratta della direttrice finanziaria Berlina Orlopp, l’incarico dovrebbe essere formalizzato la prossima settimana ma già ieri la manager ha respinto con una certa spavalderia la necessità delle nozze per il suo istituto: «Non ne abbiamo bisogno perché siamo sulla buona strada». Il supervisory board, riporta Reuters, dovrebbe tornare a riunirsi martedì e mercoledì per decidere la strategia anti-Unicredit: «Siamo stati tutti molto sorpresi dal processo», ha detto ancora Orlopp, «per questo motivo la cosa più importante ora è semplicemente riordinare le idee, pensare con calma a quello che c’è sul tavolo e a come affrontarlo, e poi fare il passo successivo».La direttrice finanziaria è certamente la persona più motivata a erigere le difese contro l’istituto guidato da Andrea Orcel (nella foto): lei, scrive Handelsblatt, è del resto la più accreditata a succedere al ceo Manfred Knof che ha già annunciato le sue dimissioni alla scadenza del suo contratto, nel 2025. Possibile, a questo punto, che i vertici dell’istituto possano anticipare il cambio. L’arrivo di Unicredit e la possibile fusione di Commerz con Hvb potrebbe seriamente detronizzarla. Nel frattempo, però, la richiesta di Orlopp alla politica è di «aspettare per ora» a cedere le proprie quote. Certo è che, in questa partita, i tedeschi non possono contare sul sostegno della Bce (che ha già dato voto favorevole) e della Bundesbank, con il presidente Joachim Nagel che ha ribadito ieri il suo benestare o comunque la non contrarietà: «Abbiamo bisogno di banche forti e robuste affinchè le aziende possano affrontare e finanziare i loro compiti futuri». In generale, parlando di fusioni, il banchiere ha specificato che «è importante che venga creato un istituto competitivo che svolga questo compito nel miglior modo possibile». Da vedere cosa sceglierà di fare Deutsche Bank, che certamente vuole impedire le nozze, ma ha anche compreso che sarà difficile fermare Unicredit, che avvierà la procedura con la Bce per salire fino al 30% senza affrettare i tempi. LEGGI TUTTO

  • in

    Camisa (Confapi): “Basta con la proliferazione contrattuale”

    Ascolta ora

    “Siamo fermamente convinti dell’importanza della libertà contrattuale e del pluralismo nelle relazioni industriali, che devono tuttavia fondarsi su una rappresentatività effettiva delle parti”. Cristian Camisa, presidente di Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria privata), chiede che la rappresentatività non sia”rigidamente imposta dalla legge”, ma nasca attraverso un mix “tra strumenti pattizi” come, per esempio, “l’accordo interconfederale” tra “le organizzazioni dei lavoratori e gli imprenditori” e “strumenti amministrativi” che monotorino “i contratti effettivamente applicati”.Solo questo, secondo Camisa, potrebbe “garantire la trasparenza senza compromettere l’autonomia delle parti”. Il presidente di Confapi critica i sindacati e le organizzazioni datoriali che non hanno una reale rappresentanza, ma pretendono ugualmente di avere voce in capitolo. Camisa assicura: “Confapi sigla contratti collettivi da oltre 70 anni con Cgil Cisl e Uil ed è peraltro aperta anche ad altre organizzazioni ove si rivelassero rappresentative nel settore o nell’azienda oggetto di negoziato”. Secondo Confapi serve “una rivoluzione culturale nella contrattazione” nel mondo del mercato del lavoro anche perché i contratti del settore Industria sono tutti superiori al salario minimo dei 9€ l’ora. Camisa è convinto che si debbano “garantire soprattutto salari mediani più elevati e più proporzionati alla ricchezza prodotta”, mentre “un contratto quadro per le piccole e medie imprese industriali” può essere un passo in avanti solo in quanto “premessa per un modello di contrattazione territoriale efficace”. Senza una reale rappresentatività si rischia di “avere soggetti che, – spiega Comisa – non avendo un forte legame con il territorio e una reale capacità di rappresentanza, pretendano di regolare il lavoro con contenuti minimi e generalizzati”. LEGGI TUTTO