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    Crt, indagine interna sui conflitti d’interesse

    Nuova puntata nel caso della Fondazione Crt. Dopo la lettera di richiesta di chiarimenti inviata dal Mef nei giorni scorsi, seguita al terremoto ai vertici che ha portato alle dimissioni del presidente, ieri il numero uno a interim di Crt, Maurizio Irrera, ha scritto a sua volta una lettera indirizzata a tutti i componenti degli organi e degli organismi dell’ente in riferimento proprio alle richieste dell’autorità di vigilanza. Irrera, a tal fine, si richiama all’articolo 8.6 dello Statuto secondo il quale «I membri di organi della Fondazione che ritengano di avere un interesse in conflitto con quello della dell’ente, devono darne immediata notizia all’organo di appartenenza, che valuterà l’effettiva esistenza del conflitto, e qualora esso venga ritenuto esistente devono astenersi dal partecipare alle deliberazioni inerenti».Infatti, in caso «di conflitto permanente e non contingente i membri interessati devono presentare le proprie dimissioni all’organo di appartenenza». Irrera spiega più avanti che la richiesta è diretta a quanti si trovano in conflitto di interesse per «avere preso parte agli accordi oggetto della richiesta» (il famoso patto occulto) ovvero «per esserne venuti a conoscenza, senza avere immediatamente informato la Fondazione e il Collegio Sindacale». In considerazione dell’emergenza, conclude Irrera, «l’omesso riscontro verrà valutato dall’Autorità di Vigilanza».Ma secondo indiscrezioni che trapelano dall’interno del cda, Irrera sembrerebbe alludere anche alle voci che da settimane corrono attorno all’ipotesi di un conflitto di interesse da parte dei membri del cda Caterina Bima, Davide Canavesio e Antonello Monti in merito alle auto-nomine nelle società collegate all’Ente Ogr, Ream ed Equiter. In particolare, il focus sarebbe sulla nomina a consigliere di Equiter di Simona Cornaglia, che è una ex collaboratrice dello studio di Michele Vietti (coniugato con Bima), oltre a quella di Antonio Robazza, anch’esso considerato vicino alla vice presidente.Insomma, il clima si arroventa, anche perchè il Mef – dopo aver ricevuto la segnalazione da Palenzona circa la scoperta di un patto occulto in seno alla Fondazione – ha fatto un esposto come atto dovuto alla Procura di Roma. Intanto ieri, circa le voci di un accordo con gli enti locali per la scelta del successore di Palenzona, la Diocesi di Torino ha precisato «di non essere coinvolta in nessun tipo di accordo, né di avere alcuna competenza nel governo della Fondazione». LEGGI TUTTO

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    Così la bolletta diventa meno pesante

    Per fare il salto da una classe energetica bassa a una più alta non servono per forza i lavori di ristrutturazione. Certo, installare i pannelli solari sul tetto della propria abitazione è un passo notevole verso la direzione che vuole l’Europa: un futuro a emissioni zero. Ma il cittadino può fare la differenza per sé stesso e per l’ambiente senza dover ricorrere a costosi interventi edilizi.Applicare delle buone pratiche di risparmio energetico, oltre ad aumentare l’efficienza energetica della propria casa, è il segreto per alleggerire i costi della bolletta della luce. Il suggerimento principale è quello di valutare sempre la sostituzione degli elettrodomestici che vengono classificati dalla A alla G in base alla loro prestazione energetica con quelli di ultima generazione.Gli esempi più comuni sono: il frigorifero, che non andrebbe aperto troppo spesso né sovraccaricato per permettere la corretta circolazione dell’aria fredda; la lavatrice, che andrebbe accesa solo a pieno carico, preferibilmente con i programmi eco presenti anche nelle lavastoviglie; e il forno, meglio se ventilato poiché consente di risparmiare fino al 30% rispetto ai modelli tradizionali. LEGGI TUTTO

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    Arriva il diktat di Bruxelles sulle case green ma bisogna evitare un’altra voragine Superbonus

    La parola chiave è riqualificazione. In questo caso edilizia. È quello che la Commissione europea spera di riuscire a realizzare nei prossimi decenni con la Emission Performance of Buildings Directive (Epbd), a cui la stampa italiana ha assegnato l’appellativo «direttiva case green».Il motivo è presto detto: la prestazione energetica degli immobili dovrà migliorare in maniera significativa nei prossimi anni, altrimenti verrebbero vanificati non solo l’architettura del Green deal, ma l’intera battaglia ai cambiamenti climatici. La finestra temporale è piuttosto lunga e si sviluppa in circa 25 anni a partire dal 2025. Già nel 2030 gli Stati membri dell’Unione europea dovranno aver tagliato i consumi del 16%, la stessa percentuale degli edifici non residenziali che dovrà essere ristrutturata entro quel termine.Il punto d’arrivo è il famoso «net zero», l’azzeramento delle emissioni inquinanti previsto nel 2030 per tutti i nuovi edifici residenziali e nel 2050 per il parco immobiliare nella sua totalità. Vale la pena sottolineare un aspetto giuridico dell’Epbd: trattandosi di una direttiva e non di un regolamento, il provvedimento è sì vincolante, ma gli Stati membri sono liberi di applicarlo come meglio preferiscono al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati secondo le peculiarità del proprio patrimonio immobiliare.È questo il caso dell’Italia, che in sede europea ha votato contro la direttiva insieme all’Ungheria, ma non avrà altra scelta se non quella di conformarsi alla decisione presa in sede Ecofin, che ha approvato la proposta della Commissione.Resta da sciogliere il nodo di come finanziare i lavori che renderanno le nostre case più rispettose dell’ambiente. Il rischio che si crei un gap con altre nazioni europee beneficiate dalla direttiva è reale, ma tutto dipenderà da come verrà recepita (c’è tempo fino al 2026). Verosimilmente, l’Ue attingerà dai vari fondi a disposizione dei 27 per co-finanziare le politiche pubbliche che sosterranno questo sforzo comunitario. Una delle formule ricorrenti resta l’incentivo. LEGGI TUTTO

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    Asili nido, arrivano i primi bonus (con ritardo): ecco tutte le cifre

    L’Inps ha reso noto ieri che sono state messe in pagamento le prime quote del “bonus asili nido”. Con qualche ritardo (la liquidazione era prevista per il 2 aprile) è iniziato l’utilizzo del beneficio. Si tratta di una prestazione che può essere richiesta per il pagamento delle rette di asili nido pubblici o privati, autorizzati dagli enti locali, e per l’utilizzo di forme di supporto – presso la propria abitazione – in favore di bambini con meno di tre anni, affetti da gravi patologie croniche. Il termine ordinario per l’emanazione dei provvedimenti è stabilito in 30 giorni. In alcuni casi la legge può fissare termini diversi.Chi può chiedere il bonus?Ma chi può chiedere il “bonus asili nido”? Spetta alle famiglie con figli:di età inferiore a tre anni (o che compiano tre anni nell’anno solare);che frequentano un asilo nido pubblico o uno privato autorizzato o affetti da gravi patologie croniche certificate. Il genitore può presentare domanda anche dopo il compimento dei tre anni purché entro l’anno solare.La domanda può essere presentata anche dal genitore di un minore nato o adottato o in affido temporaneo in possesso dei seguenti requisiti (direttiva 2011/98/UE):straniero apolide, rifugiato politico o titolare di protezione internazionale equiparato a cittadino italiano, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale);titolare di Carta blu, “lavoratore altamente qualificato” (art. 14 della direttiva 2009/50/CE, attuata con il d.lgs. 28 giugno 2012, n. 108);lavoratore di Marocco, Algeria e Tunisia per il quale gli accordi euromediterranei tra l’Unione europea e questi Paesi prevedono il generale diritto alla parità di trattamento con i cittadini europei;lavoratore autonomo titolare di permesso per il quale l’inclusione tra i potenziali beneficiari è motivata dalla circostanza che la norma non discrimina il lavoro autonomo da quello dipendente.La domanda di contributo per il pagamento delle rette degli asili nido deve essere presentata:entro il 31 dicembre 2024;dal genitore, o dal soggetto affidatario del minore, che ne sostiene l’onere;esclusivamente per via telematica, attraverso il servizio online o i patronati.I tre valori IseeL’importo del sussidio spetta in base al valore dell’ISEE minorenni relativo al minore per cui si presenta la domanda.Di seguito, gli importi massimi concessi e i relativi importi mensili:ISEE minorenni fino a 25mila euro = 3mila euro all’anno (importo massimo mensile erogabile 272,73 euro al mese per 11 mesi). Per non superare il tetto annuo di 3mila euro per minore, le prime 10 mensilità vengono erogate al massimo dell’importo concedibile (272,73 euro). L’undicesima mensilità è pari a 272,70 euro;ISEE minorenni da 25.001 euro fino a 40mila euro = 2.500 euro all’anno (importo massimo mensile erogabile 227,27 al mese per 11 mesi).Per non superare il tetto annuo di 2.500 euro per minore, le prime 10 mensilità vengono erogate al massimo dell’importo concedibile (227,27 euro). L’undicesima mensilità è pari a 227,30 euro; LEGGI TUTTO

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    L’agenzia Dbrs Morningstar conferma il rating BBB (alto) e premia il lavoro del governo

    L’agenzia Dbrs Morningstar ha confermato il rating BBB (alto) dell’Italia con trend stabile. Nella nota esplicativa, Dbrs Morningstar spiega che “i rischi per i rating del credito sono bilanciati”. Un’altra conferma che il lavoro condotto dal governo di Giorgia Meloni, a livello economico, sta lavorando nel modo giusto, nonostante abbia ereditato una situazione non rosea. “La ripresa post-pandemia dell’Italia è stata più forte del previsto e ha superato le altre grandi economie dell’area euro. Gli effetti di una politica monetaria più restrittiva e di un contesto esterno più debole stanno pesando sull’attività economica, ma si prevede che la crescita riprenderà gradualmente con il miglioramento del potere d’acquisto delle famiglie e delle condizioni finanziarie ed esterne”, scrive ancora l’agenzia.Nella nota si specifica anche che l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia “dovrebbe contribuire a mitigare gli investimenti residenziali più deboli nei prossimi due anni, man mano che i generosi crediti d’imposta per la ristrutturazione delle case (Superbonus) verranno gradualmente eliminati”. Ancora una volta, le agenzie di rating bocciano su tutta la linea gli incentivi introdotti dal governo Conte, che ha prosciugato le finanze italiane. Il buco lasciato dalle misure come il Superbonus, ma anche il Reddito di cittadinanza, costringe questo esecutivo a una politica con pochi margini di manovra ma si stanno ponendo buone basi per il futuro.”Il rapporto debito pubblico/Pil dell’Italia è sceso più rapidamente del previsto e si è attestato al 137.3% del Pil nel 2023 grazie alla crescita del PIL nominale”, spiega ancora la nota, entrando nello specifico. “L’impatto fiscale di questi incentivi fiscali dovrebbe essere molto più basso in futuro; tuttavia, le loro richieste porteranno a un maggiore fabbisogno finanziario e faranno salire il rapporto debito pubblico/Pil dell’Italia nei prossimi anni. Secondo le proiezioni del governo, il rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe aumentare fino al 139,8% entro il 2026, per poi iniziare un graduale declino in uno scenario a legislazione vigente”, scrive l’agenzia. LEGGI TUTTO

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    Percassi vende Kiko al fondo di Arnault e Lvmh

    A due mesi dall’Opa lanciata sul gruppo Tod’s, Lvmh torna a fare shopping in Italia e rileva il 70% di Kiko, brand di cosmetici fondato dal gruppo Percassi. Anche in questo caso, il colosso francese ha portato a termine l’operazione attraverso L Catterton: il fondo specializzato in investimenti nel settore consumer e co-fondato da Lvmh e dalla famiglia Arnault.L’assegno staccato alla famiglia Percassi – che da tempo cercava un fondo per accrescere lo sviluppo internazionale – sarebbe di circa 1 miliardo per una valutazione (enterprise value) attorno a 1,4 miliardi. Kiko Milano è un gruppo della cosmetica da oltre 800 milioni di euro di ricavi e la famiglia Percassi – che manterrà il 30% della società, oltre che la presidenza e la gestione operativa con Antonio Percassi presidente e Simone Dominici ceo – ha fondato il brand nel 1997. Rapida la crescita e lo sviluppo del gruppo che oggi conta una rete di vendita di 1.100 negozi in 66 mercati e una piattaforma e-commerce.Nel 2023 Kiko ha raggiunto il top dei ricavi con una crescita vicina al 20% sul 2022 quando il fatturato era già salito a 671 milioni (in rialzo del 42% rispetto al 2021 e del 14% sul 2019).Nel mercato europeo il marchio è cresciuto del 46% sulla spinta di Paesi come Francia (+58%) e Spagna (+50%), mentre il Regno Unito ha registrato l’incremento più rilevante (circa il 60%). In Italia la crescita si è invece attestata a circa il 40 per cento. Sempre nel 2023 sono poi stati aperti altri 120 negozi, con la presenza in circa 75 Paesi. «Ci siamo aperti a una partnership con un investitore di rilevanza internazionale come L Catterton, che riteniamo potrà contribuire ad accelerare la crescita di Kiko a livello globale, mettendo a disposizione una vasta esperienza ed un ampio network nel settore della cosmetica”, ha detto Percassi. D’altra parte L Catterton ha un portafoglio di oltre 30 marchi nel settore beauty a livello globale, tra cui Intercos, Elemis, Etvos, Maria Nilla e Oddity.Secondo il ceo di Kiko, i nuovi proprietari «saranno in grado di offrire un prezioso contributo per espandere ulteriormente il marchio», con il target degli Usa nel mirino. LEGGI TUTTO

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    Stellantis litiga anche nel Regno Unito

    La transizione verso la mobilità elettrica non dà pace ai big del settore. Carlos Tavares, ad di Stellantis, come riferisce l’agenzia Reuters, è ai ferri corti con il governo britannico. Una tensione, quella con Londra, che si aggiunge ai rapporti sempre più delicati con l’esecutivo italiano e i sindacati, in questo caso sul futuro per nulla chiaro del sistema produttivo nella Penisola. Mirafiori docet.A Tavares, guardando al Regno Unito, non va proprio giù il piano cosiddetto Zev (Zero Emission Vehicle) introdotto all’inizio dell’anno che impone obiettivi minimi di vendita, praticamente immediati, di veicoli elettrici. In caso di mancato raggiungimento dei target, la norma prevede la somministrazione di multe salate. Ecco allora il top manager alla guida di Stellantis definire come «pessimo per il Paese» tale provvedimento.Secondo Tavares questa disposizione è completamente scollegata dalla realtà in quanto lo stato dell’arte vede la domanda del mercato britannico di veicoli elettrici rappresentare la metà del target imposto (quota minima del 22% nel 2024, che progressivamente diventa dell’80%, entro il 2030, e del 100% al 2035). «Siamo al doppio della domanda reale», sottolinea Tavares. «È una norma – avverte sempre l’ad di Stellantis – che oltre a mettere a rischio i margini, costringerebbe i costruttori a dar vita a una vera guerra sui listini con gravi ripercurssioni sulla redditività».Quanto accade nel Regno Unito rappresenta solo uno dei tanti problemi non messi in conto dal piano Ue al «tutto elettrico» dal 2035, con il contestuale stop alla produzione e vendita di veicoli endotermici. Decisioni affrettate e dettate dall’ideologia che cominciano a far emergere situazioni di disagio e forti timori occupazionali.L’ultimo aggiornamento sullo scenario automotive mondiale, redatto da AlixPartners, evidenzia, in proposito, come la svolta dell’elettrico «per i costruttori occidentali di auto oggi non ha ancora un riscontro in termini di domanda e di sostenibilità economica e finanziaria». Inoltre, avverte sempre AlixPartners, «in Italia il 30% della forza lavoro delle aziende della componentistica sarà impattata dalla transizione elettrica che, salvo ripensamenti normativi sempre più attesi, guida la maggior parte della sfida di riconversione insieme, ovviamente, ai volumi espressi dal mercato; il rischio per i componentisti italiani è di 7 miliardi di perdita di valore al 2030 e 40mila posti in potenziale esubero». LEGGI TUTTO

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    Superbonus, ipotesi bipartisan. Detrazioni spalmate in 10 anni

    Il Parlamento riflette sul nuovo Superbonus. Il decreto legge attualmente in discussione alla commissione Finanze del Senato – in attesa del primo voto di conversione ma soprattutto dell’audizione del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dinanzi alla commissione Bilancio il prossimo 8 maggio – potrebbe allungare la durata delle detrazioni previste dalla misura che il titolare di via XX Settembre ha stroncato senza mezzi termini ricordando gli effetti nefasti sui conti pubblici.Nei 355 emendamenti bipartisan depositati da Lega, Forza Italia, Italia Viva, Pd, Movimento 5 Stelle e Avs si parla di una ripartizione del contributo edilizio non più quadriennale, ma decennale, se non addirittura spalmato su 15 anni. Il testo depositato dai senatori di maggioranza e opposizione fa riferimento a una distribuzione «su opzione del contribuente, in dieci quote annuali di pari importo a partire dal periodo d’imposta 2024». Estendendo però l’annualità si avrebbe come conseguenza l’aumento dei beneficiari: chi ha una capienza fiscale inferiore può usufruire così della maggior parte del rimborso. Si passerebbe, di conseguenza, da una platea di 2,7 milioni di persone (quelli con un reddito superiore a 50mila euro), a 12 milioni di contribuenti da 26mila euro in su. In alternativa, lo Stato potrebbe attingere a quanto già previsto dal dl Aiuti quater del 2022, ovvero l’adozione di una proroga per i crediti di imposta comunicati entro il 4 aprile 2024. In questo modo, ha stimato l’ufficio parlamentare di bilancio, si manterrebbe il debito sotto il 140%. Il ministro Giorgetti, molto rigido su ogni ipotesi di allentamento della stretta sul Superbonus, in questo caso potrebbe vedere di buon occhio lo «spalmacrediti» su 10 anni. Ma lo si scoprirà presto.Un’altra modifica proposta al decreto legge, che ha come primo firmatario il leghista Massimo Garavaglia, amplierebbe i poteri di controllo dei Comuni, chiamati a vigilare sulla liceità dei crediti erogati anche attraverso un incentivo pari al 50% «delle maggiori somme incassate a titolo definitivo nonchè delle sanzioni applicate». I Comuni, secondo lo schema contenuto nell’emendamento, condivideranno i dati relativi alle comunicazioni di inizio lavori o dei titoli abilitativi con l’Enea e l’Agenzia delle Entrate. LEGGI TUTTO