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    Depuratori domestici: chiare, fresche, depurate e dolci acque… Ma servono davvero? E quanto costano?

    Le ultime siccitose annate ce lo stanno dimostrando: i cambiamenti climatici sono qui e adesso e a risentirne sono anche i nostri approvvigionamenti d’acqua, bene sempre più prezioso e raro. In questo senso l’istituzione della Giornata Mondiale dell’acqua, che si celebra il 22 marzo, assume un valore sempre più importante, a livello globale. Quello dell’acqua costituisce un problema fra i più urgenti da affrontare, e se prima ci si poneva “solo” la questione qualità, ora si ragiona di sprechi e di consumi, valutando l’impatto delle nostre scelte sull’ambiente.L’Italia è il paese europeo che detiene il primato per il consumo di acqua potabile: si parte da circa 150 litri al giorno per arrivare a 240 per persona. Inoltre, nel vecchio continente siamo capolista per uso di acqua in bottiglia, con circa 188 litri pro capite all’anno, e secondi al mondo. Ciò si traduce in un consumo annuo di circa 9 miliardi di bottiglie di plastica, creando un danno per l’ambiente perché le bottiglie in PET non sono biodegradabili (per quanto si stia cercando di renderle più “green” e se ne riciclino già molte) e possono impiegare fino a 1.000 anni per decomporsi. Senza contare l’uso di gas e petrolio per produrle.Tracciato questo quadro, e fermo restando che l’acqua che esce dai rubinetti nel nostro Paese è mediamente sicura (variazioni di gusto e durezza a parte), sono ancora moltissimi gli italiani che preferiscono le acque in bottiglia, sia in plastica che nel più ecologico vetro. Altri invece si stanno orientando verso sistemi alternativi, dalle semplici caraffe filtranti a veri e propri impianti di depurazione o erogazione d’acqua, che sembrano fornire maggiori vantaggi e la comodità di avere acqua filtrata dal rubinetto in qualsiasi momento. Prima di analizzare i principali e più diffusi, proviamo a fare alcune considerazioni di carattere pratico.Acqua in bottiglia, i costiSi calcola che una famiglia di almeno tre persone spenda più di 50 euro al mese per l’acqua, considerando che ogni persona dovrebbe berne almeno due litri al giorno, quindi una confezione a settimana. Nei mesi estivi poi il consumo cresce nettamente. Siamo quindi sui 600 euro annui di spesa per la sola acqua da bere.Andando più nel dettaglio, in commercio esistono diverse marche e tipologie di acqua, da quella minerale a quella più o meno frizzante, con evidenti differenze di prezzo, che varia anche in base al formato. I prezzi delle acque in bottiglia di plastica più diffuse nei supermercati italiani variano da 11 centesimi a 1 euro, con una media di prezzo di 60 centesimi al litro. Per le acque in vetro, si parte da 79 centesimi al litro, difficile stabilire un costo massimo (i fattori sono molteplici, dal design della bottiglia alla provenienza dell’acqua), ma possiamo dire che la media si aggira intorno ai 90 centesimi circa, cui vanno aggiunti altri costi, in caso di consegne a domicilio.Sistemi di depurazionePremessa: prima di scegliere quale sistema comprare tra tutti quelli presenti sul mercato, bisognerebbe capire i motivi per cui si vuole procedere al trattamento dell’acqua di casa (è dura e si vogliono preservare gli elettrodomestici, è questione di gusto, un’acqua trattata può essere più salubre da bere…). Per migliorare il sapore e l’odore dell’acqua del rubinetto a volte basta farla scorrere un po’ (non troppo, per evitare sprechi) prima di utilizzarla o usare delle caraffe filtranti (che hanno costi relativamente contenuti, ma richiedono una corretta gestione dei filtri). Inoltre, prima di acquistare un impianto che vada ad agire sulle caratteristiche chimiche dell’acqua domestica, sarebbe opportuno conoscerne la qualità, facendola analizzare.Eliminare troppe sostanze dall’acqua poi non fa sempre bene alla salute. Chi ha già installato uno di questi strumenti si sarà reso conto che il liquido trattato diventa più dolce. Ciò accade perché viene alleggerito del residuo fisso, che in buona parte è composto anche da sali minerali, come calcio e magnesio, molto importanti per ossa e corpo in generale, e che contribuiscono, tra le altre cose, a prevenire l’osteoporosi.Detto questo, se si è deciso di installare un impianto di trattamento per l’acqua, ecco i diversi sistemi, con i relativi pro e contro.Addolcitore a resine a scambio ionico: riduce la durezza dell’acqua, che passa su una resina che scambia il calcio (responsabile della durezza) con ioni di sodio. Pro: si tratta di una tecnologia collaudata ed efficace; contro: l’acqua viene trasformata chimicamente, gli ioni calcio vengono sostituiti con sodio e/o potassio, in più è necessario il controllo e l’approvvigionamento di sale per la rigenerazione delle resine e l’apparecchio è ingombrante.Addolcitore magnetico: intorno alla tubazione dell’acqua viene applicato un campo magnetico: in questo modo il calcare dell’acqua si trasforma in aragonite anziché in calcite e non forma incrostazioni a valle. Pro: è un processo esclusivamente fisico che non altera la composizione dell’acqua e l’apparecchio è di dimensioni ridotte; contro: l’effetto del campo magnetico non è definitivo, e la funzione antincrostante va diminuendo ad una certa distanza dall’impianto perché il calcio si riorganizza in cristalli incrostanti;Osmosi inversa: processo per la disinfezione e depurazione dell’acqua da tracce di inquinanti come pesticidi, solventi, metalli. Riduce il contenuto di sali nell’acqua, dunque anche la durezza. Pro: l’impianto è piccolo ed efficiente, utile per trattare l’acqua di uso alimentare; contro: Il costo è elevato e può apportare un eccessivo impoverimento di sali minerali nell’acqua.Carboni attivi: sistema formato da filtri di maglia o granulato di carbonio, che trattengono le molecole organiche più grosse come quelle responsabili dei cattivi odori e sapori dell’acqua di rubinetto. Pro: adatti a un ampio spettro di inquinanti, migliorano sapore e odore dell’acqua, a costi contenuti; contro: è possibile una proliferazione batterica sul filtro, e non agiscono su metalli e nitrati.Quanto costa un depuratore d’acqua domesticoEsistono diverse tipologie di depuratore che differiscono tra loro per dimensioni, costo, metodo di funzionamento (come abbiamo visto) o luogo di collocazione. Per quanto riguarda la collocazione è possibile parlare di depuratore acqua sottolavavello oltre che di depuratore sottozoccolo o sopralavello. Al momento dell’acquisto è sempre bene rivolgersi a rivenditori specializzati che sappiano consigliare quale tipologia di depuratore si adatti alle esigenze del cliente.Un depuratore a norma di legge, certificato dal Ministero della Salute può costare dai 1200 ai 3.500 euro per il top di gamma. il prezzo può variare in base al tipo di acqua desiderata (se si desidera solo acqua naturale senza refrigerazione e gasatura, il costo è minore perché il tipo di impianto è più semplice), al tipo di acqua da trattare e la tecnica di filtrazione (se la acqua è particolarmente dura o c’è presenza di arsenico meglio l’osmosi inversa, se si vuole solo eliminare il cloro, meglio la microfiltrazione che ha costi più bassi), alla potenza dell’impianto (un depuratore d’acqua che produce 40 litri all’ora è meno potente di uno che produce 100 litri all’ora), al tipo di contratto (se il contratto prevede la manutenzione annuale, garanzia e intervento in caso di guasti, ha un prezzo più alto).A questo va aggiunta la manutenzione annuale, che prevede la sostituzione dei filtri e la sanitizzazione dell’impianto, che varia fra gli 80 e i 100 euro, a seconda della zona in cui si risiede.Va detto che in rete si trovano anche depuratori fra i 300 e i 500 euro, ma in genere sono prodotti senza certificazione del Ministero della Salute o, in caso ce l’abbiano, da verificare. Inoltre sono costruiti con materiali che si degradano velocemente e potrebbero rilasciare sostanze tossiche nell’acqua che dovrebbero invece depurare.Come qualunque prodotto, anche un depuratore d’acqua non può essere gratis: è il risultato del lavoro sia da parte dei produttori che dei tecnici che si occupano dell’installazione. Il concetto di “gratis” fa leva sul fatto che si possa avere il depuratore con lo stesso costo dell’acqua in bottiglia del supermercato, dunque senza “sborsare” un euro in più.Differenza fra acquisto e noleggioCon l’acquisto il depuratore è di nostra proprietà e i costi sono più bassi, ma bisogna considerare degli extra per eventuali guasti fuori garanzia. Inoltre quando dopo 15 anni si deve sostituire il depuratore, va acquistato di nuovo.Il noleggio presenta altri vantaggi, a fronte di un maggiore costo annuale: è però possibile avere la sostituzione gratuita dell’impianto in caso di guasto, usufruire dell’assistenza tecnica ordinaria e straordinaria, farlo sostituire con uno nuovo quando sarà il momento, senza costi aggiuntivi.Bonus depuratoriEsiste anche un Bonus acqua potabile, conosciuto anche come Bonus depuratore: l’agevolazione, gestita da Agenzia delle Entrate, consiste in un credito d’imposta del 50% delle spese sostenute, dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2023, per comprare e installare sistemi di filtraggio, mineralizzazione, raffreddamento e/o addizione di anidride carbonica alimentare, per un importo massimo delle spese è di 1.000 euro (per ciascun immobile, per le persone fisiche), o 5.000 euro (per ogni immobile adibito all’attività commerciale o istituzionale, per gli esercenti attività d’impresa, arti e professioni e gli enti non commerciali). Obiettivo della misura, incentivare famiglie e imprese a ridurre il consumo di contenitori di plastica. Le informazioni sugli interventi andranno trasmesse in via telematica all’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), mentre l’ammontare delle spese agevolabili andrà comunicato all’Agenzia delle Entrate tra il primo e il 28 febbraio dell’anno successivo a quello di acquisto. Il Bonus può essere utilizzato in compensazione tramite F24, oppure, per le persone fisiche non esercenti attività d’impresa o lavoro autonomo, anche nella dichiarazione dei redditi per l’anno della spesa e in quelle degli anni successivi fino al completo utilizzo del contributo. Basterà accedere all’area riservata dell’Agenzia delle Entrate tramite SPID, CIE, CNS o codice fiscale. Per maggiori informazioni è disponibile una guida completa dell’Agenzia con tutte le istruzioni per la compilazione. LEGGI TUTTO

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    L’Unione Europea detta le regole per i nuovi Green Bond

    La Commissione Europea ha vidimato la svolta annunciata il 28 febbraio scorso da Consiglio Europeo e Parlamento europeo sulla proposizione dei nuovi Green Bond comunitari. Via libera dunque alle linee guida di quello che potrà essere il primo asset “verde” che sarà emesso direttamente dall’Unione Europea.In base all’accordo, perchè un’obbligazione sia definibile come Green Bond i proventi da essa derivati dovranno venire reinvestiti in attività economiche in linea con il regolamento sulla Tassonomia dell’Ue attraverso cui ciò che è “sostenibile” e ciò che non lo è viene esplicitamente indicato. Si garantirà un 15% di margine di garanzia qualora emergessero nuovi campi di investimento ancora non coperti dalle richieste esplicite di garanzia verde nella Tassonomia. “L’uso e la necessità di questa sacca di flessibilità saranno rivalutati man mano che la transizione dell’Europa verso la neutralità climatica progredirà e con il numero sempre crescente di opportunità di investimento interessanti e verdi che dovrebbero diventare disponibili nei prossimi anni”, ha spiegato parlando della nuova regolamentazione lo studio legale Norton Rose Fulbright sul suo blog.L’accettazione di queste regole consentirà agli emittenti di inserire l’etichetta di “European Green Bond” (Eugb) sui loro titoli, ma c’è da sottolineare che ad oggi l’adeguamento di un investimento con fini Esg a tali standard servirà solo per avere una certificazione di questo tipo. Formalmente, le obbligazioni orientate agli standard Esg non riceveranno scrutinio a monte e sarà solo l’etichetta Eugb ad essere sottoposto allo standard di cui si è detto. Pura volontarietà, per ora. Questo segna di fatto un compromesso al ribasso rispetto a quanto richiesto inizialmentre dalla Banca centrale europea, per la quale un cronoprogramma verso la precisa obbligatorietà dello standard Eugb doveva essere deciso. Ma è comprensibile: con 500 miliardi di euro di emissioni all’anno di bond legati all’Esg nel mondo, auto-censurare automaticamente una quota delle emissioni finanziarie danneggerebbe l’Europa, capofila mondiale per dimensioni del mercato della finanza sostenibile. Al contempo, lo sforzo di apertura e engagement verso il mercato è grande e mira a strutturare una corsa alla trasparenza.Lo standard apre a linee guida per i futuri Green Bond europei e, in ogni caso, rappresenta un punto di arrivo importante perché conferma l’Europa come largamente al comando su scala globale nella definizione delle regole del gioco sulla finanza verde. Le imprese emittenti che avranno il marchio Eugb, per quanto possano chiederlo su base volontaria, dovranno segnalare attentamente come intenderanno utilizzare sia i guadagni delle obbligazioni sia eventuali dividendi degli investimenti in una chiave di sviluppo sociale. Ormai ritenuto come direttamente collegato alla sostenibilità degli investimenti e dell’asset. Sul tema dei Green Bond, insomma, l’Europa fa un altro passo avanti. Ma non abbandona la regola del giudizio e del pragmatismo. L’obiettivo è che sia il mercato poi a premiare la trasparenza. Facendo sì che a essere premiate siano le obbligazioni davvero verdi lasciando ai margini greenwashing e problemi simili. LEGGI TUTTO

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    Tutti i punti oscuri del salvataggio di Credit Suisse

    Non mancano certo gli interrogativi e i lati oscuri nel salvataggio di Credit Suisse e nell’operazione che ha portato all’acquisto di quest’ultima da parte della più grande banca svizzera, Ubs, per oltre 3 miliardi di euro. Innanzitutto, i dubbi vertono sulla decisione di Credit Suisse di dichiarare i 16 miliardi di franchi svizzeri (17,24 miliardi di dollari) del suo debito aggiuntivo di classe 1 “azzerati” su ordine dell’autorità di regolamentazione del Paese elvetico. “Molte cause legali deriveranno da questo, il che evidenzierà il comportamento irregolare ed egoista delle autorità svizzere in questa storia”, ha spiegato Jacob Kirkegaard, senior fellow presso il Peterson Institute for International Economics, a Bloomberg. “Gli investitori stranieri potrebbero chiedersi se la Svizzera non sia una repubblica delle banane in cui non vige lo stato di diritto”, spiega inoltre Peter V. Kunz, professore specializzato in diritto economico all’Università di Berna. L’ordine di priorità seguita tra azionisti e obbligazionisti ha sorpreso molti analisti e osservatori, sollevando parecchi dubbi.La nuova entità, ignorate le norme antitrustIl Paese, nota ancora il professor Kunz, “non è in pericolo, ma ci potrebbe essere il rischio di azioni legali” perché le autorità “qui sono intervenute sul filo del rasoio”. Kern Alexander, professore di diritto e finanza all’Università di Zurigo, condivide questa tesi, affermando che la gestione delle crisi è stata condotta male e “ha minato lo stato di diritto della Svizzera”. Le obbligazioni, nota Reuters, possono essere convertite in azioni o svalutate quando le riserve di capitale di un prestatore vengono erose oltre una certa soglia. “È incredibile e difficile capire come possano invertire la gerarchia tra detentori di obbligazioni e azionisti”, ha affermato Jerome Legras, responsabile della ricerca presso Axiom Alternative Investments. Una decisione legale, ovviamente, ma che sta sollevando numerose perplessità.C’è poi un altro aspetto che non convince esperti ed analisti. Insieme, Credit Suisse e Ubs avranno 333 miliardi di franchi svizzeri (360 miliardi di dollari) in depositi dei clienti, 115 miliardi di franchi in più rispetto alla rivale Raiffeisen, secondo i dati di Bloomberg. Pur di salvare Credit Suisse, le autorità svizzere hanno infatti sorvolato le norme antitrust. Come spiega oggi Federico Fubini sul Corriere della Sera la nuova entità avrebbe in pratica nella Confederazione una quota di mercato pari a due terzi dell’intero settore delle banche significative. Nessuna autorità antitrust di un Paese democratico, osserva sempre Fubini, accetterebbe il formarsi di un potere economico così ampio nelle mani di una sola impresa. Almeno non in condizioni normali.Licenziamenti in vista per i 17.000 dipendentiA pagare gli errori dei dirigenti saranno, come sempre, i lavoratori. “I dipendenti del Credit Suisse non dovrebbero pagare per gli errori commessi da dirigenti e autorità e le due banche, Credit Suisse e UBS, hanno il dovere di evitare brutali tagli di posti di lavoro” afferma in un comunicato l’Unione sindacale svizzera (USS), come riportato dall’Ansa. I dipendenti del Credit Suisse “sono scioccati dalle conseguenze che li minacciano direttamente”, afferma la confederazione sindacale ricordando che la posta in gioco è “colossale per i 17.000 dipendenti CS in Svizzera”. Secondo quanto ricostruito da Bloomberg, peraltro, anche prima dell’avvio dell’acquisizione da parte di Ubs, Credit Suisse stava valutando “un piano di taglio di 9.000 posti di lavoro nel tentativo di salvarsi”. La tensione è alle stelle. Ieri sera circa 200 manifestanti si sono radunati fuori dalla sede centrale del Credit Suisse Group a Zurigo, lanciando uova contro Paradeplatz, il cuore del distretto finanziario della città. LEGGI TUTTO

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    Superbonus: ecco cosa cambia dal 31 marzo

    Ancora 10 giorni per ottenere la cessione del credito del Superbonus inviando all’Agenzia delle entrate la comunicazione telematica, poi coloro i quali abbiano sostenuto nel 2022 delle spese potranno accedere solo alle detrazioni fiscali.Come anticipato in un precedente articolo de IlGiornale.It, il 31 marzo sarà un vero e proprio “spartiacque” tra chi avrà diritto ad accedere ai benefici economici (cessione del credito a terzi) su cui si fondava il bonus 110% e che, invece, pur avendo iniziato lavori con la misura del Superbonus, si troverà a poter usufruire solo delle detrazioni fiscali e non è detto che sia tutto così facile.Detrazioni pari a 114mila euro per una casa indipendenteDifatti, come riportato in un articolo del Corriere della Sera, le detrazioni medie avrebbero un costo medio di circa 114mila euro per una casa indipendente e questo significherebbe che, per avere pieno diritto alle detrazioni fiscali, in quattro anni il reddito della persona che ha fatto i lavori dovrebbe aggirarsi intorno agli 80mila euro con una tassazione di 28.500 euro, così da coprire il totale delle detrazioni spettanti.Si tratta di un reddito al di sopra della media e la preoccupazione che con le sole detrazioni si rischi di perdere qualcosa in termini economici appare concreta. Senza considerare un altro aspetto non di poco conto dovuto alle tempistiche imposte negli scorsi mesi al fine di accedere al Superbonus. Difatti, per godere della misura le ville unifamiliari lo scorso anno dovevano dimostrare di aver effettuato al 30 settembre il 30% dei lavori e ciò avrebbe potuto spingere i contribuenti che ancora non avevano trovato a chi cedere il proprio credito, ad anticipare la quota spesa in attesa di trovarlo. Ma con la nuova scadenza del 31 marzo e con la “stretta” degli istituti di credito cosa potrebbe succedere?A rischio 25mila imprese ediliQuesta preoccupazione non riguarda solo le famiglie ma anche le imprese con l’Associazione nazionale dei costruttori edili (ANCE) che ricorda come i crediti alle imprese edili che hanno praticato lo sconto in fattura senza poi riuscire ad effettuare la propria cessione alle banche varrebbero circa 19 miliardi di euro, cifra che se non venisse coperta potrebbe mettere a rischio circa 25mila imprese.E così oggi in piazza a Genova la manifestazione degli edili:”Siamo in piazza come imprese edili, artigiani, fornitori per chiedere lo sbocco dei crediti fiscali e per esprimere disappunto sulle scelte politiche degli ultimi anni; scelte che hanno portato il comparto edile sulla soglia del collasso (…) Per comprendere la nostra posizione sull’argomento vogliamo ricordare che solamente nella Città Metropolitana di Genova hanno sede 1.908 Imprese edili, con circa 9.100 dipendenti. Ad oggi risultano già incagliati circa 350 milioni di euro di crediti, ai quali dovrebbero aggiungersi a breve ulteriori 450 milioni di euro di crediti maturandi; i debiti insoluti dei General contractor nei confronti delle suddette Imprese ammonta, sempre ad oggi, ad oltre 100 milioni di euro”. LEGGI TUTTO

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    Aste immobiliari, come partecipare: ecco quanto rendono

    In una fase così delicata per tassi e mutui come l’attuale, che vede ridimensionarsi il “potere d’acquisto” di singoli e famiglie, per il sogno di comprare casa accarezzato da buona parte degli italiani le aste giudiziarie potrebbero costituire un’opportunità interessante e potenzialmente conveniente. Crescono infatti le persone tentate dal partecipare ad un’asta perché interessate ad un immobile a un prezzo di occasione. Secondo quanto riportato dal sito Idealista.it, nel 2022 sono state 113.056 (309 al giorno, 13 all’ora) le unità immobiliari oggetto di asta in Italia. Con l’acquisto tramite asta immobiliare è possibile ottenere uno sconto fino al 20-30% e in certi casi, fino al 50% rispetto al valore di mercato. In molti però fanno un passo indietro di fronte alla prospettiva di prendere parte ad una vendita dalla modalità pressoché sconosciuta, con cavilli e complessità burocratiche. Ma che cos’è esattamente un’asta giudiziaria per l’acquisto di un immobile e come funziona? Quali sono i documenti necessari? Vediamo.Che cos’è un’asta giudiziariaUn’asta giudiziaria è la fase conclusiva del processo disposto da un giudice su richiesta di un creditore per portare a termine l’alienazione forzosa dei diritti di un debitore su un bene mobile o immobile al miglior offerente. Quando cioè un bene viene pignorato a chi ha un debito, quel bene viene venduto all’asta per recuperare i soldi necessari a soddisfare le richieste del creditore. Nel caso in cui la vendita riguardi un immobile, questo viene sottoposto a stima da parte di un perito incaricato dal tribunale: una volta fissato il prezzo base dell’asta, chi offre di più si aggiudicherà il bene. Se la cifra con cui ci si aggiudica il bene dovesse superare quella del debito, i soldi che avanzano torneranno al debitore.Differenza fra asta con incanto e senza incantoEsistono due tipologie di vendita all’asta: con incanto e senza incanto.La vendita con incanto non garantisce al vincitore della gara l’aggiudicazione definitiva: entro 10 giorni dall’asta giudiziaria, è possibile infatti che altri soggetti presentino nuove offerte d’acquisto, che devono essere però superiori di 1/5 rispetto al prezzo raggiunto nell’incanto. La vendita senza incanto prevede invece l’aggiudicazione istantanea dell’immobile al momento della gara d’asta. In questo caso, l’aggiudicatario dovrà versare il saldo del prezzo entro i termini stabiliti dal tribunale.Quanto può convenire compare casa all’astaNel documento del tribunale in cui sono indicate le caratteristiche necessarie per presentare la propria offerta, viene specificato anche l’importo dell’eventuale ribasso, nel caso in cui l’asta andasse deserta. È importante sapere che dopo ogni tentativo di vendita andato a vuoto, il giudice può decidere un ribasso del prezzo fino al 25% rispetto al valore precedente; se poi anche le tre aste successive andassero deserte, il prezzo di partenza potrebbe scendere fino al 50%. Per questo motivo, comprare casa all’asta può essere davvero conveniente, soprattutto per chi non può acquistare un immobile a prezzo di mercato, come ad esempio molte giovani coppie.Dove trovare gli annunci delle asteSecondo il Codice di procedura civile le informazioni sulle espropriazioni immobiliari devono essere pubblicate sul Portale delle Vendite Pubbliche del Ministero della Giustizia, che raccoglie le informazioni e i documenti presenti sui siti autorizzati dal Ministero della Giustizia e accreditati presso il portale stesso. È bene tenere presente però che non tutti i siti gestori delle aste hanno le caratteristiche tecniche per essere accreditati presso il portale, il che rende lo strumento parzialmente operativo, dal momento che non riporta tutte le aste pubblicate sul territorio nazionale; di conseguenza bisognerà affiancare una ricerca parallela, da svolgere in autonomia o affidandosi a operatori specializzati. In alternativa, il giudice può disporre in maniera facoltativa che l’avviso di vendita sia inserito, una o più volte, sui quotidiani locali o nazionali o reso noto tramite annunci commerciali.Chi può partecipare?Partecipare ad un’asta giudiziaria è consentito a chiunque (a parte il debitore), che si tratti di persona fisica o società. Se a partecipare è un normale cittadino, dovrà presentare domanda semplice in carta da bollo presso la cancelleria del tribunale o, in caso di delega, al notaio o al professionista incaricato. La domanda dev’essere presentata entro il giorno precedente l’asta. Qualora si tratti, invece, di una società, la domanda dovrà essere presentata e sottoscritta dal rappresentante legale, allegando documentazione che attesti i poteri di chi sottoscrive e presenta la richiesta di partecipazione. Se si tratta di più persone o più società, nella domanda bisognerà specificare le quote di diritto reale che, in caso di aggiudicazione, ognuno dei partecipanti intende rilevare dal bene messo all’asta.La presenza di un avvocato per partecipare alle aste giudiziarie non è obbligatoria, sebbene si tratti di una procedura abbastanza complessa, che richiede un estremo livello di competenza nel campo del diritto immobiliare e contrattuale. Tuttavia l’ausilio di un professionista può chiarire alcuni dubbi importanti come, ad esempio, se si tratta di vendita con incanto o senza incanto, le prassi di presentazione dell’offerta, cosa succede in caso di aggiudicazione o di perdita dell’asta; ancora: i costi per partecipare e la tassazione del bene in caso di aggiudicazione.Elementi di valutazionePrima di prendere parte a un’asta per l’immobile di proprio interesse, bisogna conoscere alcune regole per non commettere errori. Ecco quali:È importante leggere tutti i documenti disponibili sul sito del tribunale, per verificare le modalità di sottoscrizione della domanda, l’importo degli assegni circolari da allegare a titolo di cauzione, la perizia tecnica effettuata su richiesta del tribunale (per poter sapere se l’immobile è in regola o ci sono sanatorie da fare e a quali costi, se è ancora occupato dal debitore o inquilini o usufruttuari), se è possibile visitare l’immobile. Bisognerà poi verificare se si dovrà partecipare fisicamente all’asta, o se si svolgerà in forma telematica. Non sempre inoltre è possibile delegare una persona, se non con procura notarile; è bene poi contattare al più presto il curatore fallimentare per visionare l’immobile e chiedere di chiarire eventuali dubbi.Ulteriori accorgimenti: fissare il tetto massimo che si è intenzionati a offrire, considerando sia la propria disponibilità, sia l’eventuale importo di mutuo che, per sicurezza, potrebbe essere richiesto prima di partecipare all’asta; avere a disposizione almeno il 10% del prezzo (percentuale minima di acconto solitamente accettata dai tribunali per partecipare alla gara) che si intende offrire per potersi presentare all’asta giudiziaria; conoscere tutti costi collegati alla vendita, nonché gli oneri da sostenere in caso di abusi o irregolarità catastali legati all’immobile. Oltre al prezzo di aggiudicazione del bene, l’acquirente dovrà pagare le spese notarili, l’imposta di registro o l’Iva, e in caso di mutuo ipotecario, tutte le voci relative all’attivazione del finanziamento;Importante anche considerare quali sono i tempi stabiliti dal tribunale, cioè entro quanto tempo dalla data di aggiudicazione dell’asta dovrà essere saldato il prezzo per diventare proprietari dell’immobile. Solitamente si tratta di 60 o 90 giorni, trascorsi i quali, se non si è provveduto a saldare la somma promessa, il tribunale considererà inadempiente l’aggiudicatario, che perderà la caparra versata e potrebbe vedersi addebitati eventuali ulteriori costi; verificare che l’immobile non sia occupato o se nell’ordinanza di vendita sia prevista la liberazione del bene entro la data di firma del decreto da parte del giudice, per non dover ricorrere alla forza pubblica.Conoscere le condizioni catastali dell’immobilePuò capitare che (soprattutto per le abitazioni più vecchie) l’immobile all’asta presenti anomalie o problemi catastali, che devono essere sanati dall’acquirente appena prende possesso del bene, cioè successivamente al decreto di trasferimento, come riportato dalla perizia tecnica allegata al bando. Nella perizia sono riportate tutte le incongruenze presenti e la stima dei costi di regolarizzazione. Considerando tali informazioni, è opportuno che chi partecipa all’asta valuti il prezzo da offrire, mettendo in conto le spese da sostenere in futuro per rendere l’immobile conforme alla legge.A favore di chi acquista, su disposizione del giudice che assegnerà il bene al nuovo proprietario, l’immobile aggiudicato verrà consegnato libero da ipoteche, pignoramenti precedenti e altre trascrizioni pregiudizievoli. Attenzione poi ai diritti acquisiti prima della notifica del pignoramento dell’immobile, come l’usufrutto, di cui neanche lo stesso giudice può ordinare la cancellazione. Stesso discorso nel caso in cui l’immobile sia occupato da un inquilino con contratto di affitto sottoscritto prima della messa all’asta dell’immobile. Chi si aggiudica il bene in tale condizione, dovrà attendere la scadenza naturale del contratto di locazione prima di poterne entrare in possesso.Presentazione dell’offertaNell’ordinanza del tribunale sono presenti tutte le informazioni per partecipare correttamente all’asta giudiziaria per l’immobile cui si è interessati. Qualora lo si ritenga, se non si vuol fare da soli, è possibile come si diceva farsi seguire da professionisti, agenzie immobiliari specializzate o chiedere la consulenza di un avvocato o dello studio notarile designato dal tribunale, oppure ancora di un mediatore creditizio, in caso si richieda un mutuo.L’iter per inoltrare l’offerta di acquisto ha inizio con la presentazione, a titolo di caparra (che andrà presentata entro i termini stabiliti e di norma entro il giorno precedente all’asta giudiziaria), di un assegno circolare in busta chiusa pari al 10% del prezzo proposto, che dovrà essere consegnato nel luogo indicato nell’ordinanza del tribunale, di solito presso uno studio di avvocati o dal notaio designato dal giudice. Il partecipante dovrà presentare anche la fotocopia del proprio documento di identità e del codice fiscale, insieme con i documenti richiesti nell’ordinanza. All’esterno della busta verranno annotati il nome della persona che materialmente provvede al deposito, dopo la sua identificazione, il nome del giudice dell’esecuzione o del professionista incaricato della vendita, la data dell’udienza fissata per l’esame delle offerte. In caso di asta telematica il procedimento di presentazione dell’offerta avverrà tramite web, compilando e inviando il modulo apposito di offerta presente sulle piattaforme specializzate.Che cosa succede dopo l’aggiudicazioneUna volta aggiudicato il bene immobile all’asta, il giudice procede con il decreto di trasferimento, così come prevede il Codice di procedura civile. Il decreto sarà poi oggetto di trascrizione immobiliare (diventando a tutti gli effetti una compravendita immobiliare stipulata per atto notarile). Tramite lo stesso decreto saranno cancellate le trascrizioni dei pignoramenti e le ipoteche, comprese quelle successive alla data della trascrizione del pignoramento. Per questa procedura si parla di effetto purgativo del decreto di trasferimento, dal momento che l’immobile viene trasferito all’aggiudicatario senza i pesi e le iscrizioni legati al procedimento, conclusosi positivamente. LEGGI TUTTO

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    Scuola, in arrivo 300 milioni di euro. Ecco come aumentano gli stipendi

    Alla fine del mese di gennaio il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara si era impegnato a trovare altri fondi per aumentare gli stipendi del mondo scuola. Una promessa che ha mantenuto sbloccando 300 milioni di euro previsti dalla legge di Bilancio 2022 da destinare agli insegnanti e al personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata).Allo stesso modo, il governo sostiene la necessità di migliorare il trattamento economico vigente nella scuola, creando però principi di merito.Come verranno impiegati i 300 milioni per la scuolaAlla fine del 2022 è stato approvato lo sblocco degli arretrati, una media di 2.000 euro a persona e un aumento medio di 101 euro. Con questo denaro si punterà a integrare la parte fissa della retribuzione in ragione di 23 euro lordi mensili medi a partire dal mese di aprile o di maggio. L’aumento medio arriverà così a 124 euro lordi mensili.Un aumento variabile a seconda dell’inquadramento, della posizione lavorativa e dell’anzianità di servizio, voce questa che rientra in diverse fasce retributive che vanno da 0 a 8 anni di insegnamento, da 9 a 14, da 15 a 20, da 21 a 27, da 28 a 34 e dai 35 in su.Non ci si può limitare alle sole cifre che non sembrano in effetti essere corposissime, occorre contestualizzare che il personale del comparto scuola è stato per lungo tempo al riparo dall’interesse della politica e anche dagli aumenti retributivi.Cosa sta cambiandoMigliorare la scuola partendo da chi la fa. Questo è, in sintesi, il pensiero che il governo sta introducendo con un atto pratico. Un gesto che equivale a cucire un nuovo rapporto, anche ideologico: per combattere la dispersione scolastica occorre diminuire la dispersione del corpo docente.Più che le cifre in sé a rappresentare il cambiamento è il fatto che si tratta del secondo aumento nel corso di 7 mesi, dopo anni di silenzio da parte del governo, anche se l’argomento scuola ha riempito i proclami preelettorali di tutte le forze politiche che si sono succedute al timone del Paese.Merito e dignitàIl ministro Valditara non ha mai nascosto che le retribuzioni in uso nella scuola fossero insufficienti e, facendo i conti con le disponibilità della Cosa pubblica, il governo ha voluto lanciare un messaggio che contiene uno spessore: chi lavora deve meritare e in cambio deve ottenere dignità, non soltanto economica, s’intende.I nodi da sciogliereLe sigle sindacali hanno pubblicato un commento che elogia l’integrazione dell’atto di indirizzo che porta a un ulteriore aumento degli stipendi ma incitano il governo a riformare gli ordinamenti del personale Ata, la mobilità e la formazione del personale.Anche sul fronte delle parti sociali il vento sta cambiando: il dialogo è possibile con l’intento di trovare soluzioni che accontentino – nel limite del possibile almeno – chi lavora per la scuola a cui viene riconosciuto il ruolo primario di educatore di giovani. LEGGI TUTTO

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    Cosa sono e come funzionano i bond At-1. E perché adesso sono finiti nella bufera

    Da oggetti misteriosi, a protagonisti assoluti in poche ore. Si tratta dei bond At-1, che nell’ambito del salvataggio di Credit Suisse sono stati azzerati per un valore di oltre 16 miliardi di euro. Il nome sta per additional tier 1: «Sono uno strumento di garanzia del capitale utilizzato soprattutto dalle banche», spiega a Il Giornale Rocco Probo, analista finanziario di Consultique Scf. «In pratica, sono somme che possono essere attinte in caso di risoluzione dell’istituto». Sono bond subordinati a carattere perpetuo, non hanno quindi una scadenza anche se, solitamente, l’emittente si riserva di poterli rimborsare. Il prestatore può non ricevere mai indietro il suo capitale, ma è ricompensato da cedole invitanti (per fare un esempio, un bond perpetuo di Intesa Sanpaolo emesso il 30 marzo del 2022 rende il 6,37% annuo). Il rendimento alto, tuttavia, incorpora il rischio intrinseco a questi titoli: «Le norme europee sul bail-in prevedono che in caso di risoluzione della banca i primi a essere intaccati siano gli azionisti, poi i subordinati: a partire proprio dagli At-1. Il fatto che, per tutelare alcuni azionisti, nel salvataggio di Credit Suisse si siano azzerati prima gli obbligazionisti apre un precedente, che ha spaventato i mercati». La mossa ha provocato sfiducia verso tutti i titoli di questo genere e sulle società che potrebbero averli nel loro portafogli. Per Davide Serra, fondatore e ceo di Algebris Investments, «Ubs ha fatto l’affare della vita», ma «la Finma (la Consob svizzera, ndr) ha certamente sorpreso» con il capovolgmento delle gerarchie nell’assorbimento del capitale, ha osservato Davide Serra, fondatore e ceo di Algebris Investments, «questo non è mai successo ed è chiaramente un errore politico».Ieri, nel corso della giornata, i perpetual di Intesa Sanpaolo (passati da 81 a 73 centesimi) e quelli di Unicredit (da 90 a 87 centesimi) hanno perso valore. Questo significa che se i detentori di questi titoli li vendessero ora dovrebbero sopportare una perdita maggiore fatto 100 il capitale investito. La Borsa ha girato in positivo dopo le rassicurazioni di Bce, Eba e Single resolution board i quali hanno specificato in una nota che ad assorbire le perdite, in Europa, sono prima le azioni «e solo dopo il loro completo uso si richiede la svalutazione» dei bond At1.Secondo Bankitalia, nel nostro Paese a fine 2021 circolavano titoli At1 per 17,7 miliardi (250 miliardi in Ue). «Sono prodotti riservati a investitori professionali e istituzionali», spiega Antonio Tognoli, responsabile delle analisi macro di Cfo Sim. «Si tratta di fondi d’investimento o gestioni che sono soggetti, in Europa, a regole di sana e prudente gestione, che limitano gli investimenti in questi prodotti a percentuali basse». I 16 miliardi di Credit Suisse, quindi, potrebbero essere finiti nel portafoglio di un fondo in cui un risparmiatore ha investito. Come riporta Bloomberg, Unicredit, Banco Bpm, Generali, Mediobanca e Banca Generali non sono esposte agli At-1 della banca elvetica. Mentre Intesa Sanpaolo, Mediolanum, Unipol e Anima sarebbero vicine allo zero. LEGGI TUTTO

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    Fabi, otto giochi per imparare la finanza

    «L’educazione finanziaria dei giovani dovrebbe partire dalle elementari, perché i bambini sono in grado di comprendere il concetto di moneta e risparmio già da piccoli». Due anni fa, in un’intervista al Giornale, lo aveva proposto Annamaria Lusardi, professoressa alla George Washington University School of Business e a capo di Edufin, il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria. L’idea ciclicamente torna e da questa, forse, ha preso spunto «Giochiamo con l’economia?», l’iniziativa con la quale la Federazione autonoma bancari italiani prende parte all’undicesima edizione della Global Money Week, manifestazione mondiale di educazione finanziaria promossa dall’Ocse che durerà fino al 26 di marzo.Questa settimana, la Fabi presenterà «Risparmiare», «Bisogno o desiderio?» e «Facciamo economia», tre giochi interattivi per insegnare ai bambini della scuola primaria a gestire i propri soldini. I ragazzi delle medie, invece, potranno comprendere e acquisire dimestichezza con termini del mondo economico e finanziario con altri cinque esercizi: «Il prestito», «Il paniere degli italiani», «Le carte di pagamento», «La banca» e «L’inflazione».«Siamo orgogliosi di essere stati ammessi per il terzo anno consecutivo a partecipare all’iniziativa dell’Ocse», ha commentato il segretario generale di Fabi, Lando Maria Sileoni. «Un riconoscimento importante che ci permette di continuare, con ancora più convinzione, ad occuparci di cultura economica». L’Italia, del resto, è storicamente un Paese con una scarsa educazione finanziaria. Uno studio dell’Ocse, datato 2020, colloca il nostro Paese al 25esimo posto su 26 per quanto riguarda le conoscenze in ambito economico e finanziario da parte della popolazione. Un dato che espone gli italiani a un certo grado di vulnerabilità, specie in un contesto di alta inflazione e turbolenze economiche come quello che stiamo attraversando.Tutti gli otto giochi di Fabi sono online (e ci rimarranno anche dopo il 26 marzo) su edufin.fabi.it e disponibili su tutti i social dell’associazione Facebook, Twitter, Instagram, Youtube, Telegram e Linkedin. Fra cruciverba, quiz e puzzle i ragazzi potranno così migliorare le loro conoscenze finanziarie: «Si tratta di concetti alla base dei meccanismi che regolano uno degli aspetti più importanti della nostra vita, quello economico e finaziario», continua Sileoni, «eppure sono concetti di cui gli italiani sanno ancora pochissimo. Competenze finanziarie di base ci rendono più consapevoli in attività quotidiane come aprire un conto corrente, accendere un mutuo, gestire i propri risparmi, pensare al proprio futuro». LEGGI TUTTO