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    Spread ai minimi da ottobre 2021

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    Lo spread tra Btp e Bund aggiorna i minimi da circa tre anni e mezzo, scendendo a 105 punti. Il differenziale di rendimento tra il decennale italiano di riferimento e il Bund di pari scadenza è calato fino a 105,5 punti dai 107 dell’apertura, toccando i livelli più bassi dal 22 ottobre 2021. Il rendimento del titolo italiano a 10 anni sul mercato secondario si attesta al 3,51%.Il Tesoro ha assegnato in asta titoli a medio-lungo termine per un totale di 5,75 miliardi di euro, con il rendimento del Btp triennale che è sceso ai minimi dal 2022. In particolare, è stata collocata la settima tranche del Btp triennale con scadenza 15 ottobre 2027 per un importo di 3,25 miliardi di euro. Il rendimento lordo è diminuito di 33 punti base al 2,52%, segnando il livello più basso da luglio 2022. La domanda ha raggiunto i 5,123 miliardi, con un rapporto di copertura di 1,58.Il Tesoro ha inoltre assegnato la sesta tranche del Btp settennale con scadenza 15 novembre 2031 per 1,25 miliardi di euro, con un rendimento in calo di 32 punti base al 3,18%. La domanda per questo titolo è stata pari a 2,283 miliardi, con un rapporto di copertura di 1,83. LEGGI TUTTO

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    Commercio, l’Europa deve essere più “attraente”

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    Il Centro Studi Confindustria (CsC), nella sua nota intitolata “La nuova politica commerciale degli Stati Uniti: scenari e canali di trasmissione. I settori e i prodotti europei e italiani più a rischio”, ha analizzato l’evoluzione della strategia commerciale statunitense sotto una seconda amministrazione Trump, evidenziandone i possibili impatti sull’Italia e sull’Europa.Secondo il CsC, la nuova America First Trade Policy si preannuncia ancora più aggressiva e imprevedibile rispetto al primo mandato. L’approccio non si limita alla sfera commerciale, ma ingloba questioni di sicurezza nazionale e geopolitica, puntando alla riduzione delle dipendenze dall’estero, alla difesa dell’industria americana e al rafforzamento della leadership tecnologica statunitense.Uno degli aspetti più critici è l’imposizione di nuovi dazi, i cui effetti sui settori produttivi italiani ed europei risultano difficili da determinare con precisione. Secondo il CsC, l’impatto dipenderà da variabili quali la distribuzione dei dazi per Paese e prodotto, le aliquote applicate, la loro durata, l’elasticità della domanda ai prezzi e la reazione del tasso di cambio. Inoltre, sarà fondamentale valutare l’esposizione ai dazi dei principali partner commerciali dell’Italia e dell’Europa.La nota sottolinea come la nuova politica commerciale statunitense comporti rischi significativi, ma anche alcune opportunità. In particolare, il decoupling tra Stati Uniti e Cina potrebbe liberare spazi di mercato per le imprese europee e italiane, creando nuove possibilità di espansione negli Usa. Tuttavia, la riorganizzazione delle catene di fornitura globali e la riconfigurazione dei flussi commerciali bilaterali pongono sfide complesse, soprattutto per le multinazionali che operano attraverso flussi intra-company.Un altro aspetto evidenziato dal CsC è il ruolo degli incentivi all’industria messi in campo già dall’amministrazione Biden. L’introduzione di nuovi dazi potrebbe accelerare la rilocalizzazione negli Stati Uniti di alcune filiere strategiche, con il rischio di indebolire ulteriormente il tessuto produttivo europeo. Ciò risulta particolarmente rilevante considerando che, dal periodo pre-Covid, il mercato statunitense ha rappresentato il principale motore di crescita dell’export italiano.Un elemento certo è l’aumento dell’incertezza derivante da questa situazione. Il CsC avverte che l’instabilità generata dalle politiche commerciali statunitensi potrebbe frenare gli scambi e gli investimenti, con effetti negativi sulla crescita economica globale.Inoltre, il rapporto evidenzia che alcuni settori europei sono particolarmente esposti ai rischi derivanti dalla nuova strategia commerciale Usa, con particolare attenzione alla chimica e al farmaceutico. L’industria farmaceutica italiana, in particolare, risulta altamente integrata con il mercato statunitense: il 90% degli investimenti esteri delle aziende italiane del settore è diretto verso gli States. Questa forte interconnessione potrebbe rappresentare un freno alla guerra tariffaria, ma resta comunque un’area di attenzione per le imprese del settore. LEGGI TUTTO

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    Accordo Eni-Renault-Alpine, una collaborazione per la decarbonizzazione del settore dei trasporti

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    Per una transizione energetica equilibrata e pragmatica che punti seriamente agli obiettivi di decarbonizzazione è importante prendere in considerazione anche la bio-benzina, elemento che vede l’Italia già molto avanti soprattutto grazie al gigante Eni. Ed è significativo che Luca De Meo, ad di Renault, riconosciuto sostenitore della mobilità elettrica, abbia voluto siglare proprio con Eni un accordo pluriennale “per individuare e sviluppare future opportunità di collaborazione per la decarbonizzazione del settore dei trasporti”. Un’iniziativa che assume ancora più rilevanza in quanto segna il ritorno di Eni nel campionato del mondo Fia di Formula 1 di cui l’azienda italiana diventa Official Energy and Fuel Partner.La partnership tra Renault ed Eni, però, non si limiterà al “Circus” della Formula 1. Le due aziende, infatti, “lavoreranno per l’individuazione di percorsi di sviluppo congiunti in vari ambiti, tra cui infrastrutture per la mobilità elettrica, servizi di mobilità smart e soluzioni di fornitura energetica a supporto del processo di transizione”. Renault ed Eni, dunque, esploreranno un ventaglio di potenziali sinergie negli ambiti della mobilità e dell’energia.Un primo risultato concreto dell’intesa e presto tangibile anche da parte dei consumatori riguarda l’acquisto di veicoli Renault da parte di Enjoy, il servizio di car sharing di Enilive, nato anni fa in virtù di una partnership con l’allora Fca e costituito da vetture con marchio Fiat.“Rilevante nell’accordo con Renault – sottolinea Claudio De Scalzi, ad di Eni – è anche l’introduzione con Alpine della sperimentazione della bio-benzina nell’ambito della F1, competizione sportiva che rappresenta la continua ricerca dell’eccellenza tecnologica assoluta nell’ambito dei motori e delle relative performance”. “E tutto questo – si unisce al ragionamento l’ad di Renault, De Meo – avviene in un momento che ci vede impegnati a reinventare la mobilità. Per sviluppare soluzioni innovative, niente batte l’unione delle competenze e talenti di grandi aziende”.Sulla stessa linea d’onda è Flavio Briatore, anche lui da poco rientrato nel “Circus” della Formula 1. L’ executive advisor Bwt Alpine Formula One Team afferma: “Condividiamo gli stessi obiettivi, soprattutto a livello di efficienza energetica, sostenibilità e prodotti futuri a base di bio-benzina”. LEGGI TUTTO

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    La Bce teme la stagnazione del Pil

    L’economia dell’area euro “dovrebbe restare debole nel breve periodo”. È quanto si legge nel bollettino economico pubblicato oggi dalla Banca Centrale Europea (Bce), che evidenzia come le indagini segnalino “una perdurante contrazione nel settore manifatturiero, a fronte di un’espansione nel comparto dei servizi”. Il clima di fiducia dei consumatori rimane fragile e le famiglie “non hanno ancora tratto dall’aumento dei redditi reali uno stimolo sufficiente a incrementare significativamente la propria spesa”. Tuttavia, “continuano a sussistere i presupposti per una ripresa”.Nonostante l’indebolimento dell’attività economica negli ultimi mesi, il mercato del lavoro continua a mostrare segni di solidità, con un tasso di disoccupazione al 6,3% a dicembre. “Un mercato del lavoro solido e redditi più elevati dovrebbero migliorare il clima di fiducia dei consumatori e consentire un aumento della spesa”. Inoltre, la maggiore convenienza del credito “dovrebbe stimolare i consumi e gli investimenti nel corso del tempo”. La ripresa potrebbe essere sostenuta anche dall’aumento della domanda mondiale, a condizione che “le tensioni commerciali non si intensifichino”.Sul fronte dell’inflazione, la Bce ribadisce di essere “determinata ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sul suo obiettivo del 2 per cento a medio termine”. Il Consiglio direttivo seguirà un approccio basato sui dati per definire l’orientamento della politica monetaria, decidendo di volta in volta in base alle prospettive di inflazione, alla dinamica dell’inflazione di fondo e all’intensità della trasmissione della politica monetaria. “Il Consiglio direttivo non intende vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”.Il processo di disinflazione nell’area euro è “ben avviato”. L’inflazione “ha continuato a evolvere sostanzialmente in linea con le proiezioni” e dovrebbe tornare all’obiettivo del 2% nel corso del 2025. Tuttavia, “l’inflazione interna rimane elevata, principalmente perché salari e prezzi in determinati settori si stanno ancora adeguando con considerevole ritardo al passato incremento dell’inflazione”. La crescita delle retribuzioni “si sta però moderando, in linea con le attese, e i profitti ne stanno parzialmente attenuando l’impatto sull’inflazione”.Secondo i dati, “l’inflazione sui dodici mesi è salita al 2,4 per cento a dicembre 2024, dal 2,2 di novembre”. L’aumento era previsto e riflette il venir meno degli effetti dei precedenti cali dei prezzi dell’energia. Nel dettaglio, “l’inflazione della componente alimentare è diminuita al 2,6 per cento e quella dei beni allo 0,5, mentre è cresciuta al 4 per cento per i servizi”. La BCE prevede che “l’inflazione oscilli intorno ai livelli attuali nel breve periodo, per poi attestarsi stabilmente intorno all’obiettivo del 2 per cento a medio termine”.Sul fronte dei rischi per la crescita, “i rischi per la crescita economica restano orientati verso il basso”. Maggiori frizioni nel commercio internazionale potrebbero penalizzare le esportazioni e l’economia dell’area euro. Il calo di fiducia “potrebbe impedire ai consumi e agli investimenti di recuperare al ritmo atteso” e il quadro potrebbe essere ulteriormente aggravato dai rischi geopolitici, come “la guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina e il tragico conflitto in Medio Oriente”. Questi fattori potrebbero causare “interruzioni nelle forniture di energia e gravare ulteriormente sugli scambi internazionali”.Le recenti riduzioni dei tassi di interesse da parte del Consiglio direttivo stanno progressivamente rendendo più accessibili i nuovi prestiti per imprese e famiglie. Tuttavia, “le condizioni di finanziamento continuano a essere rigide, anche perché la politica monetaria rimane restrittiva e i passati rialzi dei tassi di interesse si stanno ancora trasmettendo ai crediti in essere”.La Bce riporta che “secondo la stima rapida preliminare dell’Eurostat, l’economia ha ristagnato nel quarto trimestre del 2024”. Gli indicatori suggeriscono che “dovrebbe restare debole nel breve periodo”, con una contrazione nel settore manifatturiero e un’espansione nei servizi. Tuttavia, “continuano a sussistere i presupposti per una ripresa”.A livello globale, “le importazioni statunitensi sono rimaste vigorose alla fine dell’anno, forse in presenza di incertezze sulle politiche commerciali della nuova amministrazione degli Stati Uniti”. Secondo i dati, nel quarto trimestre del 2024 le importazioni statunitensi hanno rappresentato una determinante chiave della crescita del commercio mondiale. Tuttavia, “in prospettiva”, la situazione potrebbe cambiare poiché “nuovi dazi” potrebbero determinare “andamenti sfavorevoli”. LEGGI TUTTO

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    “La sua carta è in fase di blocco”. Come funziona la truffa del sito esca

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    I punti chiave

    È stata la tempestiva opera dei carabinieri della stazione Stella di Napoli a fare irruzione nel rione Sanità del capoluogo partenopeo dove, in una struttura non abitata, alcuni cybercriminali avevano allestito la loro base per truffare migliaia di ignari cittadini allarmandoli con un sms sul proprio telefono cellulare. Le forze dell’ordine hanno denunciato un giovane di 27 anni oltre ad aver proceduto al sequestro di un computer e cinque telefoni cellulari.Come avviene la truffaDalla loro base operativa, i malintenzionati avevano messo in piedi un marchingegno per cui dal pc collegato direttamente agli smartphone sequestrati (ognuno dei quali aveva un diverso numero telefonico) venivano inviati migliaia e migliaia di link fraudolenti sotto forma di messaggio di testo. “Gentile cliente, la sua carta è in fase di blocco, per evitare la sospensione, aggiorna i dati. Accedi”. Ed è proprio qui che avveniva la truffa: i malcapitati che cliccavano sulla parola accedi venivano reindirizzati in siti fraudolenti in grado di rubare dati sensibili tra cui quelli bancari.Spesso e volentieri, tra l’altro, la prima parola del finto messaggio era “Banca”: gli ignari utenti, credendo si trattasse davvero del proprio istituto bancario, abboccavano con tutte le conseguenze del caso. Da qui il soprannome di “sito esca”: secondo le prime informazioni, i carabinieri hanno già documentato cinque truffe per un guadagno totale di circa diecimila euro ma sono riuscite a sventarne altrettante. Nelle perquisizioni sono state trovate decine di schede sim che venivano utilizzate e cambiate all’occorrenza. La vicenda, data la sua ramificazione e complessità, è soltanto all’inizio.L’appello dei carabinieriI carabinieri hanno messo in guardia tutti i cittadini, non soltanto quelli di Napoli, spiegando come difendersi quando si ricevono sui propri smartphone finti messaggi bancari. “Le tecniche di truffa sono sempre più insidiose e articolate, non fidatevi, non comunicate i vostri dati personali in chiamate con estranei o Sms ricevuti da soggetti sconosciuti. Contattate i vostri istituti di credito, contattate i vostri familiari e raggiungete al più presto la Stazione dei Carabinieri più vicina”. È bene ricordare che gli istituti bancari, per ogni comunicazione, sono soliti contattare i clienti telefonicamente da numeri certificati e che non inviano sms o mail dove chiedono di cliccare a un link pena il blocco della carta di credito o del conto corrente. Non avviene mai. Tutte le volte che ognuno di noi dovesse trovarsi di fronte un messaggio del genere deve sapere che è oggetto di truffa, cancellarlo immediatamente e segnalare il tutto alle autorità competenti. LEGGI TUTTO

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    La ricetta liberale non può attendere

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    Il crollo della produzione industriale (-7,1% nel mese di dicembre e addirittura -3,5% nel corso del 2024) deve indurre a qualche riflessione, anche in considerazione del fatto che il governo Meloni ha cercato di fare il possibile pur tra mille difficoltà per uscire da una stagione di elargizioni clientelari e spese facili. L’impegno dell’Italia sul fronte dei conti pubblici ha avuto apprezzamenti di vario tipo a livello internazionale, ma oggi si deve constatare che una cosa sono le finanze statali e cosa assai diversa è la situazione reale dell’economia produttiva.Su questo fronte s’è fatto poco o nulla. L’Italia ha urgente bisogno di veder ridurre la pressione fiscale e cancellare intere biblioteche di norme che intralciano l’imprenditoria. Se non si comprende che la nostra prima emergenza è connessa al fatto che negli ultimi trent’anni non siamo cresciuti, non è possibile avere una politica all’altezza dei tempi.Per giunta, il mondo sta cambiando velocemente. Un anno fa l’Argentina ha compiuto una svolta fondamentale e qualcosa di diverso, ma non del tutto irrelato, è accaduto in quella che resta l’economia più importante: gli Stati Uniti. Giorgia Meloni ha saputo abilmente accreditarsi quale interlocutrice privilegiata di Javier Milei e di Donald Trump, ma adesso è giunto il momento di passare dalle parole ai fatti, imprimendo una svolta sul piano delle politiche economiche.È sempre più necessario, in effetti, che il tema dell’economia reale sia in cima alle preoccupazioni del governo. Per compiere questo cambio di passo è urgente però uscire dalle logiche variamente interventiste (e tipicamente europee) ed essere parte attiva dei cambiamenti in atto nel continente americano. C’è insomma bisogno di almeno un po’ di Milei nelle scelte di ogni giorno dell’esecutivo; ed è indispensabile che cambi il rapporto con le istituzioni comunitarie, anche sull’onda di quanto è avvenuto Oltreoceano. In particolare, se il trumpismo segna il rigetto di quella cultura woke che intreccia politicamente corretto, dirigismo, nuove censure ed ecologismo radicale, è bene che pure in Europa si contestino i dogmi difesi dall’establishment culturale e sfruttati dai gruppi di pressione che traggono alimento da spesa pubblica e regolazione.All’origine dei dati drammatici sulla produzione industriale ci sono vari fattori. Una Germania in ginocchio, ad esempio, comporta ovviamente rilevanti conseguenze sulle nostre imprese, dato che si tratta del nostro primo mercato estero. Ma quanto sta mettendo in difficoltà quell’economia spesso ha origini europee e quindi produce analoghi effetti sul nostro sistema. La «transizione verde» voluta da Bruxelles non ha soltanto fatto chiudere vari impianti Volkswagen, ma ha colpito duramente anche da noi.Mettere al centro l’economia, per giunta, significa fare una scelta di campo: optando per le fasce più deboli della società e voltando le spalle a quanti non sembrano patire il presente declino. Perché è chiaro che i dati catastrofici della produzione automobilistica importano assai poco all’universo della sinistra ZTL, un tempo chiamata «gauche caviar» (la sinistra al caviale). Quando l’economia va male, il prezzo più alto è pagato soprattutto dai poveri. In fondo, così come nei loro comportamenti privati quanti hanno molti soldi sono disposti a spendere il doppio per lo stesso prodotto se ha un bollino «bio», nelle stesse scelte istituzionali essi sono ben disposti a sacrificare qualche percentuale del Pil per ridurre di 0,01 gradi la temperatura media. LEGGI TUTTO

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    Commerzbank alza le barricate contro Unicredit: annunciati 3.900 esuberi entro il 2028

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    Commerzbank alza le barricate contro la scalata annunciata da Unicredit e come scudo annuncia 3.900 esuberi entro il 2028 per ridurre i costi. Nel frattempo, l’istituto tedesco chiude il 2024 con 2,7 miliardi di utile netto in crescita del 20 per cento.Circa 3.300 tagli riguardano soprattutto le funzioni centrali e le operation in Germania e vengono giustificati con la “digitalizzazione e dalla crescita dei siti internazionali”. La banca stima oneri di ristrutturazione per circa 700 milioni di euro al lordo degli effetti fiscali nel 2025. Allo stesso tempo, ci sarà un aumento del personale in aree selezionate, come le sedi internazionali e all’interno della filiale polacca mBank. I vertici assicurano che il numero di dipendenti a tempi pieno del gruppo dovrebbe rimanere stabile a 36.700 persone in tutto il mondo. Dal 2021, va però ricordato, la seconda banca privata tedesca ha già tagliato diverse migliaia di posti di lavoro e chiuso centinaia di filiali, consentendo ai suoi risultati di recuperare in modo significativo dal 2022. Quanto ai numeri del bilancio, il risultato operativo è migliorato del 12% a 3,8 miliardi di euro. Questo consente a Commerzbank di alzare il dividendo a 0,65 euro. I ricavi sono aumentati del 6% a 11,1 miliardi, in crescita anche le commissioni del 7% a 3,6 miliardi e il margine di interesse è stato di 8,3 miliardi. LEGGI TUTTO

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    Gas, torna l’idea del tetto. Ma è fuoco incrociato tra Ue e big dell’energia

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    Prende corpo a Bruxelles l’ipotesi di introdurre un tetto ai prezzi del gas. L’impennata nel Vecchio continente delle quotazioni della materia prima, arrivata a toccare ad Amsterdam i massimi a due anni, a livelli più che raddoppiati rispetto a un anno fa, sta inducendo la Commissione Europea a prendere in seria considerazione l’introduzione di un tetto momentaneo ai prezzi nell’ambito delle discussioni sul documento di politica industriale ‘Clean industrial deal’ che l’esecutivo comunitario dovrebbe presentare il prossimo 26 febbraio. Il Financial Times ha fatto presente che il documento strategico è chiamato a delineare misure a sostegno delle industrie pesanti dell’Unione Europea, alle prese con molteplici sfide, a partire dalla guerra commerciale minacciata dal presidente statunitense Donald Trump, senza dimenticare il delicato nodo delle ambiziose politiche verdi dell’Ue che devono fare i conti con la necessità di ridurre i costi energetici al fine di tenere il passo con le economie di Stati Uniti e Cina. L’Ue starebbe studiando anche un piano volto a impedire la speculazione sui prezzi del gas durante l’estate, ossia quando i Paesi europei accumulano scorte in vista dell’inverno. Indiscrezioni su un tetto ai prezzi che hanno subito innescato il dietrofront delle quotazioni, scese ieri in area 55 euro al megawattora rispetto al picco di 59 in virtù anche dell’annuncio di Trump di un avvio dei negoziati di pace tra Ucraina e Russia.Un tetto ai prezzi del gas non è certo una novità. Nel 2022, a seguito della crisi energetica innescata dallo scoppio della guerra in Ucraina, l’Ue varò un tetto a 180 euro al megawattora, che alla fine non venne mai attivato in quanto i prezzi non si spinsero fino a quel livello (il tetto a 180 euro è scaduto alla fine del mese scorso). A riaccendere i fari sull’importanza di questa misura è stato lo scorso anno il rapporto di Mario Draghi sulla competitività europea, in cui l’ex premier proponeva l’introduzione di ‘tetti dinamici’ nei casi in cui in Europa il prezzo del gas si discosti notevolmente dai prezzi energetici globali. Ed è proprio la situazione in cui si trova adesso il Vecchio continente con i prezzi saliti vertiginosamente negli ultimi 12 mesi con un balzo del 13% considerando solo le prime sei settimane del nuovo anno sui crescenti timori legati al rapido esaurimento degli stoccaggi (quelli europei sono al 47,8%, mentre l’Italia si attesta al 58,3%). LEGGI TUTTO