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    Panda e 500, Stellantis ricomincia da due

    Dalla Fiat 500 elettrica, che nel maggio 2020 Olivier François, responsabile del marchio in Fca, aveva definito con enfasi come “la nostra Tesla urbana”, all’imminente “500 pragmatica”, con motorizzazione rigorosamente ibrida, nel segno della visione condivisa dallo stesso manager con l’allora ad Sergio Marchionne: “Il ruolo sociale di Fiat e l’importanza di fare macchine per gente vera”.Un ritorno alla realtà, lo stesso che i decisori di Bruxelles sono ora chiamati a fare, considerato il fallimento dei loro piani green per una mobilità a senso unico. La 500, icona della Fiat che nel 2027 celebrerà i suoi 70 anni, è dunque pronta alla nuova sfida con il modello mild hybrid (motore FireFly a 3 cilindri, 70 cavalli, cambio manuale a 6 rapporti, a listino da 17mila euro) che da novembre condividerà la linea di Mirafiori con la cugina elettrica i cui risultati di mercato continuano a essere deludenti. Proprio oggi, tra l’altro, il segretario generale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, presenterà il quadro produttivo di auto in Italia nel primo semestre. E da quanto sembra, guardando ai precedenti primi tre mesi dell’anno (-35,5% la produzione complessiva di Stellantis e -42,5% quella delle sole autovetture) la situazione resta sempre pesante con tutti gli impianti del gruppo in rosso. Fiat 500 ibrida da una parte (si stimano oltre 100mila unità realizzate nel 2026) e Pandina dall’altra, rispettivamente made in Mirafiori e made in Pomigliano d’Arco, sono i due modelli cardine del marchio Fiat in Italia, gli stessi che assicurano la tenuta (per la 500 dal prossimo anno) dei due stabilimenti. La Pandina campana, pure mild hybrid, infatti, veleggia sempre in testa alle classifiche di vendita in Italia: 8.250 unità lo scorso giugno e 62.302 da gennaio. È l’unica macchina italiana, in tutto e per tutto, presente nella “top 10”. Piace sempre, in ogni restyling proposto, è comoda ed economica. D’obbligo, a questo punto, una domanda: ma se anche la Lancia avesse seguito, con la nuova Ypsilon, questo esempio, realizzando il nuovo modello sulle basi di quello che tanto successo ha avuto anche alla soglia della pensione?Il gruppo Stellantis, guidato ora da Antonio Filosa, in Italia punta a ripartire dai modelli che hanno fatto la storia e, soprattutto, come ha sottolineato egli stesso, “che il mercato chiede”, mantenendo i motori termici accanto a soluzioni ibride ed elettriche. E Fiat, in questo, è il primo marchio a saggiare la nuova strategia. “Il mercato delle macchine elettriche – le parole che Filosa ha pronunciato a Mirafiori – cresce lentamente, principalmente a causa di fattori esterni e soprattutto a causa di decisioni prese lontano dalle realtà del mercato”. Una sterzata importante, dunque, un messaggio incisivo che l’ad italiano di Stellantis lancia anche alla politica europea. LEGGI TUTTO

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    La grande fuga dalla Borsa di Londra. Nuove quotazioni ai minimi da 30 anni

    I mercati il 2 luglio hanno regalato al Regno Unito un rapido promemoria di quanti danni possa causare l’incertezza. Le lacrime in Parlamento del cancelliere dello Scacchiere, Rachel Reeves, hanno scatenato una reazione immediata dei mercati obbligazionari, con forti vendite sui Gilt nel timore di un cambio della guardia al Tesoro e il rischio di un successore meno ligio al rigore dei conti pubblici. Il primo ministro Keir Starmer ha tamponato l’emorragia blindando la Reeves al suo posto, ma quanto accaduto rischia di avere ulteriori strascichi in autunno e ha subito allungato su Londra gli spettri della tempesta che tre anni fa spazzò via dopo soli 45 giorni il governo di Liz Truss, colpevole di aver varato tagli fiscali massicci e spesa pubblica aggiuntiva senza le adeguate coperture. Tutto è nato perché il governo si è trovato costretto, a causa di dissidi interni al fronte laburista, a quasi azzerare i tagli previsti nel progetto di riforma del welfare, con un potenziale buco di ben sei miliardi di sterline che andrà colmato con la prossima legge di bilancio.A destare preoccupazioni oltremanica non è unicamente la solidità dei conti pubblici. Londra si ritrova senza più il fascino di un tempo in termini di polo di attrazione per i capitali globali. Gli ultimi dati evidenziano una vera e propria carestia di Ipo: il controvalore delle nuove quotazioni sul London Stock Exchange è crollato al minimo degli ultimi trent’anni nella prima metà di quest’anno. La più grande Ipo dell’anno al momento risulta quella di MHA ad aprile, che ha raccolto 98 milioni di sterline e complessivamente a metà anno sono stati raccolti 160 milioni con solo cinque debutti. Dall’ultimo Ipo Watch curato da PwC emerge che i proventi delle Ipo nel Regno Unito sono scesi a 100 milioni nel primo trimestre del 2025, ossia un terzo rispetto a quanto registrato nell’analogo periodo del 2024. LEGGI TUTTO

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    Banche, meno di 20mila sportelli in Italia

    Assume dimensioni sempre più rilevanti la desertificazione bancaria lungo la Penisola. Il numero di sportelli è sceso a 19.655 a fine 2024, ossia 505 unità rispetto all’anno precedente; rispetto alle oltre 32mila filiali del 2008 si tratta di quasi il 40% in meno. Il timore diffuso è che l’attuale risiko acceleri tale trend anche se arriva dopo una cura dimagrante già decisamente corposa: oltre 3.300 filiali chiuse e 20mila bancari in meno dal 2020 a oggi considerando i sette maggiori isitituti di credito.L’agenda del risiko è più che mai fitta. L’11 luglio si chiuderà, salvo proroghe, l’offerta di Bper sulla Popolare di Sondrio, sulla quale martedì tornerà a esprimersi il cda della banca valtellinese dopo il rilancio di 1 euro cash deciso dal gruppo modenese. Alle battute finali anche l’offerta di Banca Ifis su Illimity, con la riapertura fino a venerdì e già in cassaforte con oltre l’84% di adesioni all’Opas. La prossima settimana vede in arrivo anche il cda di Mediobanca chiamato ad esprimersi sull’Ops di Mps, al via il 14 luglio. Riflettori puntati anche su Unicredit, con il Tar del Lazio che mercoledì discuterà il ricorso con cui l’istituto di piazza Gae Aulenti chiede di annullare le prescrizioni del golden power relative all’Ops su Banco Bpm.Sommando i dipendenti delle banche convolte nel risiko si supera quota 100mila. Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il più grande sindacato dei bancari, ha recentemente lanciato l’allarme sul conto salato che potrebbe arrivare alla fine del consolidamento in atto e quindi la necessità di “inserire una clausola sociale obbligatoria, per stabilire in anticipo l’assenza di impatti occupazionali”. Il Centro studi di Unimpresa rimarca come la razionalizzazione della rete fisica sia accompagnata da un forte aumento dei promotori finanziari (+15,1% a 35.963 unità), mentre prosegue il calo degli sportelli automatici (ATM) che si sono ridotti di oltre 1.500 unità e soprattutto dei terminali POS, in flessione di oltre 220mila unità (-22,7%). In controtendenza BancoPosta che ha invece rafforzato la propria rete con un lieve incremento di sportelli e bancomat. “Dietro questa razionalizzazione, che viene spesso giustificata con la digitalizzazione e l’efficienza dei servizi, si nasconde una progressiva desertificazione finanziaria che penalizza in modo drammatico le aree interne, i piccoli comuni e l’economia diffusa del nostro Paese”, rimarca il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. Ormai quasi la metà (43%) dei comuni italiani è priva di sportelli bancari, che si traduce come spiega l’ultimo report di First Cisl – in 4,6 milioni di cittadini che non hanno accesso fisico ai servizi bancari nel loro comune. LEGGI TUTTO

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    Petrolio, l’Opec decide l'”avanti tutta”. E alza la produzione di 548.000 barili

    L’Arabia Saudita, la Russia e altri sei produttori di petrolio dell’Opec+ hanno concordato di aumentare la loro produzione di petrolio di 548mila barili al giorno ad agosto, più di quanto previsto dal mercato e dagli analisti che si aspettavano un aumento più contenuto. La mossa dell’organizzazione, che da aprile ha abbandonato anni di tagli alla produzione, punta a sfruttare la domanda robusta dei mesi estivi nell’emisfero nord e a riconquistare quote cedute a rivali come gli shale drillers statunitensi. Il prossimo passo potrebbe arrivare già il 3 agosto, quando i Paesi produttori torneranno a riunirsi per valutare se aggiungere un altro aumento di circa 548mila barili a settembre, chiudendo così con un anno di anticipo il piano di riattivazione dei 2,2 milioni di barili al giorno di capacità tagliata nel 2023. A giugno, la guerra di dodici giorni tra Iran e Israele ha scosso l’oro nero, spingendo per breve tempo il Brent sopra gli 80 dollari, poiché il mercato temeva un’interruzione delle forniture dallo Stretto di Hormuz, attraverso il quale passa il 20% del greggio mondiale. Alla fine, questa minaccia non si è concretizzata. Al contrario, la guerra ha rafforzato la decisione dell’Opec di aumentare la produzione “nell’improbabile eventualità che la produzione e la capacità di esportazione dell’Iran vengano interrotte”.Gli analisti mettono in guardia su un possibile surplus nella seconda parte dell’anno. Le scorte globali stanno crescendo di circa un milione di barili al giorno, complici un rallentamento della domanda cinese e l’aumento della produzione dalle Americhe, Stati Uniti, Brasile. L’Agenzia internazionale dell’energia prevede un surplus significativo, e gli esperti di banche d’affari come JPMorgan e Goldman Sachs stimano prezzi in discesa verso i 60 dollari al barile o meno nel quarto trimestre. I future sul Brent hanno già perso l’8,5% nel 2025, spinti dall’espansione dell’offerta e dall’incertezza legata alla guerra commerciale voluta da Donald Trump, che potrebbe pesare sulla crescita globale. A Washington, paradossalmente, l’amministrazione Usa potrebbe però accogliere con favore l’aumento della produzione: prezzi più bassi del greggio aiutano a contenere l’inflazione e sostengono l’economia americana. LEGGI TUTTO

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    Amazon Prime, occhio alla truffa del rinnovo automatico: cosa non devi fare mai

    Sul web hanno iniziato a moltiplicarsi proprio in questi giorni le segnalazioni di una pericolosa truffa che sfrutta il nome di Amazon Prime e il fatto che siano tanti gli utenti abbonati al servizio: un mare magnum a cui i cybercriminali possono attingere per attirare in trappola i clienti meno avveduti ed esperti di frodi online e ottenere una serie di informazioni sensibili come ad esempio i dati di accesso al conto corrente. Tra l’altro il tutto a breve distanza dall’inizio del Prime Day, uno dei momenti più attesi dagli amanti dell’e-commerce.Il raggiro è stato realizzato in modo essenziale ma decisamente efficace, dal momento che l’obiettivo di turno viene catapultato dinanzi a una decisione sulla quale in apparenza non ci sarebbe niente da pensare. Il messaggio fraudolento via mail che sembra arrivare da Amazon, infatti, mette in guardia il cliente, sostenendo che il rinnovo dell’abbonamento a Prime avverrà in modo automatico, ma a una cifra esorbitante. Con l’obiettivo di rendere il tutto più credibile, spiega tra l’altro l’azienda per mettere in guardia i consumatori, i truffatori inseriscono nel testo informazioni personali della vittima tra quelle reperibili liberamente in rete.Questo elemento, unito alla formula “rinnovo automatico” e al fatto che ciò presupponga il pagamento di una cifra esagerata, spinge l’obiettivo di turno ad agire istintivamente e a premere sul tasto “Annulla Iscrizione” che di solito compare in calce alla mail di avviso. Ed è proprio cliccando su di esso che si corre il rischio di finire nella rete dei cybercriminali: si viene infatti trasferiti immediatamente su una pagina che appare in tutto e per tutto simile a quella in cui si effettua il login per accedere all’account personale di Amazon. Potendo fare affidamento sull’intelligenza artificiale, i truffatori riescono ad essere via via sempre più precisi nel riprodurre l’aspetto grafico e i font dei portali originali, motivo per cui diventa complesso per i meno esperti comprendere di trovarsi al centro di un raggiro.Da quel momento all’utente vengono richieste le informazioni personali per poter procedere all’annullamento del rinnovo automatico, e tutte le credenziali inserite vengono registrate grazie a un software keylogger, che per l’appunto tiene traccia dei tasti premuti dalla vittima.Il primo suggerimento da parte di Amazon è quello di ignorare mail del genere. Per sicurezza si può comunque verificare lo status del proprio abbonamento raggiungendo Amazon.it o aprendo l’app Mobile e selezionando “Prime” dal menu: così facendo, a schermo passeranno lo stato dell’iscrizione, i dettagli del proprio piano e le date di scadenza e rinnovo. LEGGI TUTTO

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    Fitch promuove la strategia Mps. Mediobanca, Monge molla Nagel

    Fitch ha promosso Mps (in foto l’ad Luigi Lovaglio) a investment grade, alzando il rating a lungo termine e il viability rating da BB+ a BBB- con outlook stabile. L’upgrade, si legge in una nota, riflette «i miglioramenti strutturali» conseguiti da Siena «nel rilancio del proprio modello di business» e considera il fatto che se l’acquisizione di Mediobanca dovesse andare in porto, «l’impatto sul capitale e i rischi di esecuzione dovrebbero essere gestibili e coerenti con il rating». Fitch si attende anche che «Mps mantenga una capitalizzazione adeguata e parametri moderati di qualità degli attivi e liquidità».Se l’acquisizione fosse «attuata senza scosse, potrebbe accelerare gli sforzi di Mps per rafforzare il proprio franchise di wealth management e di credito al consumo ed estendere le sue aree di attività al servizio delle Pmi italiane attraverso il franchise di corporate e investment banking di Mediobanca».Nel frattempo, proseguono le vendite di azioni Mediobanca da parte dei soci dell’accordo di consultazione.Dopo Gavio e Doris, anche Fin.Fer (gruppo Pittini) ha ceduto 200mila azioni dell’istituto di Piazzetta Cuccia (lo 0,02% del capitale) nella seduta di giovedì a un prezzo medio ponderato di 18,533 euro. Monge martedì scorso ha venduto 332.183 azioni (lo 0,04%) a un prezzo medio ponderato di 19,0553 euro, e mercoledì ha liquidato ulteriori 22.290 azioni a 19,0128 euro. Le operazioni, come specificato nel comunicato, sono state effettuate su azioni non conferite all’accordo di consultazione.Nella stessa giornata di giovedì anche Aurelia, la holding del gruppo Gavio, ha venduto 250mila azioni Mediobanca (lo 0,03%) a un prezzo medio ponderato di 18,4820 euro. L’accordo di consultazione ha visto, nei giorni scorsi, il disimpegno del gruppo Mediolanum, che ha ceduto la sua intera partecipazione (29,1 milioni di azioni, pari al 3,49%), mentre Aurelia e Beniamino Gavio avevano ceduto complessivamente lo 0,23%. La percentuale di capitale rappresentata dall’accordo di consultazione è scesa così dall’11,61% al 7,88%. LEGGI TUTTO

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    Ex Ilva, barricate sul trasloco a Genova

    Tra lunedì e martedì, quando andranno in scena gli incontri con i sindacati prima e con gli enti locali e le istituzioni competenti poi, cadrà la maschera sul futuro dell’ex Ilva. Quella degli enti locali che fingono di trattare, ma solo alle «loro condizioni», e quella di Acciaierie d’Italia che definisce ancora aperta la trattativa non solo con Baku Steel, ma anche con Jindal e Bedrock.Non è così. Il socio azero, come anticipato dal Giornale e secondo le indiscrezioni raccolte, ha già registrato il “no” al rigassificatore, abbandonando le mire su Taranto. Progetti che anche lo stesso governo capeggiato dal Mimit, sta iniziando a rivedere.Anche alla luce della consapevolezza, riconosciuta dallo stesso ministro delle Imprese Adolfo Urso, che il piano di Baku era legato a doppio filo al rigassificatore nel porto di Taranto.In attesa martedì della posizione formale e definitiva che arriverà dagli enti locali, Urso sta mettendo in piedi un piano B che possa comunque assicurare all’Italia l’acciaio prodotto utilizzando il Direct Reduced Iron (DRI), ovvero il preridotto, come materia prima.Come anticipato dal Giornale, e rilanciato ieri anche dal Corriere della Sera e dalle sigle sindacali, se il rigassificatore non andrà nel porto di Taranto (fattore abilitante per l’accordo, insieme al dissalatore e ai tempi della decarbonizzazione), il cuore dell’Ilva sarà spostato a Genova.«Siamo rispettosi delle decisioni dei cittadini e delle istituzioni locali che faranno la loro scelta democratica», ha detto ieri Urso.«Se questa scelta rende possibile realizzare i forni a Taranto lo faremo insieme, se le scelte non fossero compatibili decideremo cosa fare a Taranto e cosa fare, per esempio, a Genova. D’altra parte, anche il polo del Nord si auspica l’approvvigionamento produttivo in autonomia e non come avviene ora con una nave» che fa la spola. Inoltre, la disponibilità degli enti locali liguri è totale.«Diamo a Taranto la prima scelta», ha ribadito Urso, «ma poi decideremo dove collocare il polo del DRI italiano in base alle risposte che ci verranno date. Se non si trova l’accordo il tribunale di Milano deciderà, poi, in merito alla chiusura o meno dello stabilimento». «Non ci sia una battaglia e una rivalità fra Genova e Taranto» ha commentato tardivamente Rocco Palombella, segretario generale della Uilm bocciando l’idea di un piano B, quello che riguarda Genova. Un piano che però sembra non avere ostacoli nemmeno sull’eventuale approvvigionamento di gas via tubo, come sarebbe emerso da un confronto avvenuto ieri con Snam. LEGGI TUTTO

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    Hai ricevuto un questionario Trenitalia? Occhio alla truffa

    Ormai la vita digitale è sempre più sovrapposta a quella reale, tanto che la fiducia verso un marchio diventa una bussola per orientarsi nel mare di offerte e promozioni sulla Rete. Un cambio di passo cruciale rispetto al passato, certo, ma che presenta delle insidie tutt’altro che banali: quella stessa fiducia può essere usata dai truffatori come una vera e propria esca. Ed è ciò che ha denunciato Trenitalia, colpita una campagna fraudolenta che da tempo si fa largo online. E gli utenti meno attenti rischiano di cadere nella trappola.La società del Gruppo FS Italiane ha mandato una mail di allerta a tutti i propri viaggiatori, per metterli in guardia dalle truffe ben preparate che nulla hanno a che vedere con Trenitalia. “Continuano a circolare, su siti web e social media, false offerte commerciali impropriamente attribuite a Trenitalia per sottrarre illecitamente dati personali e finanziari attraverso la compilazione di un questionario”, si legge nel messaggio.Insomma, è stato messo a punto un piano ben dettagliato per una truffa che si presenta con l’abito del regalo. Il tutto sfruttando la fiducia verso Trenitalia, il logo, i colori e l’identità visiva dell’azienda per sembrare reali. L’obiettivo della strategia è chiaro: far sì che i malcapitati compilino il questionario online che, sotto il pretesto di offrire sconti o premi fedeltà, raccoglie dati personali e soprattutto informazioni bancarie.Trenitalia ha già segnalato l’accaduto all’Autorità competente e ha avvitato le procedure di tutela non solo della propria reputazione ma anche della sicurezza della propria clientela: “Desideriamo informare che queste promozioni non hanno nulla a che fare con noi. Abbiamo già segnalato all’Autorità competente, a tutela nostra e della clientela”. Le offerte commerciali – viene ricordato nella mail – sono disponibili esclusivamente sul sito ufficiale www.trenitalia.com. Ecco perché ogni altra comunicazione che arrivi da canali diversi – soprattutto se tramite messaggi privati, pop-up o mail sospette – va considerata con estrema cautela. Specialmente se spuntano messaggi come “Hai vinto un buono sconto” o “Rispondi e ricevi un premio”. Frasi semplici, vero, ma dietro cui si può nascondere un inganno. LEGGI TUTTO