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    Tari, ecco le nuove direttive per lo smaltimento dei rifiuti

    In arrivo nuove regole per la Tari. Le nuove direttive generali interessano i comuni non appartenenti a regioni a statuto speciale, i quali devono tener conto anche dei fabbisogni standard del territorio: i costi relativi al prezioso servizio di smaltimento dei rifiuti necessitano, quindi, un esame accurato. Grazie alla revisione delle “linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013”, attuato in collaborazione con Ifel e Sose, il dipartimento delle Finanze mira a predisporre nuovi piani finanziari per la Tari.Come sappiamo, la Tari è quella tassa destinata al finanziamento dei costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. I costi, tuttavia, possono variare di comune in comune: essi sono decretati dal consiglio comunale attraverso una delibera, secondo il piano economico-finanziario steso dall’ente cui è assegnato il servizio della gestione dei rifiuti.Già nel 2019, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti Ambiente aveva stabilito dei criteri di calcolo e riconoscimento per i costi produttivi e attivi di esercizio e investimento; nel 2021 aveva poi avallato il metodo tariffario per il servizio integrato di gestione dei rifiuti per gli anni dal 2022 al 2025. Ma con le nuove direttive, il punto di riferimento è diventato l’uso del fabbisogno per il costo unitario effettivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani. Il fabbisogno, in particolare, si rende fondamentale e necessario per il miglioramento della qualità del servizio e per un più favorevole processo di integrazione delle attività gestite; grazie ad esso, infatti, risulta più semplice determinare il coefficiente di recupero di produttività e la valutazione del superamento del limite della crescita annuale per le entrate tariffarie.Il costo medio nazionale come parametro di basePer le direttive circa calcolo del fabbisogno ordinario di ogni comune, il Def, Documento di economia e finanza, ha dovuto dialogare e cooperare con la Ctfs, Commissione tecnica per i fabbisogni standard, la quale, nel 2019, aveva dato nuove indicazioni relative al costo ordinario per tonnellata da smaltire; tale misura è stata poi aggiornata nel 2021. Se il consiglio comune di un dato Comune avesse già deliberato la tariffa della Tari, è possibile agire anche successivamente, allineandosi ai nuovi parametri di calcolo dei fabbisogni standard. Il parametro, dunque, fondamentale che emerge con la revisione è la stima del costo medio nazionale di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti: 130,45 euro. A partire da questo basilare parametro, i singoli comuni, in base alle altre disposizioni inserite dalle nuove linee guida, vedranno il costo per singolare tonnellata aumentare o diminuire.A tal proposito, proviamo a calarci nella particolarità del documento. Anzitutto, risulta chiaro che il fabbisogno standard definitivo di ogni Comune è il risultato del prodotto di due fattori: il costo ordinario di riferimento per la gestione di una singola tonnellata di rifiuti e le tonnellate di rifiuti urbani gestite dal servizio. È da tenere presente sullo sfondo di queste considerazioni che, per individuare le “risultanze dei fabbisogni standard”, è necessario confrontarsi con il “costo standard” di gestione di una tonnellata di rifiuti. Tale parametro viene calcolato alla luce di un modello statistico di regressione, che prende in esame un ampio numero rappresentativo di comuni e i loro costi con le diverse variabili gestionali e di contesto che possono andare ad influenzare il costo stesso.Come detto, il parametro di base risulta essere il costo medio nazionale per la gestione di una tonnellata di rifiuti. Tuttavia, questo non è ovviamente sufficiente per raggiungere il costo ordinario di riferimento di ogni comune; al parametro di base, infatti, devono essere aggiunti i differenziali di costo relativi a diversi fattori. Tra questi, fondamentali sono: la percentuale di raccolta differenziata, la distanza che separa i comuni dagli impianti di smaltimento, il numero e la tipologia degli impianti regionali, la percentuale di rifiuti urbani trattati e smaltiti negli impianti regionali, il contesto geografico, demografico, economico e morfologico e le modalità di raccolta dei rifiuti urbani – queste, infatti, possono essere domiciliari o “porta a porta”.Queste, in conclusione, le direttive e i parametri che compaiono sul sito del Dipartimento delle Finanze e che vanno a facilitare la simulazione del costo che spetta ad ogni comune per lo smaltimento dei rifiuti. LEGGI TUTTO

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    Fisco: le scandenze da non dimenticare a giugno 2023

    Sono due le date da segnarsi in rosso sul calendario del fisco di giugno: venerdì 16 e venerdì 30.Nel mese che darà avvio all’estate, i contribuenti italiani saranno chiamati a espletare numerosi adempimenti fiscali di cui qualcuno sarà di certo “più oneroso” di altri.Vediamo di cosa si tratta e quali sono le giornate interessate.16 giugno: pagamenti Iva e ImuLa prima scadenza da segarsi, per chi è chiamato in causa, è la liquidazione dell’IVA riferita al mese di maggio 2023; di certo, però, l’impegno più importante per le famiglie degli italiani – anche in termini economici – è quello del pagamento dell’Imu, l’imposta municipale propria.Come sappiamo l’Imu non è più dovuta per l’abitazione principale – cioè quelle classificate nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/ – salvo casi particolare, mentre è dovuta da coloro i quali siano in possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli.L’imposta riguarda, dunque, il proprietario o il titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), il concessionario – nel caso di concessione di aree demaniali – e il locatario in caso di leasing.Sarà possibile pagare la prima rata dell’Imu o, per chi volesse, l’intero importo tramite modello F24 o bollettino.Anche gli enti non commerciali dovranno provvedere al versamento della terza rata dell’imposta municipale dovuta per il 2022 (conguaglio), oltre alla prima rata 2023.30 giugno: assegno unico, dichiarazione Imu e Tari, Canone Rai e tanti altri adempimentiIl 30 giugno sarà una giornata piena con tantissime scadenze del fisco che i contribuenti, a vario titolo, saranno chiamati ad espletare. Si inizia con l’Invio telematico all’Inps delle domande di riconoscimento delle mensilità arretrate, a decorrere dal mese di marzo 2023, delle domande di Assegno Unico Universale.Il 30 giugno andranno presentate anche le variazioni intercorse nel corso del 2022 che possono provocare un cambiamento di Imu e Tari.Sul versante previdenziale, invece, i professionisti senza cassa dovranno provvedere al Versamento del saldo 2022 e della prima rata dell’acconto 2023 dei contributi previdenziali.Infine, l’ultimo giorno del mese del fisco sarà anche il termine ultimo di invio della dichiarazione di non possesso della televisione nella propria abitazione, così da non vedersi addebitare, in bolletta elettrica, il secondo semestre luglio-dicembre 2023 del Canone Rai. Sono tenuti a presentare questa dichiarazione anche coloro che hanno provveduto ad inviarla negli anni passati; non è previsto, difatti, il rinnovo automatico ma solo la dichiarazione annuale.Per quanto riguarda la pace fiscale, infine, scade il 30 giugno la domanda per aderire alle agevolazioni sui “carichi” pendenti definiti dalla legge di bilancio 2023; per aderire si prevede il versamento contestuale della prima rata di quanto dovuto.Inoltre, sempre il 30 giugno scade l’istanza per aderire alla rottamazione quater e per il pagamento della seconda rata per il ravvedimento speciale. LEGGI TUTTO

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    Caro bollette, un italiano su quattro teme di non farcela

    Il caro bollette contribuisce a peggiorare uno scenario economico che già di per sé risulta molto critico. Le famiglie in stato di difficoltà sono sempre di più e la povertà energetica non aiuta. Addirittura un italiano su quattro teme di non riuscire a pagare le bollette di luce e gas. Dall’indagine Ipsos svolta per il Banco dell’energia, ente no profit istituito da A2A e da varie realtà, è emerso quante sono le famiglie in difficoltà economica.La ricercaLa ricerca sottolinea che l’81% delle persone intervistate ha il timore di non riuscire a pagare le spese future. Un’indagine, che risale a sei mesi fa, del Banco energia condotta da Nando Pagnoncelli non denota particolari cambiamenti rispetto alla situazione attuale. In merito alla questione Marco Patuano, presidente del Banco dell’energia, afferma: “La fine dell’inverno e il calo delle tariffe dei beni energetici rischiano di fuorviare rispetto a un problema che resta cruciale. Tanto che noi rafforziamo l’impegno nel cercare soluzioni che contrastino la povertà energetica, un fenomeno che oggi, più che mai, impatta sulla stabilità economica di molte famiglie. Per questo abbiamo impresso un’accelerazione alle nostre iniziative e ampliato il raggio d’azione”.Il progettoL’iniziativa del Banco dell’energia ha costruito un percorso finalizzato ad aiutare gli italiani in difficoltà. Il 25 maggio a Roma si è tenuta la quarta seduta plenaria che ha definito l’ingresso di 15 nuovi firmatari, tra questi: Eni Plenitude, Enel, Elettricità Futura, A.I.P.S.A., Energean, Fondazione con il Sud, Federazione Società di San Vincenzo De Paoli, Fondazione articolo 49, ManagerNoProfit, Renovit, 3EEE, Consumers’ Forum, Edera, Eqwa e Acinque. Il Manifesto “insieme contro la povertà energetica”, istituito dal Banco, ha raccolto 70 sostenitori tra cui Eni Plenitude e Edison i quali hanno donato al progetto “Energia in periferia”. Si tratta di risorse energetiche che, attraverso enti del terzo settore, indirizza i fondi a soggetti e famiglie che non hanno la possibilità di saldare le bollette.Obiettivo condivisioneGli aiuti sono serviti a migliorare la condizione delle famiglie, come spiega Marco Pautano presidente di Banco dell’energia: “Le nostre iniziative hanno contribuito ad aiutare più di 10 mila famiglie vulnerabili con oltre 60 progetti territoriali ed erogazioni per complessivi 8,5 milioni di euro.“ LEGGI TUTTO

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    “Dipendenti pubblici sfruttati? Non è vero, guadagnano più dei privati” 

    Fra le varie recriminazioni mosse dai sindacati nei confronti del governo c’è anche l’accusa di non aver pensato abbastanza ai dipendenti pubblici, che sarebbero, almeno secondo certe associazioni, malpagati e mortificati.”Il manifesto del governo Meloni è chiaro: contro il lavoro, in particolare quello pubblico, e contro i cittadini che vedranno tagliati i servizi, a partire dalla sanità e dal sociale”, è quanto dichiarato il mese scorso da Fp Cgil, come riportato da FanPage. A scatenare il malcontento, l’assenza all’interno del Def di risorse da destinare al servizio pubblico e ai suoi dipendenti.Ma i lavoratori della Pubblica amministrazione sono davvero così sfruttati? Da quanto emerso da un recente rapporto di Aran (Agenzia Rappresentanza Negoziale Pubbliche Amministrazioni), le cose non stanno proprio in questo modo.Quali sono i guadagni dei dipendenti pubbliciStando a quanto emerge dai dati presentati da Aran, un dipendente della Pubblica amministrazione guadagna circa 1000 in più rispetto a un suo collega che opera nel settore privato. Ne consegue che, secondo l’agenzia, “non sembrano emergere particolari disallineamenti nelle medie retributive”.Se guardiamo al 2021, la retribuzione complessiva media annua lorda di un impiegato della Pa è stata di 31.766 euro, ossia circa 1.800-2mila euro al mese netti. Cifre ben più alte del corrispettivo privato, che è di 30.836 euro lordi. Gli stipendi dei lavoratori privati, infatti, rientrano in un massimo di 34.288 euro (si tratta, solitamente, di lavoratori bancari) a un minimo di 27.515 euro.Gli aumentiAnche gli aumenti si sono registrati maggiormente nel settore pubblico. Nel settore privato, i non dirigenti hanno avuto un incremento dello stipendio dell’1% nel dicembre 2022, seguito da un incremento dell’1,2% registrato lo scorso gennaio, dell’1,3% a febbraio e dell’1,1% a marzo.I dipendenti pubblici, al contrario, hanno visto un aumento del 2,8% nel dicembre 2022, del 4,7% lo scorso gennaio e del 4,9% nei mesi di febbraio e marzo.Garanzie, diritti e stipendi”Un giovane che entra nella Pa riceve una retribuzione d’ingresso sicuramente competitiva rispetto al privato. Ma l’aspetto economico non può essere l’unico elemento da prendere in considerazione: nella Pa esiste una stabilità del posto di lavoro che non ha uguali, non essendo soggetto a crisi cicliche o a tentennamenti in base a mercati o fattori esterni che portano il privato a licenziamenti collettivi o riduzioni del personale, ma anche cassa integrazione, come avviene anche nel caso di istituti di credito o aziende storicamente solide, di prestigio e con livelli stipendiali di alto profilo”, è quanto dichiarato da Antonio Naddeo, presidente di Aran.Smentito clamorosamente, dunque, il luogo comune secondo il quale lavorare in Pubblica amministrazione è poco attrattivo. “La pubblica amministrazione sta cambiando, le prospettive di crescita professionale sono sempre più interessanti, dobbiamo confrontarci con le nuove generazioni, per questo credo nell’utilità degli Open Day delle amministrazioni”, ha concluso il presidente. LEGGI TUTTO

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    Assegno unico Inps, come funziona e i ritardi a maggio

    Sono diverse le segnalazioni da parte delle famiglie che non hanno ancora ricevuto il pagamento della quota di maggio riferita all’Assegno unico. I ritardi accumulati da parte dell’Inps hanno creato problemi e l’Istituto ha spiegato che la questione è causata dai conguagli che rallentano il lavoro. Di conseguenza, non tutte le pratiche sono state evase in tempo.L’osservatorio InpsÈ stato pubblicato il 9 maggio un osservatorio statistico firmato Inps dedicato all’assegno unico e universale nel mese di aprile. I dati riguardano le domande che sono state presentate a partire dall’1 gennaio 2022 e i pagamenti effettuati da marzo 2022 a marzo 2023. Martedì 23 maggio l’Istituto di previdenza ha provveduto al versamento nei confronti di chi ha fatto richiesta entro il mese di febbraio 2023. L’importo verrà ricevuto prossimamente anche a chi ha chiesto il sussidio da marzo 2023, in questo mese le domande sono state 87.370.Le causeL’Istituto afferma in una nota: “Per l’erogazione di alcuni assegni unici per il mese di maggio si sono verificati dei differimenti per la quasi totalità legati all’effettuazione di un’operazione centralizzata che dovrà determinare il conguaglio positivo o negativo spettante”. Le situazioni che avrebbero causato il ritardo riguardano la tardiva presentazione dell’ISEE, il calcolo della settima e ottava mensilità, le nuove nascite, le rettifiche di ISEE già presentati e il recupero delle maggiorazioni non spettanti. Queste casistiche richiedono un maggiore controllo da parte dell’Istituto.Le cifreColoro che sono stati pagati sono 5.498.113 e il numero dei figli ammonta a 8.689.158. Analizzando i dati per i mesi di gennaio, febbraio e marzo 2023, il 37,6% dei figli, per i quali viene richiesto il sussidio, si trova al Nord. Al Sud notiamo invece numeri più alti, ovvero il 44,4% dei figli dei richiedenti. Per quanto riguarda il Centro la percentuale ammonta al 17,9%. Mediamente l’importo mensile dell’anno corrente è di 249 euro e 157 euro mensili per ogni figlio.Reddito e assegno unicoPer coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza l’integrazione per nucleo è di 193 euro al mese e la cifra media versata per ogni figlio è di 115 euro. Infine sono 297.620 le persone che ricevono entrambi i sussidi e i figli sono 498.899. La spesa totale per questa categoria di percettori ammonta a 57,7 milioni di euro. LEGGI TUTTO

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    Generali, l’utile del primo trimestre vola a 1,2 miliardi

    Generali nel primo trimestre 2023 ha segnato un utile netto di 1,199 miliardi di euro (481 milioni nello stesso periodo dell’anno scorso). L’utile netto normalizzato si è attestato a 1,229 miliardi (+49,7% annuo). Questo indicatore, presentato per la prima volta in una trimestrale, non tiene conto fra l’altro degli impatti degli asset misurati a fair value e dell’iperinflazione. «Per la prima volta presentiamo i nostri risultati secondo i nuovi principi contabili, che ci consentono di migliorare significativamente la visibilità e la prevedibilità delle fonti di utile, oltre a fornire una migliore rappresentazione del valore intrinseco del nostro business vita», ha spiegato il Cfo di Generali, Cristiano Borean, nel presentare i conti che si confermano in linea con gli obiettivi del piano e sono apprezzati dagli analisti.Nel corso della presentazione è stato fornito un primo aggiornamento sull’impatto delle recenti alluvioni in Emilia Romagna. «Se non dovessero esserci forti deterioramenti nei prossimi giorni, a seguito anche delle coperture possiamo sperare di non superare i 100 milioni di danni», ha anticipato Borean ricordando che sui rischi catastrofali il gruppo assicurativo si riassicura a sua volta, e in caso di alluvioni il monitoraggio dura 21 giorni. Quindi c’è ancora da tenere d’ occhio le previsioni meteo e incrociare le dita.Per quanto riguarda il trimestre, il risultato operativo del gruppo guidato dal Ceo Philippe Donnet è salito a 1,82 miliardi (+22,1% annuo) grazie al segmento Danni. Gli 8,925 miliardi di premi raccolti (+10,1%) hanno sostenuto quelli lordi complessivi che hanno raggiunto i 22,2 miliardi (+1,3%), mentre nel Vita sono arretrati a 13,2 miliardi (-3,7%) penalizzati dalla linee unit-linked (-17,4%). Proprio perché concentrata sulle polizze collegate a fondi di investimento, oltre che sul puro rischio e malattia, la raccolta netta Vita è stata negativa per 190 milioni. Non ha risentito tuttavia, se non in misura marginale, dello spostamento di alcuni clienti verso i più redditizi Btp. In leggero aumento l’utile operativo Vita a 924 milioni (+1%) e il new business margin sale al 5,72% (+0,32 punti percentuali) mentre il risultato operativo del segmento Danni aumenta a 847 milioni (+74,6%) e il combined ratio è migliorato al 90,7% (-5,6 punti percentuali). L’utile operativo dell’asset & wealth management è sceso a 233 milioni (-10%) per il confronto con il primo trimestre 2022 che era stato molto favorevole sui mercati. Generali ha mantenuto comunque una posizione di capitale solida con il Solvency ratio al 227% (221% a fine 2022), leggermente migliorato al 228% al 19 maggio. Confermata infine la bontà dell’operazione Cattolica con un ritorno sull’investimento che, ha detto Borean, alla fine supererà il 20 per cento. LEGGI TUTTO

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    Lufthansa si imbarca su Ita con il 41%

    La faticosissima privatizzazione di Ita Airways, la compagnia italiana nata dalle ceneri di Alitalia, ieri ha fatto un determinante passo avanti: Lufthansa si è impegnata a rilevare il 41% delle azioni per 325 milioni che saranno versati attraverso un aumento di capitale e quindi entreranno direttamente nelle casse della società. Il Mef si è contestualmente impegnato a un altro aumento di capitale per un importo di 250 milioni; ricordiamo che dalla sua costituzione, nel novembre 2020, Ita ha ricevuto finanziamenti statali per 1,1 miliardi: 700 milioni per il 2021 e 400 per il 2022: i 250 sono dunque l’ultima tranche, già approvata, riferita al 2023. Nell’accordo di ieri è anche previsto che Lufthansa possa acquisire le rimanenti azioni in un secondo momento, che non è stato indicato; il loro prezzo d’acquisto sarà basato sullo sviluppo di Ita che dai 2,5 miliardi di ricavi attesi per quest’anno dovrebbe arrivare a 4,1 nel 2027. Lufthansa potrebbe salire in maggioranza, acquistando un ulteriore 49%, tra il 2025 e il 2027; al Mef resterebbe comunque una partecipazione del 10 percento.Un preliminare è stato firmato dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e dal Ceo della compagnia tedesca, Carsten Sphor, presente il presidente di Ita, Antonino Turicchi. La firma vera e propria seguirà al più presto, una volta precisati alcuni dettagli tecnici ancora da limare. Poi l’accordo passerà al vaglio della Corte dei conti e all’Antitrust europeo, dopodichè il contratto sarà definitivamente formalizzato.A breve Ita e Lufthansa avvieranno la collaborazione a livello commerciale e operativo; Ita potrà beneficiare delle sinergie proprie di un gruppo multi-brand e multi-hub di cui diventerà il quinto network carrier (insieme a Lufthansa, Austrian, Brussels e Swiss).L’Italia, va ricordato, per il gruppo tedesco è il mercato più importante dopo Germania e Stati Uniti, e il suo traffico sia turistico che business risulta particolarmente interessante. Sarà valorizzato l’aeroporto di Fiumicino (si pensa soprattutto ai collegamenti con Africa e Sud America). Prevista la crescita anche sul bacino di Milano, in particolare a Linate, dove tuttavia, dopo l’accordo, Ita dovrà probabilmente cedere qualche slot in base alle regole Antitrust.Lufthansa ha assicurato ieri che «Ita rimarrà una compagnia aerea autonoma con una propria gestione e una forte identità di marchio, in linea con la strategia multi-hub e multi-brand; va ricordato, a questo proposito che Ita ha in portafoglio anche il marchio Alitalia il cui riutilizzo potrebbe essere una sorpresa. Quanto alle sinergie di gruppo, esse riguarderanno l’accesso alle reti, la gestione centrale di vendite, acquisti e marketing. Una delle filosofie che saranno valorizzate riguarda l’intermodalità, tesa a favorire un uso equilibrato delle risorse e la complessiva decarbonizzazione: Lufthansa ha già stretto accordi con le Ferrovie italiane dello Stato, con quelle tedesche, austriache e svizzere. Ita Airways, che è operativa dal 15 ottobre 2021, oggi ha circa 4.300 dipendenti, 66 Airbus e trasporta oltre 10 milioni di passeggeri. Il bilancio 2022 si è chiuso con una perdita netta di circa 486 milioni di euro, bruciando oltre 1,3 milioni al giorno. I ricavi sono stati pari a 1,576 miliardi con un ebitda negativo per 338 milioni. Ma – hanno sottolineato ieri i nuovi soci – «come parte della famiglia Lufthansa Ita può trasformarsi in una compagnia aerea sostenibile e redditizia». LEGGI TUTTO

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    Il governo apre al ritorno del Bonus tv. Come funzionerà adesso

    Ogni giorno nuova tecnologia dirompe nel mercato tanto da rendere radio e televisione dei veri e propri Highlanders della comunicazione.Tuttavia, anche questi mezzi vecchi (e sempre nuovi) mezzi necessitano ogni tanto di essere aggiornati. Il governo Meloni, per favorire l’acquisto di modelli di ultima generazione, sta pensando di introdurre un bonus.Bonus TV – Atto IIIPer la verità l’idea non è originale. Il primo contributo fu il cosiddetto Bonus tv-decoder, introdotto con la legge di bilancio del 2018, ed era volto all’acquisizione di apparecchi compatibili con il nuovo standard del digitale terrestre DVT-B2.Nel 2021 poi, la stessa legge di Bilancio, ha previsto un nuovo aiuto sempre per il ricambio dei televisori (a patto di riciclare quelli obsoleti), il Bonus rottamazione tv. Entrambi gli aiuti sono scaduti alla fine del 2022 a causa dei fondi prosciugati. Il governo in carica torna all’attacco pensando di riproporre un contributo simile all’incentivo sulla rottamazione.La bozza di provvedimento, allo studio del Ministero delle imprese, volge a sostegno de settore delle telecomunicazioni con 90 milioni di stanziamento previsti. Nel testo ci si rifà al decreto ministeriale del 5 luglio 2021 dove venivano enumerate le regole per ottenere il contributo. Si fa riferimento anche al decreto del 2019 relativo al Bonus tv-decoder, ma non è ancora chiaro se il governo desideri riesumare anche quel tipo di aiuto.Vincoli e importoNon si sa ancora quanto potrà essere la cifra erogata. Il punto di riferimento rimane l’ultimo testo di legge che prevedeva uno sconto del 20% sul prezzo d’acquisto, fino a un massimo di 100 euro.L’aiuto statale era una tantum e per l’acquisizione di un solo televisore a famiglia, il tutto accompagnato dalla dismissione del modello obsoleto (ovvero quelli acquistati prima del 22 dicembre 2018). Gli aventi diritto sono tutti i cittadini residenti in Italia che hanno versato regolarmente il canone televisivo oppure che hanno compiuto 75 anni di età (quindi passibili di esenzione al canone).Come si richiede il bonus?Ci sono due modalità per richiedere il contributo e certificare la rottamazione. Il più conosciuto e utilizzato passa per la consegna diretta della vecchia tv direttamente al punto vendita da cui si va ad acquistare l’apparecchio nuovo. Questa casistica prevede che il personale del negozio compili insieme al cittadino la modulistica che certifica l’operazione. Il rivenditore si incaricherà autonomamente dello smaltimento e riconoscerà subito lo sconto.Il secondo metodo prevede la consegna dell’apparecchio da smaltire presso una stazione autorizzata allo smaltimento dei rifiuti Raee, qui gli operatori della struttura rilasciano una certificazione da presentare poi al punto vendita per perfezionare l’acquisto del nuovo televisore a prezzo scontato.Il decoder? Gratis e consegnato a casa per gli ultrasettantenniIl Ministero inoltre vorrebbe introdurre un aspetto innovativo per i cittadini, abbonati Rai, che hanno compiuto 70 anni di età e che percepiscono una pensione non superiore a 20mila euro annui.Poste Italiane, che è direttamente coinvolta nell’iniziativa, si prenderà l’onere di consegnare a domicilio l’apparecchio. Le modalità possono essere concordate in un ufficio postale, telefonando al numero verde 800.776.883 oppure attraverso il sito Nuova tv Digitale. LEGGI TUTTO