More stories

  • in

    Leo ribadisce: “La priorità è tagliare le tasse al ceto medio”

    Ascolta ora

    «Quest’anno abbiamo registrato la delusione sull’aliquota fiscale che riguarda il ceto medio. Come ha ricordato anche il presidente del Consiglio, è una nostra priorità». È quanto ha dichiarato il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, al convegno “L’anno che verrà. La manovra finanziaria e la professione”, organizzato dall’Associazione Nazionale Commercialisti a Roma. Il viceministro ha evidenziato come la fascia di reddito compresa tra i 28.000 e i 50/60.000 euro sia tra le più penalizzate e ha sottolineato l’impegno del governo per intervenire su questo scaglione di contribuenti nel 2025. «Nel 2024 avevamo già introdotto una norma una tantum per le fasce medio-basse che successivamente è stata resa strutturale. Stiamo adottando un approccio simile anche per l’Iva, con l’obiettivo di renderla strutturale a partire dal 2025», ha aggiunto. «È evidente che dare maggiori risorse al ceto medio porterà un beneficio all’economia, stimolando i consumi e gli investimenti, con un ritorno in termini di materia imponibile e gettito Iva».Riforme normative e nuovi decretiLeo ha inoltre annunciato il lavoro su due atti di indirizzo, sviluppati in collaborazione con il dipartimento delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate. «L’obiettivo è intervenire su due decreti che trattano temi di particolare rilevanza: l’abuso del diritto e i crediti inesistenti e non spettanti», ha spiegato.L’abuso del diritto, ha proseguito Leo, è un tema complesso caratterizzato da diverse incertezze giuridiche. Per quanto riguarda i crediti inesistenti, il viceministro ha sottolineato la necessità di concentrarsi sui crediti legati alla ricerca e sviluppo, valutando con attenzione il requisito di novità per distinguere tra crediti non spettanti e inesistenti. «Queste misure si inseriranno in un quadro normativo più ampio, che includerà disposizioni amministrative e testi unici mancanti sulle imposte dirette, l’accertamento, l’Iva e il registro».Il Testo unico sulla riscossioneLeo ha annunciato che il lavoro ministeriale sul Testo unico relativo alla riscossione è ormai alle fasi finali e che presto verrà sottoposto all’esame del Parlamento. «Siamo sempre disponibili ad ascoltare le proposte delle associazioni di categoria, in particolare dei dottori commercialisti, per migliorare ulteriormente il testo», ha assicurato. Il viceministro ha ribadito che la riforma fiscale mira a cambiare il rapporto tra fisco e contribuente, evidenziando il ruolo cruciale dei commercialisti nell’elaborazione del tax control framework, la mappatura del rischio fiscale e la certificazione dei rischi.Il concordato preventivoSul tema del concordato preventivo, Leo ha ammesso che sono necessari affinamenti, ribadendo l’importanza di mantenere un dialogo costante con i commercialisti. «È fondamentale lavorare insieme per migliorare il rapporto tra fisco e contribuente», ha dichiarato. LEGGI TUTTO

  • in

    “L’Italia tra debito e libertà”, un convegno per rispondere alla pressione del debito pubblico

    Ascolta ora

    È recente la comunicazione di Bankitalia sullo spondamento della quota di 3000 miliardi del debito pubblico italiano. Una cifra che si fa difficoltà anche a scrivere e che come una morsa impedisce alla nostra economia di prendere il volo.Le soluzioniCome diminuire l’enorme debito pubblico senza rinunciare al welfare? Può esistere “sovranità” senza indipendenza economica? A queste e a molte altre domande esponenti del mondo politico, universitario e finanziario hanno cercato di dare una risposta nel convegno “L’Italia tra debito e libertà”, organizzato dall’associazione di promozione culturale M.Arte. presso la Fondazione museo Venanzo-Crocetti in via Cassia a Roma.All’incontro moderato dal professor Vittorio De Pedys presidente dell’associazione M.Arte e docente di finanza presso Escp Europe, sono intervenuti il Vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, l’avvocato Villy De Luca Professore della Facoltà di Economia all’Università Europea di Roma e il dottor Renato Loiero, consigliere per le Politiche di bilancio del presidente del Consiglio. Le conclusioni affidate al Sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla programmazione economica e alla pianificazione degli investimenti pubblici, on. Alessandro Morelli.Gli interventiTanti sono stati gli interventi importanti che hanno cercato di dare una risposta, a partire da quello di Alessandro Morelli che ha spiegato: “La sovranità economica non si misura soltanto nella capacità di uno Stato di onorare i propri debiti, ma nella possibilità di orientare le scelte strategiche in funzione degli interessi nazionali. Questa sovranità si fonda su tre pilastri: Gestione sostenibile del debito pubblico, indipendenza energetica ed indipendenza tecnologica e digitale”.Morelli ha poi continuato: “L’Italia importa circa il 75% dell’energia che consuma. La dipendenza da fornitori esteri, unita alla transizione energetica guidata da obiettivi europei spesso scollegati dalle nostre esigenze nazionali, rappresenta un serio rischio. Serve un piano strategico nazionale che diversifichi le fonti di approvvigionamento, potenzi il gas naturale e valuti l’opportunità del nucleare di nuova generazione, senza ignorare lo sviluppo delle rinnovabili”.Aumentare le quote di debito detenute dai creditoriLa strada percorribile per Willy De Luca: “Se si vuole un’Italia forte e sovrana a livello internazionale bisogna intervenire su due direttrici: limitare le occasioni in cui si aumenta il debito pubblico e aumentare la quota di debito detenuta da creditori italiani. Ogni aumento di debito pubblico dovrebbe essere solo un’eccezione e dovrebbe essere approvato solo da una larga maggioranza. Al tempo stesso bisogna diminuire la quota del debito in mano a “non residenti”.Le parole del moderatoreIdee molto chiare quelle di Vittorio De Pedys: “Swap del 2-3% della ricchezza dei cittadini con azioni di un Fondo Nazionale, di circa 300 miliardi. I proventi dello swap vanno tutti destinati ad abbattere lo stock di debito pubblico, progressivo riacquisto dei titoli di Stato in possesso di non-residenti e de-listing dal mercato MTS ed in ultimo l’abolizione del divorzio Tesoro-Banca d’Italia, con ripristino della possibilità per quest’ultima di intervenire per assorbire eventuali titoli invenduti in asta”. LEGGI TUTTO

  • in

    Ita nell’hangar Lufthansa col nuovo cda

    Ascolta ora

    Ieri Lufthansa ha fatto finalmente il suo ingresso nel capitale di Ita Airways con il 41% sottoscrivendo l’aumento di capitale riservato da 325 milioni. L’accordo è arrivato con due giorni di ritardo rispetto alle attese nelle more di un’intesa più larga sulla governance. Dopo il rinvio di lunedì scorso era infatti diventata più difficile la conferma di Antonino Turicchi alla presidenza in quanto per il nuovo socio tedesco è fondamentale poter accentrare le deleghe operative nella persona del nuovo ceo Joerg Eberhart.Il nuovo presidente è stato così individuato dall’azionista Tesoro (che resta al 59%) nella figura di Sandro Pappalardo (in foto), ex pilota dell’Esercito, consigliere dell’Enit e consulente a titolo gratuito del ministro Guido Crosetto. È stato così trovato un profilo di garanzia con competenze in materia (è stato anche assessore al Turismo nella giunta Musumeci in Sicilia) e del quale l’esecutivo ha fiducia. Nulla di fatto, invece, per l’ex ambasciatore a Berlino Armando Varricchio. Gli altri componenti del consiglio di amministrazione (passato da 3 a 5 membri) sono per il Tesoro Antonella Ballone (vicepresidente di Baltour) ed Efrem Angelo Valeriani (già consigliere di Æqua Roma). Lufthansa ha designato Lorenza Maggio, manager italiana e vice presidente Sales per Medio Oriente e Africa della compagnia tedesca. Nominato anche il nuovo collegio sindacale nelle persone di Paolo Ciabattoni, Federico Testa e Angela Florio, con quest’ultima che ne sarà presidente. «Sono orgoglioso e onorato di essere stato indicato per questo prestigioso incarico», ha dichiarato il ceo Eberhart aggiungendo che «questa nuova fase della storia della compagnia ci consentirà di rafforzare la nostra posizione e di sviluppare sinergie strategiche che valorizzeranno la crescita e la solidità di Ita Airways come vettore italiano di riferimento». LEGGI TUTTO

  • in

    Bandite in Usa le smart-car cinesi: “Troppi rischi per i dati sensibili”

    Ascolta ora

    Gli Stati Uniti varano il bando sul mercato americano contro le auto intelligenti (smart car) con tecnologia cinese, incassando la prevedibile e dura reazione di Pechino. I presunti rischi per la sicurezza nazionale di Washington alla base della stretta sono «privi di qualsiasi base fattuale», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun. «Tali azioni interrompono la cooperazione economica e commerciale tra imprese e rappresentano il tipico esempio di protezionismo», ha aggiunto Guo nel briefing quotidiano, precisando che «la Cina si oppone con forza a tutto questo». LEGGI TUTTO

  • in

    Italia e Uzbekistan insieme per il green

    Ascolta ora

    Transizione energetica e fonti rinnovabili nuovamente al centro dell’agenda internazionale. Al World Future Energy Summit, in corso ad Abu Dhabi, leader mondiali, esperti e rappresentanti di governo si incontrano per promuovere una cooperazione sempre più stretta nel settore. La partecipazione italiana all’evento non si limita a ribadire la centralità della sicurezza energetica nella strategia nazionale, ma punta anche a rafforzare i legami con interlocutori strategici, tra cui i paesi dell’Asia Centrale.Tra questi, l’Uzbekistan costituisce un partner di sempre maggiore interesse per il nostro paese sia per la disponibilità di manodopera qualificata sia per il potenziale di risorse naturali e fonti energetiche rinnovabili. Uno stato in rapido sviluppo economico, con il valore del Pil che ha fatto registrare un tasso di crescita del 5,6 per cento nel 2024 e del 6 per cento nel 2023 secondo le ultime elaborazioni dell’Osservatorio economico del ministero degli Affari esteri italiano. Dati, quelli connessi all’economia di Tashkent, che diventano ancor più rilevanti se si considera che l’Uzbekistan, con più di 37 milioni d’abitanti, è lo stato più popoloso dell’Asia Centrale.Dal punto di vista industriale, in particolare nei settori degli idrocarburi, dell’elettronica e della chimica, l’Uzbekistan vanta poi un tessuto già ben strutturato. In questo contesto, le politiche del governo di Tashkent mirano a favorire l’ammodernamento e la crescita di competitività dell’industria del paese.L’Italia sta ormai da diverso tempo consolidando un rapporto di interscambio commerciale che nel 2023 ha registrato più di 500 milioni di dollari, in particolare nei settori degli impianti e dei macchinari utilizzati nei comparti dell’agroalimentare, metalmeccanico e tessile. Quest’ultimo ambito, in particolare, riveste un ruolo cruciale nella politica economica uzbeka. Sotto la guida del presidente Shavkat Mirziyoyev, il paese ha avviato una profonda riforma del settore, con l’obiettivo di trasformare il suo status di terzo esportatore mondiale di cotone in una realtà industriale ad alto valore aggiunto. Negli ultimi 15 anni, il comparto ha attratto investimenti per oltre 2,5 miliardi di dollari, dando vita a più di 300 progetti internazionali innovativi.L’Uzbekistan, con un enorme potenziale nel campo delle energie rinnovabili, rappresenta un partner strategico per l’Italia nella transizione energetica. Il paese, infatti, sta puntando su progetti legati al solare e all’eolico, aprendo nuove opportunità per le aziende italiane specializzate. Allo stesso tempo, la cooperazione si estende anche alle tematiche ambientali, come dimostra il progetto congiunto tra il governo uzbeko, Sogesid e Aics per affrontare la crisi ecologica del Lago d’Aral.La distanza tra Tashkent e Roma è dunque sempre più ridotta. Le recenti visite istituzionali hanno giocato un ruolo fondamentale nel consolidare i legami tra i governi dei due Paesi. La presenza del presidente uzbeko Shavkat Mirziyoyev in Italia, nel giugno 2023, ha aperto una nuova fase di cooperazione, con la ratifica di un partenariato strategico in materia di Difesa e Sicurezza, Cooperazione Economica, Cultura, Scienza, Educazione e Turismo. LEGGI TUTTO

  • in

    Il piano uzbeko per la lotta climatica

    Ascolta ora

    Lunedì si è inaugurata ad Abu Dhabi la Settimana Internazionale della Sostenibilità, un evento di rilievo globale che ha visto la partecipazione di capi di stato e di governo, impegnati a discutere le strategie per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030. Centrali, nel corso dell’evento, le politiche messe in atto dai governi per far fronte alle sfide della transizione green: dall’attrazione di investimenti all’implementazione di politiche capaci di conciliare crescita economica e riduzione delle emissioni inquinanti.Un modello di economia emergente impegnato su questo fronte è rappresentato dall’Uzbekistan. Il presidente Shavkat Mirziyoyev ha preso parte al summit presentando il processo di trasformazione su larga scala che Tashkent sta mettendo in campo per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico, garantire lo sviluppo sostenibile e la sicurezza globale. «Negli ultimi cinque anni, abbiamo attratto quasi 20 miliardi di dollari di investimenti esteri nel settore energetico e realizzato 9,6 gigawatt di nuova capacità energetica», ha dichiarato Mirziyoyev nel corso del suo intervento. «Sono in corso oltre 50 grandi progetti con una capacità energetica di 24 gigawatt e un valore di oltre 26 miliardi di dollari con partner stranieri».Risultati, quelli illustrati dal Presidente uzbeko, parte del ben più grande progetto Nuovo Uzbekistan 2030, un piano di programmazione strategica pensato dal governo uzbeko per garantire stabilità ambientale al paese e promuovere un modello economico verde ed efficiente nell’uso delle risorse. L’obiettivo per il 2030 è chiaro: portare la quota di energia rinnovabile nel mix energetico nazionale al 54 per cento. Un traguardo che non solo rafforza il ruolo dell’Uzbekistan come hub energetico regionale, ma lo posiziona come modello di riferimento per i Paesi emergenti nella corsa verso la sostenibilità globale. LEGGI TUTTO

  • in

    Fondazioni, il Tesoro accelera sulle partecipazioni bancarie

    Ascolta ora

    L’accelerazione è delle ultime settimane e si punta ad arrivare a un accordo a stretto giro per l’aggiornamento del protocollo tra Acri e ministero dell’Economia. Nel mondo delle Fondazioni bancarie, che trova rappresentanza appunto nell’Acri presieduta da Giovanni Azzone, c’è un certo fermento a seguito della grande corsa dei titoli bancari italiani. L’aspetto che più è al centro delle discussioni, è quel vincolo che le Fondazioni hanno di non concentrare più del 33% del loro patrimonio nella banca conferitaria. Una soglia ritenuta fin troppo «inflessibile» dallo stesso Azzone. Meglio ancora sarebbe, chiedono da banche e fondazioni, se nello stabilire questa linea rossa non si contassero gli sforamenti collegati al solo andamento dei listini.Il protocollo Acri-Mef datato 2015 prevedeva questa accortezza per evitare che gli enti, in prima linea per molte opere di filantropia, potessero essere troppo esposti a un’unica partecipazione. Allora i titoli delle banche viaggiavano su quotazioni ben inferiori a quelle odierne, ed erano in alcuni casi investimenti più rischiosi di quanto non lo siano attualmente.Oggi, però, l’esplosione di questi titoli avvenuta negli ultimi anni (basti pensare che Intesa Sanpaolo è nel frattempo diventata la prima banca europea per capitalizzazione di mercato) ha fatto sì che il peso delle partecipazioni delle Fondazioni aumentassero il loro peso specifico. A una prima vista può sembrare una pura tecnicalità, ma in realtà rischia di avere ricadute molto concrete sulla stabilità degli azionariati di società strategiche. Un caso emblematico – e che ha portato il sistema a fare pressing sul Mef per rivedere il protocollo – è quello della Fondazione CarisBo. La scorsa estate, infatti, il Mef – che vigila sulle Fondazioni bancarie – ha contattato la presidente Patrizia Pasini per segnalare che la quota dell’1,334% che la sua fondazione vantava in Intesa Sanpaolo aveva superato la fatidica soglia del 33% del patrimonio. Ciò ha comportato, in ossequio alle regole del protocollo, che CarisBo vendesse sul mercato qualche decimale della sua quota. Può sembrare un aggiustamento minore, ma se tutte le Fondazioni – titolari insieme del 16% dell’azionariato della prima banca italiana – iniziassero a fare lo stesso potrebbe finire sul mercato circa l’8% di Ca de’ Sass (che rispetto a gennaio di un anno fa si è apprezzata di quasi il 50% in Borsa), aspetto che aumenterebbe la contendibilità dell’istituto aprendo la porta a speculatori o a giganti esteri magari interessati a esercitare un controllo su quello che sempre più rappresenta un architrave dell’economia italiana. Nei casi più nefasti scatterebbe il golden power, ma certo è che nel mondo bancario si preferirebbe prevenire piuttosto che curare, anche in ragione del fatto che l’attuale profittabilità delle banche permette loro entrate sicure e generose. Insomma, il meglio per chi si occupa di filantropia e serve alla cauasa quando si tratta di mettere insieme operazioni di sistema come accaduto per Montepaschi o Tim. LEGGI TUTTO

  • in

    Scontro tra Cgil e Cisl sul pdl per la partecipazione dei lavoratori

    Lo scontro tra i principali sindacati italiani, Cgil e Cisl, raggiunge nuovi livelli di intensità. Al centro del dibattito, il progetto di legge di iniziativa popolare sostenuto dalla Cisl sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, in commissione alla Camera. Un’iniziativa che promette di attuare finalmente il principio sancito dall’articolo 46 della Costituzione, ma che per la Cgil rappresenta un grave rischio per l’autonomia contrattuale dei lavoratori.Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, ha attaccato duramente il progetto, definendolo una minaccia alla contrattazione collettiva. “È una proposta che distrugge quanto già concordato sui diritti di informazione e consultazione nei contratti nazionali e aziendali. Senza una legge sulla rappresentanza, questo intervento rischia di svuotare il ruolo delle Rsu e depotenziare la contrattazione”, ha dichiarato. Landini critica, inoltre, la visione della partecipazione limitata a una generica presenza nei consigli di amministrazione e la mancata correlazione tra salario e prestazione lavorativa.Dall’altra parte, Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl (prossimo all’uscita per aver raggiunto il limite statutario dei 65 anni; ndr) , difende con fermezza la proposta e accusa la Cgil di demagogia e immobilismo. “È grottesco che la lezione sul valore della contrattazione venga da chi vuole affidare alla politica la regolazione della rappresentanza e dei salari. La legge di iniziativa popolare promossa dalla Cisl, sostenuta da 400mila cittadini, punta a unire il Paese su un nuovo modello di sviluppo basato sulla corresponsabilità e sulla democrazia economica”, ha affermato Sbarra in una nota.Un confronto su due visioni del sindacatoLa Cisl punta a innovare le relazioni industriali con un approccio partecipativo che valorizzi il ruolo dei lavoratori nelle decisioni strategiche delle imprese. Sbarra sottolinea che il progetto rappresenta un’opportunità storica per dare concretezza al principio costituzionale della partecipazione. L’approvazione bipartisan del testo, accompagnata da incentivi economici già previsti in legge di Bilancio (72 milioni di euro), potrebbe segnare una svolta per il sistema produttivo italiano.La Cgil, invece, vede nel progetto un arretramento rispetto alle conquiste ottenute in decenni di contrattazione collettiva. Per Landini, la vera priorità dovrebbe essere una legge sulla rappresentanza e l’introduzione del salario minimo orario, in linea con la direttiva europea. L’attacco al progetto della Cisl si inserisce in una strategia più ampia che mira a preservare il controllo del sindacato sui meccanismi di tutela e negoziazione, evitando derive che potrebbero spostare l’equilibrio verso le imprese.La posta in giocoIl contrasto tra Cgil e Cisl non si limita a divergenze tecniche sul progetto di legge. Riflette due visioni profondamente diverse del ruolo del sindacato nel XXI secolo. La Cgil, con una postura più movimentista e politicamente antagonista, sembra intenzionata a mantenere un approccio conflittuale verso le istituzioni e le imprese. Una scelta che se, da un lato, consente a Landini & C. di condizionare politicamente tutto il centrosinistra: dal referendum per l’abolizione del Jobs Act all’appoggio a Schlein e Conte sul no all’autonomia differenziata. La Cisl, invece, si presenta come un attore responsabile e propositivo, aperto al dialogo (indipendentemente dal colore politico dei governi) e al compromesso per costruire soluzioni condivise.La spaccatura rischia di avere ricadute significative sul tessuto sociale e produttivo del Paese, in un momento in cui servirebbero coesione e senso di responsabilità. “Non con il conflitto ideologico, ma con il coraggio della partecipazione possiamo elevare il trattamento economico e sociale dei lavoratori”, ha dichiarato Sbarra, annunciando un’assemblea nazionale di quadri e delegati il prossimo 11 febbraio a Roma. LEGGI TUTTO