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    Stellantis, scoppia il caso Comau: “Gioiello italiano in vendita”

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    Il ministero delle Imprese e del Made in Italy sta valutando l’eventuale applicabilità della disciplina della “golden power” in riferimento a notizie di stampa secondo cui il gruppo Stellantis avrebbe ceduto la maggioranza delle quote di Comau a un fondo straniero. Lo comunicato lo stesso Mimit in una nota, entrando così nel merito delle prospettate mosse del gruppo industriale guidato da Carlos Tavares, reduce da un semestre nero cin ricavi scesi del 14% e con un utile crollato del 48%. La “golden power”, lo ricordiamo, è uno strumento normativo che permette al governo di un Paese sovrano di bloccare o apporre particolari condizioni a specifiche operazioni finanziarie che ricadano sull’interesse nazionale.Secondo quanto trapelato nelle scorse ore, Stellantis ha informato le organizzazioni sindacali di aver firmato un accordo preliminare, la cui operazione si completerà quando arriveranno le necessarie autorizzazioni pubbliche, presumibilmente a fine anno, con la private equity One Equity Partners per la cessione del 50,1% di Comau. Il Gruppo ha quindi riferito di aver l’intenzione di conservare una quota di minoranza almeno per i primi anni. La notizia ha subito mandato in fibrillazione il mondo sindacale in riferimento a possibili rischi sui posti di lavoro. “Riteniamo che la cessione a fondi di investimento possa generare preoccupazioni e incertezze future”, ha avvertito la Fismic Confsal.”È necessario e nostro dovere monitorare attentamente questa fase di transizione, per garantire che il presente e il futuro dei circa 750 dipendenti italiani, su un totale di 3.800 nel mondo, siano tutelati”, ha dichiarato la vicesegretaria generale del sindacato, Sara Rinaudo. Nei mesi scorsi, la multinazionale guidata da Carlos Tavares aveva varato un drastico piano di esuberi che, in soli due giorni, aveva operato una sforbiciata da circa 3600 posti di lavoro. Uno stillicidio rispetto al quale la politica non era stata indifferente. E ora la stessa politica e in particolare il governo tornano a far sentire la loro apprensione.”Le risposte che abbiamo dato al governo italiano dimostrano le nostre buone intenzioni, sono aperte e stanno contribuendo a ciò che credo il governo vuole fare, ovvero creare più valore nel Paese. E noi siamo a disposizione per questo”, aveva affermato nelle scorse ore il Ceo di Stellantis Carlos Tavares, parlando con i giornalisti a commento dei risultati del primo semestre. “Ora il mercato sta diventando estremamente difficile e dobbiamo capire che se non lasciamo respirare le aziende e non si prendono le decisioni che devono essere prese per garantire sostenibilità, succederà qualcosa di brutto”, aveva anche aggiunto il top manager con riferimenti nemmeno troppo criptici rispetto alle intenzioni del Gruppo. LEGGI TUTTO

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    Pace fiscale, serve gettito e il governo pensa a un’aliquota del 15%

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    I punti chiave

    I primi mesi del 2024 hanno dato buoni risultati sulle entrate fiscali. Negli uffici del ministero dell’Economia, però, c’è un prossimo step che preoccupa particolarmente: la manovra di bilancio 2025. La questione principale riguarda il gettito tributario collegato all’evasione fiscale, un muro complicato da abbattere e il Mef lo sa bene: il concordato preventivo biennale ha ricevuto scarse adesioni, fino a oggi, infatti, hanno accettato poche centinaia di persone su una stima potenziale di 2 milioni di contribuenti interessati.L’adesione al concordato preventivoCome anticipato, l’adesione al nuovo concordato preventivo biennale, ovvero l’accordo tra il fisco e i lavoratori autonomi, non ha avuto un gran successo tra i contribuenti. Ricordiamo che la misura prevede tasse predefinite da versare nel biennio ’24-’25 e zero controlli. Riguarda coloro che sono soggetti agli Indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa) assieme ai forfettari (a titolo sperimentale). Ai primi, ovvero coloro che hanno un Isa basso, le Entrate chiedono l’adeguamento del reddito dichiarato al fine di aderire al concordato. Dall’altra parte hanno acconsentito al meccanismo i contribuenti considerati “affidabili” i quali sono consapevoli di contare su un aumento del reddito nel 2024 e nel 2025, a questi soggetti il concordato dà garanzia di un tetto alle tasse da pagare.La pace fiscaleL’obiettivo della pace fiscale era quello di imporsi come strumento essenziale al fine di far sì che i contribuenti avrebbero versato quanto dovuto, ma sembrerebbe non essere bastato. In quanto al gettito del concordato, questo dovrebbe riuscire a coprire il progresso della riforma Irpef, la quale prevede la riduzione di aliquote e scaglioni. La cifra in questione, però, non è mai stata stabilita in via definitiva, la Ragioneria ha infatti dato delle stime ma non un numero preciso e, in questa situazione, persiste il rischio di non riuscire a coprire i fondi necessari per il via libera agli sgravi Irpef del 2023.L’imposta sostitutivaA questo punto l’esecutivo è già pronto a correre ai ripari. Dopo aver consultato le Commissioni parlamentari, il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, nei prossimi giorni porterà un decreto in Consiglio dei ministri con l’obiettivo di cambiare i termini del concordato al fine di includere nella misura più lavoratori autonomi. I possibili cambiamenti riguardano l’applicazione un’imposta sostitutiva, variabile dal 10 al 15% in base all’Isa dei contribuenti, sul maggiore reddito che l’Agenzia delle Entrate potrebbe richiedere a chi aderisce all’accordo. Questo rappresenta un significativo sconto rispetto all’aliquota marginale che potrebbe superare il 40%. Il Parlamento, nel parere fornito all’esecutivo, ha richiesto l’applicazione di una “flat tax” sugli incrementi reddituali come condizione per esprimere un parere favorevole al provvedimento, e il Consiglio dei ministri dovrà considerarlo.Rateizzazione degli accontiIl Parlamento, poi, ha avanzato la richiesta di rateizzare il pagamento degli acconti al fisco al momento dell’adesione al concordato con l’obiettivo alleviare l’immediato impatto finanziario sui contribuenti. Questo punto, però, sembra più difficile da trasformare in una norma di legge. Gli uffici del Ministero dell’Economia, almeno per ora, non hanno ancora trovato una soluzione percorribile. Inoltre il leghista Massimo Garavaglia, presidente della Commissione Finanze del Senato, rimane scettico sul successo dell’operazione, che continuerebbe a sembrare poco attraente. LEGGI TUTTO

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    Ex Ilva, sei gruppi interessati. In arrivo il bando di cessione

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    Una lieve sforbiciata (da 5.200 a 4.700) alla cassa integrazione e la presentazione del bando per la vendita del gruppo a uno o più player privati sono stati i protagonisti della trattativa governo-sindacati per il rilancio dell’ex Ilva. Un nuovo vertice, andato in scena ieri a Palazzo Chigi, nel corso del quale il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha inoltre riferito che sono sei gli attori pronti a muovere sul polo siderurgico con potenziali proposte d’acquisto: due indiani, un ucraino, un canadese e due italiani.Tra i gruppi italiani si ipotizzano i nomi di Arvedi e Marcegaglia. Gruppo quest’ultimo che, a quanto risulta, nei giorni scorsi ha visitato gli stabilimenti ex Ilva di Genova Cornigliano e Novi Ligure, come Sideralba. Tra gli operatori stranieri, i nomi che circolano sono di due imprese indiane, Vulcan Green Steel e Steel Mont, del gruppo ucraino Metinvest e dell’azienda canadese Stelco.Tutti e sei – in realtà – attendono i dettagli del bando per poter procedere con una qualsiasi manifestazione di interesse. Aspetti che sarebbero in parte stati presentati ieri nel corso del vertice con i sindacati e che prevedono obblighi di decarbonizzazione, la massimizzazione dei livelli occupazionali e la ricerca di investitori di lungo termine in grado di portare beneficio ai territori e alle comunità locali.Sul fronte dei tempi la vendita partirà a fine luglio e i player interessati avranno tempo fino a metà settembre per decidere. Dopo di che, le aziende ammesse al bando dovranno accettare una bozza di pre accordo e fare una offerta vincolante entro pochi mesi (se stranieri dovranno presentare anche la documentazione inerente la golden power). Le offerte potranno essere anche parziali, sui singoli stabilimenti del gruppo. Quanto agli ammortizzatori sociali i commissari hanno sottolineato che il regime di cassa integrazione per i lavoratori di Acciaierie d’Italia (ex Ilva) in amministrazione straordinaria sarà funzionale esclusivamente al piano di ripartenza. Il ricorso agli ammortizzatori sociali, infatti, è stato pensato ed elaborato separatamente rispetto al piano industriale e prevede una diminuzione progressiva di lavoratori interessati (ora a 4.700). LEGGI TUTTO

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    Enel-Viminale, patto anti criminalità

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    Alleanza tra Enel e ministero dell’Interno per garantire la sicurezza e la legalità a tutela dei servizi pubblici essenziali. Per questo, ieri, è stato firmato al Viminale un protocollo d’intesa dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e dall’Ad di Enel, Flavio Cattaneo (a sinistra nella foto, con il ministro a destra) con il quale l’azienda e il ministero rinnovano una collaborazione che ha già consentito di raggiungere significativi risultati. Grazie all’intesa raggiunta verranno messe in campo tutte le azioni per potenziare ulteriormente la prevenzione e il contrasto dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nei contratti d’appalto stipulati dall’azienda con i fornitori. La collaborazione operativa e consultiva tra il Ministero ed Enel punta inoltre a tutelare le infrastrutture energetiche e le attività del gruppo, per garantire una sempre più elevata sicurezza degli impianti e delle reti elettriche. Il protocollo – spiega la nota ufficiale di Enel – rappresenta un esempio virtuoso di sinergia tra pubblico e privato e si inserisce in una più ampia strategia di sistema-Paese, volta a promuovere una diffusa cultura della legalità attraverso la cooperazione tra istituzioni e aziende di rilevanza strategica come Enel. LEGGI TUTTO

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    Fincantieri, da Carnival commessa da 2 miliardi

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    Ammonta a oltre 2 miliardi di euro la nuova maxi-commessa arrivata a Fincantieri. Il colosso della cantieristica navale ha siglato un accordo con la statunitense Carnival per la progettazione, l’ingegnerizzazione e la costruzione di tre nuove navi da crociera per il brand Carnival Cruise Line. Si tratterà delle navi da crociera più grandi mai costruite da Fincantieri e in un cantiere italiano: stazza lorda di circa 230.000 tonnellate, oltre 3.000 cabine per gli ospiti e capacità di trasportare quasi 8.000 passeggeri. La consegna è prevista rispettivamente nel 2029, nel 2031 e nel 2033. «Questo ordine è un balzo in avanti nella nostra strategia di innovazione, confermando il nostro impegno verso la sostenibilità e l’efficienza energetica», ha rimarcato l’amministratore delegato e dg di Fincantieri, Pierroberto Folgiero (in foto). «La collaborazione con Carnival Corporation – ha aggiunto – rappresenta un’ulteriore conferma della leadership di Fincantieri nel settore crocieristico mondiale unendo tradizione, avanguardia tecnologica e made Italy, come da nostro piano industriale». Fincantieri ha consegnato in totale 75 navi ai differenti brand di Carnival e un’altra unità attualmente in costruzione presso il cantiere di Monfalcone.Le tre nuove mega navi da crociera prevedono la dotazione di tecnologie avanzate per migliorare l’efficienza energetica, la gestione dei rifiuti e la riduzione delle emissioni, in modo da minimizzare l’impronta ambientale. «Con Fincantieri stiamo creando una piattaforma che innoverà su tutta la linea, offrendo un’esperienza impareggiabile agli ospiti e incorporando i più recenti progressi tecnologici per ridurre al minimo il nostro impatto ambientale», ha confermato Josh Weinstein, ceo di Carnival Corporation. LEGGI TUTTO

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    Maxi valutazione per Enilive. Eni tratta con il colosso Kkr

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    Eni non perde tempo nel percorso di valorizzazione dei suoi asset. Dopo aver concluso nella prima metà dell’anno la cessione di una quota di Plenitude, l’obiettivo adesso è quello di fare un’operazione similare con Enilive. Il Cane a sei zampe ha riscontrato forte interesse per la sua controllata dedicata ai prodotti e servizi per la mobilità, tra cui il car sharing Enjoy, e ha già stretto un’accordo temporaneo di esclusiva con Kkr. Al colosso del private equity, se la due diligence andrà in porto, andrebbe una quota in Enilive tra il 20% e il 25% sulla base di una valutazione della società compresa tra 11,5 e 12,5 miliardi di euro. Il gruppo ha sottolineato come «il forte interesse manifestato in questo periodo da primari investitori finanziari istituzionali» potrebbe portare alla successiva cessione di un’ulteriore quota fino al 10% di Enilive.A saltare all’occhio degli operatori di mercato è in primo luogo l’elevata valutazione di Enilive, superiore a quanto era circolato negli ultimi mesi (circa 10 miliardi). Superiore alle aspettative è anche l’ammontare della quota che Eni è disposta a cedere, fino al 35%, rispetto al 20% indicato dalle ultime indiscrezioni stampa.«L’operazione arriva in anticipo rispetto alle attese con un multiplo rotondo, per una quota ceduta rilevante», commenta Equita sottolineando inoltre come il percorso di dismissione a un partner industriale/finanziario più successiva Ipo ricalca da vicino quello già avviato per Plenitude.Dalla doppia operazione, Plenitude più Enilive, emerge anche l’elevata capacità di «estrarre» valore nascosto. «Le valutazioni date dal private equity evidenziano basse valutazioni implicite sul mercato pubblico», taglia corto Barclays che parla di valutazione «premium» per Enilive confermando la raccomandazione d’acquisto su Eni con un potenziale rialzista del 35% rispetto ai livelli attuali.Sommando la valutazione implicita nella vendita della partecipazione in Plenitude lo scorso marzo (10 miliardi) e quella su cui si sta trattando per Enilive (11,5-12,5 miliardi) si arriverebbe in area 22 miliardi, che si confronta con un capitalizzazione di mercato dell’intero gruppo pari a 46 miliardi. In aggiunta, precisa Barclays, la conclusione di questa cessione entro fine 2024, con conseguente liquidità netta nell’ordine di 2,5-3 miliardi, andrà a dissipare le preoccupazioni sull’indebitamento. LEGGI TUTTO