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Sei regioni al voto in autunno, ecco gli intrecci con l’ipotesi terzo mandato
Ascolta la versione audio dell’articoloSono sei le Regioni che andranno al voto in autunno (Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle D’Aosta, Veneto) e il terzo mandato potrebbe cambiare le regole del gioco. A oggi la questione terzo mandato dei governatori è stata chiusa dalla sentenza della Consulta con lo stop alla legge regionale della Campania. L’unica strada possibile per mutare il numero dei mandati sarebbe modificare la legge ordinaria che li fissa a due. Meloni, dopo aver impugnato con successo la legge campana davanti alla Corte costituzionale, ha fatto nelle scorse settimane una clamorosa marcia indietro aprendo al pressing della Lega per rivedere la legge nazionale del 2004, in modo da permettere al “Doge”, Luca Zaia, di potersi ricandidare in Veneto in autunno. Ma, esclusa la strada del decreto legge (mancano i requisiti di necessità e urgenza), i tempi per l’approvazione di un disegno di legge in Parlamento appaiono strettissimi.Terzo mandato, termine per emendamenti slitta di una settimanaPer questo nella maggioranza si sta tentando la strada di un emendamento al disegno di legge sul numero dei consiglieri e degli assessori regionali ora all’esame della Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama. Il termine per la presentazione degli emendamenti è slittato di una settimana. C’è più più tempo per arrivare ad un accordo all’interno della maggioranza. Ma Forza Italia resta contraria. «La Lega può presentare l’emendamento che vuole, noi non lo votiamo» ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani in merito all’ipotesi di un emendamento della Lega sul terzo mandato, a margine di un convegno alla Camera. E il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani (Fdi) ha avvisato: «Una proposta non è ancora arrivata, quando ci sarà la valuteremo ma attenzione perché il tempo sta per scadere: se c’è un’iniziativa deve essere presentata in tempi molto rapidi».Loading…In Veneto candidato della LegaIl confronto interno alla maggioranza sui candidati è già iniziato, a partire dalla più piccola delle Regioni al voto nei prossimi mesi, la Valle D’Aosta. I dossier più delicati riguardano, però, le altre. A cominciare dal Veneto. Dove sembra passata la linea della Lega che insiste sulla linea della continuità, (anche se FdI è diventato il primo partito a livello territoriale) per poter esprimere il candidato alla successione di Luca Zaia nell’unica corsa che il centrodestra considera blindata. Sempre che il “Doge” non potrà ricandidarsi. A Fdi dovrebbe toccare in cambio la Lombardia, al voto nel 2028.Lo scontro nelle MarcheL’unica regione dove i candidati sono certi sono le Marche, che potrebbero andare al voto già a settembre. Qui Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro ed ora eurodeputato Pd, sfiderà il governatore uscente, il meloniano Francesco Acquaroli. A breve Ricci dovrebbe chiudere l’accordo di programma dell’alleanza di centrosinistra, M5s c0mpreso. In una regione che il centrosinistra punta a strappare al centrodestra.In Campania l’incognita De LucaIn Campania l’accordo Pd-M5s su Roberto Fico è appeso al nodo dell’uscita di scena di Vincenzo De Luca, che invece una nuova legge sul terzo mandato potrebbe rimettere in gioco (gettando scompiglio nel centrosinistra). Nel centrodestra finora sono circolati i nomi del vice ministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, indicato da Fratelli d’Italia e del deputato della Lega, Gianpiero Zinzi. Mentre l’eurodeputato Fulvio Martusciello in corsa per Forza Italia ha deciso per un passo indietro in attesa che si chiarisca la vicenda Huawei (nella quale non è indagato) avanzando l’ipotesi di un candidato civico, come D’Amato o Piantedosi. LEGGI TUTTO
Braccianti ridotti in schiavitù, arrestati due caporali
L’emissione delle ordinanze di custodia cautelare si è resa necessaria per evitare l’inquinamento probatorio, poiché uno dei caporali aveva esercitato forti pressioni sulle famiglie dei braccianti affinché ritrattassero quanto rivelato.Braccianti ridotti in schiavitù, arrestati due caporali – Nanopress.itLe vittime – 33 braccianti indiani – sarebbero stati costretti a vivere in condizioni degradanti e precarie, senza alcuna considerazione per le basilari norme igienico-sanitarie. Braccianti ridotti in schiavitù, arrestati due caporaliSono scattate le manette per i due caporali di origine indiana, accusati di aver ridotto in schiavitù 33 braccianti indiani nella provincia di Verona. Secondo quanto riportato da Ansa, la Guardia di Finanza ha arrestato i due cittadini indiani residenti a Cologna Veneta, in provincia di Verona, per reati di riduzione in schiavitù, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. I due indagati avrebbero costretto i lavoratori a vivere in condizioni precarie e degradanti, sfruttandoli nelle campagne della provincia scaligera.Le famiglie indiane erano state costrette a indebitarsi e a impegnare tutti i loro beni per pagare 17mila euro ai caporali, che in cambio avevano promesso loro il permesso di lavoro per l’ingresso e la permanenza nel territorio italiano, all’unico scopo di sfruttare i lavoratori in condizioni disumane.L’emissione delle ordinanze di custodia cautelare si è resa necessaria per evitare l’inquinamento probatorio, poiché uno dei caporali aveva esercitato forti pressioni sulle famiglie dei braccianti affinché ritrattassero quanto rivelato. I due sono stati trasferiti nel carcere di Verona Montorio. LEGGI TUTTO
Nuovo scossone al MiC: si dimette il direttore generale Cinema e Audiovisivo Nicola Borrelli
La resa dei contiLe dimissioni di Borrelli seguono di pochi giorni quelle, altrettanto rumorose, di Chiara Sbarigia dalla presidenza di Cinecittà. La manager ha rivendicato la volontà di concentrarsi sull’Apa (Associazione Produttori Audiovisivi) – peraltro con il rinnovo della presidenza alle porte – e su una possibile guida della Fondazione Maximo. Ma la tempistica, la frase detta solo qualche giorno prima al Sole 24 Ore in cui parlava del doppio incarico (presidenza di Apa e di Cinecittà) come di «un’opportunità» e il retroscena (i presunti dissidi con il ministro Giuli, e le ombre su un consulente che avrebbe proposto moderazioni a pagamento per ammorbidire la stampa) hanno alimentato sospetti e veleni.Un clima avvelenato, insomma, in cui un nodo sarebbe anche la guerra sotterranea che gli addetti ai lavori registrano fra il ministro e la sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni, a sua volta accreditata di un legame molto stretto con Chiara Sbarigia. E per questo il passo indietro della ex presidente di Cinecittà è stato anche visto come il risultato di una prova di forza fra ministro e sottosegretaria leghista, senza arrivare a una resa dei conti fra i due che avrebbe potuto risultare fin troppo pesante per i rapporti fra FdI e Lega.Le dimissioni di Borrelli appaiono così come il capitolo finale – o forse solo il nuovo inizio – di una resa dei conti che investe l’intera catena di comando del ministero della Cultura, in una fase delicata, fra progetti internazionali e riforme decisive per il futuro del settore.Il ministro Giuli diserta lo StregaE intanto il ministro Giuli diserta anche il Premio Strega, polemizzando per non aver «ricevuto i libri». Indicazione che ha portato a un’immediata risposta del principale riconoscimento letterario italiano: «I rapporti con il ministro sono sempre stati amichevoli, ci siamo salutati cordialmente in occasione dell’ultimo Salone del libro di Torino. Non gli abbiamo inviato i libri del premio perché chiediamo agli editori di spedirli unicamente alla giuria dello Strega, da cui si è dimesso il giorno stesso della sua nomina al Ministero della Cultura», ha sottolineato il direttore della Fondazione Bellonci, Stefano Petrocchi. «Naturalmente il ministro era tra gli invitati alla serata finale di domani a Villa Giulia, come in precedenza a quella del Premio Strega Poesia lo scorso 9 ottobre, e saremo felici di riaccoglierlo il prossimo anno in occasione della nostra ottantesima edizione. Qualora volesse tornare a far parte anche della giuria del premio ne saremmo ugualmente onorati».Ma fonti del Mic hanno poi subito fatto notare la “sgrammaticatura istituzionale”: «La Fondazione, chissà per quale motivo, non ha pensato né di reinvitare Giuli in veste di ministro a far parte della giuria del premio, né di inviargli i libri della dozzina, o della cinquina dei finalisti in vista della serata conclusiva». LEGGI TUTTO
Tragedia a Cermenate, bimbo di 4 anni si tuffa in piscina e non riemerge: morto dopo 4 giorni di agonia in ospedale
La tragedia si è registrata la scorsa domenica mattina a Cermenate, provincia di Como, in una piscina pubblica in cui il piccolo si trovava insieme alla sua famiglia. Tragedia a Cermenate, bimbo di 4 anni si tuffa in piscina e non riemerge: morto dopo 4 giorni di agonia in ospedale – Nanopress.itQuando i bagnini del centro sportivo hanno recuperato il corpicino, il piccolo era già in stato di incoscienza. Nonostante il ricovero d’urgenza all’ospedale di Bergamo, non c’è stato nulla da fare.Tragedia a Cermenate, bimbo di 4 anni si tuffa in piscina e non riemergeSi è conclusa in maniera drammatica la vicenda del piccolo di 4 anni di Lomazzo, provincia di Como, che la scorsa domenica mattina è rimasto vittima di un incidente in una piscina pubblica di Cermenate, poco distante dal paese in cui viveva. Il piccolo è deceduto dopo 4 giorni di ricovero all’ospedale di Bergamo, dove era arrivato in condizioni disperate. Dal giorno dell’incidente, il bambino, di origini marocchine, non aveva più ripreso conoscenza. Stando a quanto ricostruito finora, il piccolo sarebbe passato dalla piscina baby a quella degli adulti senza che nessuno se ne accorgesse. Quando i bagnini del centro lo hanno recuperato, il bambino era già in stato di incoscienza. Trasferito con l’elisoccorso nel nosocomio piemontese, la notte scorsa i medici ne hanno dichiarato il decesso.Il piccolo è morto dopo 4 giorni di agonia – Nanopress.itSotto shock i familiari del piccolo e la comunità di Cermenate e di Lomazzo, dove la famiglia del bambino viveva da anni ed era ben integrata.Annegamenti: numeri in crescitaQuella di Carminate è l’ennesima tragedia che conferma quanto siano preoccupanti i dati sugli annegamenti in Italia. Ogni anno, più di 400 persone perdono la vita in acqua, e tra queste circa 40 sono minori. Negli ultimi dieci anni, il totale delle vittime è stato di circa 3.760, con 429 bambini e ragazzi coinvolti. Il Lazio ha registrato una media di 16 decessi per annegamento all’anno, mentre in tutto il centro Italia sono morti 55 minori tra il 2012 e il 2021.Appena una settimana fa sono morte quattro persone nei laghi italiani: Anisa, la bambina di 7 anni morta nel bioparco di Caraglio, Hanna Shabratska e il figlio Oleksiy, trovati senza vita nel lago di Garda, dove si erano tuffati per un bagno insieme, mentre un turista inglese ha perso la vita nel lago di Como. Il 17 luglio scorso due giovanissimi sono morti nel Brenta: uno di loro si è tuffato cercando di salvare l’amico che non sapeva nuotare. LEGGI TUTTO
Terzo mandato di De Luca, la Consulta decide sul ricorso del Governo: ecco perché il caso si intreccia con quello di Zaia
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaRiflettori della politica puntati sulla Corte costituzionale, chiamata a valutare la legge regionale campana del novembre scorso che autorizza il terzo mandato per Vincenzo De Luca. Una partita con ripercussioni non solo locali, visto il pressing della Lega sugli alleati a favore della ricandidatura di Luca Zaia e il secco no di Schlein all’ipotesi di tenere ancora in campo un De Luca ormai distante anni luce dal Nazareno. Oggi si terrà l’udienza pubblica della Consulta e la decisione potrebbe arrivare già in serata o, più probabilmente, giovedì.Scenari in casa dem A chiedere il giudizio della Corte è stato il Consiglio dei ministri, impugnando la legge campana che fa decorrere il computo dei due mandati da quello attualmente in corso. Nel caso di una bocciatura, per il Pd sarebbe più semplice cercare con lo stesso presidente uscente un’intesa su un nome condiviso che guidi un’ampia coalizione, sul modello di Manfredi a Napoli. Se invece l’ipotesi terzo mandato fosse confermata, De Luca potrebbe ipoteticamente correre anche senza il Pd, oppure dettare condizioni politiche molto più pesanti in cambio di un passo indietro volontario, come la scelta di un nome di sua assoluta fiducia.Loading…La partita nel centrodestraSpettatore interessato è ovviamente il centrodestra, chiamato a scegliere tra una candidatura politica (in campo finora Cirielli per FdI e Zinzi per la Lega, il ministro Piantedosi ha ribadito ieri di non essere interessato) e quella di un “civico”, ipotesi che Forza Italia potrebbe gradire dopo il ritiro del suo frontman Martusciello. Intanto, sul ricorso alla Consulta si è consumato l’ennesimo strappo tra il presidente campano e i dem, accusati di non aver protestato per l’impugnazione del Governo decisa nonostante per il via libera al terzo mandato in Veneto e Piemonte non fossero state avanzate obiezioni. «È vergognoso – ha detto nei giorni scorsi De Luca – che un partito di opposizione di fronte al calpestamento del principio che la legge è uguale per tutti non dica una parola. L’ennesima prova di ipocrisia di un gruppo dirigente che è arte povera».Il pressing dei GovernatoriOcchi puntati su Palazzo della Consulta anche da parte del Carroccio. La linea ufficiale del partito è quella del dialogo con gli alleati, ma la Lega non intenderebbe mollare né Lombardia, né Veneto malgrado le richieste di Fratelli d’Italia. «Dobbiamo dare ai cittadini la possibilità di scegliere da chi essere amministrati. Se una norma impedisce questa scelta, c’è un problema di democrazia», sostiene il presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, anche lui al secondo mandato. LEGGI TUTTO