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    “La burocrazia ammazza le imprese. Ora servirebbe la motosega di Milei”

    Investire, attirare, liberare, fare, pensare, discutere e difendersi. Più che una ripartenza, un imperativo programmatico. “Per non fare solo chiacchiere”.Il vice direttore de Il Giornale, Nicola Porro, lo mette subito in chiaro: “Voglio far passare l’idea che le cose si possono e si devono fare”. Insomma, meno gerundi e più infiniti. Ed è con questo spirito che torna l’ormai collaudatissimo format di due giorni (oggi e domani) al Teatro Petruzzelli di Bari.Porro, qual è il nemico numero uno di chi vuole fare?”La burocrazia. Che ammazza quelli che già esistono e fa abortire quelli che vorrebbero iniziare. È come una coltre di amianto sulle imprese italiane”.Si riuscirà ad abbattere?”Difficile. Ormai è nel nostro cervello: siamo abituati a fare i conti su autorizzazioni, regole e opzioni imposte. In più parte del Paese prospera grazie a questo sistema: studi, consulenze, pareri legali e amministrativi per districarsi dalla burocrazia. Per carità è un pezzo di business anche questo ma secondo me è improduttivo”.E poi c’è l’Europa.”È il pezzo della burocrazia più potente ma non dev’essere un alibi. Il sistema italiano è governato da forze politiche che dovrebbero avere nel dna la mission di rendere la vita dei cittadini più semplice. Ma su questo c’è ancora molto da fare. Perché, se è vero che esistono regole e obblighi europei, è pur vero che ci facciamo anche del male da soli”.Eppure i nostri numeri sono buoni. Di chi è il merito?”Guerre, protezionismo, euro forte sul dollaro. La Meloni non poteva trovare congiuntura peggiore. Ma è stata doppiamente brava nel non assecondare questo trend. Tant’è che l’Italia sta marciando. Resta la necessità di una grande rivoluzione anti-burocratica”.Ovvero?”Siamo il Paese della PEC e dello SPID, della circolare e della direttiva. Bisogna darci un taglio”.Sogni la motosega di Milei?”Esatto. Serve una botta d’ossigeno nelle vene del nostro sistema economico”.E i dazi?”Sono una sciagura. Dove non passano le merci, passano le armi. I dazi sono parte di una guerra che fa danni e vittime. Sono la sublimazione di un potere, quello statale, deciso da pochi e a favore di poche industrie che non necessariamente sono le migliori ma sono quelle che sono riuscite politicamente a farsi proteggere meglio”.Trump o Musk: chi ha ragione?”Donald è un conservatore, un protezionista che ha il grande merito di aver ritirato fuori l’energia vitale di un Paese che non sopportava più la cultura woke. In economia, però, ha ragione Musk”.Perché?”Quella americana è un’economia basata sull’immigrazione controllata, sulla libertà di merci e sulla capacità di innovazione. Una capacità non necessariamente legata alla old economy della Rust Belt”.Come mai in una due giorni prettamente economica si parla difesa? LEGGI TUTTO

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    Legge salva lavoro, congedo di 24 mesi per i malati oncologici

    È stata approvata in Senato la legge salva lavoro, la norma che va a tutelare tutte quelle categorie di lavoratori affetti da malattie oncologiche, croniche ed invalidanti. Si tratta di un importante passo in avanti, che è stato festeggiato dal ministro della Salute, Orazio Schillaci. La legge è passata all’unanimità, ricevendo l’ok di tutti i gruppi parlamentari, e anche questo è stato un bel messaggio.In sostanza, la legge garantisce ai lavoratori affetti da malattia la possibilità di richiedere congedi fino a 24 mesi senza perdere la propria occupazione. La nuova norma sarà effettiva a partire dal primo gennaio 2026, e si oppone nettamente a tutti quegli episodi in cui i dipendenti sono stati licenziati dopo i primi sei mesi di assenza per la malattia. Per cercare di tutelare la categoria sono stati stanziati 20,9 milioni di euro per l’anno 2026, che andranno a salire fino a raggongere 25,2 milioni di euro nel 2035.Per il ministro Schillaci stiamo assistendo a un fondamentale segnale di “civiltà e di umanità”, che andrà a sostenere i malati oncologici (ma non solo) e le loro famiglie.Ma come funzionerà la nuova legge? Prima di tutto, la tutela interessa sia i lavoratori privati che pubblici, ed è estesa non solo ai malati oncologici, ma anche a quelle persone che soffrono di malattie rare, invalidanti e/o croniche. Deve essere riconosciuta un’invalidità di almeno il 74%. La categoria avrà dunque diritto a 24 mesi di assenza dal lavoro (frazionati o continuati) senza perdere il posto. Terminati i 24 mesi il lavoratore tornerà alla propria occupazione. Questo lungo periodo di congedo, tuttavia, non sarà retribuito, e non andrà a incidere nel versamento dei contributi. Altro punto importante è che il lavoratore non potrà svolgere alcun genere di attività di lavoro.Ad essere tutelati saranno anche i lavoratori autonomi, che avranno a disposizione un congedo massimo di 300 giorni in un anno solare. In questo caso, comunque, bisogna attendere ulteriori decreti attuativi per avere più chiara la situazione. LEGGI TUTTO

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    Carta d’identità, addio a quella cartacea: ecco quando non sarà più valida e come richiedere quella elettronica

    Il regolamento europeo 1157/2019 segna un importante punto di svolta per quanto concerne il rinnovo e l’utilizzo della carta d’identità. Al fine di garantire i migliori standard di sicurezza, infatti, i documenti considerati validi in tutta Europa dovranno rispettare delle determinate caratteristiche. Ecco perché molto presto la versione cartacea non sarà più accettata.Il termine ultimo, per l’Italia, è il 3 agosto 2026. Superata quella data, le carte di identità cartacee non saranno più considerate un documento valido per l’espatrio perché prive della Mrz. In sostanza, non potranno più essere utilizzate per uscire dall’Italia. Ne consegue che chi necessita di questo documento dovrà provvedere a rinnovarlo, facendosi consegnare la tessera digitale, entro la data stabilita.Per quale ragione l’Unione europea ha deciso di escludere la carta d’identità cartacea in favore di quella elettronica? Nella cartacea manca un elemento chiamato Mrz (Machine readable zone). Si tratta di una sezione che può essere letta dai macchinari e che è composta da tre stringhe certificare che contengono i dati anagrafici del possessore della carta. Ciò impedisce qualsiasi genere di contraffazione. Sarà pertanto garantita la sicurezza dei cittadini, e i controlli alle frontiere saranno più rapidi.Nessun problema, invece, se si è già in possesso della Cie (Carta di identità elettrinica), già munita di Mrz e del microcip. LEGGI TUTTO

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    Addio allo Spid, ecco cosa cambia

    Se c’era ancora qualche dubbio circa la sopravvivenza dello Spid, è stato spazzato via dal contenuto dell’audizione di Alessio Butti alla Commissione parlamentare per la semplificazione della scorsa settimana.L’intenzione del governo Meloni è chiara fin dal 2022, ha spiegato il sottosegretario, e prevede l’istituzione di un’identità digitale unica e rilasciata dallo Stato, cosa che escluderebbe i provider privati: “E quindi, abbiamo puntato molto sulla carta di identità elettronica, con risultati che mi sembrano di per sé molto evidenti, anche con le app collegate alla Cie”.Il primo obiettivo è quindi quello di spegnere progressivamente lo Spid:”Lo faremo in assoluto accordo con i privati, che abbiamo ringraziato, perché hanno supplito alle carenze dei governi che ci hanno preceduto per ben otto anni”, ha precisato Butti. Recentemente era emersa con forza la possibilità di far sopravvivere il sistema pubblico d’identità digitale rendendolo a pagamento, anche perché gli identity provider accreditati stavano andando in perdita: sottoscrivere un abbonamento sembrava quindi l’unica via possibile per continuare a erogare il servizio potendo monetizzare e quindi rientrando nelle spese.Una decisione, questa, strettamente connessa agli ormai celebri 40 milioni di euro promessi ai gestori d’identità digitale ma mai ancora erogati. “Questo governo ha ringraziato il lavoro che hanno svolto i privati, gli identity provider, perché oggettivamente, per otto anni, hanno bussato tutte le porte dei governi precedenti, ma hanno sempre trovato chiuso”, ha spiegato il sottosegretario. I 40 milioni sono stati stanziati con un decreto dal governo Meloni nel 2023, e stanno per essere finalmente erogati: “Hanno certamente avuto qualche lentezza, non dipendente ovviamente dal mio dipartimento, ma da questioni burocratiche legate anche al pregresso, che era piuttosto complicato e complesso nell’erogazione dello SPID”, ha puntualizzato Butti.Nonostante questa possibilità, il servizio non sopravviverà comunque, per quanto sarà ancora necessario appoggiarsi ad esso per completare l’iter di sostituzione.”Il nostro obiettivo è quello di arrivare a compimento di un percorso che, credo, possa richiedere ancora due o tre anni, proprio con l’aiuto dei privati, arrivando alla costituzione di un wallet che sarà pubblico e di un wallet che sarà privato”, ha proseguito il sottosegretario. E la soluzione Cie pare quella giusta essenzialmente per due motivi. LEGGI TUTTO

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    Pensioni, torna il nodo dell’età: si discute lo stop all’aumento previsto nel 2027

    Il conto alla rovescia è partito: nel 2027 l’età per la pensione di vecchiaia dovrebbe salire a 67 anni e 3 mesi, ma il governo è pronto a mettere in pausa il meccanismo automatico che lega l’uscita dal lavoro all’aspettativa di vita. Una scelta che promette di diventare il cuore caldo della prossima legge di bilancio. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.L’aumento Stando alle più recenti stime dell’Istat, nel biennio 2027-2028 l’età per la pensione di vecchiaia dovrebbe passare da 67 anni a 67 anni e 3 mesi, in linea con il previsto aumento della speranza di vita. A cambiare sarebbero anche i requisiti per l’anticipo pensionistico: per gli uomini si salirebbe da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 1 mese di contributi, mentre per le donne da 41 anni e 10 mesi a 42 anni e 1 mese. Questo meccanismo di adeguamento automatico, pensato per compensare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione e mantenere in equilibrio il rapporto tra lavoratori e pensionati, è ormai da tempo nel mirino della politica.Governo verso il congelamentoSecondo indiscrezioni vicine al Ministero dell’Economia, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni – anche sotto la spinta della Lega – starebbe valutando seriamente la possibilità di sospendere l’aumento previsto per il 2027. L’obiettivo è duplice: evitare ulteriori irrigidimenti in un’economia ancora fragile e dare una risposta concreta al crescente malcontento sociale, in particolare tra chi teme di non raggiungere mai i requisiti per andare in pensione, a causa di carriere instabili e precarie. Se la misura sarà confermata, troverà spazio nella legge di bilancio d’autunno. Tuttavia, resta da capire se lo stop sarà totale o se si opterà per un congelamento parziale. LEGGI TUTTO

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    Scoppia la guerra del miele: cosa rischiano i vasetti in vendita supermercato

    È a rischio il futuro di moltissime aziende del settore: questo l’allarme lanciato con preoccupazione da Miele in Cooperativa, l’Associazione nazionale di rappresentanza con oltre 450 mila alveari in tutta Italia. Riflettori accesi su quella che possiamo ribattezzare la guerra del miele, in particolare sul vertiginoso aumento di importazioni in Europa dall’Ucraina, i numeri non lasciano grandi margini di interpretazione: da 6 mila tonnellate a 35 mila tonnellate l’anno.Come evidenziato dall’associazione nazionale di rappresentanza, i lunghi negoziati tra i due attori internazionali hanno portato alla firma di una revisione dell’intesa di libero scambio che da luglio regolerà ulteriormente la parte commerciale. Una situazione che comporta un “rischio molto alto per l’apicoltura italiana” secondo Miele in Cooperativa: “L’incremento da 6 mila a 35 mila tonnellate di esportazioni ci lascia molto perplessi viste le pregresse capacità produttive dell’Ucraina, parliamo di quantità enormi e preoccupanti sia da un punto di vista qualitativo che di origine. Numeri che giustificano sospetti di triangolazioni che andrebbero a vantaggio di speculatori e non certamente dei colleghi apicoltori ucraini”. E non è tutto, perchè le ripercussioni potrebbero essere esiziali per molte società del settore: “Inoltre la decisione di ampliare le dimensioni dell’accordo potrebbe ulteriormente aggravare la crisi di mercato del miele comunitario che sta mettendo a rischio la sopravvivenza di tantissime aziende apistiche”. LEGGI TUTTO

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    Rinviato lo stop ai diesel Euro 5. Un altro anno di respiro per il Nord

    Il governo concede un altro anno di tempo agli automobilisti del Nord Italia prima di applicare lo stop alla circolazione dei veicoli diesel Euro 5. Con un emendamento approvato al decreto Infrastrutture, il termine slitta dal primo ottobre 2025 al primo ottobre 2026. Lo comunica il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit), esprimendo “grande soddisfazione” da parte del vicepremier Matteo Salvini, che definisce la misura “una scelta di buonsenso”.Il provvedimento riguarda le regioni della Pianura Padana – Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna – e modifica anche i criteri applicativi: le limitazioni alla circolazione dovranno essere introdotte con priorità solo nei comuni con oltre 100.000 abitanti, rispetto alla soglia precedente dei 30.000.Dopo il 2026, le Regioni potranno anche decidere di non inserire nei piani di qualità dell’aria lo stop ai diesel Euro 5, purché adottino misure compensative “idonee a raggiungere livelli di riduzione delle emissioni inquinanti coerenti con i vincoli derivanti dall’ordinamento europeo”.L’emendamento lascia però la porta aperta a restrizioni anticipate: le Regioni potranno introdurre il blocco anche prima del 2026, aggiornando i rispettivi piani e provvedimenti attuativi.“Grande soddisfazione da parte del vicepremier e ministro Matteo Salvini, che per primo aveva garantito interventi per modificare i divieti”, ribadisce il Mit. “Dare un freno alle follie di Bruxelles sull’Euro 5 è e sarà sempre un obiettivo della Lega”, afferma il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, primo firmatario dell’emendamento. “Pragmatismo e realismo contro le derive ideologiche di una certa Europa”.La battaglia europeaIl tema delle emissioni resta centrale anche in sede europea. La Commissione Ue ha confermato che presenterà non prima del secondo trimestre 2026 la proposta di revisione delle norme sulle emissioni di CO2 per le auto, che prevede lo stop a benzina e diesel dal 2035. La consultazione pubblica sul dossier è stata appena aperta e, su pressione di Italia e altri Paesi, l’iter sarà avviato “a fine 2025”. LEGGI TUTTO

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    Bonus spesa 2025: chi ne ha diritto, quando arriva e come funziona

    Torna anche per il 2025 la Carta “Dedicata a te”, meglio conosciuta come Bonus spesa. Si tratta di un contributo pensato per aiutare le famiglie con un reddito basso ad affrontare le spese quotidiane, dal supermercato alla benzina. L’importo resta di 500 euro, caricati su una carta prepagata che potrà essere ritirata negli uffici postali. Ma chi potrà beneficiarne? E quando sarà disponibile? Ecco quello che sappiamo finora.Cos’è la Carta “Dedicata a te”Si tratta di una carta prepagata distribuita da Poste Italiane, caricata con 500 euro, che può essere utilizzata per fare la spesa nei supermercati per prodotti alimentari essenziali, fare rifornimento di carburante, acquistare abbonamenti al trasporto pubblico locale.Il bonus è rivolto a famiglie con un Isee fino a 15.000 euro e residenti in Italia. Non è prevista alcuna procedura di richiesta online o in Comune. I beneficiari verranno individuati automaticamente da Inps e Comuni, sulla base dei dati già in loro possesso. Sarà poi il Comune a comunicare alle famiglie l’assegnazione della carta e le modalità di ritiro.Quando arrivaPer il 2025 non c’è ancora una data ufficiale. Lo scorso anno, il decreto ministeriale che autorizzava l’erogazione del contributo è arrivato a giugno, con la consegna delle carte prepagate partita a settembre. È probabile che anche quest’anno i tempi siano simili, se non un po’ più lunghi, visto che siamo già a luglio, ma per averne certezza bisognerà attendere il decreto del Ministero dell’Agricoltura.Chi ne ha dirittoIl beneficio spetta alle famiglie con Isee ordinario fino a 15.000 euro, come detto, residenti in Italia e iscritte all’Anagrafe comunale e non già beneficiarie di altre misure di sostegno al reddito come Carta Acquisti, Naspi, Dis-Coll e altre indennità di disoccupazione, Cassa integrazione o fondi di solidarietà per integrazione al reddito.Inoltre, per l’assegnazione viene data priorità ai nuclei con almeno 3 componenti, di cui uno minorenne (con età da confermare nel decreto), alle famiglie con Isee più basso, in ordine decrescente.Chi ha più possibilità di ricevere il bonusOltre ai requisiti di reddito e composizione familiare, anche il numero di carte disponibili in ciascun Comune dipenderà dai fondi che verranno assegnati per il 2025. La distribuzione avviene secondo due criteri:per il 50% in base alla popolazione residente, cioè più abitanti ha un Comune, più carte gli spettano;per il restante 50% considerando la differenza tra il reddito pro-capite medio del Comune e la media nazionale: i territori con redditi più bassi rispetto alla media avranno un numero maggiore di carte.In altre parole, vivere in un Comune dove il reddito medio è inferiore a quello nazionale può aumentare le possibilità di rientrare tra i beneficiari della Carta “Dedicata a te” 2025.Come sapere se si è beneficiariDopo la pubblicazione del decreto, l’Inps avrà 30 giorni di tempo per inviare ai Comuni gli elenchi dei beneficiari. Saranno poi i Comuni a verificare le liste e a comunicare direttamente alle famiglie l’assegnazione della Carta “Dedicata a te”.Cosa si può acquistareL’importo di 500 euro può essere utilizzato per:generi alimentari di prima necessità (carni, pesce fresco, latte e derivati, pane, pasta, riso, legumi, frutta e verdura, miele, zucchero, cioccolato e persino alimenti per l’infanzia);carburante per l’auto;abbonamenti al trasporto pubblico locale.Non sono invece consentiti acquisti di altri beni o servizi. LEGGI TUTTO