More stories

  • in

    “17 milioni per il diritto allo studio”: la risposta del governo ai “tendisti”

    Più fondi per la scuola. È in arrivo una novità nel panorama dell’istruzione universitaria italiana. Il Consiglio dei Ministri ha approvato una norma cruciale che cambierà il destino di migliaia di universitari nel paese. L’esecutivo vuole che tutte le borse di studio siano assegnate agli studenti che ne hanno diritto, eliminando la categoria degli “idonei non beneficiari,” che oggi conta ben 5mila persone. È un chiaro passo che dimostra quanto per il governo Meloni sia importante salvaguardare gli studenti universitari nonostante le critiche negli anni da parte della categoria nei confronti della premier.La decisioneSono stati allocati oltre 17 milioni di euro. Attualmente alcuni studenti, nonostante siano già stati inseriti nelle graduatorie dei vincitori di sussidi presso diversi enti regionali in Italia, sono ancora in attesa dei benefici economici che meritano. Le borse di studio sono una risorsa preziosa per gli studenti universitari per coprire spese cruciali come l’acquisto dei libri, i costi dei trasporti o almeno una parte dell’affitto per coloro che vivono fuori sede. Il caro-vita è una realtà che pesa sui giovani universitari, che spesso si trovano divisi tra lo studio e la ricerca di lavoretti per sostenere il proprio percorso di istruzione.La parola all’esecutivoIl ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha sottolineato l’importanza di questa scelta, affermando che il governo sta compiendo un passo fondamentale per sostenere il diritto allo studio che è una priorità per l’esecutivo. Questo finanziamento proviene da una collaborazione stretta tra il ministero dell’Università e il ministero dell’Economia e delle Finanze. Circa 7,5 milioni di euro saranno forniti direttamente dal Mef, mentre i restanti 10 milioni di euro verranno recuperati dal ministero dell’Università e della Ricerca dai finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza. Nel marzo dello scorso anno Bernini aveva esteso la platea dei destinatari aumentando il valore richiesto dell’Isee e incrementando la somma in base all’adeguamento Istat.Le regioniIn merito alle regioni che maggiormente beneficeranno di questa decisione si tratta di Veneto, Lombardia, Molise e Calabria. Lo stanziamento permetterà di assegnare le borse di studio a 4.947 idonei non beneficiari che stanno frequentando corsi di studio universitari e istituzioni dell’Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (Afam) nell’anno accademico 2022-2023.La legge di bilancioAll’interno della legge di bilancio del 2022, sono stati stanziati ulteriori 500 milioni di euro con la finalità di incrementare le borse di studio fino a 700 euro, grazie ai precedenti 500 milioni di euro. L’obiettivo del ministero dell’Università e della Ricerca è fornire una borsa di studio a almeno 336mila studenti entro l’ultimo trimestre del 2024.La situazione italianaAttualmente nel Belpaese durante il 2021 solo il 26,8% dei 30-34enni possedeva un titolo di studio terziario, una percentuale bassa se si considera che in Unione Europea la media ammonta al 41,6%. Con questa decisione, il governo Meloni sta lavorando per colmare questo divario e garantire a un numero maggiore di giovani l’accesso all’istruzione superiore. LEGGI TUTTO

  • in

    Tari: quando non va pagata la tassa sui rifiuti

    Fra i tributi che gli utilizzatori di un immobile (sia proprietari che affittuari) sono tenuti a versare c’è anche la Tari (tassa sui rifiuti). Destinata a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti dei comuni, l’imposta è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte in condizioni di produrre rifiuti. Ma ci sono situazioni in cui non ne è previsto il pagamento. Ecco quali.Come nasce e come funziona la TariIntrodotta con la Legge di stabilità per il 2014, in sostituzione delle precedenti Tariffa di igiene ambientale (Tia), Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) e Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (Tares), faceva parte dell’imposta unica comunale (Iuc) insieme con l’imposta municipale propria (Imu) e il tributo per i servizi indivisibili (Tasi).Peculiarità della Tari, quella di essere un’imposta che deve raggiungere il pareggio di bilancio, cioè l’importo raccolto dal Comune deve esattamente coprire i costi senza generare ulteriori entrate. L’Autorità di Regolazione per Energia e Reti e Ambiente (Arera), che ha il compito di regolare e controllare il settore dei rifiuti a livello nazionale, ha emanato lo scorso gennaio una delibera che stabilisce i nuovi criteri per i comuni, da usare per stabilire i loro regolamenti in materia di rifiuti. In genere, l’importo della Tari viene suddiviso in due o tre rate, da versare rispettivamente entro la fine di aprile, entro la fine di luglio, entro il 31 dicembre.Principali casi di esenzionePartiamo dal presupposto che se la casa è vissuta, la Tari deve essere pagata dal contribuente, che si tratti del proprietario stesso o di un affittuario, qualora sia in essere un contratto di locazione. Se la casa non è utilizzata, la Tari non va pagata. Elemento per dimostrare che un’abitazione non è utilizzata è l’assenza di utenze, come l’allaccio alla rete idrica, al gas o alla rete elettrica. La mancanza di tali utenze conferma che l’abitazione non è abitata e che, di conseguenza, non produce rifiuti. Altro elemento che conferma il mancato utilizzo della casa è l’assenza di arredo. Questi casi devono essere dimostrati al comune in cui insiste l’abitazione, e che invia la Tari.Attenzione: sui casi di esenzione ci possono essere differenze tra i vari comuni. Per alcuni, ai fini dell’esenzione potrebbe andare bene accertare l’assenza di mobili, per altri potrebbe invece essere necessaria l’assenza di utenze (acqua, luce o gas).Differente il discorso per la Tari sulla seconda casa, utilizzata soltanto per pochi mesi all’anno: in questo caso la Tari si paga, ma in misura ridotta. Per i non residenti, che vivono per la maggior parte dell’anno in un’altra casa, il comune è tenuto ad applicare una riduzione dell’imposta. Solitamente sono le delibere a stabilire in quale misura percentuale, diversamente, sarà necessario presentare ricorso.La riduzione della Tari prevista per le case abitate soltanto pochi mesi all’anno è trattata specificamente dalla Legge di Stabilità 2014, già citata, in cui è previsto che il comune stabilisca esenzioni o riduzioni nei casi di: abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale o altro uso limitato e discontinuo; abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero; locali differenti dalle abitazioni e aree scoperte adibiti a uso stagionale o non continuativo, ma ricorrente; fabbricati rurali ad uso abitativo.A discrezione dei ComuniOgni comune possiede comunque la facoltà di introdurre con proprio regolamento esenzioni e riduzioni in favore delle fattispecie specifiche individuate dalla legge, che, in quanto connesse a una minore attitudine a produrre rifiuti, diano luogo ad un minor gettito da inserire tra i costi del piano finanziario. Esenzioni e riduzioni che interessano rispettivamente: abitazioni con unico occupante, attività di prevenzione nella produzione di rifiuti (in particolare utenze domestiche che abbiano avviato il compostaggio domestico), compensando le riduzioni tariffarie con la quantità di rifiuti non prodotti; ancora: esenzioni e riduzioni in favore di ulteriori tipologie ritenute dall’ente locale meritevoli di tutela, a prescindere da una minore produttività di rifiuti delle utenze; in questi casi, il comune dovrà finanziare la misura facendo ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale e differenti, quindi, dai proventi del tributo.Se si vive in affittoChi vive in affitto è esonerato dal pagamento della Tari? La risposta è duplice: si (per un certo periodo) e no. Vediamo perché. Per capire chi paga la tassa tra inquilino e proprietario bisogna considerare il tempo di permanenza nell’immobile. L’inquilino è infatti obbligato a pagare la Tari in caso di detenzione di durata superiore a 6 mesi. In caso contrario, la tassa non è dovuta dall’utilizzatore, ma resta esclusivamente a carico del proprietario.Quando il servizio non è “all’altezza”La legge prevede, oltre ai casi di esenzione, alcune situazioni in cui è possibile richiedere la riduzione della Tari. Due le tipologie: obbligatorie e facoltative, che possono essere introdotte dai comuni.Per quanto riguarda, in particolare, quelle obbligatorie, ci sono casi specifici in cui la tassa sui rifiuti si paga solo in parte: quando cioè il servizio di raccolta è effettuato in violazione della legge, o quando i cassonetti della spazzatura sono troppo distanti dalla propria abitazione.Quando il servizio di raccolta dei rifiuti è insufficiente e quando le strade delle città sono piene di spazzatura, la Tari è dovuta per un massimo del 20% della tariffa. Lo stesso sconto dell’80% spetta in caso di interruzione del servizio per motivi sindacali, o per impedimenti organizzativi imprevedibili, che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo alle persone o all’ambiente.La Tari può inoltre essere ridotta, si badi, ridotta, nelle zone in cui non è effettuata la raccolta e l’imposta dovuta sulla base della tariffa deliberata dal comune non dovrà superare il 40%, da calcolare in base alla distanza dal più vicino punto di raccolta.Esenzione: a chi spetta l’onere della prova e come regolarsiSe il Comune invia una bolletta Tari al cittadino che non la ritiene giustificata, tocca a quest’ultimo dimostrare all’ente che la tassa non è dovuta ai sensi di legge (o in base al regolamento comunale). Se dunque l’utente riceve un avviso di pagamento o un accertamento esecutivo Tari e ritiene indebite tali notifiche, deve avviare una contestazione. Questa prima azione deve essere fatta mediante un ricorso in autotutela Tari, molto semplice in quanto può essere presentato direttamente al comune e in carta semplice.Se il comune accoglie il ricorso in autotutela, annulla l’atto e la questione si chiude. In caso di rigetto, invece, il contribuente dovrà valutare un eventuale ricorso in commissione tributaria. Si tenga presente comunque che, se i motivi per l’esenzione sussistono chiari ed evidenti, difficilmente l’ente rigetterà la richiesta, affrontando un eventuale ricorso in commissione tributaria e il rischio di perdere. LEGGI TUTTO

  • in

    Ricorso al Tar: come presentarlo e quanto costa

    Ricevere un’ordinanza di demolizione di un immobile su cui non si è d’accordo, non rientrare in graduatoria (o in una posizione a proprio avviso troppo bassa) dopo aver partecipato a un concorso pubblico, aver subito una bocciatura scolastica ritenuta ingiusta, oppure ancora, ritrovarsi vicino un abuso edilizio, o vedere negato l’accesso ad alcuni atti. Tutte situazioni, queste, per le quali si può pensare di presentare ricorso al Tar. Ma quali sono le procedure e i costi per un’azione di questo tipo? E che cosa succede se il ricorso non viene accolto? Vediamolo insieme.Che cos’è il Tar, funzione del ricorsoIl nostro ordinamento giuridico prevede diverse tipologie di Tribunali, ognuno con una propria giurisdizione e competenza. Tra questi rientra il Tar, o Tribunale amministrativo regionale, un tribunale di primo grado, organo giurisdizionale dedicato alle questioni che interessano cittadini e Pubblica Amministrazione, che si tratti dello Stato, della Regione, della Provincia o del Comune. Capita che la Pubblica Amministrazione possa commettere errori, dovuti in genere alla massiccia burocrazia presente nel nostro Paese: finalità di questo organo è quella di garantire una tutela rapida ed efficiente nei confronti della macchina amministrativa, garantendo ai cittadini di potersi difendere e far valere i propri diritti e interessi.In Italia ci sono 20 Tar, uno per ogni regione, con specifiche competenze territoriali. Ogni Tar è composto da presidente e cinque giudici amministrativi. Il più famoso è sicuramente quello del Lazio che, oltre ad essere il Tribunale Amministrativo con più controversie iscritte a ruolo, è dotato anche di una competenza funzionale, che lo rende uno dei tribunali più importanti in Italia.Il ricorso al Tar è uno strumento processuale attraverso il quale è possibile agire in giudizio, tramite ricorso, appunto, e non tramite atto di citazione (come per il processo civile), e chiedere tutela al Giudice competente. Si può ricorrere al Tar per chiedere l’annullamento di un atto della Pubblica Amministrazione, od ottenere il risarcimento del danno, causato da un atto della stessa.I gradi di giudizio previsti sono due, di questi, il secondo compete al Consiglio di Stato. Se dunque si dovesse perdere la prima causa, si può tentare con il secondo grado, sottoponendo la questione ai giudici del Consiglio, che emetteranno la sentenza definitiva.Ricorso al Tar: procedura e terminiEcco come si compone l’iter di questa azione legale.Primo passo, la presentazione della richiesta di annullamento, modifica o ritiro dell’atto della PA contro cui si ricorre. Sarà necessaria l’assistenza di un avvocato, soprattutto per la stesura della richiesta e il suo invio; il ricorso in proprio, ossia senza avvocato, rientra solo nei casi previsti per i Mini Urp (Uffici relazioni con il pubblico con funzioni ridotte, da cui il prefisso mini);Apriamo qui una parentesi: è possibile agire in giudizio senza avvocato solo ed esclusivamente in determinate materie, in particolare per tutte le controversie riguardanti la trasparenza amministrativa, comprese quelle sull’accesso agli atti, ed in materia elettorale. È bene inoltre precisare che si può usufruire di tale servizio solo nel caso in cui il cittadino sia in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata e solo qualora il ricorso venga depositato direttamente presso il Mini Urp, che si occuperà di tutti gli adempimenti necessari. Si tenga comunque presente che presentare un ricorso senza l’aiuto di un avvocato di fiducia potrebbe privare il ricorrente di una reale cognizione di ciò che si dovrebbe o si potrebbe fare durante il processo, oltre che di vedersi consigliare la strategia processuale migliore al fine di ottenere il cosiddetto “bene della vita”.Detto questo, proseguiamo con il secondo passaggio, la notifica: ricevuti gli atti, il Tar li notifica alla Pubblica Amministrazione chiamata in causa; terzo passaggio, l’avvio del contraddittorio, durante il quale il ricorrente e la controparte trasmettono memorie, scritti, prove, testimonianze, difese al Tar, che in ogni momento può chiedere chiarimenti e documenti aggiuntivi; viene fissata poi l’udienza, durante cui, dinanzi al giudice, le parti possono discutere la questione; si giunge infine alla delibera: una volta chiara la situazione, i giudici si riuniscono in Camera di Consiglio, ed emettono la sentenza.I termini da seguire per la presentazione del ricorso al Tar, sono i seguenti: entro 60 giorni dalla notifica o pubblicazione dell’atto amministrativo ritenuto ingiusto, entro 30 giorni dalla notifica o pubblicazione di un provvedimento relativo ad appalti, entro 120 giorni dalla notifica o pubblicazione dell’atto, in caso si intenda chiedere il risarcimento danni, che può essere chiesto anche durante la causa stessa ed entro 120 giorni dalla sua conclusione.Quali tempiStando ad alcune recenti statistiche, pare che in Italia i ricorsi al Tar durino almeno due anni. Si tratta naturalmente di una media, molto in realtà dipende dal carico di lavoro del Tar, cui si presenta il ricorso. I ricorsi presentati, ad esempio, al Tar del Lazio potrebbero durare di più perché, come anticipato, si tratta di un tribunale con particolari competenze funzionali, e dunqe particolarmente oberato di procedimenti.Quali costi e a chi spettanoCome per altri tipi di processo, anche il ricorso al Tar prevede che sia il ricorrente a far fronte alle spese, che non si possono stabilire a priori, dal momento che ogni processo è diverso ed ha caratteristiche proprie. In generale, i costi medi variano dai 3.500 ai 4.000 euro, importo che può subire aumenti anche in base alla parcella dell’avvocato, determinata dall’esperienza professionale, dal grado di specializzazione, dal carico di lavoro, etc.Per non precludere la possibilità di ricorrere a questo strumento anche alle fasce meno abbienti, il legislatore ha previsto che tutti i cittadini che appartengono ad una fascia di reddito bassa possano usufruire di apposite agevolazioni, tra cui il patrocinio gratuito, destinato a coloro che dichiarino un reddito inferiore a 11.528,41 euro, così come disposto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002: viene dunque assicurato il patrocinio nel processo civile, amministrativo, tributario, contabile, negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente, quando le sue ragioni risultino fondate in maniera manifesta.In caso si vinca, in caso si perdaQualora il ricorso venga accolto, la controparte (che in questo caso è un organo o un ente della Pubblica Amministrazione), deve annullare, modificare o revocare l’atto per cui si è presentato ricorso, rifondere le spese legali, risarcire l’eventuale danno.Poiché il ricorso al Tar rappresenta una vera e propria causa dinanzi ai giudici, chi perde è tenuto a pagare alla controparte le spese legali (che non sono irrisorie) e riconoscere anche l’eventuale risarcimento danni. Il consiglio pertanto è quello di pensarci bene prima di presentare ricorso, e di procedere solo se si è pienamente sicuri delle proprie ragioni. LEGGI TUTTO

  • in

    Biogas e asfalto: ecco i trucchi per smaltire il granchio blu

    La data da segnare sul calendario per capire quale sarà il futuro del granchio blu, una specie sempre più presente nei nostri mari, è quella del 26 settembre quando ci sarà un Tavolo “con le associazioni di rappresentanza per studiare gli interventi che siano più idonei a proteggere le coltivazioni, a reinstallarle e a garantire ristori alle aziende”, ha affermato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Ecco cosa può diventareOggetto di studio saranno nuove risorse in cui possa essere impiegata questa specie che provoca più danni che benefici visto che i danni causati superano già i 100 milioni di euro. Tra le ipotesi prendono corpo le possibilità del suo utilizzo come biogas o addirittura essere utilizzato per l’asfalto ma non solo. “Discuteremo con il metodo della concertazione che ci è proprio, quelle che sono le proposte delle associazioni e faremo delle scelte di conseguenza – ha precisato il ministro – anche sulle bioplastiche c’è un altro tipo di ricerca, nessuno ha previsto l’uso del granchio per scopo non alimentari”. Lollobrigida ha sottolineato che “ci sono anche filiere industriali per come trasformarlo in mangimi o in bioplastiche”.L’allarme di Coldiretti VenetoQuel che si vuole fare è far diventare un problema per l’economia in una risorsa. “I numeri sono preoccupanti”, ha dichiarato al Corriere, il direttore Coldiretti Veneto, Marina Montedoro. Soltanto negli ultimi tre mesi sono già stati raccolti oltre quattromila quintali di granchio blu, un predatore che fa razzìa delle specie che vivono il laguna ed entro la fine dell’anno crollerà fino al 70-90% la produzione della molluschicoltura. “Considerato che si mangia esclusivamente il maschio, non la femmina né i piccoli, e che solo il 4% del pescato può dunque essere adibito al consumo umano, le strategie di emergenza da attuare sono la cattura e il macero”, ha sottolinrato la Montedoro.Ecco che, da qui, l’ipotesi di utilizzarlo per l’asfalto. “Per fare di questo rifiuto speciale una risorsa si sta provando a utilizzarlo come polimero per fare il selciato; già succede con i gusci di cozze e vongole”, ha aggiunto. Si ipotizza, però, anche la trasformazione del granchio blu in un mangime per l’alimentazione zootecnica grazie alle proteine in esso contenuto. E poi, come accennato prima, anche l’industria della biodigestione è all’opera. “L’idea è usare il granchio blu per la produzione di biometano. Se i risultati saranno soddisfacenti si passerà alla scala impiantistica”. Secondo le prime stime, dopo il suo trattamento a 70 gradi all’interno del biodigestore, il granchio blu si potrebbe produrre fino a 200 kilowatt l’ora di energia.I tre punti del ministroPrima di capire quanto accadrà domani, il ministro Lollobrigida ha specificato che già nel decreto del 7 agosto si parlava dello smaltimento dello granchio blu che non deve gravare sui pescatori che lo raccolgono. In secondo luogo, si dovrà dare ristoro alle aziende “che sono state danneggiate, quelle della mitilicoltura. Il terzo punto è quello di non cronicizzare il problema, cioè dobbiamo depopolare il granchio blu e questo si può fare oggi solo creando un predatore idoneo a un consumo molto forte di un alimento prezioso sotto tanti punti di vista. E abbiamo ragionato che, mancando in mare è la tavola; l’uomo è quindi il predatore idoneo a garantire anche quelle filiere che si stanno attivando creando economia e lavoro”. LEGGI TUTTO

  • in

    In arrivo il Bonus bollette, ecco chi ne ha diritto e come ottenerlo

    Il caro bollette sta creando non pochi problemi alle tasche degli italiani e, per contrastare il fenomeno, il governo ha messo in atto una strategia specifica per supportare le famiglie. All’interno della misura sono inclusi anche dei provvedimenti per risparmiare su mutui e università. Oggi, lunedì 25 settembre è in arrivo il “decreto energia” che verrà analizzato dal Consiglio dei ministri. I contributi riguardano prevalentemente aiuti dedicati a carburanti e bollette. Ecco tutti i requisiti richiesti per accedere all’agevolazione.Bonus 80 EuroIl governo ha annunciato l’intenzione di istituire un bonus da 80 Euro per aiutare le famiglie a far fronte all’aumento dei prezzi dei carburanti. Questo bonus sarà erogato direttamente attraverso la “Carta dedicata a te”, la social card utilizzata per distribuire i 380 Euro destinati all’acquisto di generi alimentari e beni di prima necessità. La misura dovrebbe riguardare circa 1,3 milioni di famiglie italiane con un Isee inferiore a 15mila euro. Attualmente non è ancora chiaro se il bonus includerà agevolazioni per altre categorie di lavoratori, come i pendolari o gli autotrasportatori.Proroga del bonus bolletteIl decreto prevede anche una proroga del bonus bollette, che continuerà a sostenere le famiglie con un Isee inferiore ai 15mila euro annui. La misura riguarda le fatture di luce e gas e riduce l’importo da versare. A quanto ammonta lo sconto dipende dall’Isee, chi ha un indicatore al di sotto dei 9.530 euro riceverà un aiuto maggiore. Il beneficio viene automaticamente applicato alle famiglie idonee. Negli ultimi mesi, gli sconti medi sono stati tra i 13 e i 20 euro al mese per l’elettricità e tra i 6 e i 10 euro mensili per il gas.Iva sul gas e oneri di sistemaPer quanto riguarda l’Iva sul gas, la percentuale dovrebbe rimanere al 5%, secondo quanto dichiarato dal ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Tuttavia, la questione degli oneri di sistema è ancora in discussione e sembra che rimarranno azzerati solo per le bollette del gas, ma non per quelle della luce.Le altre misureIl decreto prevede anche altre misure, tra cui la proroga della garanzia massima dell’80% per i mutui per l’acquisto delle prime case fino al 31 dicembre 2023. Nell’ambito dell’istruzione, sono previsti anche 55 milioni di euro da destinare alle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico. LEGGI TUTTO

  • in

    Dolce&Gabbana, Borsa e Georgofili. Nicola Fiasconaro: “Investo in Sicilia e sogno Manhattan”

    Nicola Fiasconaro, alla guida, con i fratelli Fausto e Martino, dell’azienda fondata nel 1953 dal padre Mario a Castelbuono, è senza dubbio uno dei migliori Maestri Pasticcieri italiani. La sua intuizione di reinterpretare la ricetta del classico panettone milanese con i migliori ingredienti della tradizione mediterranea è stata un tale successo, che oggi una speciale linea di panettoni Fiasconaro porta la firma di Dolce&Gabbana. L’ultimo riconoscimento, quello come “Eccellenza della gastronomia siciliana nel mondo”, lo ha ricevuto in occasione del Premio letterario internazionale “Giuseppe Tomasi di Lampedusa” a Santa Margherita di Belìce, dove ha presentato una personale rivisitazione del “Trionfo di gola”, aristocratico dolce de Il Gattopardo. A dicembre lo attende New York, dove realizzerà una copia in cioccolato del Charging Bull, il toro di bronzo del grande artista Arturo Di Modica che si trova a Wall Street, proprio davanti alla Borsa, la seconda opera più fotografata nella Grande Mela dopo Lady Liberty.Cavaliere del lavoro e ambasciatore dell’alta pasticceria Made in Sicily nel mondo, Fiasconaro sostiene in prima persona le nostre eccellenze enogastronomiche, mentre l’azienda reinveste più del 45% del fatturato (30 milioni di euro) sul territorio, contribuendo allo sviluppo di altre aziende siciliane del settore. Proprio da qui partiamo per la nostra conversazione con lui sul suo rapporto con l’economia.Voi investite nel rilancio delle attività locali: una scelta coraggiosa.“Vede, l’azienda va bene, io e i miei fratelli, nonché soci, Fausto e Martino, abbiamo dei figli, alcuni dei quali hanno scelto di restare nel solco dell’attività di famiglia. Si realizzano cose belle, si raggiungono risultati importanti, c’è l’orgoglio di presentarsi al mondo come siciliani. La Sicilia è terra di mille contraddizioni, ma è anche la patria di Pirandello, de Il Gattopardo, presenta aspetti positivi e negativi. Però ti viene sempre voglia di scommettere, di reagire, per contribuire a farla riemergere e restituirla ai suoi antichi splendori. È questo il motivo della nostra scelta di reinvestire sul territorio. Le dico solo che, nonostante la nostra terra fornisca materie prime ottime, dai pistacchi agli agrumi, in regione non c’è nessuno in grado di eseguire la canditura. Noi vogliamo che questo cambi”.Quando è arrivato il successo?“Già vent’anni fa arrivavano studenti da varie università per capire ‘il marketing della Fiasconaro’, ma io non so neanche cosa voglia dire marketing. Però all’epoca già esportavamo negli USA, penetravamo a Milano, queste cose non le abbiamo mai studiate a tavolino. Certo, negli ultimi quattro o cinque anni le cose sono cambiate, perché quando raggiungi un certo volume d’affari diventa necessario, ma tutto quello che è avvenuto fino a qualche anno fa era intuito, istinto, forse anche incoscienza. Pensi che in Francia, nelle boulangerie, in autunno o per Pasqua, trova i prodotti Fiasconaro ovunque e, mi creda, quando un prodotto italiano è di qualità, i francesi ne sanno riconoscere il valore”.Lei ha cominciato sin da piccolo Si ricorda cosa fece con i primi guadagni, la prima soddisfazione che si è tolto?“Sì, una cena di crostacei che gustai con la mia fidanzatina di allora a Cefalù, avevo 16 anni, lo ricordo ancora”.Da professionista come ha impiegato i primi guadagni importanti?“Devo dire che sono pochi anni che l’azienda Fiasconaro riesce a generare, nel suo piccolo, dei margini personali di guadagno, per poter fare anche investimenti propri. Vivo in campagna, in una proprietà di 5 ettari, ho la passione per la botanica, non è un caso che fra i tanti riconoscimenti attribuitimi, quello che considero il più prestigioso è la nomina come membro dell’Accademia dei Georgofili. Da qualche anno sto realizzando un orto botanico, già all’attenzione della comunità scientifica, studenti di varie facoltà, non soltanto siciliane, stanno conducendo ricerche sugli alberi da frutto, sulle vigne: abbiamo rimesso a coltura 73 specie autoctone di viti che non lo erano più, dedicando 2 ettari e mezzo di terreno a queste ricerche. Sto investendo capitali miei personali in questa attività, per donarla al mondo scientifico e mi sta dando grandi soddisfazioni”.Quindi possiamo dire in termini economici che lei stia investendo in ricerca.“Sì, lo sto facendo a titolo personale, anche se poi, indirettamente, la Fiasconaro c’entra sempre: ho impiantato anche un roseto, la fragranza della rosa damascena utilizzata per il famoso panettone rosa con fragolina e ciliegia di Sicilia Fiasconaro, la produco in questa tenuta, realizzando qui l’olio essenziale. Una ‘magia’ che riguarda l’azienda, ma che è tutta mia”.C’è qualcuno in famiglia con il bernoccolo degli affari, che si interessi particolarmente di finanza, di economia?“Mio fratello Fausto si occupa del negozio di piazza Margherita a Castelbuono, Martino, l’altro fratello, pur non avendo studiato, come me, dialoga con uomini della finanza, ma anche con luminari e accademici. Nonostante non abbiamo nozioni di economia, riusciamo anche a risparmiare, acquistare ed investire quando è il momento. E poi c’è mia figlia Agata, che ha 34 anni, ha compiuto studi di economia aziendale (conseguendo la Laurea triennale in Scienze dell’Economia e della Gestione Aziendale con 110 e lode ndr), che prosegue, e allo stesso tempo opera già in azienda, nel settore amministrazione. Inoltre è lei a curare da sei anni personalmente la partnership ufficiale con Dolce&Gabbana”.E lei?“Potrei dire che sono ‘allergico’, non partecipo alle riunioni, non accendo mai un computer. Certo, una sbirciatina ai quotidiani finanziari, o alla pagina di economia di un Tg ogni tanto la dò, più che altro per tenermi aggiornato. Non dico che mi appassioni, ma per dovere lo faccio anch’io”.Pensa che la vostra azienda possa essere in futuro quotata in Borsa?“Nella vita tutto può accadere. Io me lo auguro. Del resto, chi lo avrebbe detto che Fiasconaro avrebbe trionfato a Milano, per giunta con un panettone? Io ci credo, lo sogno pure. Ho due figli che mi amano e mi seguono, Agata e Mario, ed a loro dedico il premio per Il Gattopardo: loro ci credono e vogliono continuare, portando avanti l’eredità del nonno, Mario Fiasconaro”.Se le chiedo che cosa pensa dei Bitcoin, o degli Nft?“Non saprei cosa dirle. Io personalmente sono un naïf, un emotivo, uno che, dicono, intuisce, prevede. Viaggio per orbite più ‘utopistiche’ ”.In che senso?“Mi piacerebbe che la Sicilia e l’Italia ritrovino quel grado di civiltà che le ha rese grandi nella storia e nel mondo. Anche nel nostro settore, quello del food e delle eccellenze enogastronomiche”.Come interpreta il detto “il tempo è denaro, ma il denaro non compra il tempo”?“Posso dirle che nella mia vita alterno periodi intensi, in cui seguo la produzione in vista del Natale o di Pasqua, ad altri in cui mi concedo un po’ di oblio, rimango solo con me stesso, per poi ‘riemergere’ ”.Si torna un po’ al concetto di otium produttivo dei latini“Il tempo è sempre prezioso. A volte, anche se sembra che non si sia operativi, serve per riflettere, per pensare, per creare”.Nel rapporto con i soldi si sente più cicala o formica?“Non saprei. Dicono che io sia una ‘macchina da soldi’, ma io il denaro neanche lo guardo, mi fa impressione. La carta di credito ‘non mi fa simpatia’, mi crede?”Quindi con i soldi che rapporto ha?“I soldi non bisogna snobbarli. Sono un giusto valore per chi lavora con impegno, fatica e passione e li guadagna con merito. Io non ho un rapporto personale particolare col denaro, non lo sogno al notte, non ne ho la frenesia, ma lo rispetto”.Tornando agli investimenti, in passato ne ha fatto qualcuno di cui si è pentito?“Direi di no. Non abbiamo capannoni in disuso, o tecnologie inutilizzate. Nel 2000 nasce il primo laboratorio della Fiasconaro. Da allora abbiamo fatto tutto da soli: tutto quello che ha realizzato la Fiasconaro in Sicilia e nel mondo, è stato realizzato da tre persone, tre soci, Martino, Fausto e Nicola Fiasconaro. Camminiamo da soli e siamo autonomi, pur lavorando a fianco delle istituzioni, nel promuovere il Made in Italy, e la Sicilia nel mondo quando ci viene chiesto. Per noi è un orgoglio e, soprattutto per quanto riguarda la Sicilia, negli ultimi anni le cose stanno decisamente migliorando”.Lei personalmente si considera più generoso, o più parsimonioso?“Intende ‘tirato’? No, per niente. Per farle un esempio, anche nell’acquisto di una materia prima per le nostre produzioni, non tratto per abbassare le richieste del fornitore”.Se dovesse indicare un bene rifugio, quale sarebbe per lei?“Le faccio una piccola confessione: ora che, a sessant’anni, so che i miei figli porteranno avanti l’eredità di famiglia, voglio dedicarmi all’arte, come per il toro di Wall Street, alla cultura. Cercherò di fare emozionare le persone non soltanto col cibo o con le mie creazioni dolciarie. Da qualche tempo sento questo desiderio, questa voglia di fare altro. Ecco: mi piacerebbe avere uno piccolo spazio tutto mio a Manhattan, proprio lì, a 100 metri da Wall Street, a poca distanza dal mitico toro dell’amico Arturo: è un mio sogno, un investimento che prima o poi vorrei fare. Più che un bene rifugio, un “rifugio” vero e proprio, dove passare del tempo e accogliere gli amici. Come le ho detto, non sono una persona razionale: quindi, dove il cuore mi porta, io vado”. LEGGI TUTTO

  • in

    Dichiarazione dei redditi: cosa succede se non si presenta

    Si tratta di un adempimento obbligatorio la cui non presentazione, anche in caso di semplice dimenticanza, significa rischiare di commettere il reato di “omessa dichiarazione dei redditi”.Ogni contribuente, difatti, salvo chi è esonerato, ha l’obbligo di comunicare volontariamente i redditi che ha percepito nel periodo di imposta così da permettere la determinazione della relativa tassazione; inoltre non si deve dimenticare che l’omessa dichiarazione non riguarda solo le imposte dirette (Irpef, Ires, Irap), ma anche quelle indirette tra cui l’Iva.Ma cosa si rischia se non si presenta la dichiarazione? Vediamo meglio.Quando si parla di omessa dichiarazione?Il prossimo 2 ottobre è il termine ultimo per presentare il modello 730 per la dichiarazione dei redditi; superata questa data l’ultima alternativa è quella di presentare il Modello redditi entro il 30 novembre prossimo.Superata quest’ultima data entro 90 giorni si dovrà inviare la “dichiarazione tardiva” pagando una sanzione ma evitando di incappare nel rischio di incorrere in “omessa dichiarazione” che si rischia anche nel caso in cui:dichiarazione viene compilata su stampati non conformi ai modelli ministeriali, in quanto è nullanel caso in cui non si firmi la dichiarazione o non si provveda a farlo entro e non oltre i 30 giorni, pena la nullità della stessa.Cosa si rischia?Sotto un profilo amministrativo, se si resta nei 90 giorni è possibile regolarizzare la propria posizione nei confronti del fisco e dell’Agenzia dell’entrate attraverso il ravvedimento operoso e in questo caso si dovrà versare, oltre alle imposte dovute, una sanzione ridotta di 25 euro inserendo il codice tributo 8911.Superati i 90 giorni ma presentando entro un anno, invece, la sanzione minima dovuta sarà comunque di 200 euro.Laddove invece non si presenti nulla e dunque non ci si avvalga del ravvedimento operoso, oltre al pagamento delle imposte dovute si dovrà provvedere al pagamento di una sanzione, che va dal 120% al 240% delle imposte dovute e, comunque, con un importo minimo pari a 258 euro.Inoltre, per quanto riguarda i redditi prodotti all’estero è previsto un aumento di 1/3 della sanzione minima applicabile.Occorre ricordarsi, però, che oltre all’aspetto amministrativo si rischia anche di entrare nel penale qualora le imposte dovute non dichiarati siano superiori ai 50mila euro.In questo caso il profilo sanzionatorio previso dal decreto fiscale del 2020 prevede la reclusione da un minimo di un anno e 6 mesi ad un massimo di 4 anni per chi evade le imposte sui redditi, l’Iva o il sostituto di imposta. LEGGI TUTTO

  • in

    Pausa caffè sempre più cara: ecco quanto è aumentata dal 2021

    L’espresso italiano, una tradizione amata in tutto il mondo, sta diventando sempre più costoso per i consumatori. Il costo medio di un caffè al bar è aumentato significativamente negli ultimi due anni, portando a una spesa annuale totale di circa 720 milioni di euro in più rispetto al 2021. La recente indagine condotta da Assoutenti descrive uno scenario critico per il portafoglio degli amanti della pausa caffè.I costiNel 2021, il giro d’affari per l’espresso al bar in Italia era di 6,24 miliardi di euro. Tuttavia, nel 2023, questo numero è cresciuto fino a quasi 7 miliardi di euro. Questo aumento è sorprendente, soprattutto considerando che le stime indicano che circa 6 miliardi di caffè vengono serviti ogni anno nei circa 150mila bar presenti su tutto il territorio italiano.L’analisiAssoutenti ha analizzato il prezzo della classica tazzina di espresso consumata al bar e ha identificato le città in cui i prezzi sono più elevati. Secondo l’associazione, il caffè consumato al bar costa mediamente l’11,5% in più rispetto a due anni fa. L’espresso è passato da una media nazionale di 1,04 euro nel 2021 agli attuali 1,16 euro.Le cittàNonostante gli incrementi, ci sono ancora alcune città in cui è possibile gustare un espresso a prezzi inferiori a 1 euro a tazzina. Queste includono Catanzaro, Reggio Calabria e Messina. D’altra parte sono 22 le province che registrano listini che superano quota 1,20 euro per una singola tazzina di caffè. Tra le città con il caffè più costoso, Bolzano guida la classifica con una media di 1,34 euro a tazzina, seguita da Trento (1,31 euro), Belluno (1,28 euro), Padova (1,27 euro), Udine (1,26 euro) e Trieste (1,25 euro). Mentre Messina è la città più economica per un espresso, con un prezzo di soli 0,95 euro, seguita da Catanzaro e Reggio Calabria con 0,99 euro.La cultura della pausa caffèQuesto aumento dei prezzi potrebbe rappresentare una sfida per gli amanti del caffè in Italia, ma rimane da vedere se influenzerà significativamente le loro abitudini di consumo. Tuttavia, una cosa è certa: il caffè rimane una parte essenziale della cultura italiana, e molti sono disposti a investire un po’ di più per continuare a godersi questa tradizione senza tempo. LEGGI TUTTO