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    Il gas a Piombino a partire da maggio

    Meno di due mesi. La Golar Tundra, la nave rigassificatrice acquistata da Snam a giugno dell’anno scorso, e che è arrivata domenica notte nel porto di Piombino, in provincia di Livorno, «entrerà in servizio commerciale entro la metà di maggio».L’annuncio di Massimo Derchi, managing director di Snam Rete Gas, arriva direttamente dal porto della località toscana alla presentazione della nave. «Il primo carico per fare i test arriverà a fine aprile», ha aggiunto Elio Ruggeri, ad di Snam Fsru Italia ricordando che «il procedimento di Aia (l’autorizzazione integrata ambientale, ossia il via libera all’opera) è alle battute conclusive e si attende il decreto prima della metà di maggio».La nave, lunga 293 metri e acquistata da Snam per 350 milioni di dollari, è entrata in porto accompagnata da quattro rimorchiatori (e ancor prima nel lungo viaggio da Singapore scortata da navi della Marina militare italiana).Le manovre di messa in sicurezza sono proseguite sino a notte fonda, ma adesso l’imbarcazione multi servizio (oltre a essere un rigassificatore può anche trasportare il gas allo stato liquido) potrà iniziare da subito tutte le operazione per diventare operativa.Al di là delle tante contestazioni ricevute (è pendente una decisione al Tar del Lazio il 5 luglio per l’opposizione espressa dal Comune), la Golar Tundra darà un contributo fondamentale alla crisi energetica: ogni anno riuscirà a immettere nella rete quasi 5 miliardi di metri cubi di gas. Un contributo fondamentale nel percorso di affrancamento dalla Russia e di sicurezza degli approvvigionamenti.«Dimentichiamo le polemiche dell’ultimo anno, accompagnate anche da denunce, ricorsi al Tar e anche da cortei con migliaia di cittadini contrari a far operare la super-nave. Gli accordi prevedono che sia operativa per tre anni nello scalo marittimo toscano per poi avere una destinazione finale diversa», ha commentato il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani.Il presidente, in qualità di commissario straordinario per il rigassificatore, ha prorogato fino al 26 giugno il termine per la presentazione da parte di Snam del progetto integrativo di ricollocazione della nave. Altri tre mesi, dunque, dalla iniziale deadline decisa a dicembre.«Stiamo lavorando sul sito dove spostare la Golar Tundra allo scadere dei tre anni che sono stati concessi per la permanenza qui al porto di Piombino. Ci sono due ipotesi, sia nell’alto Tirreno sia nell’alto Adriatico», ha detto Ruggeri, spiegando che è in corso una interlocuzione «con le istituzioni locali e nazionali prima di poter ufficialmente presentare un nuovo progetto».Non solo Golar. Entro la fine del 2023 o l’inizio del 2024 dovrebbe venire installata a Ravenna un’altra nave rigassificatrice da 5 miliardi di metri cubi annui di capacità: è la Bw Singapore acquistata a luglio da Snam per 400 milioni di dollari.L’arrivo della nave rigassificatrice a Piombino – e così l’altra simile prevista su Ravenna – affrancherà l’Italia da una significativa quota di dipendenza di importazione di metano dai gasdotti transazionali di terra, dalla Russia e anche dall’Azerbaigian. I gestori potranno rivolgersi al mercato di altri Continenti (Africa, Americhe, pure Asia-Oceania) e ovviare alle turbolenze geopolitiche che possono gravare sul trasporto di gas solo via terra. LEGGI TUTTO

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    Le multinazionali del tabacco comprano “made in Italy”

    Acquisto di tabacco italiano e sostegno alla filiera. Vanno in questa direzione i tre accordi siglati al ministero dell’Agricoltura da Philip Morris, British American Tobacco e Japan Tobacco International. Intese che «saranno in grado di garantire una progettualità di lunga durata alle aziende impegnate nella filiera tabacchicola italiana», ha spiegato il sottosegretario Patrizio Giacomo La Pietra.Philip Morris investirà fino a 500 milioni di euro in cinque anni impegnandosi ad acquistare ogni anno fino a 21mila tonnellate di tabacco greggio. «Si tratta del più alto investimento da parte di un’azienda privata sulla tabacchicoltura italiana, corrispondente a circa il 50% dell’intera produzione nazionale di tabacco», ha osservato Marco Hannappel, presidente dell’area Europa Sud-Occidentale di Philip Morris International. La Coldiretti ha sottolineato come l’accordo preveda la «più rilevante fornitura di tabacco a livello europeo» che coinvolgerà «circa mille imprese agricole italiane produttrici in Campania, Umbria, Veneto e Toscana».L’intesa siglata da Bat prevede fino a 60 milioni di euro in tre anni per l’acquisto di 15mila tonnellate di tabacco italiano e coinvolgerà circa 400 aziende. Ulteriori 2 milioni, rispetto all’investimento del 2022, sono destinati a fronteggiare il caro energia che ha colpito anche la tabacchicoltura italiana. «L’Italia – ha spiegato il direttore generale di Bat Italia, Fabio de Petris – riveste una grande importanza nella strategia globale di Bat, che da sempre pone innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale al centro della propria agenda Esg». Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha accolto «con soddisfazione il progetto di Bat a sostegno della filiera tabacchicola italiana», sottolineandone il «ruolo strategico nell’economia del Paese».Accordo di durata triennale anche per Jti, che impegnandosi ad acquistare tabacco da produttori italiani dà continuità agli investimenti nel settore in Italia. L’intesa, ha spiegato il presidente e amministratore delegato della divisione italiana del gruppo Jti, Didier Ellena, «sarà in grado garantire ancor più progettualità alle aziende impegnate nella filiera tabacchicola italiana e alle migliaia di lavoratori impiegate». L’accordo, ha evidenziato il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, riguarderà «centinaia di aziende italiane e migliaia di lavoratori del settore, principalmente tra Umbria, Campania e Veneto» e rappresenta «un valido modello di collaborazione e sviluppo per il consolidamento e la competitività delle filiere agricole del nostro Paese». L’Italia, ha ricordato il sottosegretario La Pietra, «è il maggior produttore in Europa di tabacco e la filiera conta più di 50mila addetti e 1.500 aziende, va quindi valorizzata». LEGGI TUTTO

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    La lezione della Milano-Sanremo

    Veniamo da una bellissima MilanoSanremo, gara iconica del sempreverde ciclismo. Nel vedere quello sport ritrovo ogni volta l’espressione genuina di un metodo vincente che vale per qualsiasi aspetto della vita, inclusa l’attività l’imprenditoriale. In una corsa, che ha un obiettivo da raggiungere, vi è al termine sempre un singolo vincitore.Nel caso della Milano-Sanremo, tuttavia, il ciclista non avrebbe potuto tagliare il traguardo sul celebre vialone se la sua squadra non avesse lavorato per lui fin dall’avvio. Più o meno in modo discreto, secondo l’antica immagine dei gregari che si mettono sapientemente al servizio del capitano. Che conosce bene la lezione: da soli non si vince. Nelle imprese vale la stessa storia. Secondo le proprie competenze tutti concorrono al buon esito del lavoro. Vi è il capitano d’industria e vi sono i gregari, gregari di pregio, naturalmente. Si vince insieme, insomma. Quando ciò non avviene significa che la squadra non pedala in sintonia. Si sfilaccia, arranca anche in pianura. Un deficit che paga dazio.La responsabilità appartiene a tutta la squadra. Questo per dire che la necessaria condizione affinché le imprese di uno stesso settore facciano sistema (il che è oggi più che mai un passaggio chiave per vivere da protagonisti l’esperienza della competizione internazionale) deve essere preceduta dalla pratica di sistema all’interno della singola realtà imprenditoriale. Ovvero: fare gruppo nel proprio particolare per poi fare gruppo nell’universale. In tal senso vi sono settori più avanti di altri. Ad esempio, quello del design e dell’arredo. Da anni questo settore parla un linguaggio comune. È il volto più efficace del nostro made in Italy come dimostra l’annuale Salone. Un sistema che viene esportato.Corridori che pedalano in armonia perché culturalmente ben allenati. Che hanno imparato a far propria l’immortale immagine: quella di passarsi la borraccia. LEGGI TUTTO

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    BPM e Unicredit, un regalo da +10 % in una sola seduta

    Dopo il patatrac del Credit Suisse il panico è generalizzato, ma la mia opinione è che le istituzioni sanno bene dove mettere le mani e che quindi non dobbiamo disperare più di tanto! Non pensiamo che questo sia un caso di rischio sistemico per il sistema bancario ma siamo convinti piuttosto che sia un problema geo-localizzato su alcuni territori e su alcune banche.Oggi i lettori dell’Indipendente di Borsa hanno fatto una follia in base proprio a questo presupposto: hanno comprato due banche in apertura ! Quando tutti gridano “Al lupo, al lupo” è proprio quello il momento di comprare!Veniamo ai grafici e vediamo insieme le operazioni che ho fatto insieme ai miei lettori dell’Indipendente di Borsa su www.emiliotomasini.itPer prima cosa questa mattina ho acquistato in apertura Banco BPM, entrando sul titolo in apertura a 3,40€ per poi ritrovarlo a 3.60 € con un incremento del +6/7 % al momento di andare in pagina. Ovviamente è stata un’operazione abbastanza azzardata e prima di eseguirla ho avvertito i miei lettori della rischiosità a cui sarebbero andati incontro.Se sei interessato a capire come strutturare una strategia per fare trading profittevole sulle azioni è in partenza il Corso di Analisi Tecnica secondo il Sistema di trading Tomasini. Se vuoi saperne di più sul corso clicca quiInfatti acquistare un’azione che sprofonda è sempre un po’ come prendere il coltello dalla parte della lama quando cade e senza tagliarsi … non è per tutti e bisogna avere la piena consapevolezza di ciò a cui si sta andando incontro.Ecco il grafico di Banco BPM:L’altro titolo in cui siamo andati in acquisto oggi è Unicredit che stamattina ha aperto in gap down e i lettori dell’Indipendente di borsa lo hanno comprato a prezzo di apertura di 15.35 € e dopo poco ha segnato un bel 16.18 € confermandosi un altro bel trade in cui siamo andati a segno ma che contiamo di chiudere in concomitanza con la chiusura del mercato, vista e considerata la rischiosità di tenere aperto un trade di questo genere.Ecco il grafico di Unicredit:Se sei interessato a capire come strutturare una strategia per fare trading profittevole sulle azioni è in partenza il Corso di Analisi Tecnica secondo il Sistema di trading Tomasini.Se vuoi saperne di più sul corso clicca qui LEGGI TUTTO

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    Filiere e reti, i big italiani protagonisti della transizione energetica

    Le grandi aziende italiane sono protagoniste della transizione energetica e, nel quadro dell’apparato a partecipazione pubblica, stanno promuovendo investimenti sostenibili a tutto campo per guidare l’Italia nella nuova rivoluzione green. La svolta è a tutto campo ed è naturale che a farsi carico di questa trasformazione sia il sistema dell’ex economia mista divenuto oggi a partecipazione pubblica e fondato su grandi società quotate.La fase di notevole vivacità, confermata nel perimetro dello Stato anche dalle interessanti iniziative dell’Ispra e dell’Istituto per il credito sportivo sulla finanza sostenibile, ha la sua punta di lancia nei piani di investimento messi in campo dai big nazionali. Giusto nella giornata odierna è arrivata la mossa di Terna, controllata da Cdp Reti, partecipata dalla banca pubblica di Via Goito: il gruppo guidato da Stefano Donnarumma ha annunciato investimenti strutturali per oltre 21 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, un aumento del 17% dall’ultimo piano. “La principale novità è la rete Hypergrid, che sfrutterà le tecnologie della trasmissione dell’energia in corrente continua per raggiungere gli obiettivi di transizione e sicurezza energetica”, nota Avvenire. Inoltre, “Terna ha pianificato cinque nuove dorsali elettriche, funzionali all’integrazione di capacità rinnovabile, per un valore complessivo di circa 11 miliardi di euro. Si tratta di un’imponente operazione di ammodernamento di elettrodotti già esistenti sulle dorsali Tirrenica e Adriatica della penisola e verso le isole, che prevede nuovi collegamenti sottomarini a 500 kV”, i primi che l’azienda gestirà.La dorsale adriatica è tra le più strategiche per la transizione energetica nazionale, come ben dimostra il fatto che anche sul gas naturale, risorsa-ponte per la transizione, il governo Meloni tramite Snam stia lavorando al potenziamento delle reti di trasmissione con la nuova rete Sulmona-Foligno. Anche le isole giocano un ruolo cruciale. In Sicilia passano le future strategie per il passaggio dal petrolio ai biocarburanti, incentrate su Priolo e la sua raffineria, e possono partire i cavi elettrici sottomarini che hanno la prospettiva di unire l’Italia all’Africa. “Elettrificando” il proposto Piano Mattei. La Sardegna è oggi destinataria, invece, del Thyrrenian Link, ambizioso progetto di cavi per la trasmissione elettrica, e potrà essere un altro hub chiave per la transizione italiana.Non solo Terna si muove attivamente. Operativa a tutto campo anche Enel. Il colosso energetico nazionale dell’elettrico si è di recente messa in squadra con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e il Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia (Psts) per inaugurare un centro di ricerca nell’ex centrale di Augusta e contribuire a svilupparla in un parco fotovoltaico.Enel, già di per sé il primo investitore in rinnovabili in Italia, sta lavorando a mettere in campo entro il 2025 investimenti per formare e arruolare più di 2mila nuovi professionisti della transizione energetica, da inserire nel parco aziende del gruppo. E la controllata Enel X è a sua volta al lavoro per una filiera delle batterie al litio in Italia.Insomma, le grandi manovre sono in corso. E oltre reti e centri di ricerca, scrive Industria Italiana, “per le comunità energetiche rinnovabili il Pnrr prevede un investimento di 2 miliardi e 200 milioni nei prossimi 4 anni. Ci aspettiamo almeno 15mila comunità energetiche associando famiglie, imprese, enti. Per essere consumatori e produttori di energia una sfida che è parte integrante del Pnrr”. Su cui le aziende italiane possono lanciarsi con attenzione e forza programmatica. Costruendo un futuro sostenibile e di sviluppo. Senza alcuna contraddizione tra questi due mondi. LEGGI TUTTO

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    Piazza Affari ecco i dividendi anti crisi

    Gli effetti delle crepe mostrate dai piccoli istituti di credito degli Stati Uniti cominciano a farsi sentire anche in Europa. Le difficoltà incontrate dal Credit Suisse, poi, hanno ancora di più alzato il livello di guardia. Le Borse del Vecchio Continente continuano a fluttuare, dopo un avvio di 2023 incoraggiante, spingendo gli investitori a cercare soluzioni tampone. Eppure, nonostante il caos che si è venuto a creare nelle ultime settimane, le società ad alta capitalizzazione azionaria sono pronte a comunicare i dividendi ai loro soci e le notizie non sembrano essere così negative come si immaginava.Attesi dividendi per 25 miliardi di euroAgli investitori, nei prossimi tre mesi, dovrebbero essere versati in totale circa 25 miliardi di euro che, tradotti in rendimento effettivo, dovrebbe portare mediamente a un lusinghiero 4,6%. Si tratta sicuramente di un risultato migliore di quello ottenuto dai Titoli di Stato a lunga scadenza, i quali sono in discesa complice il timore di una prossima recessione che porterebbe alla diminuzione dei guadagni. Come riporta il Corriere della Sera, quando saranno staccate le cedole per i dividendi gli investitori, seppure incasseranno il denaro, dovranno fare i conti con il decremento del valore in Borsa delle azioni. Per questo motivo diventerà indispensabile attendere che il titolo si riprenda per fruire in pieno del profitto maturato dalla cedola. Ciò potrebbe richiedere anche diversi mesi.Quali sono le società per azioni più generoseAd aver maturato cospicui guadagni nel 2022 sono state le banche, in particolare Intesa Sanpaolo e Unicredit. La prima ha già fatto sapere che la cedola ammonterà a 8,68 centesimi, quindi i soci avranno la possibilità di dividersi più di 3 miliardi di euro, ossia un rapporto tra l’ultimo dividendo distribuito dalla società e l’utile netto consolidato conseguito dalla stessa pari al 70%. Un altro gruppo che gode di ottima salute, in questo caso industriale, è Stellantis. Con una cedola dell’8,3%, verranno distribuiti ai soci oltre 4 miliardi di euro.I piani di acquisto di azioni proprieI porti sicuri non sono rappresentati solamente dai dividendi, ma anche dai piani di acquisto di azioni proprie. Facendo l’esempio proprio di Stellantis, questo tipo di operazione potrà valere altri 1,5 miliardi di euro. Anche la società Eni potrà ottenere benefici dai buy-back. Il cane a sei zampe italiano sarà in grado di garantire ai propri soci un dividendo totale di 5,4 miliardi di euro. LEGGI TUTTO

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    Riforma fiscale: ecco come cambia l’Iva

    Con la delega fiscale, il governo Meloni ha intenzione di abbattere i costi elevati sui servizi primari, e non solo, riducendo le aliquote Iva fino ad arrivare a quella “zero” per determinati prodotti come quelli per l’infanzia e per i beni primari. “A me sembra un intervento saggio”, ha dichiarato recentemente il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, al Il Sole 24 Ore sulla riforma fiscale.Ipotesi aliquota zeroNel caso dei generi alimentari, si va verso un cambiamento che riguarda alcune aliquote in particolare: se quella del 4% “non si può toccare, quelle del 5 e del 10 sì”, ha spiegato Leo, facendo l’esempio di una bottiglia d’acqua che dal 22% di oggi potrebbe passare al 10% rivisitando anche l’aliquota che riguarda carne e pesce. Ma non è tutto perché la novità più importante per le tasche degli italiani è rappresentata da quell’aliquota zero di cui abbiamo parlato sul Giornale.it: se l’Europa chiede che si debba mantenere l’aliquota ordinara che sia almeno al 15%, due pari o superiori al 5% e una inferiore a questa cifra, la zero sarebbe “l’esenzione con diritto alla detrazione dell’Iva sugli acquisti”, ha sottolineato Leo.Pane, pasta, latte ma anche prodotti per neonati o anziani sarebbero a Iva zero come si era già parlato in fase preparatoria alla Legge di Bilancio di quest’anno ma che in quel momento non aveva potuto trovare seguito per colpa dei costi elevati che non avrebbero dato beneficio alle famiglie. Tra le altre novità già in atto, come ricorda IlSole24Ore, c’è l’Iva al 5% che riguarda alcuni prodotti dell’igiene intima femminile e il 5% quella sui prodotti dela prima infanzia (es. latte in polvere, pannolini), che la rendono quasi uguale (4%) ai prodotti come il latte. Il nuovo governo, insomma, ha messo mani a quello che la scorsa legislastura aveva affossato: adesso va capito quali saranno i servizi e i beni a cui applicare una determinata aliquota con una classificazione ben precisa.Cosa succede agli immobiliOltre ai generi alimentari che hanno per ovvie ragioni la priorità, la legge delega ha intenzione di riformare anche il settore italiano degli immobili. Se non sarà possibile detrarre l’Iva su acquisti, affitti e il recupero dei fabbricati abitativi “per le imprese diverse da quelle che svolgono in via esclusiva o prevalente attività edilizia nel settore abitativo. Si punta in questo modo a mettere mano all’indetraibilità oggettiva per rendere la detrazione coerente con l’operazione per la quale è utilizzato il bene o è acquistato il servizio”, spiega il quotidiano economico.Intanto, l’Europa ha una situazione eterogenea che va da un’unica aliquota che c’è in Danimarca, al 3% del Lussemburgo per arrivare al 27% dell’Ungheria: per questo motivo Bruxelles chiede omogeneità con una direttiva che si potrà applicare soltanto dal 1° gennaio 2025 per concludersi sei anni dopo. Ciò significa che i membri Ue avranno tutto 2023 e 2024 per mettersi al passo con i decreti attuativi e le riduzioni delle aliquote. LEGGI TUTTO

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    Interessi passivi alle stelle. E i prestiti per le aziende diventano un salasso

    Aziende e cittadini sono confrontati con crescenti difficoltà di accesso al credito. È una situazione persino paradossale: i soggetti economici possono lenire le proprie difficoltà ricorrendo a un prestito ma i tassi di interesse frenano questa eventualità.Un report di Confesercenti ha esaminato la situazione dei tassi di interesse sui prestiti alle società non finanziarie, passati dall’1,09% al 3,90% nel giro di un anno e, nel medesimo tempo, ha calcolato che i tassi per l’acquisto di case sono arrivati al 3,79% contro l’1,49% di dodici mesi prima (+154%).Gli aumenti dei tassi direttori decisi dalla Banca centrale europea (Bce) per mettere un freno all’inflazione, stanno palesando degli effetti collaterali.Il credito alle impreseConfesercenti si concentra soprattutto sulle piccole medie imprese che rappresentano l’ossatura dell’economia italiana e, per queste, un prestito da 500.000 euro può diventare una via crucis.Usando la classica formula: Interesse = (Somma del prestito * Tasso di interesse * periodo del prestito /100) 365, il prestito di 500mila euro per 5 anni porta gli interessi da 27milia a 97mila euro, quindi 70mila euro circa in più. È un calcolo approssimativo, che non tiene conto dell’ammortamento e del costo totale (Taeg) ma che rende l’idea del trambusto che porta all’intero comparto del credito alle imprese.Di norma un imprenditore, pure avendo disponibilità di liquidi, preferisce ricorrere al denaro in prestito per diversi motivi, a partire dalla possibilità di conservare le proprie riserve per fare fronte a eventuali crisi. Stando così le cose, questo paradigma viene scosso alle radici e ciò si traduce in una minore richiesta di denaro alle banche ma anche in una più prudente predisposizione agli investimenti da parte delle imprese stesse.La situazione per le famiglieIl rapporto di Confesercenti sostiene che 1,6 milioni di famiglie hanno subito un forte aumento delle rate del mutuo, si parla di 160 euro in più su una rata da 600 euro mensili. Questo maggiore esborso viene compensato dai minori consumi, contribuendo così a frenare il Pil.A livello micro-economico, famiglie meno propense alle spese riducono anche i bisogni primari, come quello delle cure non di prima urgenza. Una situazione che potrebbe mostrare delle conseguenze nei prossimi anni.Le conseguenze in numeriSommando i prestiti in scadenza per le imprese e le famiglie, la spesa per gli interessi salirà entro la fine del 2024 da 4,4 a 11,2 miliardi di euro.Per questo motivo, dice Confesercenti, è necessario intervenire con incentivi al microcredito, facilitando gli stanziamento di importi di denaro contenuti al fine di aiutare le piccole realtà aziendali e le famiglie ad affrontare il delicato momento congiunturale, segnato da un’inflazione ancora troppo alta.Le rilevazioni fatte da Confesercenti non tengono ancora conto del rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Bce il 16 marzo appena trascorso e quindi, quella descritta, è una situazione grigia che tenderà a diventare ancora più scura. LEGGI TUTTO