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    Cattaneo: “Bollette non sono carissime”

    Durante gli Stati Generali dell’Energia organizzati da Forza Italia alla Camera, i principali protagonisti del settore energetico hanno approfondito le sfide per il futuro dell’energia in Italia. Flavio Cattaneo (in foto), ad di Enel, ha sottolineato la posizione dell’azienda nel mercato italiano.«Enel da tempo non è più incumbent in Italia. Nel mercato italiano copriamo il 10% della domanda di energia elettrica e il 3-4% per il gas», ha detto precisando che «in Italia il costo della bolletta non è triplo o quadruplo rispetto all’Europa, chi lo dice crea soltanto confusione».Claudio Descalzi, ad di Eni, ha preso la parola sul tema della neutralità tecnologica, spiegando che non si tratta di un concetto chiaro. «Neutralità tecnologica vuol dire diversificazione delle fonti, utilizzando quelle che si hanno», ha detto aggiungendo che«l’Europa ha preso una strada sbagliata, si sta perdendo occupazione e molti stanno tornando indietro». Per Descalzi, è essenziale investire anche nei biocarburanti, che, purtroppo, «in Europa non sono accettati». LEGGI TUTTO

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    Bozzetti a Fondazione Fiera Milano. Fontana: “Aspettiamo altri successi”

    Giovanni Bozzetti (in foto) è stato designato presidente della Fondazione Fiera Milano dalla giunta regionale lombarda, con la proposta avanzata dal governatore Attilio Fontana. La decisione dovrà essere approvata dal consiglio regionale. Il nuovo incarico segna un cambiamento ai vertici della Fondazione Fiera Milano, dove Bozzetti prenderà il posto di Enrico Pazzali.«Si apre una nuova presidenza, si apre una nuova governance. Mi auguro che non sia una nuova era, perché quella che si conclude è stata un’era molto bella», ha commentato il governatore Fontana sottolineando i successi ottenuti dalla Fondazione sotto la presidenza di Pazzali e ricordando, tra le altre cose, il supporto dato all’ospedale in Fiera e ai centri vaccinali, oltre alla realizzazione della pista di pattinaggio. «I risultati ottenuti sono eccellenti. La Fondazione ha assunto un valore che va oltre il passato: è entrata nelle dinamiche della città, ha affrontato problemi reali e dato una mano concreta anche in situazioni drammatiche», ha aggiunto il presidente della Regione.Quando gli è stato chiesto un commento sulle critiche del Partito Democratico, Fontana ha risposto con fermezza: «Il Pd farebbe bene a guardare in casa propria.Perché quando ahimè, soprattutto per i cittadini italiani capita loro di governare, le loro spartizioni sono ben più violente». LEGGI TUTTO

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    Ex Ilva, gli azeri sbattono la porta

    La corda si è spezzata. Il filo rosso che ancora univa Baku Steek a Taranto per salvare e rilanciare il polo siderurgico dell’acciaio è svanito. Secondo indiscrezioni raccolte dal Giornale, l’esito del vertice di ieri a Bari tra gli enti locali e i sindacati con l’ennesimo «no» alla nave rigassificatrice che avrebbe dovuto portare il gas azero in Puglia, ha chiuso l’ultimo spiraglio della trattativa aperta mesi fa con il socio selezionato con procedura di gara. Da oggi, dunque, ufficialmente alla corte dell’ex Ilva non c’è più nessun privato. Mesi di analisi e selezione andati in fumo spingendo la situazione al limite in una condizione produttiva ormai senza ritorno. Senza l’ok al contratto di programma interministeriale, propedeutico all’Aia (autorizzazione ambientale) non c’è produzione e non c’è futuro.La decisione è arrivata in ragione del fatto che mai come ieri gli enti locali e i sindacati hanno fatto quadrato sulle ragioni del «no» che, alla luce delle dichiarazioni choc del presidente della Puglia Michele Emiliano, appaiono come un pretesto per condurre il gioco verso una nazionalizzazione forzata. «Si potrebbe procedere, sia pure temporaneamente, con una nazionalizzazione che ci consenta anche di produrre in perdita all’inizio, cosa che peraltro è avvenuta sempre in questi anni, però in capo allo Stato», ha detto l’ineffabile governatore spiegando che questo «ci metterebbe nelle condizioni di non trattare sul mercato in maniera eccessivamente debole». Una posizione con cui il governatore ha ribadito il «no» alla nave rigassificatrice e al dissalatore nel porto di Taranto e il «no» ai tempi previsti dal piano. Peccato che a trattare sul mercato non ci sia più assolutamente nessuno. E difficilmente ci sarà alla luce della svalutazione profonda che ha subìto l’asset in questi mesi, soprattutto dopo l’incidente all’Altoforno 1 che ha ridotto la produzione, già bassa, della metà, ovvero a 1,5 milioni di tonnellate anno (4.500 tonnellate al giorno). E costretto alla cassa integrazione oltre 4mila dipendenti su 10mila. Una situazione difficile su cui potrebbe, tra l’altro, intervenire a breve il Tribunale di Milano sollecitato dai cittadini per chiudere definitivamente il polo e la sua produzione.Un piccolo spiraglio, in caso di un difficile e al momento non definibile piano di salvataggio, arriva da Bruxelles che, nei giorni scorsi, ha varato il Cisaf (Clean industrial deal state aid framework), il nuovo quadro di riferimento per aiuti di Stato nell’Ue. Il nuovo regolamento consentirà ai governi nazionali di sostenere investimenti in energia pulita, decarbonizzazione industriale e tecnologie verdi, semplificando le procedure e accelerando l’approvazione dei progetti in cinque aree tra cui quello della “Decarbonizzazione degli impianti esistenti”. In sostanza, il nuovo quadro semplifica e accelera il sostegno alla decarbonizzazione, ma va oltre: riconosce lo Stato come investitore strategico.Dati gli ambiti di copertura, per un settore ad alta intensità energetica come quello siderurgico, il nuovo quadro potrebbe rappresentare un’opportunità concreta per accelerare la transizione verde, in particolare per Taranto. Ma con i soldi di chi? E condiviso da quanti attori? LEGGI TUTTO

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    Usura energetica: quando la bolletta diventa insostenibile

    Negli ultimi anni, l’aumento del costo dell’energia ha inciso in modo significativo sui bilanci di famiglie e piccole imprese. In molti casi, si è passati da bollette gestibili a cifre che mettono seriamente in difficoltà chi vive già una condizione economica fragile.Per descrivere questo fenomeno, si comincia a parlare di “usura energetica”: un termine non ancora giuridicamente riconosciuto, ma che richiama situazioni in cui il prezzo dell’energia diventa sproporzionato rispetto al reddito e alle possibilità reali dei consumatori. Ma cos’è, esattamente, l’usura energetica? E come ci si può tutelare? Vediamolo insieme.Un nuovo tipo di vulnerabilitàIl termine non è ancora entrato nei codici, ma fotografa bene una realtà sempre più diffusa. Se un bene essenziale come l’energia, indispensabile per le varie attività e per vivere in modo dignitoso, diventa troppo costoso, si crea un cortocircuito.Si pensi, ad esempio, a chi sottoscrive un contratto di fornitura attratto da una tariffa promozionale. Dopo pochi mesi, la tariffa cambia radicalmente (magari raddoppiando) senza che il nuovo prezzo fosse chiaramente indicato nel contratto. Oppure a chi riceve una bolletta anomala, pur con consumi invariati rispetto al mese precedente.In casi del genere si può parlare, almeno in senso ampio, di una forma di vulnerabilità economica legata alla spesa energetica, simile a quella che si verifica nei casi di sovraindebitamento. Non a caso, diversi esperti del settore iniziano a proporre un parallelo con l’usura finanziaria, dove la legge tutela il cittadino quando si trova costretto ad accettare condizioni gravose a causa del bisogno.Cosa dice la leggeSeppure il concetto di “usura energetica” non sia ancora contemplato dal nostro ordinamento, alcune tutele esistono.A livello penale, l’art. 644 del Codice prevede che si configuri il reato di usura anche quando si ottengono “altre utilità” approfittando dello stato di bisogno altrui. È una lettura estensiva, ma che in casi estremi potrebbe trovare applicazione.A livello civile, entra in gioco il Codice del consumo: contratti poco trasparenti, clausole squilibrate, modifiche non concordate possono essere contestati. In alcuni casi, si può chiedere la nullità parziale del contratto, il risarcimento del danno o la sospensione di pagamenti ritenuti ingiustificati.Centrale il ruolo dell’Arera (l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente). Vigila sul mercato e mette a disposizione strumenti concreti, come il Servizio Conciliazione, gratuito e accessibile online, che permette di risolvere controversie senza ricorrere al giudice.Come difendersi (e prevenire)Ecco alcuni consigli pratici per evitare di trovarsi in difficoltà:controllare sempre le condizioni contrattuali, evitando di accettare modifiche verbali o poco chiare;conservare ogni comunicazione con il fornitore, anche via Sms o email;inviare reclami scritti, tramite Pec o raccomandata, in caso di problemi;confrontare le tariffe offerte da diversi operatori e valutare il cambio di fornitore; LEGGI TUTTO

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    Ddl Pmi: Confindustria, un’opportunità straordinaria per la competitività

    Il ddl sulle Pmi è un passo importante per il sistema economico italiano, soprattutto considerando che finalmente si attua una normativa prevista dallo Statuto delle Imprese del 2011. Come ha sottolineato Pasquale Lampugnale, vicepresidente nazionale di Confindustria Piccola Industria con delega a Economia, Credito, Finanza e Fisco, “Il ddl Pmi rappresenta un risultato significativo di questo governo che per la prima volta attua una previsione normativa che è rimasta finora inattuata. Riconosciamo il valore di questo passo in avanti, anche se è essenziale continuare a lavorare sui dettagli”.Il vicepresidente di Confindustria ha anche messo in evidenza le difficoltà economiche che le Pmi stanno affrontando in un periodo segnato da incertezze globali. “Il contesto attuale è senza precedenti: le incertezze economiche, le sfide della transizione digitale e la competizione internazionale mettono a dura prova le imprese, che si trovano a dover affrontare non solo una congiuntura difficile, ma anche un sistema fiscale gravoso, un eccesso di burocrazia e un accesso limitato al credito. Per questo motivo, il ddl Pmi, se ben strutturato, rappresenta una grande opportunità per rilanciare la competitività delle nostre imprese”, ha affermato Lampugnale.Un punto centrale per Confindustria è sicuramente l’accesso al credito, un tema sempre più urgente per le Pmi, che spesso faticano a ottenere i finanziamenti necessari per crescere. “Positiva è la proposta di una Delega al Governo per riorganizzare la disciplina dei Confidi, ma è fondamentale che vengano adottate misure immediate per semplificare l’accesso al credito, in particolare per le imprese più piccole”, ha spiegato il vicepresidente. Secondo Lampugnale, dovrebbero essere rivisti alcuni limiti operativi, come la soglia per l’iscrizione all’albo dei Confidi, attualmente fissata a 150 milioni di volume di attività, e ampliata la possibilità per questi enti di diversificare le proprie attività, anche attraverso partecipazioni in altri soggetti. Inoltre, Lampugnale ha sottolineato l’importanza di “rafforzare il Fondo di Garanzia per le Pmi, una misura strategica che deve diventare strutturale. La conferma della riforma del 2024, con un massimale di garanzia che arriva a 5 milioni di euro, è un segnale positivo, ma è necessario che questa misura non venga rinnovata ogni anno, ma che diventi un pilastro stabile della politica economica per le Pmi”.Oltre al credito, un altro aspetto fondamentale del DDL riguarda la digitalizzazione delle Pmi. Lampugnale ha insistito sul fatto che le piccole e medie imprese italiane devono affrontare con urgenza la transizione digitale, altrimenti rischiano di perdere terreno rispetto alle concorrenti internazionali, soprattutto negli ambiti cruciali come l’intelligenza artificiale. “L’Europa, e ancor di più l’Italia, ha accumulato un notevole ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina in tema di digitalizzazione, e le Pmi italiane segnano valori molto più arretrati rispetto alla media europea. È fondamentale che si investa in stimoli per favorire l’adozione di tecnologie digitali, inclusi voucher per supportare gli investimenti in questo settore”, ha detto il vicepresidente.Nel discorso, Lampugnale ha anche toccato la questione della patrimonializzazione delle Pmi, un altro tema centrale per garantire la solidità delle imprese. “L’introduzione sperimentale dell’Ires premiale per il 2025, che premia il reinvestimento degli utili, è una misura positiva, ma la sua complessità e i ritardi attuativi rendono difficile la sua applicazione pratica. Occorre una riflessione per semplificarne l’attuazione e, se necessario, reintrodurre strumenti analoghi all’Ace per rafforzare il capitale delle imprese”, ha dichiarato Lampugnale. LEGGI TUTTO

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    Pnrr, via libera Ue alla settima rata. Meloni: “Italia modello”

    La Commissione europea ha approvato la settima rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) destinata all’Italia, per un ammontare complessivo di 18,3 miliardi di euro. Il via libera è arrivato a seguito della valutazione positiva sul raggiungimento dei 64 obiettivi previsti, tra milestone e target, relativi a questa nuova tranche.Con l’erogazione della settima rata, l’Italia sale a oltre 140 miliardi di euro ricevuti, equivalenti al 72% dell’intera dotazione del Pnrr, confermando – come sottolineato da Palazzo Chigi – il primato europeo nell’attuazione del Piano.A rivendicare il risultato è la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che in una nota celebra il traguardo raggiunto: “Con il pagamento della settima rata l’Italia confermerà il primato europeo nell’avanzamento del Piano, con oltre 140 miliardi di euro ricevuti, corrispondenti al 72% della dotazione finanziaria complessiva e al 100% degli obiettivi programmati nelle prime sette rate, pari a 334 tra milestone e target, obiettivi tutti conseguiti nel pieno rispetto del cronoprogramma stabilito dalla Commissione”, dichiara la premier.Meloni rimarca anche il valore qualitativo del percorso compiuto: “Si tratta di un primato anche qualitativo, abbiamo dimostrato di essere capaci di utilizzare in modo virtuoso gli strumenti che l’Europa ci ha fornito e siamo diventati un modello per gli altri Stati membri”.”Dobbiamo tutti essere orgogliosi del grande lavoro che abbiamo fatto fino ad ora”, aggiunge, richiamando l’attenzione sull’impegno futuro: “Un lavoro che non è certo terminato, e deve anzi continuare con la medesima determinazione, per una Nazione sempre più moderna, produttiva e competitiva, forte e inclusiva, consapevole e pronta alle sfide globali del presente e del futuro”.Tra gli obiettivi raggiunti, secondo quanto riportato da Palazzo Chigi, figurano importanti riforme strutturali, tra cui la legge sulla concorrenza, la revisione del servizio civile universale e misure per l’accelerazione dei pagamenti nella Pubblica Amministrazione. Inoltre, la recente revisione tecnica ha portato all’aggregazione di tre obiettivi su rinnovabili, batterie e rischio finanziario in un unico traguardo, portando a 64 gli obiettivi complessivi della settima rata (31 milestone e 33 target).Il ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le politiche di coesione, Tommaso Foti, sottolinea che “alla settima rata sono legati diversi investimenti strategici”, tra cui spiccano i progetti infrastrutturali SA.CO.I.3 (collegamento elettrico tra Sardegna, Corsica e Penisola) e Tyrrhenian Link, il cavo sottomarino che unirà Sicilia, Sardegna e continente. “Infrastrutture fondamentali per rafforzare l’autonomia energetica del Paese e garantire energia a famiglie e imprese a condizioni migliori”, afferma Foti.Tra gli investimenti finanziati figurano anche interventi per la transizione energetica e la mobilità sostenibile, con bus e treni a emissioni zero, riqualificazione di stazioni ferroviarie, misure per la cybersicurezza, attivazione di 480 Centrali Operative Territoriali (Cot) per la sanità, gestione delle risorse idriche e il sostegno all’istruzione attraverso 55.000 borse di studio universitarie, 7.200 borse di dottorato e 6.000 borse per dottorati innovativi nelle imprese. LEGGI TUTTO

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    Buste paga, cambia tutto: così potrai vedere quanto guadagnano i tuoi colleghi

    Dal 7 giugno 2026, un nuovo provvedimento rivoluzionerà la gestione delle informazioni salariali nelle aziende: grazie alla Direttiva Europea 2023/970, i lavoratori avranno il diritto di conoscere non solo il proprio stipendio, ma anche quanto guadagnano i colleghi che svolgono mansioni equivalenti, con dati suddivisi per genere e ruolo. Questo cambiamento segna la fine del tradizionale “segreto salariale” e introduce un livello di trasparenza senza precedenti.Come funziona la nuova trasparenza salarialeFino ad oggi, in molte realtà italiane e europee, gli stipendi erano dati personali strettamente riservati, rendendo difficile o impossibile confrontare le retribuzioni tra colleghi. La nuova direttiva impone che le aziende con più di 50 dipendenti rendano accessibili ai propri lavoratori informazioni chiare sui livelli salariali individuali e medi per ciascuna categoria professionale, divise per genere. In pratica, sarà possibile chiedere formalmente all’azienda quanto guadagna un collega che svolge il nostro stesso ruolo, e il datore di lavoro dovrà rispondere entro due mesi.Implicazioni economiche e organizzativeQuesta misura mira a ridurre il divario salariale di genere, che in Europa si attesta ancora intorno al 13% in media per ora lavorata, una differenza che incide negativamente sull’economia europea per circa il 3% del Pil complessivo. Oltre a favorire un ambiente di lavoro più equo, la trasparenza salariale permette alle aziende di individuare eventuali squilibri retributivi e intervenire con politiche mirate, migliorando la gestione del personale e riducendo i rischi di contenziosi legali.Cosa cambia in ItaliaNovità anche nel Belpaese. In Italia la nuova direttiva modifica profondamente il principio di segretezza sugli stipendi: lavoratori e rappresentanti potranno accedere a dati retributivi comparativi, favorendo una maggiore consapevolezza e responsabilizzazione delle imprese. Le aziende avranno tempo fino a giugno 2026 per adeguarsi alle nuove regole, pena sanzioni. LEGGI TUTTO