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    Amazon trading, attenzione alla nuova truffa telefonica

    Pensavamo di aver sconfitto le telefonate moleste e invece no: oltre al telemarketing aggressivo che il registro delle opposizioni è riuscito a limitare soltanto parzialmente come abbiamo visto sul Giornale.it, adesso ci si mettono di mezzo pure gli operatori che si spacciano per il call center di Amazon ma che, in realtà, offrono soldi facili con il trading online dichiarando di lavorare (falso) per la multinazionale americana.Di cosa si trattaSono tantissime le persone che ogni giorno, soltanto in Italia, ricevono chiamate a qualsiasi orario sia da numeri telefonici fissi che da cellulari: dopo pochi secondi di attesa ecco che un operatore esordisce dicendo di essere di “Amazon hi tech trading” per proporre piccoli investimenti sulle azioni della multinazionale che potranno essere giornalieri o mensili in base alle scelte di ogni utente. “Il mio consiglio è di partire con pochi soldi, capire come funziona e, poi, decidere se continuare o no”, ha affermato un consulente che non sapeva di trovarsi al telefono con un giornalista di Repubblica.A quel punto, l’operatore cerca di far capire al suo interlocutore che maggiore è il tempo che ci si dedica e più alti saranno i profitti. A un certo punto arriva la domanda secca: “Siete una costola di Amazon?” ma è la risposta che lascia perplessi e svela tutti i dubbi. “Non siamo esattamente Amazon, ma ci collaboriamo proponendo l’acquisto delle loro azioni, che in questo momento sono molto vantaggiose”. È quell’esattamente che rivela quanto sia falso appoggiarsi a quel nome per disturbare la gente. Il bello viene dopo: non c’è alcun documento che possa provare la bontà dell’offerta dell’operatore telefonico, non esiste alcun contratto. “Il prospetto informativo sono le informazioni che le sto dando in questa telefonata. Per questa attività non è previsto l’invio di documenti particolari. Tutto ciò che le serve lo troverà sulla sua area personale” soltanto dopo aver eseguito la prima transazione monetaria.L’operatore, credendo di averla avuta vinta, insiste per aprire un account subito e depositare i primi 250 euro pur con le perplessità del cliente. “Già che ci siamo meglio farlo ora, così posso fornirle tutta l’assistenza di cui ha bisogno”. Alla risposta di non poter effettuare subito il bonifico, l’operatore richiama il cliente dopo 60 minuti chiedendo anche la ricevuta e il documento assieme al deposito di soldi, deposito che ovviamente non avverrà mai mentre le telefonate si sono fatte sempre più insistenti giorno dopo giorno.La truffaIl consiglio a tutti gli utenti che non vogliono correre rischi e vedere bruciati i loro soldi è di evitare di cadere in queste trappole e non continuare la conversazione. Nell’albo Consob non si trova l’intermediario che propongono questi operatori, motivo per il quale la Commissione ha spiegato a Repubblica che “si tratta di un intermediario abusivo”. I soldi dei truffati finiscono su un conto belga e a beneficarne sarebbe una società che si spaccia per un negozio online di apparecchiature elettroniche che, però, non esiste e non consente di comprare nessun prodotto.”I truffatori che tentano di impersonare Amazon mettono a rischio i nostri clienti e il nostro marchio. Sebbene queste truffe abbiano luogo al di fuori del nostro negozio, continueremo a investire per proteggere i clienti e informare il pubblico sulla prevenzione delle truffe. Incoraggiamo i clienti a segnalarci sospette truffe in modo da poter proteggere i loro account e indirizzare i malintenzionati alle forze dell’ordine per proteggere i consumatori”, ha spiegato un vero lavoratore di Amazon al quotidiano. LEGGI TUTTO

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    Assunzioni, Italo offre lavoro sui treni

    Il mondo del lavoro italiano è in netta ripresa ed è testimoniato dai numeri di questo primo scorcio di 2023: un’azienda su tre ha intenzione di aumentare i propri dipendenti nei primi sei mesi di quest’anno. Tra queste si inserisce anche Italo Ntv (Nuovo Trasporto Viaggiatori) che sul proprio sito web ha pubblicato alcuni annunci che riguardano l’inserimento di diverse figure professionali da nord a sud nel nostro Paese.Hostess e StewardSono molte le sedi coinvolte nella ricerca di Hostess e Steward di Stazione: Torino, Milano, Verona PN, Venezia, Bologna Centrale, Reggio Emilia, Firenze Santa Maria Novella, Roma e Salerno. Le attività richieste riguardano offerta, promozione e vendita dei prodotti a marchio Italo oltre alla gestione dell’attività di comunicazione al servizio dei viaggiatori per garantire adeguata assistenza. L’azienda richiede anche che vengano monitorate le attività dei fornitori esterni oltre al monitoraggio degli apparati e degli equipaggiamenti di stazione e il nuovo personale dovrà essere in grado di saper accogliere la clientela e supportare lo Station Manager per tutte le attività operative.Tra i requisiti e le competenze per lavorare in Italo saranno necessari almeno un’esperienza pregressa di due anni nei settori trasporto, retail e turismo, una conoscenza fluente della lingua inglese e il possesso di un diploma o della laurea. Saranno considerati valori aggiunti la conoscenza di una seconda lingua e la disponibilità a lavorare, su turni, nei giorni festivi. “Il superamento della selezione prevedrà la partecipazione ad un corso di formazione di circa tre settimane, il cui superamento è necessario per l’inserimento al ruolo tramite contratto di Somministrazione”, spiega l’azienda.Nuovi macchinistiSe si sono da poco concluse le selezioni per la ricerca di nuovi operatori d’impianti, sono aperte quelle per la ricerca di macchinisti per le zone di Milano e Roma che abbiano una licenza Europea di condotta treni in corso di validità oltre al certificato complementare di categoria B in corso di validità e un’esperienza nel ruolo che sia superiore a un anno. Anche in questo caso tra i titoli di studio sarà richiesto almeno un diploma di scuola secondaria e la disponibilità a trasferirsi a Roma, Milano e Napoli: sarà richiesta la disponibilità a lavorare su turni “compresi notturni e festivi”.Le altre figureMa non è finita qui perché l’azienda deve potenziare il suo personale ricercando nuove figure di Controller, addetti all’ufficio acquisti e procurement, budget analyst per sostituzione di maternità, diplomati e laureati che fanno parte delle categorie protette oltre a un addetto o addetta alla tesoreria e neolaureati in Ingegneria Gestionale, Economia e Statistica. Tutte queste figure sono ricercate per la sede di Roma. LEGGI TUTTO

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    “Tassi, liquidità, inflazione: è come nel 1929”: la finanza dopo Credit Suisse

    “Un nuovo 2008? Piuttosto un nuovo 1929”: ecco cosa può rischiare il sistema finanziario internazionale di fronte alle falle di sistema rese palesi dal crac di Svb negli Usa e dalla crisi di Credit Suisse. Massimo Amato, economista e docente di Storia economica e Storia del pensiero economico all’Università Bocconi di Milano, commenta con IlGiornale.it le prospettive globali del sistema economico-finanziario.“Nel 2007-2008 non ci fu alcun rialzo sistematico dei tassi”, commenta Amato, tra gli economisti più attenti ai problemi strutturali della finanza nel panorama italiano e tra i teorizzatori dell’Agenzia Europea del Debito. “Nel 1928, un anno prima dello scoppio della Grande Depressione, negli Stati Uniti la stretta monetaria sui tassi si abbatté su mercati certo iper-liquidi ma a causa di un’elevatissima leva finanziaria. Una situazione molto simile a quella odierna”.La svolta nelle politiche monetarie dopo il lungo decennio di politiche di quantitative easing globali ha prodotto problematiche strutturali anche perché “c’è ancora una diffusa ed erronea percezione che la trasmissione della politica monetaria all’economia reale sia neutra e senza scossoni”. Ma così non è. I mercati reagiscono in forma umorale e aspettative volatili alle decisioni delle banche centrali e la finanza non è un territorio piatto ma un terreno di trasmissione delle politiche economiche e uno spazio di generazione di investimenti, risparmi, aspettative, strategie. Risulta necessario, nota Amato, “che la stabilità finanziaria sia perseguita come bene pubblico, anche a costo di impattare sugli utili a breve termine degli operatori, e soprattutto tenendo conto delle effettive modalità di funzionamento dei mercati, che spesso divergono dalle semplificazioni dei modelli macroeconomici. La finanza impatta sulle politiche macro, e viceversa, e spesso in maniera imprevedibile”.I decisori spesso si trovano di fronte al dilemma, già sottolineato dall’ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale Olivier Blanchard, secondo cui chi ha sott’occhio i dati “micro” si perde in larga parte la vista sulla politica macroeconomica, e viceversa. Questo però, a detta di Amato, non giustifica “casi incredibili” come quello del salvataggio di Credit Suisse, a detta del docente della Bocconi “un caso di abiura disinvolta dei principi liberali che dovrebbero a detta di tutti gli operatori governare i mercati”. Verrebbe da dire, parafrasando l’economista Mario Seminerio, che così come non esistono atei nelle trincee non esistono liberali di fronte alle crisi di sistema della finanza. Ma Credit Suisse è un caso che spicca perché “è inconcepibile l’idea di salvare una banca facendo pagare gli obbligazionisti prima degli azionisti che detengono il capitale di rischio”.La fusione Credit Suisse e Ubs ha creato tre problemiLa crisi aperta dalle diverse politiche economiche e monetarie condotte rispetto al passato, per Amato, crea una triplice problematica: “in primo luogo si crea questa pericolosa inversione nelle priorità che subordina gli obbligazionisti agli azionisti, alla faccia di ogni principio liberale o di concorrenza; in secondo luogo, tutto questo è avvenuto con la benedizione della Banca nazionale svizzera chiamata sulla carta a supervisionare il corretto funzionamento dei mercati; terzo punto, la risoluzione della crisi del Credit Suisse ha creato un problema notevole perché è tutto da vedere se fusioni come quella tra Credit Suisse e Ubs faranno bene al mercato”. Chi vigilerà, si chiede Amato, di fronte a un colosso capace di avere un tale potere di mercato, anche nel settore del credito?Il rischio del possibile azzardo moraleSi crea poi un problema strutturale, ovvero capire che cosa siano effettivamente ad oggi le banche. “Innanzitutto, nota Amato, passa il principio secondo cui le banche non devono essere fatte fallire aprendo al possibile azzardo morale” da parte dei decisori finanziari. Inoltre, bisogna capire “se nella concezione degli operatori le banche debbano essere trattate come imprese come tutte le altre o se si stia creando quella che Martin Wolff sul Financial Times ha definito una potenziale grande contraddizione tra le banche intese come imprese e le banche chiamate a funzionare come utilities”.Il 2023 come novello 1929, perlomeno in potenza, porta dunque con sé gli spettri recessivi di una crisi bancaria strutturale. A cui si aggiunge una minaccia ereditata dalle politiche monetarie di cui si è parlato: l’idea di “curare in forma monetaria un’inflazione complessa nella sua genesi” e che anche il Premio Nobel Joseph Stiglitz ha definito come generata in larga parte da cause non monetarie. “Mi chiedo”, chiosa Amato, “perché la Federal Reserve sia intervenuta così aggressivamente per raffreddare una domanda elevata la cui crescita era stata spinta dalla crescita dei salari”. Ed è quantomeno bizzarro un sistema in cui, nota Amato, “ci si proclama fautori del mercato, ma quando il mercato del lavoro premia i salari secondo un meccanismo di domanda e offerta una banca centrale si muove per calmierare la crescita, ma non avviene lo stesso per gli extraprofitti delle aziende, molto spesso dovuti proprio all’inflazione da costi e non da salari. A mio avviso”, affonda l’economista, “questa è una scelta di classe, o quantomeno una scelta che premia alcuni interessi contro altri”.L’Europa si trova sotto scaccoLe mosse della Fed hanno agito per trascinamento sulle priorità della Banca centrale europea. E se “da un lato era comprensibile che in parte l’Eurotower seguisse la Fed, dall’altro è desolante notare che la Bce non ha una vera autonomia di politica monetaria. L’Europa si è fatta del male da sola” e di fronte ai montanti rischi recessivi “ha una dipendenza eccessiva dalle decisioni americane sui tassi”. In sostanza è “l’Europa che si trova sotto scacco. Da un lato, per fortuna, con le regole di vigilanza di Basilea applicate fino in fondo le banche comunitarie sembrano più resilienti di quelle Usa o Svizzera; dall’altro, esse sono piene di titoli di Stato i cui rendimenti potrebbero divergere notevolmente in caso di ulteriori strette sui tassi”.Il dilemma della Bce tra tassi e spreadE in quest’ottica ciò che l’Europa deve guardare con maggiore attenzione è proprio “una crisi di stabilità che porti la Bce tra la Scilla dell’inseguimento dei rialzi dei tassi decisi negli Usa e la Cariddi di spread più alti tra i debiti sovrani. Un problema amplificato dal fatto che il Tpi attivato dalla Bce”, il famoso “scudo anti-spread”, ha regole d’ingaggio assai aleatorie e per ora non certe. Insomma, un quadro tutt’altro che limpido.La recessione di fronte a un peggioramento del quadro macroeconomico seguirebbe a cascata, ma è la struttura del sistema finanziario a essere messa in discussione alla vigilia di quello che potrebbe diventare, più che un nuovo 2008, un nuovo 1929. LEGGI TUTTO

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    Fed pronta alla retromarcia sui tassi

    Le crisi di una parte del settore bancario Usa e le turbolenze innescate dal Credit Suisse prima del matrimonio coatto con Ubs hanno creato il terreno ideale per sciogliere i dubbi della Federal Reserve. Senza passare per pavido voltagabbana, Jerome Powell ha ora più di una pezza d’appoggio per trasformare in coriandoli l’intenzione, sbandierata appena due settimane fa davanti al Congresso, di aggredire alla gola l’inflazione con rialzi dei tassi più robusti del previsto. Salvo sorprese, Eccles Building si limiterà oggi ad aumentare il costo del denaro di un quarto di punto. Una maggioranza bulgara – oltre l’81% dei trader – dà per scontata la mini-stretta.L’impressione, tuttavia, è che la riunione di marzo coinciderà con la fine degli irrigidimenti da parte della banca centrale Usa. Si va infatti coagulando un forte consenso attorno all’idea che la stagione dei tagli prenderà il via già all’inizio di maggio e che il costo del denaro, ora al 4,50-4,75%, calerà al 4% entro dicembre. A sorreggere questo inedito impianto di politica monetaria non è tanto l’idea che la Fed si sia arresa all’inflazione, quanto piuttosto la convinzione che le difficoltà in cui versa il sistema creditizio contribuiranno ad attenuare le pressioni sui prezzi, poiché porteranno a una minore concessione di prestiti soprattutto da parte delle banche minori.Il rovescio della medaglia è che l’inasprimento delle condizioni finanziarie ha in genere ricadute negative sul mercato del lavoro e fa quindi aumentare le chance di una recessione. A soffrirne sarebbero anche i bilanci delle banche. Un altro motivo per cui l’amministrazione Biden pare decisa, se sarà necessario, a proteggere il sistema del credito con azioni drastiche come quelle di recente prese per Silicon Valley Bank e Signature Bank. Il segretario al Tesoro, Janet Yellen, pur rimarcando che «la situazione si sta stabilizzando» e che «il sistema bancario americano resta solido», ha detto ieri che «se le banche più piccole saranno oggetto di una fuga dei depositi che pone il rischio di contagio» tutti i depositi saranno assicurati. Bloomberg svela che la Casa Bianca starebbe accarezzando addirittura l’idea di garantire tutti i depositi bancari sopra i 250mila dollari. Ciò significherebbe mettere sotto protezione qualcosa come 18mila miliardi, una cifra pari al 75% del Pil americano.La prospettiva di una Fed meno falco, le rassicurazioni venute dalla Yellen, nonché la barriera eretta dalla autorità svizzere ed europee dopo il salvataggio di Credit Suisse (+4,2%), hanno intanto tranquillizzato ieri i mercati, tutti in rialzo (+2,53% Milano). Nel mirino di Fitch per un possibile taglio del rating, Ubs (+11,3%) ha comunque visto la propria capitalizzazione salire in due giorni di oltre 5,5 miliardi di franchi. I mercati non solo considerano l’acquisto del Credit Suisse un ottimo affare, ma guardano anche con favore alle possibilità di uno sfoltimento di un terzo dei 120mila posti di lavoro del gruppo combinato. Non solo, Il governo svizzero ha «sospeso temporaneamente» i bonus differiti fino al 2022 per i dipendenti del Credit.Il capo della vigilanza bancaria Bce, Andrea Enria, ha però messo tutti sull’avviso: benché i depositi nelle grandi banche Ue siano rimasti «molto stabili e ciò significa che i clienti hanno una forte fiducia», lo choc macroeconomico indotto dalla guerra non è terminato. «Se le spinte inflazionistiche dovessero persistere – ha spiegato – il necessario processo di serrata normalizzazione della politica monetaria potrebbe a sua volta incidere sui portafogli e sulle linee di business di specifiche banche». Anche Standard&Poor’s è cauta: i rischi di un contagio appaiono al momento «improbabili», ma «le turbolenze del mercato richiederanno del tempo per attenuarsi». LEGGI TUTTO

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    Tim taglierà 2mila addetti. Il confronto coi sindacati

    Il mercato delle tlc in Italia sta per perdere oltre 5mila lavoratori in un solo anno. Anche Tim, dopo Vodafone e Wind, prepara nuove uscite, fino a 2mila secondo le indiscrezioni che trapelano mentre è in corso il tavolo tra sindacati e azienda sull’isopensione, lo strumento che consente, con uno scivolo di 7 anni, di uscire volontariamente con tutti gli oneri a carico dell’azienda. In realtà, almeno per Tim, non si tratta di una sorpresa ma della messa a terra del disegno di riassetto presentato a luglio scorso, in occasione del Capital Market Day, dall’ad Pietro Labriola che vuole arrivare al 2030 con una società più «snella», con una riduzione di oltre 9mila dipendenti. La riorganizzazione è stata già pensata in ottica di separazione delle società: circa 6.400 in meno nella Netco che passerebbe da 21.400 a 15.000. Circa 3.000 nella divisione consumer, che scenderà da 14.000 a 11.000. L’unica che non sarà toccata è Tim enterprise che avrà invece bisogno di circa 5.500 persone (pressoché quelle già impiegate che dovrebbero essere 5.300). Nel 2022 Tim aveva già raggiunto due accordi con i sindacati, a giugno uno che prevedeva 1.200 uscite volontarie tramite prepensionamento (con i requisiti per la pensione di vecchiaia) e a fine luglio per l’accompagnamento al prepensionamento per 2.200 lavoratori con 200 milioni di potenziali risparmi. Per le uscite da programmare nel 2023 la discussione è appena iniziata e, secondo quanto trapela, è ancora presto per parlare di un accordo. LEGGI TUTTO

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    Rcs, gli utili superano il test del caro energia

    Rcs archivia il 2022 con un risultato netto di gruppo positivo per 50,1 milioni di euro, rispetto ai 72,4 nel 2021, quando però il risultato aveva beneficiato per 9,5 milioni della plusvalenza realizzata nella cessione della Unidad Editorial Juegos. Inoltre, con questo bilancio, Urbano Cairo (nella foto) archivia la partita con Blackstone, chiusa nel luglio scorso con il riacquisto dell’immobile di via Solferino per 60 milioni, più 10 milioni versati al fondo Usa a titolo di compensazione delle spese legali.Entrando nei dettagli, nel 2022 il gruppo controllato e guidato da Cairo ha risentito di oneri non ricorrenti per 12,1 milioni (3,8 milioni nel 2021), di cui circa 10 milioni imputabili appunto alla transazione con Blackstone. L’aumento dei costi legato a energia e materie prime (incremento dei costi della carta e di altri fattori produttivi) vale circa 28 milioni. E in sostanza sono queste le due componenti che impattano direttamente su margini e profitti finali, causandone il calo rispetto al 2021. Mentre l’esborso di 60 milioni necessari per il riacquisto dell’immobile non si vedono sul conto economico, bensì sulla posizione finanziaria netta. Sul conto economico c’è solo la quota parte dell’ammortamento relativo all’immobile, che per il 2022 è di poche centinaia di migliaia di euro, essendo riferita a soli 2 mesi su 12. Il resto verrà ammortizzato nell’arco di 33 anni, per un costo di meno di 2 milioni per ogni esercizio futuro.I ricavi netti consolidati di gruppo si attestano a 845 milioni, sostanzialmente stabili rispetto al 2021. I ricavi digitali valgono 207 milioni, rispetto ai 205 milioni del 2021, con un’incidenza sui ricavi complessivi del 24,5%. I ricavi pubblicitari ammontano a 345,4 milioni rispetto ai 348,3 milioni del 2021, in lieve flessione ma meglio delle medie di mercato.L’ebitda è positivo per 118,5 milioni (+144,5 milioni nel 2021). La posizione finanziaria netta, come detto, diventa negativa per 31,6 milioni a causa dell’operazione Solferino, mentre al 31 dicembre 2021 era positiva per 16,7 milioni. L’indebitamento finanziario netto complessivo, che comprende anche debiti finanziari per leasing ex IFRS 16 (principalmente locazioni di immobili), per complessivi 142,8 milioni al 31 dicembre 2022, ammonta a 174,4 milioni, in aumento di 29,5 milioni sul 31 dicembre 2021 (144,9 milioni). All’assemblea verrà proposto un dividendo di 0,06 euro per azione, come l’anno scorso. LEGGI TUTTO

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    Edison punta sull’Italia 5 miliardi per il green

    Edison si gioca 5 miliardi di euro sull’Italia. E allontana le voci di vendita dei mesi scorsi. Un’ipotesi che sarebbe stata dettata dalle difficoltà economiche del big francese Edf che ne controlla il 100 per cento. Ma che ora sembra tramontare: quale azionista scommette tanto su un gruppo che sta per cedere al mercato? Al contrario, l’impegno annunciato ieri da Foro Bonaparte è un rilancio e una sfida ai competitor impegnati sulle rinnovabili, tutte le utility e l’energy in generale. Di fatto Edison, che vale tra gli 8 e i 9 miliardi, è l’asset più prestigioso nel portafoglio di Edf.Con cinque miliardi al 2030 (una revisione al rialzo di 2 miliardi dai 3 previsti), il gruppo stima così di aumentare la capacità di energia green installata dagli attuali 2 Gw a 6 Gw e di rafforzare «l’impegno nell’accompagnare il Paese nella sfida della transizione energetica», ha detto Marco Stangalino, vicepresidente esecutivo e direttore power asset Edison.La società guidata da Nicola Monti nel 2022 ha prodotto oltre 3.358 GWh di energia rinnovabile, pari al fabbisogno di circa 1,2 milioni di famiglie, consentendo di evitare l’emissione di 1,3 milioni di tonnellate di CO2. Attualmente ha un parco di produzione flessibile distribuito su tutto il territorio nazionale, e capace di assicurare circa il 7% della domanda di energia elettrica. Nel nuovo piano in particolare si prevede di aumentare la produzione di 1 Gw sul fronte dell’eolico; di 2 Gw per il fotovoltaico e di dedicare 1 Gw allo sviluppo di rinnovabili per la produzione di idrogeno verde e ai sistemi di accumulo dell’energia, come ad esempio le batterie e, in particolare, gli impianti di pompaggio.Entro il 2030 la generazione green «rappresenterà il 40% del nostro mix produttivo», ha aggiunto Stangalino. Edison ha attualmente progetti eolici e fotovoltaici in corso di autorizzazione per circa 1.100 Mw di potenza complessiva, principalmente al Centro-Sud Italia, di cui 500 Mw per il fotovoltaici e circa 600 per l’eolico. A questi si aggiungono cantieri aperti per 92 Mw di nuovo fotovoltaico in Sicilia e Piemonte) e circa 170 Mw, già approvati, per la realizzazione di nuovi impianti in Campania, Puglia, Sicilia e Veneto. «Il nuovo piano si focalizza sulla realizzazione spiega Edison – di nuova capacità rinnovabile, e che integra le diverse fonti di produzione introducendo anche sistemi di flessibilità come i pompaggi e le batterie elettrochimiche, indispensabili per gestire l’intermittenza delle rinnovabili». Il focus sarà su pompaggi idroelettrici ai quali andranno tra i 700 e gli 800 milioni. L’altra parte dell’incremento è legato invece agli impianti fotovoltaici che saranno dedicati alla produzione di idrogeno verde.Tornando alle ipotesi di cessione, Edf ha sempre smentito la vendita. E malgrao le indiscrezioni, il dossier non è mai stato ufficialmente aperto. I pretendenti non mancherebbero: da F2i, che sogna un grande polo con Sorgenia e le rinnovabili, a A2A, per arrivare ad altri big francesi come Total o Engie. Nessuno di questi gruppi ha però da solo la forza finanziaria sufficiente e al momento Edf che nel 2022 ha registrato una maxi-perdita di 17,9 miliardi – si tiene stretto il suo gioiellino italiano. LEGGI TUTTO

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    Bollette, cambiano gli aiuti: tariffe in base ai consumi

    Il governo lo aveva preannunciato e si va sempre più in questa direzione: le tariffe delle bollette si potranno pagare in base al consumo effettivo come già avviene per l’acqua. Minori saranno i consumi minore sarà la spesa e viceversa, ecco perché si chiamano a “scaglioni”. L’esecutivo di Giorgia Meloni è a lavoro ogni giorno e una risposta definitiva arriverà tra giovedì e la settimana prossima: in questo modo si potrà far fronte al ritorno parziale degli oneri di sistema che erano stati cancellati per calmierare le bollette nei momenti peggiori della crisi dello scorso anno.In alternativa, però, potrebbero essere premiate le famiglie che spendono cifre inferiori rispetto all’anno precedente: gli aiuti saranno estesi anche dopo il 31 marzo quando saranno scaduti quelli previsti dalla vecchia Legge di Bilancio che ha sul piatto non più di 5-6 miliardi. La scelta definitiva, per adesso, non c’è perchè l’ultima parola spetterà all’Arera che effettuerà una serie di simulazioni che saranno proposte all’esecutivo per la scelta finale.Cosa sono gli oneri di sistemaDal 1° aprile, quindi, potrebbero tornare sulle bollette alcuni costi fissi (oneri di sistema) cancellati nei mesi scorsi che avevano consentito un cospicuo risparmio: come ricorda IlMessaggero, però, non c’è nessun allarme perché molti non saranno reintrodotti e quelli che torneranno a far parte dei pagamenti saranno minimi da consentire risparmi del 20-25% sull’energia elettrica. Il prezzo del gas, poi, è stato più che dimezzato (adesso 40 euro per megawatt l’ora contro 150 euro di alcune settimane fa). Per queste ragioni non ci saranno incrementi sui prezzi delle bollette: sulla proroga, o meno, dei costi fissi è intervenuto anche il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, sottolineando che la tematica sarà portata in Consiglio dei Ministri. “Ci sono ancora i tavoli tecnici che fanno le simulazioni, ci porteranno la proposta e su quello valuteremo”.Come funziona il “bonus famiglia”Invece, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha parlato di “bonus famiglia”, un prezzo più basso in bolletta per chi consuma di meno che potrebbe essere operativo soltanto dalla prossima estate e non prima di luglio e che riprende il sistema a scaglioni di cui abbiamo parlato sopra: da una tariffa base, standard, si salirebbe in base al consumo ma calcolando anche i componenti della famiglia in base al numero con sconti maggiori alle famiglie numerose. Sarà riproposto il “bonus sociale”, lo sconto per i nuclei che non hanno redditi maggiori di 15mila euro l’anno. Non saranno trascurate neanche le imprese che hanno già uno sconto in bolletta cospicuo (fino al 45%) con l’ipotesi di mettere un tetto al prezzo del gas. LEGGI TUTTO