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    Petrolio, l’Opec decide l'”avanti tutta”. E alza la produzione di 548.000 barili

    L’Arabia Saudita, la Russia e altri sei produttori di petrolio dell’Opec+ hanno concordato di aumentare la loro produzione di petrolio di 548mila barili al giorno ad agosto, più di quanto previsto dal mercato e dagli analisti che si aspettavano un aumento più contenuto. La mossa dell’organizzazione, che da aprile ha abbandonato anni di tagli alla produzione, punta a sfruttare la domanda robusta dei mesi estivi nell’emisfero nord e a riconquistare quote cedute a rivali come gli shale drillers statunitensi. Il prossimo passo potrebbe arrivare già il 3 agosto, quando i Paesi produttori torneranno a riunirsi per valutare se aggiungere un altro aumento di circa 548mila barili a settembre, chiudendo così con un anno di anticipo il piano di riattivazione dei 2,2 milioni di barili al giorno di capacità tagliata nel 2023. A giugno, la guerra di dodici giorni tra Iran e Israele ha scosso l’oro nero, spingendo per breve tempo il Brent sopra gli 80 dollari, poiché il mercato temeva un’interruzione delle forniture dallo Stretto di Hormuz, attraverso il quale passa il 20% del greggio mondiale. Alla fine, questa minaccia non si è concretizzata. Al contrario, la guerra ha rafforzato la decisione dell’Opec di aumentare la produzione “nell’improbabile eventualità che la produzione e la capacità di esportazione dell’Iran vengano interrotte”.Gli analisti mettono in guardia su un possibile surplus nella seconda parte dell’anno. Le scorte globali stanno crescendo di circa un milione di barili al giorno, complici un rallentamento della domanda cinese e l’aumento della produzione dalle Americhe, Stati Uniti, Brasile. L’Agenzia internazionale dell’energia prevede un surplus significativo, e gli esperti di banche d’affari come JPMorgan e Goldman Sachs stimano prezzi in discesa verso i 60 dollari al barile o meno nel quarto trimestre. I future sul Brent hanno già perso l’8,5% nel 2025, spinti dall’espansione dell’offerta e dall’incertezza legata alla guerra commerciale voluta da Donald Trump, che potrebbe pesare sulla crescita globale. A Washington, paradossalmente, l’amministrazione Usa potrebbe però accogliere con favore l’aumento della produzione: prezzi più bassi del greggio aiutano a contenere l’inflazione e sostengono l’economia americana. LEGGI TUTTO

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    Banche, meno di 20mila sportelli in Italia

    Assume dimensioni sempre più rilevanti la desertificazione bancaria lungo la Penisola. Il numero di sportelli è sceso a 19.655 a fine 2024, ossia 505 unità rispetto all’anno precedente; rispetto alle oltre 32mila filiali del 2008 si tratta di quasi il 40% in meno. Il timore diffuso è che l’attuale risiko acceleri tale trend anche se arriva dopo una cura dimagrante già decisamente corposa: oltre 3.300 filiali chiuse e 20mila bancari in meno dal 2020 a oggi considerando i sette maggiori isitituti di credito.L’agenda del risiko è più che mai fitta. L’11 luglio si chiuderà, salvo proroghe, l’offerta di Bper sulla Popolare di Sondrio, sulla quale martedì tornerà a esprimersi il cda della banca valtellinese dopo il rilancio di 1 euro cash deciso dal gruppo modenese. Alle battute finali anche l’offerta di Banca Ifis su Illimity, con la riapertura fino a venerdì e già in cassaforte con oltre l’84% di adesioni all’Opas. La prossima settimana vede in arrivo anche il cda di Mediobanca chiamato ad esprimersi sull’Ops di Mps, al via il 14 luglio. Riflettori puntati anche su Unicredit, con il Tar del Lazio che mercoledì discuterà il ricorso con cui l’istituto di piazza Gae Aulenti chiede di annullare le prescrizioni del golden power relative all’Ops su Banco Bpm.Sommando i dipendenti delle banche convolte nel risiko si supera quota 100mila. Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il più grande sindacato dei bancari, ha recentemente lanciato l’allarme sul conto salato che potrebbe arrivare alla fine del consolidamento in atto e quindi la necessità di “inserire una clausola sociale obbligatoria, per stabilire in anticipo l’assenza di impatti occupazionali”. Il Centro studi di Unimpresa rimarca come la razionalizzazione della rete fisica sia accompagnata da un forte aumento dei promotori finanziari (+15,1% a 35.963 unità), mentre prosegue il calo degli sportelli automatici (ATM) che si sono ridotti di oltre 1.500 unità e soprattutto dei terminali POS, in flessione di oltre 220mila unità (-22,7%). In controtendenza BancoPosta che ha invece rafforzato la propria rete con un lieve incremento di sportelli e bancomat. “Dietro questa razionalizzazione, che viene spesso giustificata con la digitalizzazione e l’efficienza dei servizi, si nasconde una progressiva desertificazione finanziaria che penalizza in modo drammatico le aree interne, i piccoli comuni e l’economia diffusa del nostro Paese”, rimarca il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. Ormai quasi la metà (43%) dei comuni italiani è priva di sportelli bancari, che si traduce come spiega l’ultimo report di First Cisl – in 4,6 milioni di cittadini che non hanno accesso fisico ai servizi bancari nel loro comune. LEGGI TUTTO

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    Amazon Prime, occhio alla truffa del rinnovo automatico: cosa non devi fare mai

    Sul web hanno iniziato a moltiplicarsi proprio in questi giorni le segnalazioni di una pericolosa truffa che sfrutta il nome di Amazon Prime e il fatto che siano tanti gli utenti abbonati al servizio: un mare magnum a cui i cybercriminali possono attingere per attirare in trappola i clienti meno avveduti ed esperti di frodi online e ottenere una serie di informazioni sensibili come ad esempio i dati di accesso al conto corrente. Tra l’altro il tutto a breve distanza dall’inizio del Prime Day, uno dei momenti più attesi dagli amanti dell’e-commerce.Il raggiro è stato realizzato in modo essenziale ma decisamente efficace, dal momento che l’obiettivo di turno viene catapultato dinanzi a una decisione sulla quale in apparenza non ci sarebbe niente da pensare. Il messaggio fraudolento via mail che sembra arrivare da Amazon, infatti, mette in guardia il cliente, sostenendo che il rinnovo dell’abbonamento a Prime avverrà in modo automatico, ma a una cifra esorbitante. Con l’obiettivo di rendere il tutto più credibile, spiega tra l’altro l’azienda per mettere in guardia i consumatori, i truffatori inseriscono nel testo informazioni personali della vittima tra quelle reperibili liberamente in rete.Questo elemento, unito alla formula “rinnovo automatico” e al fatto che ciò presupponga il pagamento di una cifra esagerata, spinge l’obiettivo di turno ad agire istintivamente e a premere sul tasto “Annulla Iscrizione” che di solito compare in calce alla mail di avviso. Ed è proprio cliccando su di esso che si corre il rischio di finire nella rete dei cybercriminali: si viene infatti trasferiti immediatamente su una pagina che appare in tutto e per tutto simile a quella in cui si effettua il login per accedere all’account personale di Amazon. Potendo fare affidamento sull’intelligenza artificiale, i truffatori riescono ad essere via via sempre più precisi nel riprodurre l’aspetto grafico e i font dei portali originali, motivo per cui diventa complesso per i meno esperti comprendere di trovarsi al centro di un raggiro.Da quel momento all’utente vengono richieste le informazioni personali per poter procedere all’annullamento del rinnovo automatico, e tutte le credenziali inserite vengono registrate grazie a un software keylogger, che per l’appunto tiene traccia dei tasti premuti dalla vittima.Il primo suggerimento da parte di Amazon è quello di ignorare mail del genere. Per sicurezza si può comunque verificare lo status del proprio abbonamento raggiungendo Amazon.it o aprendo l’app Mobile e selezionando “Prime” dal menu: così facendo, a schermo passeranno lo stato dell’iscrizione, i dettagli del proprio piano e le date di scadenza e rinnovo. LEGGI TUTTO

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    Fitch promuove la strategia Mps. Mediobanca, Monge molla Nagel

    Fitch ha promosso Mps (in foto l’ad Luigi Lovaglio) a investment grade, alzando il rating a lungo termine e il viability rating da BB+ a BBB- con outlook stabile. L’upgrade, si legge in una nota, riflette «i miglioramenti strutturali» conseguiti da Siena «nel rilancio del proprio modello di business» e considera il fatto che se l’acquisizione di Mediobanca dovesse andare in porto, «l’impatto sul capitale e i rischi di esecuzione dovrebbero essere gestibili e coerenti con il rating». Fitch si attende anche che «Mps mantenga una capitalizzazione adeguata e parametri moderati di qualità degli attivi e liquidità».Se l’acquisizione fosse «attuata senza scosse, potrebbe accelerare gli sforzi di Mps per rafforzare il proprio franchise di wealth management e di credito al consumo ed estendere le sue aree di attività al servizio delle Pmi italiane attraverso il franchise di corporate e investment banking di Mediobanca».Nel frattempo, proseguono le vendite di azioni Mediobanca da parte dei soci dell’accordo di consultazione.Dopo Gavio e Doris, anche Fin.Fer (gruppo Pittini) ha ceduto 200mila azioni dell’istituto di Piazzetta Cuccia (lo 0,02% del capitale) nella seduta di giovedì a un prezzo medio ponderato di 18,533 euro. Monge martedì scorso ha venduto 332.183 azioni (lo 0,04%) a un prezzo medio ponderato di 19,0553 euro, e mercoledì ha liquidato ulteriori 22.290 azioni a 19,0128 euro. Le operazioni, come specificato nel comunicato, sono state effettuate su azioni non conferite all’accordo di consultazione.Nella stessa giornata di giovedì anche Aurelia, la holding del gruppo Gavio, ha venduto 250mila azioni Mediobanca (lo 0,03%) a un prezzo medio ponderato di 18,4820 euro. L’accordo di consultazione ha visto, nei giorni scorsi, il disimpegno del gruppo Mediolanum, che ha ceduto la sua intera partecipazione (29,1 milioni di azioni, pari al 3,49%), mentre Aurelia e Beniamino Gavio avevano ceduto complessivamente lo 0,23%. La percentuale di capitale rappresentata dall’accordo di consultazione è scesa così dall’11,61% al 7,88%. LEGGI TUTTO

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    Ex Ilva, barricate sul trasloco a Genova

    Tra lunedì e martedì, quando andranno in scena gli incontri con i sindacati prima e con gli enti locali e le istituzioni competenti poi, cadrà la maschera sul futuro dell’ex Ilva. Quella degli enti locali che fingono di trattare, ma solo alle «loro condizioni», e quella di Acciaierie d’Italia che definisce ancora aperta la trattativa non solo con Baku Steel, ma anche con Jindal e Bedrock.Non è così. Il socio azero, come anticipato dal Giornale e secondo le indiscrezioni raccolte, ha già registrato il “no” al rigassificatore, abbandonando le mire su Taranto. Progetti che anche lo stesso governo capeggiato dal Mimit, sta iniziando a rivedere.Anche alla luce della consapevolezza, riconosciuta dallo stesso ministro delle Imprese Adolfo Urso, che il piano di Baku era legato a doppio filo al rigassificatore nel porto di Taranto.In attesa martedì della posizione formale e definitiva che arriverà dagli enti locali, Urso sta mettendo in piedi un piano B che possa comunque assicurare all’Italia l’acciaio prodotto utilizzando il Direct Reduced Iron (DRI), ovvero il preridotto, come materia prima.Come anticipato dal Giornale, e rilanciato ieri anche dal Corriere della Sera e dalle sigle sindacali, se il rigassificatore non andrà nel porto di Taranto (fattore abilitante per l’accordo, insieme al dissalatore e ai tempi della decarbonizzazione), il cuore dell’Ilva sarà spostato a Genova.«Siamo rispettosi delle decisioni dei cittadini e delle istituzioni locali che faranno la loro scelta democratica», ha detto ieri Urso.«Se questa scelta rende possibile realizzare i forni a Taranto lo faremo insieme, se le scelte non fossero compatibili decideremo cosa fare a Taranto e cosa fare, per esempio, a Genova. D’altra parte, anche il polo del Nord si auspica l’approvvigionamento produttivo in autonomia e non come avviene ora con una nave» che fa la spola. Inoltre, la disponibilità degli enti locali liguri è totale.«Diamo a Taranto la prima scelta», ha ribadito Urso, «ma poi decideremo dove collocare il polo del DRI italiano in base alle risposte che ci verranno date. Se non si trova l’accordo il tribunale di Milano deciderà, poi, in merito alla chiusura o meno dello stabilimento». «Non ci sia una battaglia e una rivalità fra Genova e Taranto» ha commentato tardivamente Rocco Palombella, segretario generale della Uilm bocciando l’idea di un piano B, quello che riguarda Genova. Un piano che però sembra non avere ostacoli nemmeno sull’eventuale approvvigionamento di gas via tubo, come sarebbe emerso da un confronto avvenuto ieri con Snam. LEGGI TUTTO

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    Hai ricevuto un questionario Trenitalia? Occhio alla truffa

    Ormai la vita digitale è sempre più sovrapposta a quella reale, tanto che la fiducia verso un marchio diventa una bussola per orientarsi nel mare di offerte e promozioni sulla Rete. Un cambio di passo cruciale rispetto al passato, certo, ma che presenta delle insidie tutt’altro che banali: quella stessa fiducia può essere usata dai truffatori come una vera e propria esca. Ed è ciò che ha denunciato Trenitalia, colpita una campagna fraudolenta che da tempo si fa largo online. E gli utenti meno attenti rischiano di cadere nella trappola.La società del Gruppo FS Italiane ha mandato una mail di allerta a tutti i propri viaggiatori, per metterli in guardia dalle truffe ben preparate che nulla hanno a che vedere con Trenitalia. “Continuano a circolare, su siti web e social media, false offerte commerciali impropriamente attribuite a Trenitalia per sottrarre illecitamente dati personali e finanziari attraverso la compilazione di un questionario”, si legge nel messaggio.Insomma, è stato messo a punto un piano ben dettagliato per una truffa che si presenta con l’abito del regalo. Il tutto sfruttando la fiducia verso Trenitalia, il logo, i colori e l’identità visiva dell’azienda per sembrare reali. L’obiettivo della strategia è chiaro: far sì che i malcapitati compilino il questionario online che, sotto il pretesto di offrire sconti o premi fedeltà, raccoglie dati personali e soprattutto informazioni bancarie.Trenitalia ha già segnalato l’accaduto all’Autorità competente e ha avvitato le procedure di tutela non solo della propria reputazione ma anche della sicurezza della propria clientela: “Desideriamo informare che queste promozioni non hanno nulla a che fare con noi. Abbiamo già segnalato all’Autorità competente, a tutela nostra e della clientela”. Le offerte commerciali – viene ricordato nella mail – sono disponibili esclusivamente sul sito ufficiale www.trenitalia.com. Ecco perché ogni altra comunicazione che arrivi da canali diversi – soprattutto se tramite messaggi privati, pop-up o mail sospette – va considerata con estrema cautela. Specialmente se spuntano messaggi come “Hai vinto un buono sconto” o “Rispondi e ricevi un premio”. Frasi semplici, vero, ma dietro cui si può nascondere un inganno. LEGGI TUTTO

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    Trump alla Ue: “Dazi al 17% sul cibo”

    Gli Stati Uniti minacciano di colpire le esportazioni di prodotti alimentari della Ue con dazi del 17 per cento. L’avvertimento, secondo quanto riporta il Financial Times, è stato consegnato al commissario europeo per il Commercio, Maros Sefcovic, durante gli incontri dei giorni scorsi a Washington. Che, evidentemente, non hanno fatto molti progressi. «Dopo aver discusso lo stato di avanzamento della questione con i nostri Stati membri, la Commissione si impegnerà nuovamente con gli Usa sul merito nel fine settimana. Al tempo stesso, ci stiamo preparando all’eventualità che non si raggiunga un accordo soddisfacente», ha dichiarato il portavoce della Commissione europea per il Commercio, Olof Gill.Donald Trump ha, intanto, cominciato a inviare ieri le prime «10 o 12» lettere per informare i partner commerciali dei dazi che dovranno pagare dall’inizio di agosto. L’ennesimo penultimatum in vista della scadenza del 9 luglio. Il presidente Usa la prossima settimana dovrebbe dividere i Paesi in tre grandi gruppi: l’attuale «pausa» tariffaria reciproca rimane per i partner con cui è stato raggiunto un accordo di principio, con possibili agevolazioni tariffarie in una fase successiva. Le precedenti tariffe specifiche per Paese verranno ripristinate laddove non sia stato ancora raggiunto un accordo di principio (il che significherebbe il 20% per la Ue fino alla conclusione dell’accordo). Infine, il ripristino dei dazi per Paese fino a nuovo avviso per i partner con cui i negoziati stanno andando male. Non è ancora chiaro come la Casa Bianca classificherà la Ue. Trump ieri ha, comunque, avuto una conversazione telefonica con la presidente Consiglio Giorgia Meloni, con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, e anche con il preContinuano le controversie sui commerci È guerra continua tra l’Europa, gli Stati Uniti e la Cina sidente francese, Emmanuel Macron.Con tutti e tre i leader la discussione ha riguardato l’Ucraina e le tariffe. LEGGI TUTTO

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    La minaccia di Trump all’Ue: dazi al 17% sui prodotti agricoli

    Nuovo capitolo della guerra commerciale tra Usa e Ue. Secondo quanto riportato dal Financial Times, l’amministrazione di Donald Trump avrebbe minacciato di colpire le esportazioni agricole europee con dazi del 17 per cento. La notizia è stata confermata da tre persone informate sulle discussioni.Secondo quanto emerso, il presidente americano vuole che Bruxelles conceda alle aziende a stelle e strisce ampie esenzioni dalle normative e riduca il surplus commerciale con gli Stati Uniti. In base a quanto ricostruito, il monito sarebbe stato espresso al commissario europeo per il Commercio Maroš Šefčovič nel corso degli incontri avvenuti a Washington e oggi sarebbe stato trasmesso agli ambasciatori dei 27 Stati membri a Bruxelles. Uno sviluppo degno di nota che arriva a pochi giorni dalla scadenza del 9 luglio, dopo la quale Washington ha dichiarato che imporrà dazi del 20 per cento su tutti i prodotti Ue in caso di mancato raggiungimento di un accordo.Sul dossier è intervenuta anche Giorgia Meloni. Secondo il premier, sui “possiamo dirci soddisfatti per aver ricostruito un dialogo” con gli Stati Uniti, ma “vedremo nei prossimi giorni cosa succederà. Io non posso dirlo”. “La Commissione europea”, ha aggiunto intervenendo in collegamento all’evento “Forum in Masseria 2025”, presso Masseria Li Reni, a Manduria, “segue la trattativa con gli Stati Uniti sui dazi, noi abbiamo lavorato perchè tra le due sponde dell’Atlantico ci fosse un rapporto franco, ma costante, teso a cercare di risolvere insieme i problemi”.La Commissione riprenderà il confronto con gli Usa sui contenuti durante il fine settimana, l’annuncio del portavoce della Commissione europea per le questioni commerciali Olof Gil: “La posizione dell’Ue è stata chiara fin dall’inizio: siamo a favore di una soluzione negoziata con gli Stati Uniti, e questa rimane la nostra priorità – le sue parole all’Adnkronos – sono stati compiuti progressi verso un accordo di principio durante l’ultimo round di negoziati che si è svolto questa settimana”.Nelle scorse ore il segretario Šefčovič ha parlato di “una settimana di lavoro produttivo” e di una “buona riunione” con la controparte americana. Ieri la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha ribadito di auspicare “un accordo di principio” che consenta alle parti di proseguire i colloqui in attesa di un accordo definitivo. “Come sempre, nei negoziati, che non si sa mai quando si concludono con successo, puntiamo al 9 luglio. È un compito enorme, perché abbiamo il più grande volume commerciale a livello mondiale tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, 1,5 trilioni di euro, una quantità molto complessa ed enorme. In effetti, ciò a cui puntiamo è un accordo di principio, perché con un volume così grande in 90 giorni un accordo nei dettagli è impossibile. Puntiamo a un accordo di principio, che è quello che ha fatto anche il Regno Unito” le sue parole in un punto stampa ad Aarhus, in Danimarca. LEGGI TUTTO