More stories

  • in

    Ita cancella il Milano-NY per favorire Lufthansa

    Le prossime nozze tra Ita Airways e Lufthansa potrebbero avere già iniziato a generare il loro primo effetto concreto per i viaggiatori italiani. Il prossimo 7 gennaio, infatti, decollerà da Milano Malpensa l’ultimo volo Ita Airways che farà rotta all’aeroporto «JFK» di New York. Dopodiché l’ex Alitalia abbandonerà la tratta, lasciando a terra i circa 7mila passeggeri che avevano prenotato il volo dall’8 gennaio fino a novembre 2024. Questi ultimi potranno accedere al rimborso del biglietto o, in alternativa, a un volo sostitutivo che però dovrà fare scalo a Roma Fiumicino. Di fatto, però, si tratta di un’opzione di viaggio meno comoda per i viaggiatori lombardi che devono dire addio all’unico collegamento diretto operato da Ita verso lo scalo americano. Si trattava di un volo quasi giornaliero che copriva, andata e ritorno, la tratta Malpensa-New York. Quest’anno la compagnia italiana ha messo a disposizione sul percorso in questione 694 voli un totale di 173.500 posti che equivalgono del 13% dei posti forniti tra Milano e New York, dopo Emirates, Delta Airlines, American Airlines, United Airlines e i francesi di La Compagnie. Dall’8 gennaio però chi volesse partire da Milano usando Ita dovrà recarsi all’aeroporto di Linate e fare scalo a Fiumicino.Dietro a una simile decisione è difficile non vedere l’attuale braccio di ferro in corso con Bruxelles sugli slot per i voli. In questi giorni, come preannunciato dalla premier Giorgia Meloni e dal cancelliere tedesco Olaf Scholz nel bilaterale della scorsa settimana, dovrebbe arrivare la notifica formale dell’affare tra Ita e Lufthansa, con i tedeschi pronti a entrare con il 41% investendo 325 milioni nella prima fase delle nozze. Questo passo formale è stato preceduto dalle consuete interlocuzioni informali pre notifica tra l’Antitrust Ue e le parti coinvolte (Mef da una parte e il vettore tedesco dall’altra). L’atto della notifica è slittato anche perché, secondo quanto rivelato nei mesi scorsi da Il Giornale, gli uomini della Concorrenza europea avrebbero esplicitamente detto che l’acquisizione di Ita è subordinata alla rinuncia di alcuni slot relativi alle rotte transatlantiche attualmente in concessione presso gli aeroporti di Francoforte e Monaco. Rinunce che sarebbero parecchio dolorose per la compagnia tedesca guidata dal ceo Carsten Spohr.Ecco dunque che un possibile modo di sbloccare il nodo Antitrust sarebbe proprio che fosse Ita a sacrificare una rotta transatlantica per evitare ai tedeschi il taglio delle tratte di Monaco e Francoforte.Fonti di Ita Airways hanno spiegato al Giornale che alla base delle decisione ci sono solo motivazioni commerciali: la tratta Malpensa-New York, infatti, è stata definita in perdita, a causa di una forte concorrenza ma anche di una rete di appoggio insufficiente per alimentare il volo intercontinentale. Insomma, in base alle motivazioni della compagnia di bandiera, la tratta Malpensa-New York sarebbe una specie di mosca bianca delle rotte intercontinentali, solitamente profittevoli. Appena due anni fa l’allora amministratore delegato, Fabio Lazzerini, tra le prime cose aveva voluto investire proprio sul lungo raggio verso gli Usa, potenziando la rotta Roma-New York e aggiungendo, per l’apputo, la rotta tra Milano Malpensa e New York. LEGGI TUTTO

  • in

    Piazza Affari ai massimi dal 2008

    Piazza Affari va di corsa e ieri con un salto dell’1,06% ha raggiunto i 29.688 punti dell’indice FtseMib, ai massimi dalla fine di giugno 2008. La Borsa italiana è a un passo dai 30mila punti, soglia che aveva sfiorato la scorsa estate prima di correggersi. Nel nostro paniere principale i titoli bancari hanno un notevole peso e un effetto slancio nelle ultime settimane è arrivato sicuramente dai buoni conti trimestrali degli istituti bancari del Paese e anche dalla promozione del comparto dell’agenzia di rating americana Moody’s. Certi livelli non si vedevano dalla crisi della Lehman Brothers, momento in cui è iniziato un vero declino per la Borsa del nostro Paese. E chissà che l’Italia ora non possa iniziare una risalita che possa riportarla ai livelli del 2000, quando arrivava a sfiorare la soglia dei 50mila punti.Il nostro listino è stato il migliore in Europa nel corso del 2023 e continua ancora a salire, non curante di quello che proprio ieri ha detto l’Ocse che ha limato al ribasso le stime della crescita italiana per il 2023 (+0,7% da +0,8%). L’anno prossimo il Pil aumenterà di un altro 0,7% per poi risalire al +1,2% nel 2025.Ma allora cosa c’è alla base degli ultimi rialzi? I fattori da considerare sono diversi. Ieri, per esempio, Bloomberg ha riportato di pressioni da parte di alcune autorità nazionali sulla nuova responsabile della vigilanza Bce, la tedesca Claudia Buch che entrerà in carica nel 2024, per consentire alle banche una politica dei dividendi più generosa. Se così facesse, la nuova responsabile della vigilanza apporterebbe un cambio di passo rispetto al predecessore Andrea Enria, che invece è sempre stato molto cauto sul tema predicando prudenza alle banche nella distribuzione degli utili agli azionisti per prediligere la capitalizzazione. Difficile che Buch assecondi le richieste, essendo definita dalla stessa Bloomberg «un falco sulla materia» e quindi un atteggiamento più benevolo della Banca centrale europea non è scontato. Ma sta di fatto che i titoli bancari festeggiano.C’è poi da considerare anche che gli analisti, in virtù di un’economia europea in frenata, cominciano a vedere un allentamento della politica monetaria di Bce e Federal Reserve. Gli esperti di Anima, per esempio, credono che l’istituto guidato da Christine Lagarde sarà il primo a tagliare i tassi (nel secondo trimestre), mentre l’istituto di Jerome Powell sfodererà le forbici nel terzo trimestre 2024. Ieri, intanto, il Pil Usa è stato rivisto al rialzo (+5,2 da +4,9%) tra luglio e settembre. Mentre l’inflazione è al +2,8% (dal +2,9% della prima lettura).Tornando però all’Italia, ieri lo spread – il differenziale di rendimento tra i Btp decennali italiani e i pari durata tedeschi – è sceso poco sopra 170 punti, ai minimi da settembre. Ciò significa che la percezione di rischio sul nostro debito è in calo. LEGGI TUTTO

  • in

    Per Signa è insolvenza. Mr. Benko al capolinea

    La Signa Holding del magnate austriaco René Benko (in foto) ha annunciato l’apertura di una procedura di insolvenza e chiederà al Tribunale commerciale di Vienna l’apertura di una procedura di riorganizzazione in auto-amministrazione. «Nonostante i notevoli sforzi compiuti nelle ultime settimane, non è stato possibile ottenere la liquidità necessaria per una ristrutturazione extragiudiziale in misura sufficiente», si legge nel comunicato stampa. Il gruppo Signa, a corto di liquidità, è alla disperata ricerca di 500-600 milioni di euro per onorare i debiti in scadenza. Signa Italia sta costruendo a Bolzano il «Waltherpark», centro polifunzionale dove sorgeranno negozi, ristoranti ma anche abitazioni e uffici. Hager, presidente di Signa Italia, ha precisato che i lavori saranno completati.La dichiarazione solleverà preoccupazioni per dozzine di banche europee, tra cui la svizzera Julius Baer e l’austriaca Raiffeisen, per la loro esposizione a Signa e a Benko: le loro azioni sono crollate negli ultimi giorni. Julius Baer avrebbe debiti pendenti nei confronti di Signa per oltre 600 milioni di franchi svizzeri e Raiffeisen Bank International per oltre 750 milioni di euro. Quindi, per colpa dell’aumento dei tassi di interessi e il rallentamento sul mercato immobiliare, Benko si trova improvvisamente in difficoltà a trovare nuovi investitori e a rispettare gli impegni presi. Secondo Forbes, il patrimonio del 47enne, che la scorsa estate era ancora stimato con 5,5 miliardi di euro, nel giro di pochi mesi è crollato a 2,6 miliardi. Nelle scorse settimane sono anche cresciuti i malumori tra i suoi soci. Uno dei primi a chiedere un radicale cambio di rotta, nella speranza di salvare il salvabile, è stato il «re dell’asfalto» austriaco e bolzanino di adozione Hans Peter Haselsteiner. LEGGI TUTTO

  • in

    Stai affittando una casa? Cambia tutto: ecco cosa devi acquistare

    Nuovi obblighi per gli affitti brevi. Le locazioni turistiche dovranno avere impianti specifici a norma, rilevatori di monossido ed estintori, collocati in posizione visibile. La misura è racchiusa all’interno di un emendamento dei relatori (Claudio Borghi (LSP-PSd’Az), Dario Damiani (FI-BP-PPE), Vita Maria Nocco (FdI). Il testo è stato da poco depositato alla legge di conversione del Decreto Anticipi. Ecco tutte le novità.Le novitàIl testo contiene il nuovo codice identificativo nazionale assieme a delle sanzioni particolarmente dure. Infatti coloro che offriranno in locazione un immobile privo del nuovo Cin, appunto il Codice identificativo nazionale da attribuire agli appartamenti da affittare ai turisti, incorrerà in una sanzione che ammonta fino a 8mila euro. Inoltre le dotazioni degli immobili in locazione turistica dovranno rispettare i requisiti di sicurezza degli impianti, come definito all’interno della normativa statale o regionale. Inoltre le unità immobiliari dovranno essere dotate di dispositivi specifici per rilevare un’eventuale presenza di gas combustibili e del monossido di carbonio. Questi dovranno essere funzionanti. Gli estintori portatili dovranno rispettare la normativa e dovranno essere posizionati in luoghi visibili e accessibili. Di questi sarà necessario avere un dispositivo ogni 200 metri quadri di pavimenti e un estintore per piano come minimo.Le sanzioniIl nuovo codice identificativo nazionale comporterà sanzioni importanti per chi non le rispetterà. Infatti i titolari di una struttura turistico ricettiva alberghiera o extra alberghiera e chi propone in affitto breve o in locazione per finalità turistiche senza rispettare il Cin sarà sanzionato dagli 800 agli 8mila euro, la cifra verrà definita secondo le dimensioni della struttura o dell’immobile. Non solo. Nel caso in cui il Cin non verrà esposto e indicato, il soggetto verrà punito con una sanzione che va dai 500 ai 5mila euro, con il medesimo criterio della prima ammenda citata. LEGGI TUTTO

  • in

    L’intelligenza che serve al Paese

    L’evoluzione degli indici di borsa fornisce sempre utili spunti per comprendere le trasformazioni in atto nell’economia e nelle imprese. Negli ultimi anni la transizione digitale è il fattore che ne ha segnato le dinamiche. Lo si vede bene confrontando le 10 aziende americane a maggior capitalizzazione nel 2003 e nel 2023. Nel 2003 il gruppo era formato da aziende operanti in diversi settori merceologici: industria (GE), beni di largo consumo (Johnson & Johnson) distribuzione (Walmart), farmaceutica (Pfizer), Banche (Citi, JP Morgan), Energia, (Shell, BP, Exxon) e tecnologie (Microsoft e IBM).Sono i leader dei settori che costituiscono l’ossatura delle economie più avanzate e che ne hanno guidato la crescita nel secolo scorso. Ma nel 2023, dei leader del 2003 nel gruppo di testa resta solo Microsoft. Non ci sono più banche, farmaceutici, supermercati e beni di largo consumo. La lista è dominata dai grandi attori della tecnologia digitale che occupano 7 delle 10 prime posizioni. Le altre filiere ovviamente non sono scomparse, ma la loro capacità di crescere e creare valore è stata superata da chi opera nel digitale. Nel 2003 il valore di borsa medio delle top 10 era di circa 200 miliardi di dollari con un range tra i 265 e 140. Oggi le prime 5 superano (ognuna) il trilione di dollari (Apple 2.8, Microsoft 2.4 , Saudi 2, Alphabet 1,5, Amazon 1,2). I nuovi leader sembrano aver messo il turbo, imboccando un percorso di crescita esponenziale che li ha trasformati da start up a giganti facendogli superare in pochi anni i colossi di una volta che hanno continuato a crescere, ma non a questi ritmi vertiginosi.Come hanno fatto? Hanno adottato un nuovo modello di impresa che supera le tradizionali organizzazioni «a silos» tipiche dell’era industriale. Hanno messo al centro l’uso dei dati considerati risorsa strategica e condivisa – e hanno puntato ad una forte automazione dei processi, resa possibile dall’Intelligenza Artificiale (IA): un modello che opera con costi marginali vicini allo zero, in grado di far crescere rapidamente base dei clienti e fatturato, senza una proporzionale crescita dei costi. E che estende l’influenza dell’impresa a interi ecosistemi di filiera attraverso la digitalizzazione degli scambi di informazioni e servizi. In sintesi: organizzazioni dove le persone lavorano su come meglio sfruttare i milioni di dati raccolti e sullo sviluppo di algoritmi di IA per costruire processi operativi e gestionali fortemente automatizzati. Si pensi alla raccolta e distribuzione della pubblicità on line, all’acquisto di beni su piattaforme di ecommerce, ai suggerimenti sul prossimo film da vedere in streaming, o alla selezione del percorso migliore da seguire sullo smartphone navigatore.Sono tutti processi centrali per queste aziende e che funzionano senza alcun intervento umano, gestiti solo da algoritmi, che usano e navigano attraverso milioni di dati e continuano automaticamente ad apprendere e perfezionare il servizio che ci offrono. E il sistema Italia? Ce la può fare in questa nuova economia? L’Italia ha dato prova di avere nelle sue imprese, nelle sue università e nelle sue persone una grande riserva di competenze, valori, energie che soprattutto in momenti difficili e di discontinuità hanno consentito al sistema economico di adattarsi, reinventarsi e continuare a competere con successo sui mercati internazionali. La transizione digitale e quella energetica rappresentano una discontinuità che offre grandi opportunità di sviluppo e crescita. Per coglierle però è necessario che il digitale non venga più considerata tecnologia accessoria al business corrente, spesso non sempre – «relegata» allo sviluppo di siti o app per vendite on line. Ma strumento centrale per abbassare i costi marginali, fino quasi ad annullarli, puntare ad un percorso di crescita esponenziale ed estendere l’influenza dell’impresa fuori dalle mura dei suoi impianti, integrando sempre più servizi nell’offerta di prodotti.Sono cambiamenti importanti ma alla portata delle imprese italiane: aprire a nuove competenze e nuove energie da affiancare ai tecnici interni, esperti delle attività e tecnologie distintive; mettere al centro dei processi aziendali i dati ancora troppo spesso considerati un accessorio e non fattore vitale per la competitività; far evolvere l’organizzazione superando barriere interne e silos che oggi rischiano di essere un freno all’innovazione e alla crescita. Ultimo ma non ultimo sarà importante investire in una forte alleanza tra Pubblico e privato perché l’enorme patrimonio di dati della Pubblica Amministrazione venga reso utilizzabile e diventi nell’era dell’IA – fattore di competitività delle nostre imprese e dei nostri territori, trasformando il freno della burocrazia in un motore di spinta per la nuova economia. LEGGI TUTTO

  • in

    Lutech si aggiudica la gara per le attività Ict non business specific di Sea

    Sea annuncia con una nota l’aggiudicazione a Lutech Spa della gara per l’affidamento, attraverso procedura di dialogo competitivo che si è conclusa il 16 novembre 2023, dei servizi di manutenzione e monitoraggio delle attività ICT non business specific, già in parte gestiti da Sea tramite contratti con fornitori esterni.La gara, ad evidenza pubblica, è stata avviata nel luglio 2022 al fine di individuare un operatore economico a cui affidare il servizio per gli aeroporti di Milano Linate e Milano Malpensa, attualmente erogato da Airport ICT Services Srl (“AIS”), società interamente controllata da Sea, della quale l’aggiudicatario acquisirà l’intero capitale sociale. L’acquisizione è soggetta alle usuali condizioni sospensive in linea con la prassi di mercato, ivi incluso l’ottenimento delle approvazioni delle autorità competenti.Attraverso questa operazione, a cui il mercato ha dato riscontro positivo, Sea conseguirà l’obiettivo di incrementare l’efficacia e l’efficienza dei processi aziendali, ottimizzando in particolare quelli ICT “non-business specific” e la garanzia di essere supportata da un importante player specializzato nel processo d’innovazione tecnologica attesa nei prossimi anni.Il Gruppo Lutech è leader di innovazione, con oltre 5.000 professionisti e ricavi per oltre 800 milioni di euro, a supporto della trasformazione e della crescita di grandi aziende e istituzioni del Paese. Il gruppo ha importanti competenze e referenze nella realizzazione e gestione di sistemi IT complessi e trasformazioni digitali per grandi clienti di tutti i settori come ad esempio Regione Lombardia, A2A, Eni, Enel, Tim, Autostrade, Mediaset, Terna, Snam, Rai, Generali, Banca Intesa. LEGGI TUTTO

  • in

    Burocrazia, male insolubile: lavoro minimo, costo enorme

    Nel nostro Paese la Pubblica amministrazione è da tempo immemore una forza frenante. Cittadini e imprese ne patiscono gli effetti con un misto di frustrazione e rassegnazione. Tale deficit rappresenta per l’economia reale un problema di vaste proporzioni. Tentativi di invertire la rotta vi sono stati; ma possono essere tranquillamente rubricati alla voce palliativi. Ovvero: difetta uno studio approfondito delle ragioni di questo freno a mano tirato e, di conseguenza, quel che viene attivato risulta monco in partenza. Il problema, infatti, non è nella qualità delle maestranze o nel numero ridotto degli assunti. Tanto che spesso, per motivi che toccano la sfera del consenso elettorale, la politica si esprime sulla delicata materia quasi unicamente invocando nuove assunzioni.Ho letto quel che il grande liberale Luigi Einaudi affermava nel 1919: «Il lavoro burocratico è pessimamente organizzato, epperciò, sebbene le paghe siano modeste, la resa del lavoro è minima ed il costo enorme; ed opprimenti le imposte che i contribuenti debbono pagare per mantenere un ceto burocratico povero, malcontento, invidioso ed improduttivo. Finché si lascia immutata la organizzazione attuale, bisogna dichiarare che il problema è insolubile». Pensieri formulati oltre cento anni fa, ma che possono essere un monito per il presente. L’impresa Italia mostra il volto corrucciato di un modello aziendale privo di una visione. Sclerotizzato, improduttivo. Un modello malato di statalismo e perciò poco interessato a investire su forme innovative di organizzazione del lavoro. E dunque molto interessato a consolidare rendite di posizione e a svilire il lavoro delle migliori professionalità. Morale: urge attuare una rivoluzione culturale di segno liberale. Per liberare finalmente l’impresa Stato con un modello organizzativo virtuoso, cioè snello ed efficiente.www.pompeolocatelli.it LEGGI TUTTO

  • in

    Eni incassa mezzo miliardo dai tedeschi: “Violato contratto per le forniture di gas”

    La Germania dovrà risarcire Eni. Il gruppo energetico tedesco Uniper ha perso un arbitrato internazionale che lo vedeva contrapposto a una società europea dell’energia per un contratto a lungo termine di fornitura di gas naturale liquefatto (Gnl) scaduto nel 2022. La compagnia, nazionalizzata da Berlino nel pieno della crisi energetica conseguente alla guerra in Ucraina nel 2022 che ha fatto segnare perdite record l’anno scorso, è stata condannata a pagare una somma pari a 550 milioni di euro.La società anonima di cui non viene fatto il nome nei comunicati ufficiali rilasciati da Uniper, che ha preannunciato un onere di oltre mezzo miliardo di euro nel 2023, sarebbe l’italiana Eni. Lo scrive l’agenzia di stampa Reuters, precisando che il contenzioso legale era iniziato nel 2021 a causa di un contratto a lungo termine firmato prima che Uniper nascesse nel 2016 come costola di E.On in Germania.Eni, contattata da il Giornale, ha dichiarato che “non si trova nella posizione per poter confermare o commentare questa indiscrezione”, poiché “gli arbitrati sono in generale coperti da confidenzialità”. Risposta piuttosto standard in questi casi, trattandosi di tema delicato che nessuno intende sfiorare per via degli eventuali accordi di riservatezza tra le parti.Ad ogni modo i primi effetti della vittoria legale degli scorsi giorni si sono subito visti in borsa, con Eni che ha chiuso in rialzo nella giornata di martedì 28 novembre (15,20€ con una crescita dell’1,12%). Uniper ha fatto sapere invece che si appellerà alla decisione della Camera internazionale del Commercio, ma questa notizia è un’altra grana che si aggiunge alla serie di fallimenti e sconfitte accumulate nell’ultimo periodo dal governo tedesco in materia energetica e finanziaria.Dopo lo stop ai fondi Covid per il clima da parte della Corte costituzionale federale, che ha paralizzato la capacità di spesa di Berlino, il “salvataggio” di Siemens Energy e la fine dell’era del gas russo a basso costo, la Germania si ritrova ora a pagare le conseguenze di una strategia energetica spericolata e poco lungimirante che sta tenendo la sua economia nelle sabbie mobili, malgrado le mosse disperate tentate dal cancelliere Olaf Scholz per calmare i timori per una recessione. LEGGI TUTTO