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    M5S, oggi e domani l’Assemblea costituente: duello Conte-Grillo, in ballo futuro Movimento

    Si è aperto a Roma l’evento finale, chiamato Nova. Il clou sarà domenica 24 novembre alle 15, quando ci sarà la chiusura del voto e lo scrutinio. Gli 88.943 iscritti sono chiamati a decidere su temi come il ruolo del garante o il cambio del nome e del simbolo o la regola del doppio mandato. In gioco anche gli incarichi di Conte – oggi contestato da una ventina di persone – e Grillo. Incognita quorum: dovrà votare la maggioranza più uno

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    Si è aperta nel pomeriggio a Roma l’Assemblea costituente del M5S: l’evento finale, chiamato Nova, è in programma il 23 e il 24 novembre. In ballo c’è il futuro del Movimento, con la regola del doppio mandato, il nome e il simbolo. E anche gli incarichi di Giuseppe Conte e di Beppe Grillo: nessuno dei due può essere sicuro che lunedì ricoprirà ancora lo stesso ruolo. Il clou della Costituente sarà domenica alle 15, quando ci sarà la chiusura del voto e lo scrutinio: il momento della verità. Intanto oggi un gruppo di una ventina di contestatori – alcuni dei quali indossavano una maglia con i volti di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio – hanno interrotto l’intervento iniziale di Conte gridando “Onestà e trasparenza”, contestando le procedure di voto e urlando “dimissioni”. E ancora: “Siete come il Pd, due mandati e a casa”.

    Conte: “Oggi stiamo andando oltre l’intuizione di Casaleggio”

    “Casaleggio per primo ha individuato le potenzialità della democrazia diretta su piattaforma digitale. Ma oggi stiamo andando oltre. Ciascuno di noi può decidere sul futuro del M5s, abbiamo rovesciato la piramide, è la base che è in lato, che sta decidendo”, ha detto Conte aprendo la Costituente. “Io non sono certo l’ultimo entusiata. Sono tra i più entusiasti di questo processo costituente. Non vogliamo decidere per voi, ma vogliamo decidere con voi”. La Costituente “è un momento di grandissima partecipazione. Stiamo attraversano il momento di massimo inquinamento della politica, che sembra questione di addetti ai lavori, condizionata da gruppi economici – ha proseguito – Con una tensione così forte, il Movimento non può rimanere indifferente, è nato un processo partecipato, il più ampio, aperto anche a chi ha provato a contestare e delegittimare sin dall’inizio. Lo avevamo previsto, è fisiologico, siamo aperti anche al dissenso, perché questa è una forza politica sana”.
    Conte: “Aperti a chi la pensa diversamente, inspiegabile invitare al non voto”
    La contestazione “non è un incidente, se ci sono 90 mila persone che discutono ci possono essere anche persone che la pensano diversamente – ha detto poi Conte – Ma per un Movimento nato sulla partecipazione democratica, invitare a non votare o mettersi contro un processo di confronto è una contraddizione, la più forte, noi la accettiamo perché siamo aperti, ma contraddice il principio fondamentale del M5s. Inspiegabile invitare al non voto”. 
    Allontanati i contestatori
    Il gruppo di contestatori è stato poi allontanato dalla sala principale, tra urla e ‘contro-cori’. “Fuori, fuori”, ha gridato una parte della platea mentre i militanti lanciavano volantini. All’ingresso del Palazzo dei Congressi è seguito un aspro confronto tra contestatori e alcuni parlamentari 5s. Gli oppositori si definiscono ‘Figli delle stelle’, un gruppo di iscritti e militanti, in larga parte giovani. Tra questi, l’ex parlamentare del M5s Marco Bella. “Quale partito – ha commentato – cancella 70mila iscritti per vincere una votazione interna? Questa non è democrazia”. Al centro della protesta le operazioni di voto e l’intero processo Costituente. “Non ci ha mandato Grillo, – ha spiegato uno dei partecipanti alla protesta – non siamo né per Grillo né per Conte. Sulla maglietta ci sono i volti di entrambi i fondatori del M5s, coloro ai quali ci richiamiamo”. “Abbiamo fatto campagna per l’astensione, questa assemblea non si deve legittimare”, ha aggiunto un altro contestatore. All’esterno del Palazzo dei Congressi, alcuni hanno steso uno striscione con la scritta “SuperNova Flashmov”. “Nova è l’evento, supernova è l’esplosione di tutta la costellazione”. Tra le scritte sulle t-shirt, “il Movimento è leaderless”, “nome, garante e logo non si toccano”, “le idee sono protagoniste, non le persone”. Dopo alcuni scambi di battute con i giornalisti, i ‘Figli delle stelle” hanno lasciato il luogo dell’evento. LEGGI TUTTO

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    M5S, Conte alla sfida della Costituente: ecco cosa succede domenica

    Cambio del simbolo in standbyDel tanto discusso cambio di nome e simbolo, infine, non c’è traccia nelle questioni che saranno sottoposte agli iscritti. Nella proposta di revisione dello Statuto avanzata agli iscritti, il consiglio nazionale delibererebbe la modifica del contrassegno «su proposta del Presidente o del Garante». O. Tradotto: Conte potrà proporlo anche da solo e contro la volontà di Grillo. Ma Conte non ha interesse a cambiare il marchio storico: lo farà solo se al termine del processo costituente Grillo dovesse decidere di fare causa per la proprietà del simbolo.Collocazione politica e alleanzeLa questione della collocazione politica è quella che avrà più impatto sui rapporti con il Pd: gli iscritti si troveranno a scegliere tra “Dichiararsi progressista alla luce della nostra Carta dei principi e dei valori”, evidentemente la scelta su cui spinge il leader, e “Non dichiarare alcun posizionamento, ritenuto riduzionista, e mantenere la storica distanza dalla destra e dalla sinistra”. Una soluzione quest’ultima che se dovesse prevalere metterebbe la parola fine a ogni ipotesi di campo largo. Ma anche se, come è più che probabile, dovesse prevalere la prima opzione, resta da definire la modalità dell’eventuale alleanza con il Pd. Anche qui le scelte sono due: «condizionare le alleanze al alcuni fattori da allegare al Codice etico» oppure «vietare ogni forma di alleanza». Dando per più probabile la prima scelta, si chiede poi se condizionare le alleanze «all’elaborazione di un documento che dichiari i valori e i punti programmatici non negoziabili del movimento da far sottoscrivere alle forze politiche che intendano allearsi con il movimento», oppure «alla condivisione di un «accordo programmatico preciso», oppure alla «ratifica della base degli iscritti»Si vota anche sul superamento del limite dei due mandatiAgli iscritti si chiede anche se intendano modificare o meno il limite dei due mandati. Tra le opzioni tra cui scegliere in caso di modifica, l’estensione del tetto a tre mandati, consentire, in deroga al limite dei due mandati, la candidatura a presidente di Regione o sindaco; consentire la possibilità di ricandidarsi dopo aver osservato una pausa minima di 5 anni al termine dei mandati elettivi attualmente consentiti.Chi nel gruppo dirigente M5s sta con ConteOrmai Giuseppe Conte e Beppe Grillo non si parlano più, ma è attorno a loro che si muove la gran parte della galassia Cinque stelle. Anche perché la Costituente ha prodotto un effetto polarizzazione: o con l’uno o con l’altro. Dall’uscita di Luigi di Maio, che durante il governo Draghi fondò una propria forza politica, il volto-simbolo del M5s è stato sempre di più quello di Conte. Nel gruppo dirigente del M5s, è contiana la vicepresidente vicaria Paola Taverna: l’ex senatrice è quella incaricata di tessere la tela delle alleanze locali. Col presidente anche i suoi vice nel Movimento Michele Gubitosa e Riccardo Ricciardi, entrambi deputati, e il senatore Mario Turco. Contiano doc il capogruppo alla Camera Francesco Silvestri, così come gran parte dei parlamentari. Vicino a Conte, ma non senza distinguo, il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli, da sempre sostenitore convinto – più del presidente – della necessità del campo largo. Lontana dagli impeti grillini della prima ora, e quindi più affine al Movimento targato Conte, è la presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde: anche lei sponsor della necessità di investire nel campo largo.I seguaci di GrilloNel gruppo dirigente, vengono invece ritenuti filo-Grillo l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi, che fa parte del comitato di garanzia del Movimento, l’ex ministro Danilo Toninelli, del collegio dei probiviri M5s, molto attivo sui social con attacchi a Conte, e il tesoriere Claudio Cominardi. Fra i parlamentari che hanno preso le difese di Grillo, la senatrice Maria Domenica Castellone. Non ha lesinato appunti critici a Conte, ma senza strappare, l’ex sindaca di Torino e ora deputata Chiara Appendino LEGGI TUTTO

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    La Lega alla prova della questione Nord, Salvini rivendica il Veneto e prepara il congresso lombardo

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaMatteo Salvini, dopo le due sconfitte in Emilia-Romagna e in un Umbria, prova il rilancio. E cerca di compattare la Lega a tre settimane del congresso regionale in Lombardia del 15 dicembre, dove l’obiettivo è quello di arrivare a una candidatura “unitaria”.Rimonta la questione NordMa le tegole per il segretario sono tante. Nel partito rimonta la questione del Nord. E’ stato il governatore lombardo Attilio Fontana, che ha parlato della necessità di rimettere il settentrione al centro dell’azione politica. Concetto condiviso anche dal capogruppo alla Camera Riccardo Molinari: «Il tema Nord ha sempre tenuto banco nella Lega, siamo nati per quello. C’è un dibattito interno per far sì che il Nord sia al centro dell’agenda».Loading…In Veneto partita aperta per il dopo ZaiaNon solo. Le roccaforti del Nord sono a rischio. Prima fra tutte il Veneto prossimo ormai all’addio del Doge, Luca Zaia. Salvini ieri al Consiglio federale del partito è tornato a perorare la causa del terzo mandato che garantirebbe la permanenza del Governatore uscente. In ogni caso, se la strada per la conferma fosse (come è molto probabile) impraticabile, il segretario avverte che comunque «la priorità è avere un candidato della Lega alla guida del Veneto». Concetto ribadito ieri: «La Lega governa bene il Veneto da tanto tempo. Proporremo che continui a essere la Lega a guidare il Veneto». Parole indirizzate a Giorgia Meloni. «Ci vedremo a stretto giro, appena rientra», ha assicurato al termine della riunione. Non è un mistero che la premier abbia da tempo messo gli occhi sul Veneto forte del primato di Fdi che, malgrado abbia ormai scalzato il Carroccio in tutte le Regioni del Nord, non ne governa nessuna. Da tempo si fa il nome del senatore Luca De Carlo, presidente della Commissione Agricoltura di Palazzo Madama. Ma non c’è solo lui. Anche l’europarlamentare di Fdi Elena Donazzan, ex assessora della giunta Zaia, potrebbe ambire alla nomination.Le fibrillazioni in LombardiaQuanto al congresso in Lombardia, in campo, dopo il periodo di commissariamento affidato al deputato Fabrizio Cecchetti, al momento ci sono ancora due nomi: il capogruppo in Senato Massimiliano Romeo e il coordinatore dei giovani leghisti Luca Toccalini. Entrambi vicini al segretario, anche se Romeo non ha risparmiato negli ultimi mesi qualche critica, tutti e due non hanno intenzione di ritirarsi dalla corsa. Anche se entrambi auspicano che si arrivi al congresso con un nome solo. La stessa speranza di Salvini, che vorrebbe evitare divisioni nella sua Lombardia.La miccia VannacciUn’altra miccia da disinnescare è quella relativa all’europarlamentare Roberto Vannacci, il generale che oggi radunerà le sue truppe a Marina di Grosseto per l’assemblea nazionale del suo comitato “Il mondo al contrario”. «Io ho la tessera della Lega dal ’91 ed è da 34 anni che provano a fare polemica. Una volta è Zaia, una volta è Vannacci – osserva Salvini -. Vannacci è assolutamente utile, positivo e propositivo, dialoga anche con persone che si sono allontanate dalla politica». Il generale ribatte alle insinuazioni e assicura che la sua storia politica è nel Carroccio e minimizza. «Cambieremo ragione sociale al comitato, da culturale a politica». Il fatto è che i primi a non credere che il generale si fermerà sono gli stessi leghisti e pure gli alleati. Questione di tempi, dicono, e poi lancerà l’Opa da dentro o da fuori. LEGGI TUTTO

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    “Nessuna Scusa”, da Arianna Meloni a Schlein: la campagna contro la violenza sulle donne

    Contro la violenza sulle donne arriva un messaggio di unità delle istituzioni che va al di là delle differenze politiche. Dalla segretaria di Fratelli d’Italia Arianna Meloni, alla leader del Pd Elly Schlein, fino al presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte: esponenti di diversi partiti hanno aderito a #NessunaScusa, la campagna lanciata dalla deputata Mara Carfagna in vista del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. “La lotta contro la violenza sulle donne non è nè di destra nè di sinistra, ci riguarda tutti. Si tratta di dire basta a quella cultura del possesso che nega alle donne spazi di indipendenza, di autonomia, di libertà e che ancora oggi uccide una donna ogni tre giorni. Non possiamo non essere tutti dalla stessa parte”, scrive sui social la deputata di Noi Moderati-Centro Popolare. “Non ci sono scuse per chi utilizza la violenza che sia fisica, verbale o psicologica contro una donna. Dobbiamo ricordare che l’amore è soprattutto dono e condivisione, non possesso”, afferma Meloni. Per Schlein “troppo spesso sentiamo le vittime accusate una seconda volta. Non c’è mai nessuna scusa possibile davanti ad una violenza di genere che non è mai colpa delle vittime ma sempre degli aggressori”. “Le molestie contro le donne non possono avere nessuna giustificazione che siano forme di violenza fisica, sessuale, psicologica, economica o sociale”, aggiunge Conte.

    Gli appelli

    Per tutti i partecipanti all’iniziativa, un segno rosso sul viso ritratto a fine messaggio simboleggia l’impegno contro la violenza di genere. “Chi commette violenza sulle donne non è soltanto un criminale, è un vigliacco”, è l’appello lanciato da Maria Elena Boschi (Italia Viva). Per Luana Zanella (Alleanza Verdi Sinistra) “nessuna scusa può legittimare chi commette abusi o violenza contro le donne”. “La politica di ogni colore non può accampare scuse nella lotta alla violenza contro le donne”, rilancia Laura Ravetto (Lega). “Nessuna scusa, se picchi o violenti una donna”, rimarca Catia Polidori (Forza Italia). 

    SU INSIDER
    I dati contro la violenza di genere in Italia hanno un problema LEGGI TUTTO

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    Mandato arresto Cpi, Meloni: “No equivalenza tra Israele e Hamas”

    “Un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas”. Lo ha dichiarato in una nota la presidente del Consiglio Giorgia Meloni commentando la sentenza della Corte Penale Internazionale riguardante il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. ”Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza – ha commentato ancora la premier -. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica. La presidenza italiana del G7 intende porre il tema all’ordine del giorno della prossima ministeriale Esteri che si terrà a Fiuggi dal 25 al 26 novembre”.

    Il commento di Crosetto e di Salvini

    Una posizione, questa, sulla quale si trova d’accordo il ministro della Difesa, Guido Crosetto. “Ritengo – ha sottolineato – sia una sentenza sbagliata, che ha messo sullo stesso piano il presidente israeliano e il ministro della Difesa israeliano con il capo degli attentatori, quello che ha organizzato e guidato l’attentato vergognoso che ha massacrato donne, uomini, bambine e rapito persone a Israele, che è quello da cui è partita la guerra. Sono due cose completamente diverse”. “Noi – ha detto ancora Crosetto – dovremmo applicare le disposizioni della Corte penale internazionale alla quale aderiamo, quindi, se venissero in Italia, dovremmo arrestarli, ma non per decisione politica, non c’entra nulla la decisione politica, per applicazione di una normativa internazionale”. Parole che non trovano per nulla d’accordo Salvini: “Conto di incontrare presto esponenti del Governo israeliano – ha annunciato – e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri”. 
    La posizione di Tajani
    “Hamas – ha confermato il titolare della Farnesina – è un’organizzazione terroristica, bisogna separare bene le cose. Esamineremo e leggeremo le carte per capire quali sono le motivazioni che hanno portato la Corte ad adottare questa scelta. Rispettiamo la Corte, la sosteniamo, ma siamo altresì convinti che la Corte svolge un ruolo giuridico e non politico”. “La linea  – ha detto ancora Tajani – è quella del presidente del Consiglio che io ho il dovere di attuare anche perché la condivido. Per quanto riguarda le decisioni le prenderemo insieme con i nostri alleati. Da lunedì si inizia il G7 Esteri a Fiuggi, ne parlerò anche lì con i miei alleati e vedremo cosa si dovrà fare. La politica estera la fa il presidente del Consiglio, il ministro degli Esteri la attua, questa è la posizione ufficiale del governo”.. LEGGI TUTTO

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    Assemblea Anci, Meloni: “Rivendico stop abuso ufficio, no processi a onesti”

    “Voi sindaci siete i primi difensioni dei cittadini, vi prendete cura senza risparmiarvi delle vostre comunità, spesso con mezzi che sono e restano inadeguati. La vostra è una vocazione. Grazie per quello che fate ogni giorno”. La presidente del Consiglio è intervenuta in videocollegamento nella giornata conclusiva dei lavori in corso al Lingotto di Torino per l’assemblea annuale dell’Anci per fare gli auguri di buon lavoro al neoeletto presidente Gaetano Manfredi. L’Anci, ha detto ancora la premier, “troverà sempre nel governo un interlocutore attento, sempre pronto a un confronto mantenendo come stella polare l’interesse dei cittadini”.

    Comuni “simbolo dell’unità”

    “I Comuni, come ha giustamente ricordato il presidente Mattarella, sono il simbolo della libertà e dell’unità della nostra nazione – ha sottolineato Giorgia Meloni -. Sono ovviamente d’accordo con il capo dello Stato. Mi permetto di aggiungere un elemento di riflessione: i Comuni sono il motore della coesione, la cinghia di trasmissione che tiene viva la connessione tra istituzioni, comunità locali e cittadini. Senza i Comuni, I’Italia non esisterebbe”. E rivolgendosi direttamente ai sindaci ha detto anche: “Siete il volto più prossimo dello Stato, vi prendete cura delle persone e delle comunità che vi sono state affidate e lo fate senza risparmiarvi, giorno e notte, festivi compresi, spesso con mezzi che restano inadeguati”.
    Comuni e Pnrr
    “I Comuni avranno un ruolo cruciale nella fase due dell’applicazione del Pnrr che è una fase fondamentale, forse la più importante di tutte, nella quale non possiamo permetterci errori e ritardi – ha detto ancora Giorgia Meloni -. Anche per questo abbiamo istituito una cabina di regia per mettere tutti i soggetti coinvolti attorno allo stesso tavolo, per risolvere subito i problemi”. ”Certo – ha proseguito la premier – ci sono ancora tanti problemi da risolvere, ne sono consapevole, ma penso che la direzione intrapresa sia quella giusta. Sono molto d’accordo con il presidente Manfredi quando dice che i Comuni svolgono un ruolo fondamentale per ridurre i tanti divari che esistono e ancora permangono nella nostra Nazione. Non c’è solo il divario tra Nord e Sud ma anche quello tra Costa tirrenica e Costa adriatica e altro ancora. E questo è il motivo per il quale questo governo ha stabilito l’obbligo di destinare alla regioni del Sud almeno il 40% dei fondi pluriennali degli investimenti”.  LEGGI TUTTO

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    Vaticano, Papa Francesco: “Serve subito una riforma delle pensioni”

    La gestione del Fondo Pensioni del Vaticano è “al centro della ‘preoccupazione’ dei
    Pontefici che si sono succeduti sin dalla sua istituzione”. Lo afferma Papa Francesco in una Lettera al Collegio cardinalizio e ai Prefetti e responsabili delle istituzioni curiali, degli
    uffici della Curia romana e delle istituzioni collegate con la Santa Sede. Papa Francesco ricorda che “sono stati realizzati differenti studi dai quali si è derivato che l’attuale gestione pensionistica, tenuto conto del patrimonio disponibile, genera un importante disavanzo”. “Purtroppo  – dice il Pontefice –  il dato che ora emerge, a conclusione delle ultime approfondite analisi svolte da esperti indipendenti, indica un grave squilibrio prospettico del Fondo, la cui dimensione tende ad ampliarsi nel tempo in assenza di interventi: in termini concreti, ciò significa che l’attuale sistema non è in grado di garantire nel medio termine l’assolvimento dell’obbligo pensionistico per le generazioni future”. 

    La richiesta del Pontefice
    “Siamo ora tutti pienamente consapevoli che occorrono provvedimenti strutturali urgenti, non più rinviabili, per conseguire la sostenibilità del Fondo Pensioni, nel contesto più generale delle limitate risorse disponibili dell’intera organizzazione, e un’appropriata copertura previdenziale per i dipendenti presenti e futuri, in una prospettiva di giustizia ed equità tra le diverse generazioni. Si tratta di assumere decisioni non facili che richiederanno una particolare sensibilità, generosità e disponibilità al sacrificio da parte di tutti”, sottolinea il Papa.

    Il cardinale Farrell amministratore unico del Fondo Pensioni
    Il Pontefice ha anche deciso di nominare il card. Kevin Card. Farrell, Amministratore Unico per il Fondo Pensioni, “ritenendo che questa scelta rappresenti, in questo momento, un passo essenziale per rispondere alle sfide che il nostro sistema previdenziale deve affrontare in futuro”. “A tutti voi – scrive il Pontefice – chiedo una particolare collaborazione nell’agevolare questo nuovo e ineludibile percorso di cambiamento. Confidando nel supporto e nel sostegno di tutti, vi chiedo di accompagnare questo momento con le vostre preghiere”. Nella lettera, Francesco ricorda la necessità di “affrontare problematiche serie e complesse che rischiano di aggravarsi se non trattate tempestivamente. Mi riferisco alla gestione del nostro Fondo Pensioni, già considerato tra i temi centrali della riforma economica, costituendo un argomento al centro della ‘preoccupazione’ dei Pontefici che si sono succeduti sin dalla sua istituzione”. LEGGI TUTTO

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    Riecco i «giallo-verdi»: il No alla Commissione Ue unisce Lega e M5s

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaCi risiamo, riecco i gialloverdi, Lega e M5s, che da sponde opposte in Italia si ritrovano a votare assieme in Europa. Sia il partito di Giuseppe Conte che quello di Matteo Salvini hanno già annunciato il loro “no” alla Commissione di Ursula von der Leyen distinguendosi dai loro alleati: Fdi e Fi da una parte e il Pd dall’altra. Niente di nuovo. Entrambi fanno parte di gruppi all’opposizione. Ma è un passaggio, quello del “no” alla Commissione, che in prospettiva è destinato ad assumere sempre maggior peso.I leghisti, in testa Salvini, assicurano che «non ci saranno conseguenze per il Governo» di Giorgia Meloni e «plaudono» alla designazione del ministro uscente degli Affari europei, Raffaele Fitto, a vicepresidente esecutivo della Commissione Ue ma comunque voteranno contro. I Cinquestelle hanno ovviamente gioco più facile visto che anche in Italia sono all’opposizione. Il No però aiuta Giuseppe Conte a marcare la differenza dal Partito democratico che invece alla fine ha deciso di votare a favore dell’Esecutivo europeo nonostante la presenza di un esponente dei Conservatori, ovvero lo stesso Fitto, su cui i socialisti a Strasburgo si sono divisi.Loading…Una differenza che certo marcherà – e lo ha già fatto capire – anche Salvini. Ad esempio quando si parlerà di Ucraina. Anche qui le posizioni dei gialloverdi sono più vicine di quelle con i loro alleati. E non è un caso se tra i principali sostenitori di Donald Trump figurano proprio il leader della Lega ma anche quello pentastellato, il solo tra i partiti di opposizione a inviare gli “auguri di buon lavoro” al Presidente eletto.Anche qui niente di nuovo. Entrambi hanno la necessità di risalire la china. Le Regionali in Emilia Romagna e Umbria sono stati per enrambi un bagno di sangue. Conte fa fatica, deve uscire dall’attacco mossogli da Beppe Grillo e soprattutto dai malumori dentro il Movimento, di chi ritiene che il Pd stia fagocitando M5s.Anche il vicepremier leghista è però in difficoltà. Il progetto della Lega nazionale è fallito e lo spostamento sempre più a destra non paga. Salvini non a caso nelle ultime uscite è tornato a difendere le candidature nelle Regioni del Nord, a partire dal Veneto, in vista delle elezioni che si terranno nel 2025. Ha bisogno delle sue roccaforti, senza le quali la Lega rischia di dissolversi.Il braccio di ferro con Fdi e Fi è inevitabile. Il partito della Premier in tutte le Regioni è primo con molti punti di vantaggio e ha messo gli occhi proprio sul Veneto per il post Zaia. LEGGI TUTTO