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    Mattarella in Brasile: “No rassegnarsi a guerra, aspiriamo a pace”

    “Viviamo un contesto incerto – ha sottolineato il presidente della Repubblica – si moltiplicano le crisi, minacce per la pace e la sicurezza, di fronte a queste sfide la soluzione è solo comune”.  E ancora: “Occorre essere impegnati contro le disuguaglianze, contro la fame, per il clima” e per “il rispetto della sovranità e della integrità territoriale di tutte le nazioni”

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    “Al pari del Brasile e di altri grandi Paesi aspiriamo alla pace e la perseguiamo. Come italiani, come europei, come membri responsabili del consesso delle Nazioni riteniamo che essa debba essere costruita a partire da principi di elementare giustizia e ancorata al diritto delle genti”. A parlare è il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento al Centro per le relazioni internazionali di Rio de Janeiro, nell’ambito della sua visita in Brasile. “Viviamo un contesto incerto – ha sottolineato ancora il capo dello Stato – si moltiplicano le crisi, minacce per la pace e la sicurezza, di fronte a queste sfide la soluzione è solo comune, l’aggressione russa viola i pilastri del diritto internazionale, inutile cullarsi nella illusione di una crisi locale, l’aggressore è membro permanente dell’Onu. Non possiamo rassegnarci alla guerra, aspiriamo alla pace e la perseguiamo”,

    La guerra in Ucraina e in Medioriente

    “La aggressione russa all’Ucraina viola i più basilari principi della coesistenza tra Stati e mina i pilastri dell’ordine internazionale: la norma sull’illiceità del ricorso alla guerra per risolvere le controversie; il rispetto per la sovranità degli Stati e la loro integrità territoriale; il valore fondamentale della Carta delle Nazioni Unite” ha detto il Capo dello Stato. “È inutile cullarsi nell’illusione che si tratti di una crisi regionale. La crisi è globale perché globali sono sia la gravità dell’attentato alla convivenza internazionale commesso dalla Federazione Russa sia le responsabilità dell’aggressore, che è membro permanente del Consiglio di Sicurezza. Non possiamo rassegnarci alla guerra”. E poi: “Il Medio Oriente, teatro negli ultimi mesi delle sciagurate gesta terroristiche di Hamas contro inermi israeliani e dell’inaccettabile massacro di civili palestinesi, vive da troppo tempo martoriato”. LEGGI TUTTO

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    Meloni vota no a von der Leyen: le ragioni di una scelta a sorpresa

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaAlla fine ha prevalso la linea dura. Giorgia Meloni ha deciso di votare contro la riconfermata presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Una scelta che pone l’Italia all’opposizione, assieme ai Patrioti di Matteo Salvini, di Viktor Orban e di Marine Le Pen e che fino all’ultimo è stata oggetto di confronto tra la premier e i big del suo partito. Ma perché Meloni ha deciso per il no?I contenuti contano fino a un certo puntoUfficialmente da Fdi fanno sapere che le linee programmatiche indicate da von der Leyen in mattinata non contenevano indicazioni convincenti. Non è bastata la conferma della linea “dura” sull’immigrazione, il riferimento alla dimensione esterna caro alla leader di Fdi e neppure l’annuncio di un Commissario ad hoc per il Mediterraneo, così come l’accompagnamento del Green deal a un piano parallelo sulla competitività e il rafforzamento della Difesa europea. Tutte posizioni che per molti osservatori avrebbero dovuto spingere Meloni a dare il suo consenso. Ma la verità è che i contenuti (come sempre) contano sì ma fino a un certo punto.Loading…A mettere al riparo il bis di von der Leyen sono stati i 53 deputati VerdiNon a caso Fdi è stata l’unica delegazione a non rivelare fino all’ultimo la scelta. Anzi: a rivelarla solo dopo che lo scrutinio si era già completato. Dai numeri infatti arriva la risposta. A mettere al riparo il bis di von der Leyen sono stati i 53 deputati dei Verdi, che prima dell’avvio del voto hanno confermato l’indicazione per il sì. Quindi i voti eventuali di Fdi sarebbero stati aggiuntivi ma non “determinanti” per l’elezione di Ursula. Meloni ha preferito così schierare i suoi 24 deputati sul ”no” ritenendo che il prezzo da pagare alla sua destra non sarebbe stato compensato a livello negoziale. Ora certo Matteo Salvini apparentemente ha un’arma in meno nei confronti della Premier che non potrà essere accusata di “tradimento”. Ma è una visione di corto respiro che rischia di isolare l’Italia. Almeno in Europa. Meloni l’ha sicuramente messo in conto. La premier guarda a cosa accade al di là dell’Atlantico e si prepara all’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, sottraendo così a Salvini (ma anche a Orban) l’esclusiva del rapporto con il probabile futuro Presidente Usa.Una mossa rischiosaUna mossa rischiosa però perché in Europa, è il rapporto con Francia e Germania ad avere il principale impatto sulla nostra economia e certo questo rapporto – che già non brillava – è peggiorato ulteriormente. Chi ne esce ammaccato è certamente Antonio Tajani. Il leader di Forza Italia fino all’ultimo ha lavorato per l’intesa. Così come anche il ministro di Fdi Raffaele Fitto che subito dopo il discorso di von der Leyen ha messo l’accento sugli aspetti più positivi. Tutti gli altri però sono rimasti silenti. Fitto per ora resta comunque il principale candidato al ruolo di Commissario per l’Italia. Con quale portafoglio però lo si capirà più in là. LEGGI TUTTO

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    Invimit: Scalera nuovo amministratore delegato, Valducci presidente

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaRinnovato il cda di Invitalia, con Stefano Scalera nuovo amministratore delegato e Mario Valducci presidente. I consiglieri sono Michele Sciurpa, Mario Agnelli e Carla CappielloScalera dal 2011 è dirigente di I fascia presso il Ministero dell’economia e delle finanze ricoprendo vari incarichi. Attualmente svolge le sue funzioni, di consulenza, studio e ricerca sulle attività connesse al PNRR e agli investimenti presso il Dipartimento del Tesoro. In aspettativa nel 2021 per ricoprire il ruolo di responsabile degli affari istituzionali dell’AS Roma, è stato Vice Capo di Gabinetto occupandosi di investimenti, PNRR, innovazione, predisposizione dei pareri ed attività connesse con i lavori del CIPE. Precedentemente, come Consigliere del Ministro dell’Economia e delle Finanze per l’attrazione degli investimenti, ha lavorato al cosiddetto “Piano Juncker”, alla clausola investimenti e alla riforma del sistema finanziario. Scalera è stato anche direttore dell’Agenzia del Demanio, nonché membro del Bureau of the Housing and Land Management Committee presso l’UNECE, adjunct board member della Banca Europea degli Investimenti e consigliere di amministrazione di TELT, la società incaricata della realizzazione del collegamento ferroviario Torino – Lione. Autore di varie pubblicazioni in materia di mercati finanziari e real estate, i suoi interessi di ricerca includono Debito pubblico, e-procurement e integrazione europea.Loading…Mario Valducci, commercialista, ha lavorato dal 1983 al 1987 come revisore contabile in Price Waterhouse Cooper e dal 1987 al dicembre 1990 in Fininvest, fino a ricoprire il ruolo di direttore revisione interna operativa per il gruppo. Dal dicembre 1990 fino al settembre 1993 è stato direttore Merger & Acquisition e Franchising di Standa. Nel settembre del 1993 ha fondato, con Gianni Pilo, la Diakron Spa, società specializzata in sondaggi e marketing politico. È stato tra i protagonisti della fondazione di Forza Italia il 18 gennaio 1994. Terminata l’esperienza politica nel marzo del 2013 è tornato alla professione di commercialista. Nel luglio 2013 è stato nominato componente dell’Autorità di regolazione dei trasporti.Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A. (Invimit Sgr) è una società di gestione del risparmio del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha ad oggetto la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio realizzata attraverso la promozione, l’istituzione, l’organizzazione e la gestione di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti, la gestione del patrimonio di fondi comuni di investimento di propria o altrui istituzione e di altri organismi di investimento collettivo, italiani ed esteri, ivi comprese le funzioni di natura amministrativa, nonché la gestione di fondi immobiliari. LEGGI TUTTO

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    Brasile, Mattarella visita il Museo dell’Immigrazione di San Paolo

    Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in visita di Stato in Brasile, ha fatto tappa al Museo dell’immigrazione di San Paolo. Accompagnato dalla figlia Laura, il capo dello Stato ha visitato la struttura situata nel quartiere Mooca, la cui storia è strettamente associata all’arrivo di lavoratori italiani e delle loro famiglie nel 19esimo secolo. Il Museo sorge all’interno di uno stabile, costruito fra il 1886 e il 1888, dove gli immigrati potevano essere ospitati per un periodo massimo di otto giorni prima di dirigersi alla loro destinazione finale, in Brasile. All’ingresso, in alto su una parete, sono ancora visibili le istruzioni destinate ai migranti scritte in lingua italiana, nazionalità di provenienza della maggior parte di coloro che qui arrivavano in cerca di lavoro e fortuna.

    Il messaggio: “Siamo tutti un po’ migranti”

    Il presidente, partecipando a un incontro nel Museo, ha ricordato come “siamo tutti un po’ migranti”. A seguire la visita all’Arsenale della speranza, gestito dal Sermig di Torino, che accoglie ogni giorno 1.200 uomini di strada, i cosiddetti “moradores de rua”, giovani e adulti in difficoltà per la mancanza di una casa, di una famiglia, di un lavoro, per problemi di alcool e droga. Le due strutture sono ospitate negli immobili dove venivano raccolti gli immigrati in arrivo nel Paese sudamericano. La “straordinaria condizione che unisce l’Arsenale della Speranza di Torino a quelli di San Paolo e in  Giordania” sollecita “tutti quanti, perché parte da una convinzione di base che non dovremmo mai dimenticare: ciascuna persona, uomo o donna, rappresenta un patrimonio irripetibile e unico al mondo e non c’è nessuna persona che sia mai perduta davvero” ha ricordato il capo dello Stato LEGGI TUTTO

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    Dal referendum sull’autonomia alle regionali, che cosa c’è dietro il riavvicinamento tra Schlein e Renzi

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaLa Nazionale politici che batte la Nazionale cantanti. E quel goal della segretaria del Pd Elly Schlein su assist del suo predecessore e ora leader di Italia Viva Matteo Renzi . Prove di campo largo, larghissimo, in vista delle prossime politiche? La foto dell’abbraccio tra l’ex rottamatore che da segretario del Pd e premier candidò l’outsider Schlein alle elezioni europee del 2014 (lui non aveva ancora quarant’anni, lei non ne aveva ancora 30) potrebbe in effetti segnare una svolta nella costruzione dell’ormai mitico campo largo.Ma andiamo con ordine. Se due indizi fanno un sospetto, tre fanno una prova. Dopo il naufragio del progetto politico del Terzo polo per le note divergenze “caratteriali” e di ambizione di leadership tra Renzi e il leader di Azione Carlo Calenda, l’ex premier ha fatto due più due: in un sistema che è ridiventato bipolare, visto che il ridimensionamento del M5s alle europee (9,9% a fronte del più del 24% preso dal Pd) costringe Giuseppe Conte a restare ancorato alla barca dem, lo spazio per un polo liberaldemocratico che sia alternativo al centrodestra e al centrosinistra non c’è. E gli elettori si comportano di conseguenza, optando per il cosiddetto voto utile: alle europee del 9 giugno scorso Italia Viva e Più Europa, presentatesi insieme nella lista Stati Uniti d’Europa, non hanno superato la soglia di sbarramento del 4% anche se sulla carta avevano circa il 6%. E siccome Renzi, a dispetto dei vari restroscena che lo inseguono da anni, da ex segretario del Pd non ha mai preso in considerazione l’ipotesi di unirsi al centrodestra, non resta che una strada: la coalizione con il Pd.Loading…Emblematica la foto a suo modo storica che il 5 luglio scorso ha ritratto l’ex ministra e plenipotenziaria renziana Maria Elena Boschi assieme ai vari leader del centrosinistra (Schlein, Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs e Riccardo Magi di Più Europa) e al segretario della Cisl Maurizio Landini in occasione del deposito in Cassazione del quesito per l’abrogazione totale della legge Calderoli sull’autonomia differenziata. Poco importa che, se si arriverà al referendum nella primavera del 2025, gli italiani saranno contemporaneamente chiamati ad esprimersi anche sul renziamo Jobs Act che Schlein vuole cancellare. Da segnalare che, prima ancora delle europee, Renzi si era già espresso contro l’odiato (dal Pd) Ddl Caselati sull’elezione diretta del premier («un schiforma») nonostante il fatto che tale elezione diretta fosse nel programma del Terzo polo alle ultime politiche.Altro indizio: la ripresa dei contatti diretti tra Schlein e Renzi dopo le europee, che hanno dato il segnale inequivocabile che il Pd può vedere in prospettiva la possibilità di tornare a Palazzo Chigi solo se tutte le opposizioni – dal M5s appunto a Renzi – si presenteranno unite: il Pd ha bisogno di una “gamba” di centro, Renzi ha bisogno del Pd. «Renzi è un politico, ha capito, Calenda ancora no», ha confidato recentemente Schlein ad Augusto Minzolini sul Tempo.Già, Calenda. Favorevole all’abrogazione della legge Calderoli, si è tenuto alla larga dalla foto di gruppo. E poi ci sono le regionali d’autunno: se il leader di Azione non sembra avere problemi ad appoggiare il candidato del Pd Michele De Pascale alla successione di Stefano Bonaccini in Emilia Romagna assieme a tutti gli altri partiti del campo largo (compresa naturalmente la renziana Italia Viva), in Umbria, a fronte di un Renzi che è anche qui in partita, sembra esserci qualche resistenza sulla possibile candidata del campo largo Stefania Proietti, sindaca di Assisi. Comunque vada a finire la partita umbra, per Calenda la scelta di campo in favore del centrosinistra a guida Pd con dentro anche il M5s è più problematica: in Azione sono confluiti molti ex forzisti, a cominciare dalle ex ministre Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini. Tutte e tutti pronti a ritornare alla casa madre in caso di svolta a sinistra. LEGGI TUTTO

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    Elezioni regionali in Emilia-Romagna, si vota il 17 e 18 novembre

    Saranno domenica 17 e lunedì 18 novembre le elezioni regionali in Emilia Romagna. Lo ha annunciato la presidente facente funzioni della Regione Irene Priolo, dopo aver incontrato il presidente corte d’Appello di Bologna. “A partire ad questa settimana gli uffici della Regione Emilia-Romagna formalizzeranno la domanda” per la data indicata, spiega Priolo  e “attendiamo – aggiunge – la risposta della Corte d’Appello di Bologna per le prossime settimane. Quella di domenica 17 e lunedì 18 novembre è prima data utile che abbiamo condiviso, per quanto riguarda sia la funzionalità della Regione sia quella della Corte d’Appello, per fare in modo che le operazioni siano le più rapidi e le più efficienti possibile. Avevamo una finestra fino al 12 dicembre, ma abbiamo provato ad anticipare prima possibile”. “Sono già state contattate tutte forze politiche, tramite i capigruppo dell’Assemblea legislativa e la presidente Emma Petitti”, conclude Priolo sottolineando come fosse “giusto che lo sapessero anche i cittadini”.  LEGGI TUTTO

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    Pier Silvio Berlusconi: «Non mi candido, ma sento il fascino della politica»

    «Governo Meloni? Promosso»Netto invece, dall’altro canto, il giudizio sul governo Meloni: «Meno male che c’è un governo stabile. E’ quello che serve, per dare le certezze necessarie a cittadini e imprese». Che voto quindi? «Un voto molto alto».Come commentare poi le parole della sorella Marina sulla “sinistra di buon senso” e sulla sintonia sui diritti civili con quella parte politica piuttosto che con quanto su questi temi esprime la maggioranza di governo di cui fa parte Forza Italia? «Marina – replica Pier silvio Berlusconi – ha espresso un’opinione personale, da editore. Come è legittimo e gisuto che sia possibile fare. Tengo comunque a sottolineare che la difesa dei diritti civili è nel dna di ciò che ci ha tramandato nostro padre. E le battaglie di civiltà non sono né di destra, né di sinistra».«Infastidito su Malpensa»L’animal spirit politico però ribolle. E tracima quando il discorso lambisce il dato personale, familiare. La polemica sull’intitolazione di Malpensa a Slivio Berlusconi «mi ha infastidito. E molto. Io capisco chi possa avere un’opinione differente. E’ legittimo. Le modalità non sono state pefrette? Non disvcuto. Del resto noi come famiglia non siamo stati coinvolti in questo porgetto. Mi infastidisce però molto chi fa polemica sulla polemica. Lo scrivere a mia sorella, dire che forse occorreva attendere del tempo. Questo lo trovo inaccettabile». Il riferimento «a Sala», non detto in un primo momento, diventa infine esplicito: «A Sala dico di dire se sei favorevole o no. Non rompere. Puoi anche dire che sei contro per mille motivi ma non fare polemica sulla polemica, pensasse a Milano. Io vivo in Liguria ma tutte le volte che ci vado dico che è un disastro milano, traffico; delinquenza, buche».Pollice verso alla Lega su canone e pubblicitàUn niet dall’amministratore delegato del gruppo Mediaset arriva poi anche alla proposta di legge della Lega che punta ad aumentare i limiti di affollamento del tetto pubblicitario della Rai in modo da abbassare il canone. «Un pasticcio assoluto; il contrario di quello che andrebbe fatto», ha detto Pier Silvio Berlusconi spiegando che secondo il suo parere si tratterebbe di una mossa tale da «distruggere il mercato. E non parlo tanto di Tv ma di tutto il mercato che si regge sulla pubblicità. Sarebbe la morte della editoria italiana, la Rai senza canone vorrebbe dire migliaia di licenziamenti». A distanza la replica della Lega con una nota: «La Lega sarebbe lieta di confrontarsi con l’ad di Mfe-Mediaset Pier Silvio Berlusconi e la sua azienda sul futuro dell’offerta televisiva italiana, ivi compreso il miglioramento della tv pubblica con riduzione dei costi a carico dei cittadini. Il dialogo è sempre utile, anche perché l’obiettivo è migliorare la concorrenza e la qualità complessiva del prodotto a beneficio del pubblico».Il no del 2013 a Silvio BerlusconiTv, finanza – con le prospettive di Mfe in Germania e il possibile futuro takeover su Prosiebensat (per ora negato) – ma anche tanta politica nella serata di presentazione dei palinsesti dunque. In cui a taccuini chiusi i manager di prima linea scuotono la testa alla domanda, replicando che “non si candiderà mai”. L’azienda e i suoi progetti ne risentirebbero troppo. «Nel 2013 mio padre – racconta Pier Silvio Belrusconi – mi chiese di candidarmi. Non posso dire che non mi piacesse l’idea. Ma non c’erano le condizioni». LEGGI TUTTO

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    Decreto sulle liste di attesa, le novità del testo al Senato

    I controlli in mano alle Regioni, meno interventi diretti del ministero della Salute, la piattaforma per il monitoraggio in diretta. Le modifiche al testo in esame al Senato

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    Presto il Senato darà il primo via libera al decreto sulle liste d’attesa che riporta in mano alle Regioni la loro gestione. Da quando la misura è stata varata, a inizio giungo, sono state apportate alcune modifiche, in particolare sotto il profilo dei controlli e le sanzioni che possono essere applicate in caso di inefficienza, della possibilità di monitorare in tempo reale l’andamento delle prestazioni nelle Asl e le garanzie per gli utenti. Termine per convertire il provvedimento in legge è attualmente fissato al 6 agosto.

    La piattaforma per controllare i tempi d’attesa
    Sarà possibile monitorare in tempo reale e in tutte le Regioni i tempi di erogazione delle prestazioni grazie alla Piattaforma nazionale per le liste d’attesa disposta presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. I direttori generali delle Asl saranno così valutati anche in base alle performance registrate, contando anche che scatterà il divieto di sospendere o chiudere le agende delle prenotazioni, con sanzioni aumentate per chi contravviene. Prevista inoltre una flat tax al 15% sugli straordinari di medici e infermieri laddove oggi il prelievo fiscale supera il 40%.

    Cup unico regionale o intraregionale

    Le prestazioni disponibili nelle strutture pubbliche e private convenzionate saranno raggruppate ovunque in un Cup (Centro prenotazioni) unico regionale o intraregionale, sempre con il divieto per gli ospedali di sospendere o chiudere le agende. Il Cup, inoltre, richiamerà i cittadini per ricordare e confermare la prenotazione: quando una persona non effettua la visita o l’esame che ha prenotato senza preavviso, pagherà comunque il ticket. LEGGI TUTTO