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    San Francesco, Mattarella promulga la legge ma scrive alle Camere: “Aspetti critici”

    Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promulgato la legge sulla festa nazionale di San Francesco rilevando alcuni aspetti critici che segnala ai presidenti delle camere La Russa e Fontana. “Ho provveduto alla promulgazione della legge – pur se il suo testo presenta alcuni aspetti critici che avverto il dovere di segnalare – in considerazione del significato del provvedimento e della circostanza che i rilievi non riguardano profili di natura costituzionale”. 

    La nota del Quirinale 

    Il Presidente della Repubblica ha dunque inviato al Presidente del Senato della Repubblica, Ignazio La Russa e al Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, la seguente lettera: “Ho provveduto alla promulgazione della legge – pur se il suo testo presenta alcuni aspetti critici che avverto il dovere di segnalare – in considerazione del significato del provvedimento e della circostanza che i rilievi non riguardano profili di natura costituzionale. L’articolo 1 della legge, al primo comma – al fine di promuovere i valori della pace, della fratellanza, della tutela dell’ambiente e della solidarietà – istituisce la festa nazionale di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, da celebrare il 4 ottobre di ogni anno. Conseguentemente, il secondo comma inserisce il 4 ottobre, quale “festa nazionale di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia”, nell’elenco dei giorni considerati festivi a livello nazionale dai quali derivano gli effetti dell’osservanza del completo orario festivo nei luoghi di lavoro e del divieto di compiere determinati atti giuridici. Il terzo comma dello stesso articolo  – prosegue ancora il comunicato – 1 modifica la legge 4 marzo 1958 n. 132, “Ricorrenza festiva del 4 ottobre in onore dei Patroni speciali d’Italia San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena”, limitandosi a espungere dalla legge e dal suo titolo ogni riferimento a San Francesco”, riporta la nota del Quirinale.
    Gli aspetti critici
    “Di conseguenza – si continua a leggere nel testo di Mattarella inviato alle Camere – la legge n. 132 del 1958 adesso prevede che il 4 ottobre è considerato solennità civile e giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse, in onore della Santa Patrona d’Italia Santa Caterina da Siena. Il quadro normativo risultante dalla legge approvata, pertanto, è il seguente: la medesima giornata del 4 ottobre è qualificata sia festività nazionale, in onore di San Francesco d’Assisi, sia solennità civile, in onore di Santa Caterina da Siena. Con due diverse disposizioni normative si prevede che, con riferimento ai due Santi, vengano celebrati sostanzialmente i medesimi valori, nello stesso giorno ma con un diverso regime. In entrambi i casi è previsto, in particolare, che, nella medesima giornata del 4 ottobre, le scuole possano promuovere iniziative dedicate ai valori universali di cui ciascuno dei due Santi è ritenuto espressione. Iniziative peraltro che non potranno più svolgersi il 4 ottobre in quanto giornata ormai festiva. Per quanto riguarda San Francesco, la possibilità di assumere simili iniziative viene estesa alle amministrazioni pubbliche, agli enti del terzo settore e alle “istituzioni pubbliche a livello nazionale, regionale e locale. Appare evidente come la normativa che disciplina le due ricorrenze richieda interventi correttivi volti a coordinare tra loro i due testi normativi. In primo luogo devo far presente che la medesima giornata – il 4 ottobre – non può essere qualificata, al contempo, sia festività nazionale sia solennità civile, anche perché, tra l’altro, da tali qualificazioni il nostro ordinamento fa discendere effetti diversi. Va operata, quindi, una scelta in tal senso – verosimilmente abrogando la previsione di solennità civile, meno rilevante – e, necessariamente, chiarendo se fare riferimento per la giornata festiva del 4 ottobre esclusivamente a San Francesco ovvero anche a Santa Caterina, fino ad oggi considerati congiuntamente. Inoltre, un migliore coordinamento merita l’indicazione delle iniziative che le istituzioni potranno assumere e dei loro contenuti, questo in special modo nel caso in cui si intendesse stabilire date diverse per le due ricorrenze. Fermo restando che, per quanto riguarda le scuole e gli uffici pubblici, bisognerà tenere conto del carattere ormai festivo della giornata del 4 ottobre. Invito pertanto il Parlamento ad apportare al provvedimento i correttivi necessari. Non posso, infine, non sottolineare l’esigenza che i testi legislativi presentino contenuti chiari e inequivoci”. LEGGI TUTTO

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    Forza Italia calamita al centro: da Bicchielli a Silli, la carica dei transfughi verso gli azzurri

    Ascolta la versione audio dell’articoloAntonio Tajani lo aveva detto il 23 febbraio 2024, al primo congresso di Forza Italia dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi: «C’è un grande spazio fra Meloni e Schlein, quello spazio abbiamo il dovere di occuparlo». Per un obiettivo: creare – o ricreare, rispolverando il sogno del Cavaliere – una «dimora dei moderati». Quella casa, mattone dopo mattone, transfuga dopo transfuga, non fa che crescere. E il successo alle elezioni regionali nelle Marche, con il sorpasso della Lega, assieme al trionfo in Calabria fanno alzare la testa agli azzurri, che con il loro segretario rivendicano di essere ormai «il secondo partito della coalizione di centrodestra», ma soprattutto la «casa» dei centristi di ogni colore.I gruppi parlamentari si ingrossanoParlano i numeri: Fi è il gruppo parlamentare cresciuto di più in questa legislatura, nonostante i regolamenti di Camera e Senato siano diventati più restrittivi rispetto al passato sui cambi di casacca. La campagna acquisti è stata massiccia soprattutto a Montecitorio, dove i deputati sono passati dai 44 originari ai 52 attuali. Ha cominciato Giuseppe Castiglione, in fuga da Azione di Carlo Calenda, seguito poco dopo da Enrico Costa e da Isabella De Monte (quest’ultima era stata eletta con Italia Viva, ma era transitata in Azione). Dal M5S di Giuseppe Conte sono arrivati alla Camera Giorgio Lovecchio e al Senato Antonio Trevisi. Alla Lega sono stati scippati due deputati: prima Davide Bellomo e poi il presidente della commissione Difesa, Nino Minardo, che era già passato al Misto. Ma i passaggi più “dolorosi” per le tensioni tra gli alleati sono stati quelli da Noi Moderati di Maurizio Lupi: il trasloco del deputato salernitano Pino Bicchielli ha comportato una valanga in Campania, dove hanno lasciato Nm per Fi i segretari provinciali di Avellino, Benevento, Caserta e Salerno. Sempre da Noi Moderati ha fatto rientro in Fi la vicesindaca di Arezzo, Lucia Tanti.Loading…Il ritorno di Silli e lo scontro frontale con LupiSoprattutto, è tornato in Forza Italia il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli. Un rientro di peso, perché vale una poltrona nel Governo. «Ricordo che il sottosegretario Silli è stato da me designato a rappresentare il nostro partito nel governo Meloni, designazione tanto più politica in quanto Silli non è parlamentare», ha tuonato Lupi. «Pertanto mi aspetto, in coerenza con la sua scelta, le immediate dimissioni da sottosegretario, per permettere al nostro partito di continuare a partecipare attivamente all’azione di governo con un nuovo rappresentante, in particolare nella politica estera». In zona esteri, va segnalato anche l’ingresso in Fi dell’ex viceministra pentastellata Emanuela Del Re. Tra i ritorni ufficiali, anche quello dell’ex ministro Claudio Scaloja.Le mire sui cattoliciNon è un mistero che Tajani punti ad accreditarsi come il riferimento dei centristi di ogni schieramento, in particolare dei cattolici delusi e insofferenti alla gestione dem di Elly Schlein. Lo ha detto esplicitamente anche alla kermesse nazionale di Telese Terme, dove è stato presentato il nuovo Manifesto della Libertà: una versione 5.0 dei valori della tradizione azzurra, a partire da euroatlantismo e difesa delle «idee liberali, cristiane, riformiste». Con l’economia sociale di mercato come faro, l’«assoluta parità dei diritti per ogni essere umano» come convinzione, la riduzione della pressione fiscale come sempreverde e la giustizia «non vendetta, ma garanzia di libertà» come priorità. Una piattaforma costruita per attirare i moderati lontani dal nazionalismo di Giorgia Meloni, seppur “gentile”, e dagli eccessi antisistema della Lega di Matteo Salvini, con o senza Vannacci, ma anche i riformisti non più a loro agio dentro il campo largo. Non è un caso che il dialogo più proficuo corra con Calenda: le posizioni, in politica estera e in politica economica, sono spesso vicine. La strategia condivisa con i figli del CavaliereDietro la nuova Forza Italia – all’insegna del “rinnovamento” e dell’“apertura”, parole d’ordine come fu “cambiamento” ai tempi della discesa in campo di Berlusconi nel 1994 – c’è lo zampino dei figli del Cavaliere, Marina e Pier Silvio. Che da mesi, nei ripetuti incontri con Tajani, alla presenza di Gianni Letta, hanno contribuito a ridisegnare la linea lungo l’asse Roma-Cologno Monzese. Lo sguardo è alle elezioni politiche del 2027, dove gli azzurri sperano di tornare ai fasti del passato: il 20 per cento. Alla fine della tornata delle regionali, il 24 novembre, si tireranno le prime somme per capire quanto sia alla portata. LEGGI TUTTO

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    Manovra 2026, vertice di maggioranza: caccia ai fondi per ceto medio e pace fiscale

    L’esecutivo cerca di accelerare per chiudere  la manovra, insieme al Documento programmatico di bilancio, entro il 15 ottobre. Intanto il ministro dell’Economia Giorgetti assicura: “Ci sono gli spazi fiscali” per abbassare le tasse (il riferimento è al taglio dell’Irpef dal 35% al 33% per i redditi fino a 50mila euro) e per “dare fiato” a chi “è sommerso dalle cartelle”. La Corte dei Conti precisa: “Spazi sì, ma molto stretti”

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    Prosegue il cammino della Legge di Bilancio per il 2026: oggi, 8 ottobre, si sta tenendo un nuovo vertice di maggioranza sul tema. Il governo guidato da Giorgia Meloni sta cercando di accelerare per chiudere la manovra, insieme al Documento programmatico di bilancio, entro il 15 ottobre. Intanto nei prossimi giorni saranno ascoltate a Palazzo Chigi le parti sociali, in vista del Consiglio dei ministri fissato per lunedì 13. Oltre a “qualche miliardo in più” per la sanità, come promesso dal vicepremier Matteo Salvinoi, il ministro dell’Economia e della Finanze Giancarlo Giorgetti assicura: “Gli spazi per fare la riduzione delle tasse per il ceto medio ci sono e ci sono anche gli spazi per la pace fiscale”. È vero che tutto ha un costo, ma si tratta di “una rispalmatura nel corso del tempo”. Bankitalia invita a limitare le “misure spot”, la Corte dei Conti fa notare che la tenuta delle risorse lascia “spazi molto stretti” a misure espansive, compresa la riduzione della pressione fiscale sul ceto medio, il sostegno agli investimenti e agli incentivi chiesti dalle imprese e la salvaguardia nel tempo della spesa sanitaria. Le misure andranno insomma attentamente selezionate, dando priorità alla crescita.

    Manovra 2026, tra pace fiscale e aiuti a famiglie e ceto medio

    Secondo quanto è emerso, la Manovra dovrebbe partire da una base di circa 16 miliardi di euro. Tra gli obiettivi principali c’è quello di “far respirare” i contribuenti. “Se diamo fiato a chi è sommerso dalle cartelle, forse non uccidiamo l’impresa e questa può continuare a contribuire”, dice Giorgetti. La pace fiscale si conferma dunque un cavallo di battaglia della Lega. Poi gli aiuti al ceto medio, ad esempio rimodulando ancora l’Irpef, punto su cui la premier Giorgia Meloni dice di voler “dare un segnale”. Se finora “ci siamo concentrati finora su redditi medio bassi – aggiunge – parlare del ceto medio significa parlare della fascia che arriva ai 50mila euro”. A questa spetterebbe il taglio dell’Irpef dal 35% al 33%, anche se Forza Italia vorrebbe che si arrivasse ai redditi fino a 60mila euro. La stessa Meloni riconosce però di disporre di “poche risorse”: bisogna capire “come usarle impattando meglio”, ha spiegato a Porta a Porta. LEGGI TUTTO

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    Elezioni regionali in Toscana, ecco chi sono i tre candidati alla presidenza

    Eugenio Giani è nato a Empoli il 30 giugno del 1959 ed è residente a Sesto Fiorentino. Sposato con Angela Guasti, hanno due figli. Si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Firenze. Nel 1990 è stato eletto nel Consiglio comunale di Firenze e, tra le altre cose, nel corso degli anni è stato assessore in diversi settori: dalla Mobilità alla Cultura, dallo Sport ai Lavori pubblici. Dopo le elezioni comunali del 2009, è diventato presidente del Consiglio comunale di Firenze. Alle Regionali del 2010 si è candidato nella circoscrizione di Firenze nella lista del Pd-Riformisti toscani ed è stato eletto in Consiglio regionale. È stato rieletto nelle elezioni del 2015, diventando presidente del Consiglio Regionale della Toscana. Alle Regionali del 2020 si è presentato come candidato governatore, sostenuto dalle liste Europa Verde Progressista Civica, Italia Viva +Europa, Orgoglio Toscana per Giani Presidente, Partito Democratico, Sinistra Civica Ecologista, Svolta!: è stato eletto con il 48,63% dei voti. Nel 2025 corre per la riconferma. Appassionato di sport, storia, cultura, ha scritto diversi saggi e libri e ricoperto incarichi in musei, associazioni, Coni, Aoni, Fae LEGGI TUTTO

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    Meloni: la proposta di pace di Trump apre qualche spiraglio. «Con ministri denunciata per concorso in genocidio»

    Ascolta la versione audio dell’articolo«Penso che la proposta di piano di pace presentata da Trump apra più di uno spiraglio, si tratta di una proposta molto articolata, che prevede alcune delle cose di cui abbiamo discusso e che abbiamo chiesto in questi anni: il rilascio degli ostaggi, il graduale ritiro di Israele dalla Striscia di Gaza, no a nuovi insediamenti in Cisgiordania, il disarmo di Hamas, fino a riconoscere l’aspirazione palestinese ad avere un proprio stato. È un piano su cui c’è stata una convergenza quasi totale, anche da Hamas seppur con qualche distinguo». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, ospite di Cinque minuti, in onda questa sera su Rai1.Percorso di pace è fragile, l’Italia c’è«È un percorso molto fragile, bisogna lavorarci tutti quanti insieme con forza. L’Italia c’è, come sanno tutti gli attori della regione, perché a questo ci siamo dedicati mentre altri sventolavano bandiere». Così ancora Meloni, ospite di Cinque minuti, parlando del piano di pace per Gaza. «Mi sarebbe piaciuto che il Parlamento votasse a sostegno del piano all’unanimità ma – ha aggiunto -, alcune forze di opposizione hanno deciso di non farlo, il che è abbastanza bizzarro perché lo sostiene anche Hamas».Loading…La Cgil interessata più a difesa sinistra che lavoratori«Non sono stata particolarmente dura sullo sciopero, ho detto quello che penso, cioè che era pretestuoso. Nei 10 anni” in cui ha governato al sinistra la Cgil ha indetto “6 scioperi generali, nei tre anni” del suo governo “4 scioperi generali, lo fa mentre aumentano occupazione e salari e diminuisce la precarietà, e lo fa sulla politica estera, un unicum nella storia del sindacato». Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ospite di Cinque minuti, in onda questa sera su Rai1. Si è trattato, ribadisce Meloni, di uno sciopero «pretestuoso» perché si vede che la Cgil «è molto più interessata a difendere la sinistra più che i lavoratori».Clima imbarbarito, non conto più minacce di morteNell’intervista la premier torna a denunciare l’atmosfera di tensione che riscontra nel Paese. «Temo un clima che si sta imbarbarendo parecchio. L’Italia ha già attraversato questa storia. Vedo tante cose che cominciamo a dare per normale e normali non sono. Io non conto più le minacce di morte, non faccio più nemmeno in tempo a segnalarle. E penso che ci siano delle responsabilità, di chi per esempio dice che ho le mani sporche di sangue, che io e questo governo siamo complici di genocidio».«Io, il ministro Tajani e Crosetto e l’amministratore delegato di Leonardo», Roberto Cingolani, «siamo stati denunciati alla Corte penale internazionale per concorso in genocidio. Ora io credo che non esista un altro caso al mondo e nella storia di una denuncia del genere». LEGGI TUTTO