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    Difesa, Governo diviso sul riarmo. Meloni al vertice straordinario Ue. Sul tavolo anche l’esercito comune

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaDalle parti di Palazzo Chigi la parola d’ordine è “mediare”. Tra l’Europa e gli Stati Uniti. Tra i paesi dell’Ue ostili al riarmo e quelli favorevole. Tra gli alleati di governo divisi sul piano ’ReArm Eu’ da 800 miliardi di Ursula von der Leyen. Giorgia Meloni vola a Bruxelles per il Consiglio europeo straordinario sull’Ucraina e sembra intenzionata a vestire ancora i panni di “pontiere” tra le diverse posizioni in campo. Il vertice si apre questa mattina. La vigilia dell’incontro il presidente francese Macron ha offerto alla Ue lo scudo nucleare in funzione anti Russia.La cautela di MeloniA quanto filtra, infatti, la presidente del Consiglio è pronta ad appoggiare il piano von der Leyen e viene ricordato che da anni chiede una difesa comune europea. Ma la premier sembra non apprezzare l’eccessiva enfasi sulla corsa al riarmo, che rischia di spaventare i cittadini. Lo stesso nome “ReArm Eu” non piace. L’accento va posto sulla ‘sicurezza’ e il vicepremier Antonio Tajani lo dice in chiaro: «Lo chiamerei Piano per la sicurezza europea». A Palazzo Chigi, ad ogni modo, c’è consapevolezza sui risvolti sul debito del piano proposto da Bruxelles, e per questo vengono considerati “ragionevoli” i dubbi espressi dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che mette in guardia da piani fatti «in fretta e furia senza una logica».Loading…La richiesta di chiarimentiIl Consiglio Ue di giovedì 6 marzo non sarà decisivo, «difficilmente si chiuderà ma è importante parlarsi tutti prima di incontrare Zelensky». Il momento delle decisioni arriverà al Consiglio del 20 e 21 marzo, intanto è importante questo confronto fra i leader, sottolineano fonti italiane.Sembra infine scontato che Meloni ribadirà la sua proposta di un vertice tra Ue, Usa e alleati Nato per fare il punto sul futuro dell’Ucraina. Meloni si presenterà al Consiglio Ue informale chiedendo chiarimenti sulla strategia della presidente della Commissione Ue e proporre adeguamenti. Di sicuro il governo non è intenzionato a utilizzare per la difesa i fondi di Coesione, che è solamente una “possibilità” che può essere perseguita come «scelta volontaria» dei singoli Paesi, ha specificato il vicepresidente della Commissione Raffaele Fitto. Ben venga, invece, anche se va usata con attenzione, la flessibilità sui conti per le spese per la difesa, una richiesta avanzata da tempo da Roma, che ora trova sponda a Berlino, con il cancelliere in pectore Friedrich Merz che chiede anzi di andare oltre i margini annunciati da von der Leyen.Le divisioni nella maggioranzaLa premier, però, è alle prese con le divisioni interne alla maggioranza, con i due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini, che restano su posizioni distanti. «Le tifoserie servono a poco», taglia corto il segretario di Forza Italia che sull’esercito comune la pensa all’opposto del suo omologo leghista. Salvini chiede cautela, perché se oggi «avessimo un esercito comune, Francia e Germania ci avrebbero già portato in guerra». E poi, insiste: quegli 800 miliardi di euro anziché per la spesa militare «si possono utilizzare in altro modo». L’obiettivo immediato, al di là del progetto di von der Leyen, è quello auspicato dalla stessa premier Meloni e che Tajani sottoscrive: «Dobbiamo lavorare perché ci sia un incontro fra Unione europea e Stati Uniti, perché ci sia l’Occidente che parli con una voce sola e ci sia un’unità di intenti». LEGGI TUTTO

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    Salva-Milano, passo indietro del Comune: verso l’affossamento della norma al Senato

    Passo indietro del Comune milanese sul “Salva-Milano”, il disegno di legge che avrebbe dovuto far ripartire la città dopo il blocco dell’urbanistica causato dalle inchieste. “Gli elementi di novità, e purtroppo di maggiore gravità, descritti negli atti di accusa” nei confronti dell’ex dirigente Giovanni Oggioni, che è stato arrestato, “inducono questa amministrazione a non sostenere più la necessità di proseguire nell’iter di approvazione della proposta di legge cosiddetta ‘Salva Milano'”, sottolinea l’amministrazione, che considera la possibilità di costituirsi parte civile nel procedimento giudiziario. Dopo la decisione del Comune di non appoggiare il provvedimento, che ha già ottenuto il via libera definitivo alla Camera ed è fermo in commissione al Senato, il centrodestra è ora orientato ad affossare la norma. Nei prossimi giorni il relatore del provvedimento Roberto Rosso di FI convocherà una riunione di maggioranza.

    La norma Salva-Milano

    Fino ad oggi il Comune di Milano, compreso il sindaco Giuseppe Sala, aveva sostenuto la necessità di approvare nel più breve tempo possibile il disegno di legge. Il termine per la presentazione degli emendamenti è slittata al 12 marzo. Sul tema la politica si è divisa, soprattutto a sinistra e nel Pd. Dopo l’arresto dell’ex dirigente comunale, il provvedimento è finito ancora di più sul banco degli imputati della politica perché, da quanto emerso, alcuni degli indagati e l’ex dirigente Oggioni avrebbero fatto pressing sui parlamentari per l’approvazione della norma. 
    Schlein: “Non ci sono le condizioni per andare avanti”
    Lo stop al Salva-Milano arriva anche dalla segreteria del Pd, Elly Schlein. “Dopo i gravi fatti emersi oggi dalla magistratura è evidente che non ci sono le condizioni per andare avanti”, ha dichiarato Schlein. “La prossima settimana ci saranno riunioni, di maggioranza e di commissioni, per valutare se e come proseguire l’iter del Salva-Milano”, precisa Roberto Rosso, senatore di Forza Italia e relatore del provvedimento. “Non commento le indagini, ma è un fatto politico che il Comune di Milano abbia tolto il suo appoggio al provvedimento”, ha aggiunto Rosso. 
    Pd: “Venute meno le condizioni essenziali per proseguire”
    “Mi trovo in totale sintonia con quanto espresso dalla nostra segretaria nazionale Elly Schlein, non ci sono le condizioni per andare avanti sul ddl Salva Milano”, ha dichiarato Pierfrancesco Majorino, capogruppo del Pd nel Consiglio regionale della Lombardia e responsabile nazionale dem per il diritto alla casa. “Aggiungo che ora serve un’ulteriore svolta nelle politiche espresse sia sul piano urbanistico che su quello della casa” aggiunge l’esponente dem. Opinione condivisa nel partito. “Quanto emerso oggi dalle indagini in corso – spiega il segretario di Milano metropolitana Alessandro Capelli – ci preoccupa moltissimo e cambia radicalmente il quadro su cui si è costruita la discussione negli ultimi mesi. Condividiamo con Sindaco e tutti livelli del partito che sono venute meno le condizioni essenziali per proseguire con una discussione proficua per la città sul tema Salva-Milano”. “Come Partito Democratico, insieme al Sindaco e all’intera coalizione, agiremo con orgoglio e consapevolezza, dando alla città i segnali di cambiamento e innovazione necessari” ha concluso.  LEGGI TUTTO

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    Difesa comune Ue, Giorgetti critico: “No a piano frettoloso e senza logica”

    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha detto: “Viviamo in tempi pericolosi, la sicurezza dell’Europa è minacciata in modo serio, la questione ora è se saremo in grado di reagire con la rapidità necessaria”. Ma quale sarebbe l’impatto del progetto sui conti pubblici italiani? Anche di questo si è parlato nella puntata di ‘Numeri’, di Sky TG24, andata in onda il 4 marzo 2025 LEGGI TUTTO

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    Piano di riarmo Ue, stop di Giorgetti: «Frettoloso e senza logica». Gentiloni apre: «Direzione giusta»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaSul riarmo europeo, a parte gli aiuti all’Ucraina che non sono in discussione, per Giancarlo Giorgetti, «altra cosa è la difesa e sicurezza europea che implica un programma ragionato e meditato di investimenti in infrastrutture militari che abbiano un senso, e non fatto in fretta e furia senza una logica. Ricordo che per comprare un drone o un missile supersonico, non si va al supermercato, ci vogliono investimenti pluriennali». Il piano di riarmo dell’Europa da 800 miliardi annunciato da Ursula von der Leyen crea una grana in più nella maggioranza. Dopo la bocciatura di Matteo Salvini, arriva anche quella del ministro dell’Economia. La Lega è compatta contro l’ipotesi di fare debito per le armi, alla vigilia del Consiglio straordinario proprio su difesa e Ucraina convocato per giovedì a Bruxelles, nel quale Giorgia Meloni illustrerà la posizione del governo italiano. Sarà un’occasione per approfondire il piano di von der Leyen e per chiarire le modalità di finanziamento e le tempistiche di erogazione delle risorse.Il piano ReArm agita il PdMa il piano ReArm lanciato ieri da Ursula Von der Leyen agita anche il Pd. Ieri Elly Schlein lo ha criticato senza mezzi termini. «Non è la strada giusta», ha detto la segretaria dem. Una bocciatura condivisa dalla sinistra dem, da Andrea Orlando a Roberto Speranza. Anche l’area riformista ha avanzato perplessità. Lorenzo Guerini ha parlato di «modifiche» necessarie al piano della presidente della commissione Ue. Tenendo ferma però una cornice precisa: l’esigenza «ineludibile» della crescita della difesa europea. Stamattina il dibattito tra i dem è andato avanti. Con le prese di posizione di big come Dario Franceschini e Paolo Gentiloni. Il primo ha fatto quadrato attorno alla segretaria: «Condivido le affermazioni di Schlein. Il piano di ’riarmo’ di Von der Leyen va profondamente rivisto perché non porta alla difesa comune europea ma al rafforzamento di 27 difese nazionali, peraltro finanziandolo coi fondi di coesione».Loading…Gentiloni si smarca: piano von der Leyen va nella direzione giustaIl secondo, invece, ha “ribaltato” il giudizio di Schlein: il piano Von der Leyen? E’ «un primo passo, credo vada nella direzione giusta», le parole dell’ex-premier. Per Gentiloni quel piano «è chiaro che può essere migliorato. Ma un conto è dire che va migliorato, altro dire che – per un titolo – l’Unione europea è bellicista e guerrafondaia» alludendo alla stroncatura del leader M5s Giuseppe Conte (che ha parlato di «furia bellicista». E oggi ha rbadito: «E’ inimmaginabile che il governo italiano possa arrivare a spendere fino a 30 miliardi in armi quando invece destina solo 3 miliardi contro il carovita e il caro bollette»). E Schlein? L’ex-premier la mette così: «E’ un dibattito che va avanti, ognuno dà il suo contributo». L’ex-premier mette in rilievo alcuni punti del piano, in particolare il «fondo da 150 miliardi» che «è esattamente quello che l’Italia, governo e opposizioni, hanno chiesto in questi mesi. E’ un fondo comune basato su eurobond per finanziare i sistemi di difesa comune, interessa 15-20 Paesi, non tutti i 27, ma l’Italia è tra questi».Tajani: Salvini non vuole l’esercito europeo? Io favorevole Nella maggioranza Antonio Tajani difende la presidente della Commissione, presa di mira dagli alleati leghisti. «Io sono europeista, convintamente europeista, e se fossi convinto che questo fosse un governo anti-europeo non farei parte di questo governo» ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine dell’evento a Milano per la ricostruzione dell’Ucraina. E sulle divisioni con Salvini sull’esercito europeo, cristallizzate nel vertice di martedì sera a palazzo Chigi, Tajani ha aggiunto: «Ognuno ha le sue opinioni, io sono favorevole. Noi siamo sempre stati, lo ribadiamo, favorevoli alla difesa europea». Toccherà alla premier Giorgia Meloni fare sintesi. LEGGI TUTTO

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    Riforma giustizia, vertice Meloni-Anm. Le toghe: “Speriamo in comprensione reciproca”

    La premier e il ministro della Giustizia Nordio ricevono l’Associazione nazionale magistrati: il clima è teso, i nodi da sciogliere molti. A partire dalla separazione della carriere e dalle voci secondo cui ci sarebbe l’intenzione di togliere ai pubblici ministeri la guida della polizia giudiziaria per le inchieste

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    Il clima è teso, le questioni sul tavolo molte. A Palazzo Chigi è arrivata una delegazione dell’Anm, Associazione nazionale magistrati, per discutere con la premier Giorgia Meloni e con il ministro Carlo Nordio della riforma della giustizia, dopo lo sciopero di protesta della scorsa settimana: i giudici si sono presentati con una coccarda tricolore appuntata sulle giacche, la stessa indossata proprio in occasione della recente mobilitazione. L’auspicio è la normalizzazione dei rapporti, dopo i ripetuti attacchi del governo alle toghe, spesso accusate di essere nemiche dell’esecutivo, dalla mancata convalida dei trasferimenti di migranti in Albania al caso Almasri e alla condanna in primo grado per il sottosegretario alla Giustizia Delmastro nel caso Cospito. Centrale la questione della separazione delle carriere, contro cui l’Anm fa muro. Tra le dirette conseguenze della trasformazione dettata dal disegno di legge costituzionale potrebbe poi esserci l’intenzione del governo di togliere ai pubblici ministeri la guida della polizia giudiziaria per le inchieste, con il ministro Nordio che definisce polemicamente i pm dell’accusa “superpoliziotti”.

    Anm: “Indagini a polizia giudiziaria? Serve chiarimento”

    “Togliere polizia giudiziaria per le inchieste dei pm? Su questo sono agitato”, ha detto alla vigilia dell’incontro Cesare Parodi, presidente dell’Anm. “È un’indicazione giornalistica e in teoria dovrei essere prudente, ma i miei colleghi sono stupiti e sconcertati. Questa indicazione sarebbe in palese contrasto con una norma della Costituzione che non è oggetto della riforma, l’articolo 109”, ha aggiunto intervistato a Un Giorno da Pecora. Si teme che, se i pm dell’accusa e la controparte della difesa saranno messi sullo stesso piano, non ci sarà più controllo giudiziario da parte del pubblici ministeri né poteri di impulso in questo senso. Ancora di più, il timore è che le investigazioni di polizia giudiziaria (che ha una sua precisa scala gerarchica confinante con i vertici della politica) possano finire sotto il controllo dell’esecutivo. Su questo l’Anm chiede un “chiarimento”.
    Le questioni aperte
    Solo pochi giorni fa da Chigi sembrava essere stata tesa una mano alle toghe, lasciando trapelare una disponibilità sui temi delle quote rosa e del sorteggio temperato per i componenti del Consiglio superiore della magistratura. Ma ciò potrebbe non bastare visto che su Alta Corte, doppio Csm e separazione delle carriere, ovvero i tre pilastri della riforma costituzionale che sta facendo il suo percorso in Parlamento, l’esecutivo non intende cedere.  LEGGI TUTTO

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    Meloni ai penalisti: carriere separate per giusto processo. Anm: sconcerta ipotesi di togliere polizia giudiziaria a pm

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di lettura«La riforma costituzionale sulla giustizia punta a raggiungere un obiettivo di sistema e che finora il sistema non ha raggiunto. L’art. 111 della Costituzione ci dice che “il giusto processo” è quello che si “svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”. Il giusto processo si attua, in contradditorio, davanti ad un giudice che non deve solo essere terzo, ma che deve anche apparire terzo». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, nell’incontro con l’Unione Camere penali a Palazzo Chigi: “È esattamente ciò che intendiamo fare noi con questa riforma, che prevede la separazione fra chi accusa e chi giudica e che punta a garantire una vera parità processuale fra accusa e difesa».Penalisti dopo incontro con Meloni: vada avanti con la riforma«Abbiamo fatto un incontro molto approfondito toccando tutti i temi che riguardano la riforma costituzionale della separazione delle carriere, abbiamo evidentemente invitato il governo ad andare avanti senza tentennamenti sulla via di questa riforma fondamentale, che restituisce ai cittadini il giusto processo attraverso l’istituzione finalmente di quel giudice terzo che è scritto nella nostra Costituzione all’articolo 111 ma di fatto non è mai stato realizzato». Così il presidente dell’Unione delle camere penali, Francesco Petrelli, dopo l’incontro a Palazzo Chigi con la premier.Loading…L’incontro con l’Associazione nazionale magistrati è previsto per le ore 15,30. Sarà l’occasione per affrontare il tema legato alla riforma della giustizia (provvedimento ora al Senato dopo l’approvazione delle Camere a gennaio) che prevede la separazione delle carriere tra magistrati requirenti e giudicanti (e due distinti organi di autogoverno).Si chiede chiarezza sul togliere polizia giudiziaria ai pmPotrà essere l’occasione giusta per fare chiarezza sulla presunta intenzione del ministro della Giustizia Carlo Nordio di togliere ai pm la guida della polizia giudiziaria per le inchieste. «Magari è una cosa priva di fondamento – commenta Cesare Parodi, presidente dell’Anm – ma se non fosse così ci preoccuperebbe ancora di più perché dà concretezza a quelli che erano i nostri timori. Ma mi chiedo: gli avvocati che difendono le garanzie dei cittadini su questa prospettiva del ministro, se è vera, non hanno nulla da dire? Va bene a tutti o siamo solo noi ad essere perplessi oppure la classe forense qualche motivo di preoccupazione dovrebbe averlo? Non lo so, ma io mi aspetto che gli avvocati – se la cosa fosse confermata – qualcosa dicano perché il tema non è affatto secondario».L’ipotesi del Ministro della Giustizia di togliere il controllo dei pm sulla polizia giudiziaria risulterebbe un provvedimento anticostituzionale: «Ho sentito molti colleghi e sono un misto tra stupiti e sconcertati: questa indicazione, così generica, sembrerebbe in palese contrasto con una norma della Costituzione che non è oggetto della riforma ovvero l’articolo 109 la quale dice che l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria». Così il presidente Cesare Parodi, durante un intervista, ha mostrato il suo timore riguardo l’intenzione del ministro della Giustizia Carlo Nordio di togliere ai pm la guida della polizia giudiziaria per le inchieste. «Se ne parlerò domani con Meloni? Non è un tema previsto ma – spiega – è talmente delicato che mi augurerei un chiarimento, perché tutti i colleghi se lo aspettano. Non era previsto nella riforma e avvalora la nostra tesi sul problema della separazione delle carriere». LEGGI TUTTO

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    Strage di Ustica, la Procura di Roma chiede l’archiviazione dell’ultima inchiesta

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaSembra destinata a restare senza colpevoli la strage di Ustica. La procura di Roma ha chiesto al gip l’archiviazione dell’ultima inchiesta sul Dc-9 Itavia che la sera del 27 giugno 1980 precipitò nel mar Tirreno, provocando 81 morti. Lo scrive la Repubblica, riferendo che per i pm lo scenario resta comunque quello della battaglia aerea ed è stata esclusa la pista della bomba esplosa a bordo.Secondo il quotidiano la procura romana non sarebbe riuscita a identificare la nazionalità dei caccia in assetto da guerra che quella sera erano nei cieli di Ustica e che avrebbero provocato l’abbattimento dell’aereo diretto da Bologna a Palermo e dunque a individuare i responsabili. E questo nonostante le decine di rogatorie internazionali – in particolare quelle degli ultimi anni con la Francia e gli Usa – e le numerose testimonianze raccolte dai magistrati.Ci sarebbe stata poca trasparenza nella collaborazione fornita dai Paesi ai quali l’Italia si è rivolta, con informazioni incomplete, non riscontrabili e in alcuni casi addirittura fuorvianti.Loading…Bonfietti: archiviazione su Ustica grande delusione «Con grande dolore e delusione apprendo la richiesta della Procura di Roma di archiviazione per la indagine sulla tragedia di Ustica aperta nel 2008 dopo le dichiarazione del Presidente Cossiga che indicava aerei francesi come responsabili dell’abbattimento del DC9 Itavia. È la reazione di Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica. Dolore, sottolinea Bonfietti, «per i nostri morti che non hanno ancora avuto completa giustizia e delusione per i tanti anni di indagini e sforzi di magistratura e avvocati che non hanno ancora potuto portare alla completa verità». LEGGI TUTTO

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    Mattarella: l’apertura dei mercati è un valore da mantenere

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaTra Italia e Giappone c’è una «collaborazione piena basata sul rispetto e la fiducia reciproca. Sono principi e valori che auspichiamo vengano mantenuti e sviluppati nella comunità internazionale: sono quelli dell’apertura dei mercati, l’apertura alle cooperazioni vicendovoli nella consapevolezza di reciproco arricchimento e della interdipendenza che si crea e che sottolinea le condizioni per cui la pace è garantita nel mondo». Lo ha sottolineato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al termine della sua partecipazione ad un evento alla sede di Confindustria Giappone a Tokyo alla presenza dei responsabili di imprese italiane e giapponesi.«Bene rapporti Ue-Tokyo grazie a eliminazione dazi»Il capo dello Stato ha poi sottolineato: «Oggi la integrazione tra i due mercati è sempre più stretta, grazie all’accordo di partenariato economico (Epa), siglato nel 2019 tra Tokyo e Bruxelles, che ha eliminato i dazi delle esportazioni europee verso il Giappone e viceversa, lontano da protezionismi di ritorno. L’economia giapponese, che si colloca tra le prime al mondo, si conferma così sempre più per il nostro continente interlocutore strategico, impegnata com’è anche nella costruzione di rapporti intercontinentali che sostengono la pace, la stabilità, la prosperità».Loading… LEGGI TUTTO