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    Stellantis si impegna a investire in Italia

    Il governo punta un miliardo sul rilancio del settore automotive in Italia in direzione della transizione tecnologica e industriale e Stellantis si impegna a non abbandonare le fabbriche del Paese a loro stesse con l’annuncio di due piattaforme tecnologiche innovative che promettono di rivoluzionare la produzione nazionale. E per l’anno prossimo programma 2 miliardi di investimenti nel nostro Paese e 6miliardi di acquisti di componenti dalla filiera automotive italiana. Una conferma che, dopo l’uscita di Tavares – con la sua fissa per l’elettrico -, il confronto è meno teso. Questi, per ora gli esiti del Tavolo Stellantis al ministero delle Imprese a Roma. Alla riunione hanno partecipato figure di spicco come il Ministro Adolfo Urso, il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il Ministro del Lavoro Marina Calderone, il responsabile per l’Europa di Stellantis Jean-Philippe Imparato e rappresentanti delle organizzazioni sindacali.​Pomigliano: la nuova piattaforma STLA Small e il futuro della “Pandina”Pomigliano d’Arco diventa protagonista del rilancio industriale di Stellantis. Jean Philippe Imparato, responsabile europeo del gruppo, ha confermato che l’attuale Fiat Panda, soprannominata “Pandina”, continuerà a essere prodotta fino al 2030, ma a partire dal 2028 lo stabilimento ospiterà una rivoluzione tecnologica. Installeremo la piattaforma STLA Small, su cui produrremo almeno due nuovi modelli compatti di nuova generazione», ha dichiarato Imparato.Inoltre, Stellantis ha annunciato che una nuova generazione della Fiat Panda sarà prodotta proprio a Pomigliano. Questa scelta rappresenta un segnale importante per il mantenimento della competitività dello stabilimento campano, che si conferma al centro della strategia del gruppo per le auto di piccola taglia.Un miliardo per la transizione, e l’innovazione industrialeIl ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha sottolineato l’importanza di governare la transizione tecnologica senza traumi, affermando che il governo è determinato a garantire un futuro sostenibile per il settore automotive: «La transizione va governata. Per questo abbiamo chiesto a Stellantis di assumersi la piena responsabilità sociale, mantenendo operativi tutti gli stabilimenti italiani e investendo in nuove tecnologie e modelli».Urso ha anche ribadito che il Piano Italia rappresenta un punto di riferimento per il settore, con investimenti strategici che includono lo sviluppo delle piattaforme STLA, la valorizzazione del Made in Italy e un rafforzamento della collaborazione con la filiera produttiva.«Ora possiamo rimettere sulla giusta strada l’auto italiana ed europea, possiamo farlo da oggi in Italia, dobbiamo farlo insieme in Europa. È il momento delle decisioni, è il momento della responsabilità», ha proseguito, parlando al tavolo. Urso ha inoltre evidenziato come il “Sistema Italia” possa agire unitamente per rilanciare il settore automotive, affrontando le sfide legate al rinnovamento tecnologico e alla transizione industriale.Urso ha poi aggiunto: «Siamo in prima linea per superare le ideologie del green deal e realizzare finalmente un approccio pragmatico e realistico, capace di coniugare la sostenibilità ambientale con le esigenze produttive e sociali del nostro sistema industriale». Ha evidenziato la necessità di un impegno collettivo a livello europeo per tutelare la produzione e salvaguardare l’occupazione nel settore automotive, sottolineando il consenso ottenuto dal “non paper” italiano tra vari Paesi dell’Unione e associazioni imprenditoriali.Melfi: piena operatività per la piattaforma STLA MediumAnche lo stabilimento di Melfi gioca un ruolo strategico nei piani di Stellantis, grazie all’installazione della piattaforma STLA Medium. A partire dal 2025, Melfi produrrà quattro modelli chiave per il futuro del gruppo:- La nuova Jeep Compass (sia elettrica che ibrida);- La nuova Lancia Gamma;- La nuova DS n°8 (esclusivamente elettrica);- La nuova DS7 (sia elettrica che ibrida).Jean Philippe Imparato ha sottolineato un cambiamento strategico importante: «Tutti questi modelli, tranne la DS n°8, saranno disponibili anche in versione ibrida, triplicando i volumi di produzione previsti».Questo approccio ibrido mira a rispondere alla crescente domanda del mercato, bilanciando le esigenze di elettrificazione con soluzioni tecnologiche più accessibili e adatte a un pubblico ampio.Atessa: il futuro dei veicoli commerciali elettriciLo stabilimento di Atessa, già punto di riferimento per la produzione di veicoli commerciali leggeri (SCV), si prepara a una significativa trasformazione tecnologica. Dal 2024 inizierà la produzione di veicoli elettrici, segnando un passo decisivo verso l’elettrificazione della gamma.Una delle principali innovazioni sarà il programma CustomFit, che consentirà di personalizzare fino al 50% dei veicoli elettrici prodotti, rispondendo alle esigenze specifiche dei clienti business. Inoltre, Jean Philippe Imparato ha annunciato una novità strategica per il 2027: «A Atessa introdurremo una nuova versione di Large Van, progettata per competere direttamente con i veicoli asiatici in termini di qualità e competitività».Questo sviluppo rafforza il ruolo di Atessa come polo industriale centrale per il segmento dei veicoli commerciali, garantendo maggiore capacità produttiva e competitività internazionale.Cassino: piattaforme di lusso per il futuro del gruppoLo stabilimento di Cassino ospiterà la nuova piattaforma STLA Large, equipaggiata con tecnologie all’avanguardia come STLA Brain e STLA Smart Cockpit, segnando l’ingresso di Stellantis in un segmento premium e tecnologico. A partire dal 2025, verranno prodotti tre nuovi modelli: la nuova Stelvio, la nuova Giulia nel 2026, e una vettura top di gamma.Imparato ha inoltre confermato che è in fase di valutazione la possibilità di introdurre versioni ibride, oltre a quelle elettriche, per Giulia e Stelvio, ampliando l’offerta e incrementando il potenziale commerciale di questi modelli di lusso.Modena: il futuro polo dell’alta gamma Made in ItalyModena si conferma il cuore pulsante del lusso automobilistico italiano, diventando il polo dedicato all’alta gamma di Stellantis. Jean Philippe Imparato, responsabile europeo del gruppo, ha ribadito il ruolo centrale di Modena come punto di riferimento per il Made in Italy, dichiarando: «Modena sarà l’orgoglio dell’alta gamma italiana, con una visione che coinvolge l’intero ecosistema produttivo della Motor Valley».L’obiettivo è sviluppare un progetto integrato con l’intera filiera produttiva, dal design alla pre-industrializzazione, valorizzando i migliori componenti nazionali per innovazione e sostenibilità. Questa strategia non solo garantirà l’eccellenza qualitativa delle vetture di alta gamma, ma rafforzerà la sinergia tra Stellantis e le competenze uniche della Motor Valley, un patrimonio industriale e culturale riconosciuto a livello globale.L’iniziativa rappresenta un ulteriore impegno per consolidare il posizionamento dell’Italia nel segmento premium e per promuovere la circolarità e l’innovazione tecnologica come valori fondanti del rilancio industriale.Stellantis: investimenti record e impegno a lungo termine in ItaliaJean Philippe Imparato ha concluso il Tavolo Stellantis al MIMIT con un messaggio chiaro: l’Italia è al centro della strategia del gruppo, con un impegno finanziario senza precedenti. Il piano di Stellantis, infatti, non prevede aiuti pubblici, ma sarà interamente finanziato con risorse proprie, confermando la solidità economica e l’autonomia del gruppo.Investimenti e acquisti in ItaliaNel solo 2025, Stellantis investirà 2 miliardi di euro in Italia, con ulteriori 6 miliardi destinati all’acquisto di componenti da fornitori locali. Questo sforzo si inserisce in un più ampio piano di investimenti nel Paese:- 10 miliardi di euro investiti tra il 2021 e il 2025;- Una cifra complessiva che raggiunge i 40 miliardi, considerando anche gli acquisti da aziende italiane della filiera.Imparato ha inoltre sottolineato che ogni stabilimento italiano ha un piano produttivo ben definito, con modelli già programmati fino al 2032.Il ruolo centrale di Torino e MirafioriUn’attenzione particolare è stata riservata a Torino e al suo storico polo industriale di Mirafiori, che si conferma un asset strategico per Stellantis:Mirafiori diventerà la sede della regione Enlarged Europe, rafforzandone la leadership a livello continentale;Sarà il centro globale per i veicoli commerciali, oltre a rimanere l’unico sito al mondo dedicato ai test di sviluppo delle batterie elettriche;Si trasformerà in un hub produttivo per la nuova generazione della 500, che sarà disponibile in versione ibrida ed elettrica.Un futuro solido per il settore automotive italianoCon un piano di lungo termine e investimenti record, Stellantis conferma di essere il gruppo industriale che ha investito di più in Italia. Questo impegno non solo garantisce il mantenimento e la modernizzazione degli stabilimenti italiani, ma rafforza anche il ruolo dell’Italia come cuore pulsante del comparto automotive europeo.Il contesto europeo: una battaglia per la sopravvivenzaLa crisi del settore automobilistico non riguarda solo l’Italia ma l’intero continente europeo. Il ministro Urso ha sottolineato la necessità di un approccio pragmatico alle politiche industriali e ambientali, criticando le rigidità del Green Deal. Ha affermato che l’Italia, grazie al suo “non paper” sul futuro dell’automotive, sta guidando un movimento europeo per rivedere le regole del settore, ottenendo il supporto di importanti associazioni imprenditoriali e politiche di Paesi come Germania e Francia. «La battaglia per la sopravvivenza del sistema automotive si gioca in Europa», ha dichiarato Urso ieri. «Serve un grande sforzo di sistema per tutelare la produzione e salvaguardare l’occupazione», ha concluso. LEGGI TUTTO

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    Pensioni, come cambiano i coefficienti dal primo gennaio. Tutti i calcoli

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    I punti chiave

    I nuovi coefficienti di trasformazione, aggiornati dal Ministero del Lavoro, introducono importanti novità per chi va in pensione con il metodo contributivo. Questi parametri sono essenziali per determinare l’importo dell’assegno pensionistico: trasformano il montante contributivo accumulato nel corso della vita lavorativa in una rendita annua. I valori variano in base all’età del lavoratore al momento del pensionamento, partendo dai 57 anni fino a raggiungere i 70 anni. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.L’importo della pensioneL’importo della pensione è influenzato dall’età del lavoratore al momento del pensionamento: maggiore è l’età, più elevati saranno i coefficienti di trasformazione utilizzati per il calcolo della rendita pensionistica. Nel caso in cui il trattamento pensionistico venga riconosciuto a soggetti che non abbiano ancora compiuto i 57 anni, come avviene per l’assegno di invalidità o la pensione ai superstiti, viene comunque applicato il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età di 57 anni, che rappresenta il valore minimo previsto dalla normativa vigente. Ogni due anni, i coefficienti di trasformazione vengono aggiornati sulla base delle nuove stime relative alla speranza di vita della popolazione. Questo aggiornamento periodico riflette i cambiamenti demografici e, generalmente, porta a una riduzione dei coefficienti, rendendoli meno favorevoli per i lavoratori che andranno in pensione nei bienni successivi. Questo trend si verifica a meno che non si registri una diminuzione della speranza di vita rispetto al biennio precedente, un’eventualità che, pur essendo rara, può determinare coefficienti più vantaggiosi.I nuovi coefficientiÈ stato pubblicato il decreto n. 436 del 20 novembre 2024, adottato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che prevede la revisione biennale dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo. I nuovi coefficienti entreranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2025 e si applicheranno alla quota contributiva della pensione. La revisione interesserà coloro che rientrano interamente nel metodo di calcolo contributivo, quindi i soggetti privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, oltre a chi sceglie l’opzione di calcolo tramite il sistema contributivo. Saranno coinvolti anche coloro che rientrano nel sistema di calcolo misto e i soggetti “pro-rata”, quindi coloro che hanno accumulato almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995, limitatamente alla quota di anzianità maturata dopo il 31 dicembre 2011.I parametriSono stati stabiliti i nuovi parametri validi per chi accederà alla pensione tra il 1° gennaio 2025 e il 31 dicembre 2026. Questi prevedono, a parità di età, una riduzione compresa tra l’1,5% e il 2,18% rispetto al biennio attuale. Riportiamo i valori aggiornati:4,204% per chi ha 57 anni4,308% per chi ha 58 anni4,419% per chi ha 59 anni4,536% per chi ha 60 anni4,661% per chi ha 61 anni4,795% per chi ha 62 anni4,936% per chi ha 63 anni5,088% per chi ha 64 anni5,250% per chi ha 65 anni5,423% per chi ha 66 anni5,608% per chi ha 67 anni5,808% per chi ha 68 anni6,024% per chi ha 69 anni6,258% per chi ha 70 anni6,510% per chi ha 71 anni.Come funzionano i parametriIl meccanismo è abbastanza semplice. Immaginiamo un lavoratore che ha iniziato a versare contributi dal 1996, con un importo annuale di circa 7mila euro per 20 anni, accumulando un montante rivalutato di 170mila euro. Per calcolare la pensione annua lorda, basta moltiplicare questa cifra per il coefficiente di trasformazione relativo all’età in cui il lavoratore decide di andare in pensione. L’importo della pensione aumenta al crescere dell’età del pensionamento. Per esempio, se il lavoratore decidesse di ritirarsi a 62 anni, riceverebbe circa 8.151 euro lordi all’anno (170mila x 4,795% = 8.151 euro). Se, invece, decidesse di andare in pensione a 71 anni, senza considerare gli effetti della rivalutazione del montante, l’importo salirebbe a 11.067 euro annui (170mila x 6,51% = 11.067 euro). LEGGI TUTTO

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    Revolut apre la filiale italiana ma a garantire i depositi sarà la Banca della Lituania

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    La fintech Revolut spinge forte sull’Italia. La super app finanziaria, che vanta oltre 50 milioni di clienti a livello globale, ha lanciato la succursale italiana e questo si traduce in iban italiano per i nuovi clienti (ma da gennaio anche i vecchi clienti avranno la possibilità di migrare a un iban italiano anziché lituano). I conti correnti saranno quindi gestiti dalla succursale italiana di Revolut e supervisionati dall’autorità di regolamentazione locale (Banca d’Italia) e dalla Bce.I depositi dei clienti continueranno però a essere coperti fino a 100mila euro dal Fondo di garanzia dei depositi della Banca di Lituania. «Questo passaggio rende la succursale in Italia una banca a tutti gli effetti nel Paese – rimarca il neo general manager della succursale italiana, Nicola Vicino (in foto)». Il principale punto di forza dell’iban italiano è che il conto corrente potrà essere utilizzato per ricevere lo stipendio e pagare bollette o addebiti diretti senza alcuna frizione. Un passo che va nella direzione di «rendere molto più semplice per i clienti sceglierci come la loro banca principale» considerando che stando a uno studio della stessa Revolut quasi la metà degli italiani (46%) ritiene essenziale un iban locale quando sceglie una banca come conto principale. L’altro grande scoglio per Revolut così come per tutte le altre realtà totalmente digitali sarà convincere gli italiani ad accantonare la loro preferenza verso le banche tradizionali e le loro filiali fisiche.La super app fintech, valutata 45 miliardi, sta crescendo a ritmo elevato (tre nuovi clienti al minuto) e questo la porta a stimare di raggiungere i 3 milioni di clienti in Italia nei primi mesi del prossimo anno e i 4 milioni a fine 2025.Quest’anno, i clienti italiani hanno effettuato 300 milioni di transazioni utilizzando Revolut, con un aumento dell’86% rispetto al 2023.Nelle prossime settimane sono attese altre novità. Ignacio Zunzunegui, head of growth Sud Europa di Revolut, ha anticipato che in seguito al lancio degli iban italiani, presto i clienti potranno accedere agli interessi sui depositi tramite un nuovo prodotto. Si tratta di un conto risparmio remunerato con interessi pagati su base giornaliera. Il conto risparmio è già presente in Spagna e vede tassi che vanno dal 2,02% per i conti con piano standard (gratuito) a un massimo del 3,5% per i conti Ultra (45 euro al mese). In agenda anche la possibilità per i clienti di avere le carte di credito. LEGGI TUTTO

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    Bonus condizionatori, ecco come funziona la detrazione

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    Una detrazione fiscale tra il 50% e 70% della spesa sostenuta per l’installazione dei condizionatori.Anche per il 2025 coloro i quali decideranno di acquistare un nuovo condizionatore o sostituire quello vecchio avranno diritto a degli sconti che, attraverso la detrazione fiscale, potrebbero ammortizzare i costi sostenuti sino alla metà dell’importo della spesa.Si va, pertanto, dal 50% sino al 70% in relazione alla tipologia di bonus a cui si associa l’acquisto.Entriamo più nel dettaglio.Attraverso quali bonus accedere allo sconto sui condizionatoriI bonus che danno diritto alla detrazione fiscale per l’acquisto o la sostituzione dei condizionatori sono quattro:bonus mobili.bonus ristrutturazioni.Superbonus.Ecobonus.Occorre, dunque, appoggiarsi ad uno dei bonus edilizi attualmente presenti ma non necessariamente deve essere presente una ristrutturazione. Gli impianti ammessi riguardano:climatizzatori.pompe di calore.deumidificatori.Come anticipato, in relazione al bonus scattano le differenti detrazioni fiscali che possono essere:al 50% rientrando nel Bonus mobili ed elettrodomestici, con una detrazione in 10 quote annuali di pari importo; in questo caso occorre rientrare nel limite massimo dei 5mila euro di spesa previsti per il bonus.al 65% per l’Ecobonus, con una detrazione in 10 quote annuali di pari importo; in questo caso occorre rientrare nel limite massimo dei 96mila euro di spesa previsti per il bonus.al 70% per il Superbonus, con una detrazione in 4 quote annuali di pari importo.Le detrazioni andranno richieste in sede di dichiarazione reddituale, attraverso la presentazione del modello 730, del modello precompilato oppure con il modello persone fisiche.Chi può richiederli e sino a quando A poterne usufruire possono essere sia le persone fisiche che le aziende e, tra queste, ad esempio, gli esercenti , le associazioni professionali, gli enti pubblici e anche i condomini. È essenziale, però, che a richiederlo siano i titolari di diritti reali o personali di godimento sugli immobili.Inoltre, possono usufruire dell’agevolazione anche i familiari conviventi, i coniugi separati, i componenti dell’unione civile e i “more uxorio”. LEGGI TUTTO

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    Enel, più investimenti e spinta green. Focus su rinnovabili e reti digitali

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    Enel dà energia al proprio futuro aprendo un nuovo capitolo di crescita. La mossa è diretta conseguenza di un 2024 in cui il Gruppo guidato dall’amministratore delegato Flavio Cattaneo ha registrato una solida performance, che ora fa da rampa di lancio al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano strategico 2025-2027. In particolare, nell’anno che si avvia alla conclusione, Enel ha completato con successo piano di dismissioni, si è rifocalizzato sui core business e sugli investimenti a più elevata redditività, riducendo al contempo l’indebitamento e creando così le condizioni per una profittevole crescita di lungo periodo.«Le azioni manageriali realizzate nell’ultimo anno ci hanno consentito di raggiungere tutti gli obiettivi comunicati ai mercati e di rafforzare la solidità finanziaria del gruppo: possiamo così aprire un nuovo capitolo di crescita, che creerà ulteriore valore per gli azionisti e tutti i nostri stakeholder», ha comunicato lo stesso Cattaneo. Il top manager ha quindi spiegato che, tra il 2025 e il 2027, Enel si concentrerà «sulle attività core e sull’allocazione flessibile del capitale, aumentando gli investimenti, principalmente in asset regolati con rendimenti prevedibili, che favoriranno al contempo un’accelerazione della transizione energetica». L’amministratore delegato ha quindi indicato i pilastri strategici del nuovo Piano triennale, per il quale gli investimenti totali lordi del gruppo ammontano a circa 43 miliardi di euro, in aumento di circa 7 miliardi rispetto al precedente Piano. Enel prevede di allocare tali investimenti tra le geografie di riferimento in modo proporzionale al relativo contributo all’Ebitda, con circa il 75% in Europa e circa il 25% in America Latina e in Nord America.«Tra il 2025 e il 2027, ci concentreremo sulle attività core e sull’allocazione flessibile del capitale, aumentando gli investimenti, principalmente in asset regolati con rendimenti prevedibili, che favoriranno al contempo un’accelerazione della transizione energetica. Continueremo inoltre a migliorare l’efficienza e la redditività, anche attraverso nuove opportunità di business», ha dichiarato Cattaneo. Questa strategia ha quindi osservato «ci permette di rivedere al rialzo la politica dei dividendi nel periodo di Piano, con un dividendo fisso minimo di 0,46 euro per azione, in crescita rispetto a 0,43 euro del Piano precedente e con un potenziale ulteriore incremento fino a un payout del 70% sull’utile netto ordinario».In particolare, nel Piano 2025-2027 gli investimenti lordi destinati alle reti sono quantificati a circa 26 miliardi di euro, in crescita del 40% rispetto al precedente Piano. Il 78% di essi sarà allocato in Italia e Spagna, Paesi caratterizzati da quadri regolatori favorevoli a incentivare gli investimenti, e circa il 22% sarà allocato in America Latina. Così, il gruppo intende rendere le proprie reti elettriche più resilienti, digitalizzate ed efficienti, con ricadute positive dal punto di vista economico. Si prevede infatti che le reti, così potenziate, contribuiranno per circa il 40% all’Ebitda ordinario di gruppo nel 2027. Nel prossimo triennio, inoltre Enel destinerà circa 12 miliardi di euro alle rinnovabili, con un aumento di capacità pari a circa 12 GW e con un migliorato mix tecnologico composto per oltre il 70% da eolico onshore e tecnologie programmabili quali idroelettrico e batterie. Per il 2027 è stimato il raggiungimento di un totale di capacità rinnovabile installata di circa 76 GW. LEGGI TUTTO

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    Unicredit, incognita russa sulla strada dell’Ops Bpm

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    C’è un’idea che circola fra i legali di una parte e dell’altra nella vicenda dell’Ops che Unicredit ha lanciato su Banco Bpm. Ed è che la posizione di contrasto dell’istituto guidato da Andrea Orcel (foto) alle prescrizioni della Bce, che da tempo chiede l’azzeramento di tutti gli asset in Russia, finisca per frenare l’iter dell’Ops. Al momento, infatti, il banchiere ha in atto una vertenza con Francoforte perché si rifiuta di fare forzature sulle attività dell’istituto con sede a Mosca, dove Gae Aulenti è impegnata con 2,1 miliardi di euro in prestiti e 2,6 miliardi di depositi. Orcel più volte ha precisato che un’uscita accelerata dalla Russia sarebbe di grave danno per l’istituto.Sta di fatto che la questione è arrivata a un livello di tensione significativo con la Vigilanza Ue, con Unicredit che – non abbandonando Mosca, come altri istituti europei hanno fatto a costo di perdere denaro – avrebbe tra l’altro contrariato l’Eurotower con comunicati troppo espliciti su interlocuzioni che solitamente rimangono nel circuito vigilanza-enti vigilati. Una prima sconfitta, per Orcel, è arrivata alla fine di novembre, con il Tribunale Ue che ha respinto la sua richiesta di sospensiva degli obblighi Bce, ma il grosso del ricorso su tempistiche e modalità è ancora in piedi.Sta di fatto che, avendo Unicredit depositato in Consob il prospetto della sua Offerta pubblica di scambio sulle azioni di Bpm, adesso il rischio è che la vicenda irrisolta possa portare l’autorità che vigila sui mercati finanziari italiani a frenare il tutto in attesa che arrivi una schiarita. L’alternativa è che possa comunque dare il via libera, ma con la richiesta di esplicitare rischi e incognite relativi alla questione russa. Infatti, qualora il contenzioso con la Bce arrivasse alle estreme conseguenze, la banca italiana potrebbe essere sanzionata con multe che possono arrivare fino al 10% del fatturato annuale nei casi di violazione più gravi (se così fosse, si tratterebbe di oltre 2 miliardi di salasso).Unicredit potrebbe sperare che, con l’avvento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, l’orientamento europeo verso la Russia possa cambiare, ma sta di fatto che al momento la banca di Orcel si pone in contrasto perfino con il posizionamento geopolitico di Europa e Italia, che hanno aderito alle sanzioni a Mosca. Aspetto, quest’ultimo, che potrebbe avere una sua rilevanza quando Bce e Consob saranno chiamate a dare il loro via libera all’Ops. LEGGI TUTTO

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    Tim, fondi in manovra su quota Vivendi

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    Il fondo Cvc Capital Partners bussa alla porta di Vivendi per l’acquisto della partecipazione che i francesi detengono in Tim: allo stato non ci sono conferme ma nemmeno smentite. Secondo Bloomberg il fondo di private equity britannico con questa mossa andrebbe a creare i presupposti per una successiva acquisizione completa della maggiore tlc italiana. L’indiscrezione diffusa dall’agenzia di stampa ieri pomeriggio ha subito scaldato il mercato. In Piazza Affari il titolo della società guidata da Pietro Labriola è schizzato in avanti, segnando in chiusura di giornata un progresso del 5,7% in area 0,275 euro. Nell’ultimo mese Tim ha guadagnato oltre il 20% risultando il miglior performer dell’intero Ftse Mib. Stando a quanto trapelato, al momento i colloqui per rilevare il 23,75% nel capitale della tlc italiana detenuto da Vivendi sarebbero ancora alle fasi preliminari. Il gruppo transalpino che fa capo a Vincent Bolloré non ha commentato il rumor, così come il fondo inglese. Bloomberg non manca di aggiungere che la partecipazione di Vivendi potrebbe far gola anche ad altri pretendenti. Un eventuale accordo tra Cvc e Vivendi permetterebbe al private equity di diventare il maggiore azionista di Tim, davanti a Cdp che ne detiene il 9,81%. In particolare, il passaggio di consegne della quota di Vivendi rappresenterebbe un primo step di un piano più ampio di valorizzazione degli asset del gruppo italiano. L’intento del private equity britannico sarebbe infatti di vagliare la possibilità di acquisire l’intera Tim e procedere allo scorporo delle varie attività rimaste dopo la cessione della rete. A tale riguardo, stando a quanto risulta al Giornale, Cvc Capital Partners si appresterebbe a chiedere un incontro con il governo italiano per condividere il possibile piano di azione. Anche perché, essendo Tim un asset strategico per il Paese, l’esecutivo può azionare il golden power.Ad oggi la nuova Tim, che è in procinto di cedere anche la controllata Sparkle per una cifra pari a 700-750 milioni a Tesoro e Retelit (l’offerta è attesa entro domani, 18 dicembre), è composta principalmente dal suo core business wireless in Italia, a cui si aggiunge il ramo di servizi alle imprese (che include tutte le attività commerciali, le compagnie digitali Noovle, Olivetti e Telsy e gli asset relativi ai data center) e l’unità brasiliana. Da sola Tim Brasil, quotata alla Borsa carioca, vale ad oggi quanto la sua casa madre (circa 6,1 miliardi di dollari). A livello di redditività, nei primi 9 mesi dell’anno il margine operativo lordo del gruppo (3,3 miliardi) risultava spacchettato esattamente a metà tra business domestico e quello in Brasile. LEGGI TUTTO