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    Stop alla certificazione che pesava sulle imprese

    Il ritiro della proposta di direttiva europea sui Green Claims da parte del Consiglio Ue rappresenta una vittoria del buon senso e dell’ascolto delle esigenze delle imprese. Una decisione importante, che riafferma un principio fondamentale: la sostenibilità non può diventare un privilegio per pochi, né un freno alla competitività. Si tratta di un risultato che rivendichiamo con convinzione, frutto di un lavoro condiviso volto a preservare l’equilibrio tra transizione ecologica e crescita economica.La proposta di direttiva nasceva con l’intento, sulla carta, di contrastare il fenomeno dell’«ambientalismo di facciata», regolamentando le dichiarazioni ambientali volontarie delle imprese, talvolta non veritiere. È pertanto necessario evitare che venga applicato un impianto normativo che avrebbe introdotto oneri amministrativi e costi di verifica sproporzionati per le PMI industriali italiani, ostacolandone di fatto l’accesso al Mercato Unico. Tuttavia, nella sua formulazione, rischiava di tradursi in un aggravio burocratico insostenibile, imponendo obblighi di certificazione e verifica da parte di terzi, con costi stimati superiori ai 100 milioni di euro all’anno. Un onere particolarmente gravoso per le piccole e medie imprese.L’impianto normativo previsto avrebbe infatti obbligato ogni dichiarazione ambientale a essere sottoposta a costosi controlli, certificazioni complesse e potenziali sanzioni in caso di errori o discrepanze, trasformando la sostenibilità in una sfida quasi proibitiva, soprattutto per il cuore produttivo del nostro Paese. Peraltro, gli strumenti per contrastare il greeenwashing esistono già nel nostro ordinamento. Un obiettivo che dovrebbe essere perseguito con strumenti proporzionati, semplici e compatibili con la realtà operativa delle PMI industriali. In tal senso, è stato più volte evidenziato come la proposta fosse priva di una valutazione d’impatto specifica, elemento fondamentale per verificare se i potenziali benefici normativi superassero davvero i costi imposti alle imprese. Una carenza gravissima, che conferma quanto il testo fosse disallineato rispetto all’agenda europea per la semplificazione.Non è necessario introdurre nuove «gabbie regolatorie» che rischiano di penalizzare chi agisce con trasparenza e responsabilità. Le PMI costituiscono oltre il 90% del tessuto produttivo italiano. Molte di esse stanno già investendo in efficienza energetica, economia circolare e processi più sostenibili. Tuttavia, ogni passo avanti comporta costi reali: nuovi macchinari, formazione, adeguamenti tecnologici. A questi si sommano i costi di conformità normativa, spesso aggravati da una burocrazia eccessiva. È essenziale riconoscere che anche la sostenibilità ha un prezzo, che non può gravare esclusivamente su chi genera valore e occupazione.Le PMI industriali italiane stanno investendo nella transizione ecologica con responsabilità e concretezza. Ma sostenibilità significa anche sostenibilità economica. È fondamentale avere un quadro regolatorio chiaro, realistico e realmente sostenibile anche dal punto di vista economico. Per questo motivo, lavoriamo con determinazione per promuovere una semplificazione normativa che diventi una leva strategica per la competitività. In questa direzione si muovono i pacchetti “Omnibus” del Parlamento europeo, volti a ridurre gli oneri amministrativi e a rendere più graduali le transizioni. È fondamentale proseguire su questa strada. LEGGI TUTTO

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    Invitalia da 100 miliardi. Mattarella confermato ad

    Invitalia archivia il 2024 con un risultato positivo, consolidando il proprio ruolo di attore centrale nelle politiche di sviluppo economico e coesione territoriale. L’agenzia nazionale per lo sviluppo, partecipata dal ministero dell’Economia, ha chiuso l’esercizio con un utile netto di 22,4 milioni, mentre il bilancio consolidato segna un utile di pertinenza pari a 22,1 milioni. Numeri che testimoniano la solidità dell’ente e la sua capacità di generare valore pubblico. Alla guida della società è stato confermato Bernardo Mattarella come amministratore delegato, mentre il nuovo presidente è Sergio Schisani, che prende il posto di Rocco Sabelli. Il rinnovato cda include Stefania Pastore e Gianluca Vesentini come nuovi consiglieri, mentre Claudia Colaiacomo è stata confermata. «Invitalia ha proseguito con le azioni a sostegno del sistema produttivo, con particolare riguardo alle regioni del Mezzogiorno, sostenendo oltre 62mila tra imprese e altri beneficiari», si legge nella nota diffusa dall’agenzia. Un impegno concreto che si traduce in numeri significativi: nel 2024 Invitalia ha contribuito ad attivare oltre 16,7 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati. Complessivamente sono 53 i programmi supportati, per un valore di poco inferiore a 100 miliardi (96,9 miliardi per l’esattezza). Un ruolo cruciale lo gioca anche come centrale di committenza e stazione appaltante, accelerando l’attuazione di interventi strategici per la crescita economica. Nel corso dell’anno sono state indette 191 procedure di gara e ne sono state aggiudicate 230, per un valore complessivo di circa 3,9 miliardi di euro.Importante anche l’azione in sinergia con il ministero delle Imprese e del Made in Italy nella gestione dei tavoli di crisi aziendali. Dodici gli interventi effettuati attraverso il Fondo Salvaguardia Imprese e il Fondo Cresci al Sud, per un valore complessivo di 81,3 milioni di euro, a supporto della tenuta e del rilancio dell’apparato produttivo nazionale. LEGGI TUTTO

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    Mediobanca, Doris dice addio a Nagel

    Il gruppo Mediolanum ha avviato la vendita dell’intera sua quota del 3,5% detenuta in Mediobanca attraverso una procedura di collocamento accelerato (Accelerated bookbuilding) riservata agli investitori istituzionali.L’operazione, regista Morgan Stanley, è partita ieri pomeriggio. Il pacchetto ceduto rappresenta l’intera partecipazione detenuta da Banca Mediolanum e Mediolanum Vita. Ciò significa che viene meno anche il primo socio dell’accordo di consultazione tra azionisti di Piazzetta Cuccia, che fino a ieri raggruppava l’11,6% del capitale. Si tratta dell’ultima cattiva notizia per i vertici di Mediobanca dopo il via libera pieno della Bce all’Ops di Banca Mps e dopo il rinvio dell’assemblea sull’offerta per Banca Generali al prossimo 25 settembre. Il ceo Alberto Nagel ha cercato di compattare gli azionisti promettendo una pioggia di dividendi e un «entusiasmante percorso di crescita stand-alone» grazie anche a mezzo miliardo di euro che arriveranno dalla vendita di un palazzo nel Principato di Monaco collegato a Cmb, quella che un tempo si chiamava Compagnie Monégasque de Banque. Insomma, si sta giocando tutte le carte pur di rimanere in sella e non arrendersi ai senesi.Compreso un cambio di poltrona a capo di un comitato strategico. Da venerdì Sandro Panizza non è più il presidente del Comitato parti correlate di Mediobanca. Ex chief insurance & investment officer di Generali, era stato candidato da Delfin a ottobre 2023 come proprio rappresentante nella lista di minoranza votata anche dal gruppo Caltagirone. Panizza si era astenuto nella votazione in cda sull’offerta per Banca Generali. Al suo posto il board, su proposta del Comitato Nomine, ha deliberato di integrare il Comitato Parti Correlate con il consigliere indipendente Vittorio Pignatti Morano, nominandolo anche presidente appunto al posto di Panizza. Una decisione che sarebbe stata presa senza il voto favorevole dei consiglieri di minoranza Sabrina Pucci e dello stesso Panizza e con il parere contrario del presidente del collegio sindacale, Mario Matteo Busso. Il cambio è avvenuto con uno scarno comunicato apparso venerdì sul sito di Piazzetta Cuccia, e curiosamente non diffuso alle redazioni di agenzie e quotidiani, lo stesso giorno della presentazione dell’aggiornamento del piano industriale al 2028. Eppure non si tratta di un dettaglio. Il Comitato parti correlate gioca una parte delicata nella governance della banca milanese sotto scalata e promotrice di un’offerta per rilevare Banca Generali da Generali. Da segnalare il fatto che la guida è passata a un professionista eletto tra le fila della lista del cda, quando di norma la presidenza è affidata a un rappresentante della lista di minoranza. Insomma, un altro schiaffo ai grandi soci. Va segnalato che i consiglieri di minoranza ora potrebbero rivolgersi alla Consob riguardo le modalità di tale passaggio. LEGGI TUTTO

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    Ilva incapace di soddisfare gli ordini del made in Italy

    L’ex Ilva di Taranto non può più rifornire di acciaio le industrie italiane, Fincantieri in testa. A poche ore dall’appello del numero uno di Federacciai Antonio Gozzi che ha chiesto di trattare il polo siderurgico come un dossier militare strategico da salvare con i fondi della Difesa, viene meno uno dei pilastri che ne giustificherebbero l’impegno finanziario: la strategicità del sito per l’industria italiana.A bocce ferme infatti ormai l’ex Ilva produce con un solo altoforno (4.500 tonnellate di acciaio al giorno dalle precedenti 10mila tonnellate): può onorare i vecchi contratti, ma non può più accettare alcuna nuova commessa con le grandi industrie, Fincantieri in primis. E non potrà farlo sicuramente fino a febbraio 2026, fino quando Taranto andrà a un solo altoforno. Non è un caso che proprio ieri il ceo del gruppo navale Pierroberto Folgiero abbia chiarito che nel caso di un eventuale spostamento della produzione in Romania in mancanza di meglio verrà utilizzato l’acciaio di Bucarest.Un quadro drammatico per il futuro dello storico polo pugliese arenatosi dopo l’incidente dell’Altoforno1 che ha compromesso l’impegno del socio privato azero Baku Steel. Impegno ulteriormente complicato dalla irragionevole resistenza degli enti locali, e del Comune di Taranto in particolare, a dare il via al contratto di programma interministeriale propedeutico al rilascio dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale necessaria per garantire la continuità produttiva e quindi un eventuale investimento da parte del socio privato azero che ormai appare sempre più lontano.Contro il piano del governo per privatizzare Taranto insiste poi il «no» del neo sindaco Piero Bitetti al posizionamento, nel porto, di una nave rigassificatrice e di un dissalatore che servono a Baku Steel per produrre e avviare poi la transizione ai forni elettrici. Una situazione di stallo sulla quale, alla vigilia di un vertice tra enti locali, governo e sindacati, che si terra oggi alla Fiera del Levante, torna il tema della nazionalizzazione. E questa volta a evocarla e nientemeno che il principale oppositore. «Riteniamo sia giunto il momento di un cambio di paradigma. Serve un’assunzione piena di responsabilità da parte dello Stato. Lo diciamo con chiarezza: la strada da percorrere è la nazionalizzazione dell’impianto. Solo con una regìa pubblica sarà possibile garantire investimenti seri, bonifiche reali, tutela occupazionale e salute dei cittadini», ha detto il sindaco Bitetti. LEGGI TUTTO

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    Fincantieri in mimetica: “Grandi chance con l’acciaio romeno”

    Riassetto nei cantieri navali di Fincantieri. Per cavalcare le opportunità derivanti dal maggior impegno europeo nella spesa per la Difesa, l’ad Pierroberto Folgiero annuncia che Fincantieri è pronta a espandere alcuni siti italiani in ottica militare spostando la produzione civile.«Possiamo facilmente aumentare la capacità militare e semplicemente riallocare la capacità produttiva civile esistente altrove nel nostro vasto sistema», ha detto Folgiero sottolineando la possibililità di cavalcare «il forte vantaggio derivante dalla gigantesca opportunità di un’impennata della spesa in Europa e all’estero». Vantaggio che l’ad di Fincantieri identifica ameno in 20 miliardi.I cambiamenti previsti nei cantieri navali saranno descritti in dettaglio nell’ambito di un nuovo piano aziendale che sarà presentato in autunno e la prima fase della riorganizzazione dovrebbe durare dai 6 ai 18 mesi dopo l’approvazione del piano aziendale. Nel mirino sarebbero comunque due siti: il gruppo sta valutando un rafforzamento della specializzazione militare dei siti ibridi di Castellammare di Stabia e Palermo, oggi attivi sia sul fronte civile sia militare.Una scelta che avrà conseguenze sulla produzione in Italia e sulla catena di approvigionamento.«Il piano comporterebbe lo spostamento di alcune attività di costruzione navale civile dall’Italia, ha affermato Folgiero, con la Romania che otterrebbe più lavoro nella fabbricazione dell’acciaio per le navi da crociera e il sito di Vung Tau in Vietnam che si occuperebbe di volumi più elevati di navi specializzate, dati i suoi costi favorevoli», ha aggiunto Folgiero.Fincantieri opera in Romania attraverso la sua controllata Vard. Vard ha cantieri navali a Tulcea e Braila in Romania, dove vengono realizzati scafi e altre componenti di navi.D’altra parte il gruppo punta a far crescere il business navale che include fregate, cacciatorpedinieri e portaerei – fino a rappresentare circa il 30% dei ricavi entro il 2027, contro il 20% del 2023. In parallelo, inoltre, prosegue lo sviluppo del segmento underwater, il cui obiettivo è superare gli 800 milioni di euro di ricavi nello stesso orizzonte temporale, grazie anche a tecnologie avanzate come sottomarini e droni subacquei. LEGGI TUTTO

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    Portare a spasso il cane, le regole da rispettare

    Uscire a passeggio con il proprio cane è un gesto quotidiano per milioni di italiani. Ma attenzione: non si tratta solo di un momento di svago. La legge prevede obblighi ben precisi per tutelare sia il benessere dell’animale che la sicurezza pubblica. Conoscere queste regole significa evitare sanzioni e, soprattutto, comportarsi responsabilmente. Ecco quello che serve sapere prima di agganciare il guinzaglio.Chi può portare a spasso il caneLa legge stabilisce che il cane può essere affidato solo a persone in grado di gestirlo correttamente, anche dal punto di vista della forza fisica e del controllo. Non esiste un limite d’età minimo previsto, ma alcuni regolamenti comunali vietano ad esempio l’ingresso ai minorenni negli sgambatoi, se non accompagnati da un adulto.Guinzaglio, quando è obbligatorio e quanto deve essere lungoEbbene sì, il guinzaglio è obbligatorio. E non uno qualsiasi: deve essere lungo non più di 1,50 metri quando ci si trova in aree urbane o in spazi pubblici. Lo stabilisce l’ordinanza ministeriale del 3 marzo 2009, confermata e prorogata negli anni successivi. Le eccezioni? Il cane può essere lasciato libero solo nelle aree recintate per cani, comunemente chiamate sgambatoi, ma sempre sotto la sorveglianza del proprietario.Fuori città, in campagna, nei boschi o lungo i sentieri, le regole possono variare. In assenza di divieti specifici, il cane può essere lasciato libero solo se non costituisce un pericolo o disturbo per persone, animali o cose. Ma attenzione: lasciarlo vagare senza controllo espone a rischi reali, dagli incidenti stradali agli incontri con animali selvatici. Sempre meglio verificare in anticipo il regolamento dell’area che si intende frequentare.Museruola: portarla è obbligatorio (farla indossare no)Un altro accessorio da non dimenticare mai è la museruola, rigida o morbida. Non è necessario farla indossare al cane in ogni momento, ma è obbligatorio averla con sé, pronta all’uso in caso di necessità, o se richiesta dalle autorità.Obbligo di raccolta delle deiezioniPuò sembrare ovvio, ma non lo è per tutti: chi porta a spasso un cane ha l’obbligo di raccoglierne le feci, sempre. E deve essere dotato di strumenti idonei alla raccolta. Non basta dire che “non ha fatto nulla”. L’assenza dei sacchetti può comportare sanzioni.Aree di sgambamento: libertà, ma con regoleNegli spazi pubblici dedicati ai cani il guinzaglio può essere tolto, ma le regole comunali restano valide. Ad esempio, può essere vietato l’ingresso agli animali aggressivi, in calore o ai cani non accompagnati da un adulto. E se dovesse verificarsi un’aggressione tra animali all’interno dell’area, la responsabilità è del proprietario del cane che ha causato il danno, specie se non ha verificato la compatibilità con gli altri cani già presenti.Attenzione ai regolamenti comunaliOgni Comune può introdurre norme più restrittive. In alcune città, ad esempio, i cani non possono entrare nelle aree giochi per bambini, o devono essere tenuti al guinzaglio corto in occasione di fiere, mercati o eventi pubblici. Il consiglio? Consultare sempre il Regolamento di Polizia Urbana locale.Cosa si rischia se il cane causa danniLa responsabilità civile e penale in caso di danni causati dal proprio cane è cosa seria. Vediamo più nel dettaglio:responsabilità civile (art. 2052 del Codice civile): il proprietario risponde per tutti i danni causati dall’animale, anche se questo è fuggito o si è smarrito. Può evitare la responsabilità solo dimostrando un evento eccezionale e imprevedibile, il cosiddetto “caso fortuito”.Responsabilità penale (art. 590 del Codice penale): se il cane ferisce una persona e ciò avviene per colpa del proprietario, ad esempio per mancata custodia, quest’ultimo può essere perseguito penalmente per lesioni personali colpose.Chi subisce un’aggressione può sporgere denuncia alle forze dell’ordine, allegando eventualmente un certificato medico o di pronto soccorso.Assicurazione per cani, quando è necessaria LEGGI TUTTO

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    Pensione luglio, assegno più consistente: a chi spetta e quando arriva

    Con l’arrivo di luglio, per milioni di pensionati italiani è tempo di fare i conti con un cedolino che, almeno per qualcuno, sarà più ricco. Come ogni mese, l’Inps si prepara a versare i trattamenti pensionistici, ma questa volta l’accredito porta con sé qualche novità: la quattordicesima per i redditi più bassi e, al tempo stesso, i primi recuperi sui bonus una tantum erogati durante la pandemia. Tra importi aggiuntivi e trattenute, ecco cosa aspettarsi.Il cedolino onlineGià disponibile sul portale dell’Istituto, il cedolino di luglio può essere consultato dai pensionati accedendo con le credenziali Spid, CIE o CNS. Un’operazione che, più che mai, conviene fare. Perché proprio in questo mese il documento può contenere novità importanti, tra cui la quattordicesima e — per alcuni — le prime trattenute per recuperi indebiti.Quattordicesima: chi la riceve e quanto valeIl “bonus estivo” della quattordicesima sarà riconosciuto automaticamente ai pensionati con almeno 64 anni di età e un reddito individuale annuo inferiore a 15.688,40 euro. Un’entrata extra che oscilla tra 437 e 655 euro, modulata in base al reddito e agli anni di contributi. Si tratta di una misura che, introdotta quasi vent’anni fa, continua a garantire un minimo di respiro alle pensioni più leggere. Per verificare l’effettivo diritto all’erogazione, l’Inps invita a consultare la sezione dedicata sul proprio sito, dove è possibile visualizzare l’importo e il calcolo personalizzato della somma aggiuntiva.Pagamenti al via martedì 1° luglioCome previsto, la pensione di luglio sarà accreditata martedì 1, primo giorno bancabile del mese. L’accredito riguarda sia i conti correnti bancari sia quelli postali, così come libretti e carte. Poste Italiane, come di consueto, invita i pensionati a evitare l’assalto agli sportelli già dalle prime ore del mattino e consiglia, dove possibile, di dilazionare il ritiro nei giorni successivi e di privilegiare le ore pomeridiane. Per chi preleva in contanti, resta il tetto massimo di 1.000 euro per ogni singola operazione. LEGGI TUTTO

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    Statali, aumenti fino a 300 euro per i dipendenti: ecco a chi spettano

    Gli stipendi del personale degli enti locali potranno aumentare, grazie a quanto stabilito da una recente circolare della Ragioneria generale dello Stato, diffusa il 27 giugno (n. 175706). Il documento fornisce le istruzioni tecniche per l’applicazione di una norma contenuta nel decreto PA, che prevede un ampliamento del trattamento accessorio per i dipendenti non dirigenti di Regioni, Comuni, Province e Città metropolitane, a condizione che gli enti interessati godano di una situazione finanziaria equilibrata.Fino a 300 euroSecondo quanto anticipato dal ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo durante un’interrogazione parlamentare, l’incremento potrà raggiungere i 300 euro lordi mensili e sarà strutturale, quindi non temporaneo. La misura si estende anche alle Unioni di Comuni, che potranno adeguare i compensi secondo le stesse linee guida.È importante precisare che l’intervento esclude il personale dirigenziale, come i segretari comunali, e si rivolge soltanto a chi non ricopre ruoli dirigenziali. Tuttavia, viene confermata la possibilità di destinare parte dei fondi anche a dipendenti con incarichi di elevata qualificazione, nell’ambito delle attuali previsioni contrattuali.L’obiettivoLo scopo principale dell’intervento normativo è quello di uniformare il trattamento accessorio del personale non dirigente degli enti territoriali a quello riconosciuto ai dipendenti ministeriali con funzioni analoghe. In questa direzione va la circolare della Ragioneria Generale dello Stato, che consente agli enti locali di aumentare il Fondo per le risorse decentrate, nei limiti stabiliti dalla norma.Secondo quanto indicato, tale incremento può avvenire fino a raggiungere un’incidenza massima del 48% rispetto alla somma destinata alla componente stabile del Fondo, comprensiva anche delle indennità legate agli incarichi di posizione organizzativa. Il parametro di riferimento per il calcolo è la spesa sostenuta nel 2023 per gli stipendi tabellari dei dipendenti delle aree professionali.Le risorse extraAttualmente, solo una piccola parte dei Comuni italiani – circa 400 su migliaia – ha già raggiunto o superato questa soglia. In altre parole, oltre il 90% dei Comuni dispone di margini per rivedere al rialzo le retribuzioni.Va però ricordato che queste risorse extra comportano un impegno stabile per il bilancio degli enti locali. Per questo motivo, la Ragioneria raccomanda una valutazione attenta dell’impatto economico sul lungo periodo, evidenziando l’importanza di garantire la sostenibilità finanziaria nel rispetto degli equilibri di bilancio su scala pluriennale.Aumenti anche nelle Unioni di ComuniIl decreto PA consente un aumento medio delle retribuzioni di circa 300 euro lordi al mese per 13 mensilità, per un totale annuo che si aggira attorno ai 3.926 euro lordi. La Ragioneria generale dello Stato ha chiarito che questi fondi aggiuntivi possono essere utilizzati per tutti gli istituti permanenti previsti dalla contrattazione, compresi i differenziali stipendiali e le misure di welfare integrativo.La misura, nota come “sblocca-stipendi”, si estende anche alle Unioni di Comuni. In questo caso, sarà necessario che i Comuni aderenti cedano una parte dell’aumento delle risorse assegnate alla componente stabile dei propri fondi, per consentire l’adeguamento salariale anche a livello associato. LEGGI TUTTO