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    Nassiriya, Mattarella e Meloni ricordano caduti: rinnoviamo la memoria

    “Nella Giornata del Ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace, il pensiero va a coloro che, animati da profondo senso del dovere, dedizione e coraggio, hanno donato la propria vita per l’Italia e per i valori della pace e della cooperazione internazionale. A ventun anni dal tragico attentato di Nassiriya, rinnoviamo la memoria dei diciannove italiani che persero la vita in quell’orribile atto di violenza, insieme agli iracheni che condivisero il medesimo tragico destino, e con loro, quella di tutti i caduti nelle missioni internazionali”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricorda gli italiani morti in Iraq.

    Meloni: “Nostra riconoscenza a quanti hanno sacrificato la vita”
    “Nella Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace, l’Italia rende omaggio ai 19 italiani che 21 anni fa, il 12novembre 2003, rimasero uccisi nella strage di Nassiriya. Un tremendo attentato che rimarrà sempre scolpito nella nostra mente” scrive sui social la presidente del consiglio Giorgia Meloni. “In questo giorno di ricordo e commozione – prosegue – la nostra riconoscenza va a quanti hanno sacrificato la vita nell’adempimento del proprio dovere, unitamente al ringraziamento di tutto il Governo italiano, mio in primis, alle donne e agli uomini delle Forze Armate che, impegnati anche nelle aree più difficili, operano ogni giorno per la costruzione della pace con dedizione, profondo senso di umanità e amore per la Patria. L’Italia non dimentica”. LEGGI TUTTO

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    Autonomia, tre scenari per la Consulta. Dai giudici possibili correzioni parziali

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaDa una parte il Nord, rappresentato da Veneto Lombardia e Piemonte, dall’altra il Sud, rappresentato da Puglia Sardegna e Campania. Se non ci fosse anche la “rossa” Toscana, che si è unita alle altre regioni governate dal centrosinistra contro la legge Calderoli, l’udienza pubblica a Palazzo della Consulta che andrà in scena oggi sarebbe una perfetta raffigurazione del rischio spaccatura del Paese in due in vista del referendum sull’autonomia differenziata targata Lega.Le due decisioni: giudizio di costituzionalità e ammissibilità dei quesiti referendariCerto, le due questioni all’attenzione dei giudici costituzionali relative all’autonomia differenziata – che discende, val la pena ricordare, dalla riforma del Titolo V voluta nel 2001 dall’allora centrosinistra – sono diverse: un conto sono le questioni di costituzionalità riguardanti la legge Calderoli per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario sollevate dalle quattro regioni di centrosinistra sui cui la Corte si esprimerà nelle prossime ore (dopo l’udienza pubblica i giudici si riuniranno in camera di consiglio e le previsioni sono quelle di una discussione lunga, che prenderà qualche giorno); un altro conto è il giudizio di ammissibilità dei referendum abrogativi, uno parziale e uno totale, depositati in Cassazione. Ma è certo che la prima sentenza influirà sulla seconda, fino alla possibilità di bloccare del tutto il processo referendario: anche per questo la Corte presieduta da Augusto Barbera, il cui mandato scadrà a fine anno, ha deciso di procedere con il giudizio di costituzionalità prima di affrontare la questione dell’ammissibilità dei referendum.Loading…I tre scenari e il possibile stop della Cassazione al voto popolare del giugno 2025Gli scenari possibili sono tre: se i ricorsi delle quattro regioni dovessero essere accolti (ma è l’ipotesi considerata meno probabile dagli esperti) non ci sarebbe più l’oggetto dei quesiti referendari. Se invece i ricorsi dovessero essere respinti la legge Calderoli resterebbe in piedi e con essa anche la possibilità di celebrare il referendum: anche se i giudici non dovessero ritenere illegittima la legge contestata, infatti, a gennaio i due quesiti potrebbero comunque essere ammessi e il referendum tenersi così nel giugno del 2025. C’è tuttavia una terza via, ed è quella al momento considerata la più probabile: la Consulta potrebbe giudicare illegittime solo alcune parti della legge Calderoli (ad esempio riguardo all’estensione delle competenze sulle materie da trasferire) con sentenza correttiva additiva. Una soluzione che svuoterebbe di fatto l’impatto della legge. In questo caso – come stabilito dalla stessa Consulta con sentenza 68/78 – sarebbe compito della Cassazione valutare se una modifica legislativa (per opera del Parlamento ma anche in conseguenza, appunto, di una sentenza della Consulta) supera o no il referendum. La parola passerebbe insomma direttamente alla Cassazione, con questi possibili esiti: i quesiti potrebbero comunque restare in piedi, oppure la Cassazione stessa potrebbe riformularli, oppure potrebbe anche dichiararli superati annullando il referendum.Uno snodo cruciale anche per il destino del premieratoUn passaggio cruciale, dunque, che potrebbe portare allo stop del voto popolare di giugno. E che spiega anche il tentato e fallito blitz della maggioranza, un mese fa, per eleggere il consigliere di Palazzo Chigi Francesco Saverio Marini come quindicesimo giudice della Consulta, che manca da un anno. L’attesa per la sentenza delle prossime ore ha poi di fatto imposto uno stand by sul premierato caro alla premier Giorgia Meloni, che vuole evitare il possibile incrocio con il referendum sull’autonomia differenziata: riaprire contemporaneamente il file del premierato in Parlamento finirebbe per saldare ancora di più il fronte contrario ad entrambe le riforme. A sentenza depositata si vedrà. LEGGI TUTTO

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    Risultati elezioni Liguria, vince Bucci con il 48,8%: “Sarò presidente di tutti i liguri”

    È Marco Bucci il vincitore delle elezioni regionali in Liguria. Il candidato del centrodestra ha chiuso la tornata elettorale con il 48,80% dei voti: “Sarò il presidente di tutti i liguri”, ha promesso dopo la vittoria. Andrea Orlando, candidato del centrosinistra, segue con il 47,33%: “Abbiamo pagato qualche problema di troppo nel campo largo”, ha detto dopo la sconfitta. Tra loro due si è combattuta, di fatto, la corsa per decretare il successore di Giovanni Toti, anche se i candidati erano in tutto 9.  La premier Meloni: il risultato “conferma la fiducia nelle nostre politiche”.Male l’affluenza, che al termine delle votazioni si è attestata al 45,9%, in forte calo rispetto al 53,4% delle elezioni del 2020.Imperia è la provincia che ha registrato la più alta astensione alle urne. Gli elettori chiamati alle urne sono stati 1.341.799, in 1.785 sezioni. 

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    Autonomia differenziata, oggi la decisione della Consulta sul ricorso delle regioni

    Si tiene oggi 12 novembre l’udienza pubblica della Corte costituzionale in merito alle questioni di legittimità costituzionali riguardanti la legge sull’autonomia differenziata, sollevate con i ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania. Queste ultime hanno infatti impugnato il provvedimento nella sua totalità e anche con riferimento a specifiche disposizioni. In particolare, le questioni sottoposte all’esame della Corte Costituzionale sono collegate all’interpretazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione con riguardo
    all’attribuzione alle regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.

    I temi oggetto dei ricorsi
    Alcune delle questioni oggetto dei ricorsi attengono alla determinazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale), sia per quanto riguarda la fonte e il procedimento di determinazione, sia riguardo all’individuazione delle materie, o ambiti di materie, per i quali tale determinazione sia necessaria, o meno, per il trasferimento delle funzioni. Altre questioni riguardano, principalmente sotto il profilo del principio della “leale collaborazione”, il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e Regione per l’attribuzione delle materie e delle relative funzioni; altre ancora coinvolgono le modalità di finanziamento delle funzioni trasferite.

    Cosa succederà dopo la decisione della Corte costituzionale

    Come spiega Il Sole 24 Ore, il risultato di questa udienza è un passaggio importante per capire quali saranno i prossimi passi sul tema autonomia differenziata: in seguito alla decisione della Corte si capirà meglio sia come funzionerà l’applicazione della legge sia cosa succederà al referendum su cui puntano le opposizioni. La norma, che consente alle regioni di chiedere autonomia su materie fino ad ora centralizzate, è stata approvata in via definitiva dalla maggioranza il 19 giugno. Poco dopo, le opposizioni si sono compattate e hanno avviato un percorso burocratico per il referendum abrogativo. LEGGI TUTTO

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    Elezioni Emilia-Romagna, Meloni in videocollegamento a Bologna: “Sinistra teme di perdere”

    La premier chiude a distanza la campagna elettorale del centrodestra per le regionali del 17 e 18 novembre: “In tutte le roccaforti ci si trova con una classe politica così sicura di se stessa che rinuncia a governare. Schlein lanciò il patto contro il dissesto ma non ha concretizzato il piano, e ora non sapendo come giustificarsi scarica le responsabilità sul governo”. Intanto non si ferma la polemica esplosa nei giorni scorsi, dopo gli scontri tra i manifestanti di sinistra e le forze dell’ordine

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    “Non stupisce come il clima si sia surriscaldato in queste settimane, lo fanno sempre quando hanno paura di perdere il loro potere”. A dirlo è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni , in videocollegamento al comizio del centrodestra di chiusura della campagna elettorale in Emilia-Romagna, a Bologna, a sostegno della candidata presidente Elena Ugolini. La premier sarebbe dovuta essere presente ma ha dovuto rinunciare a causa del protrarsi dell’incontro con i sindacati sulla Manovra, durato oltre cinque ore. Presenti invece i leader di Lega e FI Matteo Salvini e Antonio Tajani. Si vota domenica 17 e lunedì 18 novembre (I CANDIDATI – COME SI VOTA), e intanto non si ferma la polemica esplosa nei giorni scorsi, dopo gli scontri tra i manifestanti della sinistra antagonista e le forze dell’ordine.

    Tensione sugli scontri a Bolgona

    A Bologna nel week end i collettivi antifascisti, nel tentativo di raggiungere il corteo dell’estrema destra, sono entrati in contatto con le forze dell’ordine. Poco dopo i disordini, è intervenuta la premier per attaccare una “certa sinistra che continua a tollerare e foraggiare i facinorosi”. Ma a portare avanti l’offensiva su questa linea è stato tutto il centrodestra, che ha puntato il dito in particolare contro il silenzio di Elly Schlein sulle violenze. Con Salvini che ha affermato: “Bisogna chiudere i centri sociali occupati dai comunisti, covi di criminali e zecche rosse”. Immediata la replica del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, che ha criticato la gestione dell’ordine pubblico e ha accusato l’esecutivo: “Il governo ha mandato le camicie nere a Bologna”.
    Piantedosi: “Stupefatto da dichiarazioni di Lepore”
    E sulle dichiarazioni di Lepore oggi è tornato il ministro dell’Interno Piantedosi: “Sono stupefatto dalle dichiarazioni del sindaco al quale, come doveroso, il governo ha sempre assicurato ogni forma di convinta e leale collaborazione, da ultimo in occasione della recente alluvione della città e delle connesse polemiche che ne sono conseguite”. C’è “irresponsabilità”, secondo il ministro, nell’accreditare “la tesi non veritiera della presunta contrarietà allo svolgimento” dell’iniziativa. “Ancor più grave – aggiunge – insinuare presunte regie o interventi ‘da Roma’”.  LEGGI TUTTO

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    Mattarella: “Orgogliosi di stare nella Nato, è un pilastro di sicurezza”

    “La Repubblica Italiana è orgogliosa di aver partecipato fin dalla fondazione” al Consiglio d’Europa e alla Nato, “pilastri della sicurezza democratica”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio letto durante la conferenza intitolata “Il 75/mo anniversario del Consiglio d’Europa e della Nato, i pilastri della sicurezza democratica”, che si è svolta presso la Camera dei deputati. “In particolare, risalta oggi come l’Alleanza Atlantica abbia contribuito, in modo determinante, alla stabilità internazionale e al più lungo periodo di pace vissuto dal Continente europeo, saldo ancoraggio per la sicurezza del nostro Paese”, ha proseguito Mattarella. Sottolineando ancora come “l’attuale fase di instabilità confermi la validità di quelle scelte” di cui “l’inaccettabile aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina e il conflitto in Medio Oriente sono ragioni evidenti”. 

    Il Trattato di Londra e i conflitti odierni

    “Settantacinque anni or sono vedevano la luce il Trattato di Londra che istituiva il Consiglio d’Europa e il Trattato di Washington da cui prese le mosse la Nato, organizzazione difensiva dei Paesi liberi”, ha commentato ancora il Capo dello Stato. Parlando della scelta di partecipare alla Nato e al Consiglio d’Europa come importante per consentire all’Italia “di superare la tragedia del Secondo Conflitto Mondiale in un contesto di cooperazione internazionale corrispondente al dettato della sua Costituzione e con l’affermazione di principi di indipendenza, libertà, sicurezza, crescita economica e sociale”. Infine, Mattarella, ha citato di nuovo i casi dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente sottolineando come “in entrambi i casi le conseguenze per i civili e per i territori coinvolti siano gravissime, devastanti”. Secondo il presidente della Repubblica “l’attività delle delegazioni internazionali presso le rispettive Assemblee parlamentari è preziosa per far crescere la coesione tra le istituzioni e i popoli europei e lo spirito di una comune responsabilità”, ha poi concluso.
    La visita in Cina
    In queste ore, intanto, Mattarella ha lasciato la città di Hangzhou, sul mar cinese orientale, per Canton, ultima tappa della sua visita di Stato in Cina. Stasera assisterà all’opera house di Canton alla rappresentazione dell’Atto II dell’opera lirica “Marco Polo”. Domani incontrerà una delegazione degli imprenditori italiani presenti in Cina. Quindi è previsto il rientro in Italia. LEGGI TUTTO

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    Albania, tribunale Roma rinvia alla Corte Ue e sospende il trattenimento dei migranti: rientreranno in Italia

    Quattro quesiti alla Corte europeaNelle cinquanta pagine del provvedimento, i giudici romani pongono alla Corte Ue quattro quesiti chiedendo di «chiarire vari profili di dubbia compatibilità con la disciplina sovranazionale» emersi proprio dopo l’introduzione da parte del Governo dell’ultimo Dl sui Paesi sicuri. Secondo il tribunale, il Governo ha adottato una interpretazione del diritto dell’Unione europea e della sentenza della Corte di giustizia del 4 ottobre «divergente da quella seguita dal tribunale di Roma nei precedenti procedimenti di convalida delle persone condotte in Albania e lì trattenute». Nello specifico, chiedono se il diritto «dell’Unione osti a che un legislatore nazionale, competente a consentire la formazione di elenchi di Paesi di origine sicuri e a disciplinare i criteri da seguire e le fonti da utilizzare a tal fine, proceda anche a designare direttamente, con atto legislativo primario, uno Stato terzo come Paese di origine sicuro».  Salvini: «Un’altra sentenza politica contro gli italiani e la loro sicurezza» Immediata la reazione del vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini: «Un’altra sentenza politica non contro il Governo, ma contro gli italiani e la loro sicurezza. Governo e Parlamento hanno il diritto di reagire per proteggere i cittadini, e lo faranno. Sempre che qualche altro magistrato, nel frattempo, non mi condanni a sei anni di galera per aver difeso i confini…». Il riferimento è alla richiesta dell’accusa nel processo Open Arms, che lo vede sul banco degli imputati per negato illegittimamente nell’estate del 2019 alla nave della Ong spagnola Open Arms di far sbarcare nel porto di Lampedusa 147 migranti soccorsi in mare. Al comizio dei leader del centrodestra in corso a Bologna il numero uno della Lega aggiunge: «Nessuno mi toglie l’idea che quelle sentenze servano alle cooperative rosse per fare soldi». Dalla Lega gli dà manforte Claudio Borghi, che a Palazzo Madama grida che «i magistrati hanno passato il segno» e «stanno dimostrando di essere fuori legge».Tajani: «Decisione inaccettabile, va contro la tripartizione dei poteri»Toni durissimi anche da parte dell’altro vicepremier, il ministro degli Esteri Antonio Tajani: «In una democrazia c’è la tripartizione dei poteri. Quando uno di questi poteri scavalca i propri confini mette in difficoltà la democrazia. Ci sono alcuni magistrati che stanno cercando di imporre la loro linea politica al Governo. Questo non è accettabile». «Non è un magistrato – ha aggiunto il leader di Forza Italia – che decide qual è un Paese sicuro perché non lo sa, perché non si occupa di queste cose. Se il Governo che ha gli strumenti per farlo dice che un Paese è sicuro, allora c’è qualcosa che non funziona». Il presidente dei senatori azzurri in assemblea al Senato va oltre parlando di «una Capitol Hill al contrario»: «I magistrati sono eversivi, c’è bisogno di una rifondazione della magistratura».L’Associazione nazionale magistrati: «I giudici fanno il proprio dovere»Di fronte alle parole dei vicepremier e degli esponenti della maggioranza, l’Anm interviene in difesa dei magistrati. «Mi preme solo ricordare – dice il segretario generale Salvatore Casciaro – che la primazia del diritto dell’Unione europea è l’architrave su cui poggia la comunità delle corti nazionali e impone al giudice, quando ritenga la normativa interna incompatibile con quella dell’Unione, di applicare quest’ultima o, in caso di dubbio, di sollevare rinvio pregiudiziale, cosa che è stato fatto in questo caso dal tribunale di Roma». Chiaro il messaggio: «Non ci si può quindi lamentare che i giudici fanno il loro dovere né dare loro la colpa di inciampi nel perseguimento di politiche migratorie che spetta ovviamente al Governo decidere ma che non possono prescindere del quadro normativo europeo e sovranazionale nel quale si collocano».Opposizioni all’attacco: «Basta spreco, Piantedosi riferisca in Aula»I partiti di opposizione partono lancia in resta contro l’Esecutivo. Dal Pd tuona il responsabile sicurezza Matteo Mauri: «Alla faccia del cosiddetto “modello Albania”. Questo è il “modello Meloni”: violazione dei diritti, forzature istituzionali, poliziotti sottratti al proprio lavoro in Italia e soldi buttati dalla finestra! Quanto ci metteranno ancora per smetterla con questa buffonata?!». Anche il senatore Filippo Sensi è scorato: «Davvero incredibile l’inettitudine, l’incapacità, lo spreco, l’inutilità». Il collega M5S Alfonso Colucci denuncia l’«ignobile speculazione fatta sulla pelle delle persone». Per il deputato Riccardo Magi (+Europa) «il Governo ha l’obbligo di interrompere le deportazioni: non può e non deve esserci una terza missione prima del giudizio della Corte di Giustizia Ue sui Paesi sicuri». Magi chiede anche di ritirare l’emendamento con cui il Dl Paesi sicuri è stato fatto confluire al Senato nel decreto Flussi. Mentre il capogruppo di Italia Viva a Palazzo Madama, Enrico Borghi, dice in Aula: «È indispensabile che il ministro dell’Interno venga in quest’Aula e spieghi cosa sta accadendo in questo Paese!». LEGGI TUTTO

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    Manovra, Meloni incontra i sindacati: “L’obiettivo è la crescita, non il consenso”

    È iniziata intorno alle 10 a Palazzo Chigi la riunione fra governo e sindacati sul disegno di legge di bilancio presieduta da Giorgia Meloni. “Abbiamo concentrato le risorse su alcune priorità fondamentali” tenendo “i conti in ordine e concentrandoci su una prospettiva di crescita” pur “nel contesto internazionale tutt’altro che facile”, ha detto la premier. “Un cambio di passo – ha aggiunto – rispetto all’approccio che troppe volte abbiamo visto in passato, quando si è preferito adottare misure più utili a raccogliere consenso nell’immediato che a gettare le basi per una crescita duratura, scaricando il costo di quelle misure su chi sarebbe venuto dopo. Come noi, che raccogliamo la grave eredità di debiti che gravano come un macigno sui conti pubblici”.
    Per il governo erano presenti il vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, la ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Calderone, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, il ministro della Salute Orazio Schillaci, il ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Per i sindacati presenti invece i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Usb, Cida, Cisal, Confedir, Confintesa, Confsal, Ciu e Cse.  

    Meloni: “Credibilità e coraggio di questo Governo”

    “Il ministro Giorgetti sarà più puntuale di me, ma io ci tengo a dire che la solidità, la credibilità e il coraggio di questo Governo hanno consentito di poter far partecipare banche e assicurazioni alla copertura della legge di bilancio”, ha aggiunto Meloni parlando delle coperture con cui sono finanziate le misure. Per Meloni è “un grande cambiamento rispetto al passato, quando invece con la legge di bilancio si trovavano le risorse per sostenere banche e assicurazioni, e nessuno invocava la rivolta sociale”.
    Meloni: “Nostra intenzione intervenire ancora su Irpef”
    “In materia di imposte viene reso strutturale il passaggio da quattro a tre aliquote Irpef, con l’accorpamento dei primi due scaglioni di reddito. È chiaramente intenzione del governo intervenire anche sullo scaglione di reddito successivo, ma questo dipenderà ovviamente dalle risorse che avremo a disposizione e che arriveranno anche alla chiusura del concordato preventivo”, ha detto ancora Meloni all’incontro.
    Landini: “Serve un cambiamento radicale”
    “Per quello che ci riguarda c’è bisogno di un cambiamento radicale di questa manovra e c’è bisogno di andare a prendere i soldi dove sono. Queste sono le nostre richieste”, ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, all’arrivo a Palazzo Chigi. “Vediamo per quale ragione ci hanno convocato ora. Ce lo debbono spiegare loro, visto che non era mai successo che un governo presentasse in Parlamento una manovra già decisa, già fatta, senza alcun confronto con le organizzazioni sindacali”, ha aggiunto Landini.
    Landini: “100 mila giovani all’anno vanno all’estero per realizzarsi”
    “Regalerò alla presidente del Consiglio il libro di Albert Camus, L’uomo in rivolta. Perché se hanno paura delle parole, è bene che colgano un tema: che di fronte a un livello di ingiustizie e di diseguaglianze come quello che si sta determinando, io credo che ci sia bisogno proprio che le persone non accettino più, che non si girino da un’altra parte, che non guardino da un’altra parte”, ha detto il segretario generale della Cgil. “Non può essere che chi lavora è povero e non può essere che dei nostri giovani più di 100 mila all’anno se ne debbono andare all’estero per realizzarsi”, aggiunge Landini. “La proclamazione dello sciopero, naturalmente, è quello che un’organizzazione può fare. Il richiamo alla necessità che le persone non si girino da un’altra parte, ma che si determini una vera rivolta sociale che cambi queste ingiustizie, io credo e mi auguro che sia quello che scatta nel nostro Paese perché avanti così non si può più andare”. LEGGI TUTTO