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    Vetrate panoramiche sui balconi, serve il via libera del regolamento condominiale

    Le vetrate panoramiche amovibili (le cosiddette VePA) sono sempre più diffuse: proteggono dal vento, migliorano l’isolamento termico e danno un aspetto moderno ai balconi. Ma anche se il Decreto Salva Casa le ha rese installabili come intervento di edilizia libera, in condominio potrebbero comunque creare problemi.Ecco perché conviene fare chiarezza su cosa è permesso e quando, invece, il regolamento condominiale può imporre lo smontaggio.Cosa dice la legge dopo il Decreto Salva CasaIl Decreto Salva Casa (ufficialmente denominato Decreto-legge n. 69/2024, convertito in Legge 24 luglio 2024, n. 105) ha confermato che l’installazione di VePA rientra tra le attività di edilizia libera. Significa che, se sono amovibili e completamente trasparenti, non serve alcun permesso comunale.Lo stesso vale per tende da sole, tende a pergola e altre coperture leggere. E non solo per balconi e logge: ora è possibile montarle anche sui porticati, purché non siano soggetti a uso pubblico o non affaccino direttamente su aree pubbliche.Ma in condominio le regole cambianoIn condominio, però, c’è un ostacolo in più: il regolamento. Anche se non occorrono autorizzazioni edilizie, le norme interne possono vietare modifiche estetiche che alterino il decoro architettonico dell’edificio o prevedere limiti specifici per i balconi.Un recente caso giudiziario lo conferma: un condominio è stato costretto a rimuovere una VePA perché il regolamento vietava “pareti in vetro fisse o mobili” e qualsiasi arredo che superasse l’altezza del parapetto. Pur sostenendo che si trattava di un’installazione leggera e amovibile, il proprietario ha perso la causa perché la clausola del regolamento era stata richiamata nel suo atto di acquisto ed era quindi vincolante.La Corte di Cassazione, con la sentenza 24526/2022, ha inoltre chiarito che le limitazioni del regolamento condominiale sono vincolanti anche per chi acquista successivamente l’immobile, se sono riportate o richiamate nell’atto di compravendita.Cosa significa per i condòminiAnche se le VePA sono considerate edilizia libera, in condominio prevalgono le regole interne. Se il regolamento vieta espressamente l’installazione di pareti, fisse o mobili, quindi, bisogna rispettarle. L’opponibilità del regolamento ai nuovi proprietari dipende dal fatto che il documento sia stato richiamato nell’atto di acquisto. Non basta una generica menzione: l’acquirente deve dichiarare di conoscerlo.In assenza di un divieto espresso, resta comunque il principio generale del decoro architettonico: modifiche evidenti ai balconi possono essere contestate dagli altri condòmini se alterano l’armonia dell’edificio.Il consiglio: prima di installare, verificarePrima di far montare una VePA (o qualunque altro elemento sui balconi), è bene verificare:il regolamento condominiale: cercare clausole su pareti, tende o arredi oltre i parapetti;la facciata dell’edificio: interventi troppo evidenti possono ledere il decoro; LEGGI TUTTO

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    UniCredit lancia “Extra SEPA Fast”: il nuovo servizio di bonifici internazionali rapidi e trasparenti

    UniCredit compie un ulteriore passo nel suo percorso di innovazione tecnologica lanciando Extra SEPA Fast, il nuovo servizio di pagamento internazionale veloce e trasparente integrato nella propria app mobile. Con questa novità, la banca diventa la prima tra le maggiori banche europee ad offrire ai propri clienti la possibilità di inviare denaro all’estero con la stessa rapidità di un bonifico domestico.Attraverso il servizio, i clienti italiani di UniCredit possono inviare pagamenti in modo semplice e veloce a destinatari in dieci Paesi, tra cui Stati Uniti (USD), Regno Unito (GBP), Svizzera (CHF), Hong Kong (HKD), Singapore (SGD) e India (INR).Grazie al servizio Fast, i clienti retail e private di UniCredit possono ora:pagare in valuta estera direttamente dallo smartphone, con accredito in pochi minuti al beneficiario;Accedere a tassi di cambio aggiornati in tempo reale e a commissioni trasparenti, visibili prima della conferma dell’operazione;Utilizzare un’interfaccia utente mobile-first, pensata per rendere l’esperienza semplice e guidataUna visione chiara, plasmata dalle lezioni, dalle sfide e dalle intuizioni raccolte in un percorso a lungo termineQuesta novità segna una svolta nel posizionamento di UniCredit nel panorama dei pagamenti internazionali. Un’evoluzione naturale del lavoro avviato già due anni fa con un obiettivo preciso: superare i limiti dei canali tradizionali e offrire un’esperienza digitale semplice, intuitiva e in linea con le aspettative di un mondo sempre più mobile.Il lancio si inserisce in un più ampio processo di trasformazione dell’offerta bancaria di UniCredit per privati e imprese, che include servizi di conversione in oltre 120 divise e piattaforme digitali evolute come UC PayFX e UC PayFX Webservice e segna un passo concreto nel percorso di trasformazione e modernizzazione dell’offerta.UniCredit vuole rispondere in modo efficace a un’esigenza reale: effettuare pagamenti internazionali in modo semplice, veloce e trasparente. È un’iniziativa che unisce visione strategica e impatto concreto per i nostri clienti.Andare oltre i soliti accordi: Unicredit apre le porte per co-creare ed espandere una rete di pagamenti robusta e agileIl servizio Fast nasce dalla collaborazione con provider internazionali di alto profilo. In fase di lancio, è stata decisiva la partnership con Wise, leader globale nei trasferimenti internazionali, che abilitando l’utilizzo del proprio network ha consentito l’attivazione delle prime divise supportate.A questa si è aggiunta un’importante collaborazione con un primario partner bancario americano che ha permesso l’estensione del servizio anche agli Stati Uniti, cruciale per volumi e frequenza di utilizzo. Grazie a questa sinergia, UniCredit offre oggi trasferimenti veloci anche in dollari, garantendo maggiore competitività e tempi di esecuzione ridotti.Aprendo il servizio Fast al dollaro USA, UniCredit invia anche un chiaro messaggio: l’innovazione non è un’esclusiva delle fintech e i grandi istituti bancari possono – e devono – collaborare per offrire ai clienti un’esperienza transfrontaliera veloce e trasparente.La visione di UniCredit non si ferma qui. Come spiega il Gruppo, l’infrastruttura del Fast è stata concepita per essere scalabile, replicabile e multi-provider, con l’obiettivo di ampliare progressivamente la gamma di divise, paesi coperti e il tipo di clienti che ne possono beneficiare, facendo leva su un ecosistema di partner globali.Guardando al futuro, l’obiettivo è quello di rendere la funzionalità disponibile anche per gli altri Paesi in cui opera il Gruppo UniCredit ed evolvere il servizio per integrare ulteriori partner e divise.Disponibile da subito per i clienti UniCredit LEGGI TUTTO

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    “Se si ferma Milano è un guaio per l’Italia: evitiamo che lo scandalo blocchi lo sviluppo”

    Giammaria Giuliani è l’erede della famiglia che partendo nei primi anni del secolo scorso da una piccola farmacia a Milano, vicina al vecchio Lazzaretto, costruì un impero, il cui pilastro principale, negli anni Sessanta, fu il celeberrimo «amaro medicinale Giuliani». Ora Giammaria è un imprenditore di gran successo e detiene il 5% della banca Rothschild. Parliamo con lui di Milano.Se la ricorda Milano di quando lei era bambino? Jannacci, Vecchioni, Strehler? Ma poi c’era il terrorismo e la grande mala.«Sì me la ricordo. Ma ero piccolo. Io sono nato nel 1978. L’anno clou del terrorismo, col sequestro e poi l’uccisione di Aldo Moro. Le città allora erano blindate. C’erano guardie dappertutto. E poi i cortei del sabato sera».C’era anche la malavita comune, c’erano i rapimenti..«Non è che io capissi bene quello che succedeva. Ero protetto da guardie del corpo».Si sentiva diverso dagli altri bambini?«Tutte quelle precauzioni mi stupivano un po’».Le piaceva Milano?«Sì, ho splendidi ricordi. Unico rammarico non vedere insieme i miei genitori che si sono separati quando avevo solo un anno».Un ricordo su tutti..«Il Milan di Berlusconi, le Coppe dei campioni, Gullit e Van Basten».Mai avuto un motorino?«Sì, a quattordici anni. Vinto stappando il tappo di una coca cola. Giravo per Milano, mi sentivo libero. Milano era ricca, luccicava, era vicina all’Europa, come diceva Lucio Dalla. Forse era un po’ troppo ricca. Lussi esagerati, troppo ostentati, soldi che giravano a velocità eccessiva».I suoi genitori cosa dicevano?«Mi ricordo benissimo mio padre quando mi disse: Vedrai, questi non andranno lontano».Suo padre era diverso dagli altri imprenditori?«Testa bassa e lavorava. Diceva che non basta la finanza a far girare il mondo. Bisogna faticare, produrre».Milano da bere?«Mio padre pensava che Milano fosse prima di tutto da lavorare. Mi ha insegnato questo. E se proprio avessi dovuto bere qualcosa, l’amaro, rigorosamente Giuliani (ride)».La sua famiglia ha avuto un ruolo in quella Milano a cavallo tra Ottocento e futuro«Ha spinto la Milano produttiva e attenta al domani».Andiamo avanti: arrivano gli anni ’90.«Arriva la calma, il divertimento, la stagione violenta è finita. Ma dura poco, irrompe il ciclone. Arrivano Borrelli, Di Pietro. Si scatena l’inchiesta Mani pulite che rade al suolo mezza borghesia milanese».Facciamo un salto. Entriamo nel nuovo secolo«Io torno a lavorare a Milano all’inizio del secolo. Trovo una città cambiata in meglio da molti punti di vista».Quali?«È una città internazionale, cresciuta sul piano sociale, attrezzata, bella, piena di ristoranti e di alberghi… Però c’è un problema enorme: la sicurezza».La sua Milano era più sicura di quella di oggi?«Certamente sì. Oggi i miei amici che vivono ancora a Milano hanno paura per i loro figli…».Per ragioni di sicurezza?«Non ci sono più i problemi degli anni della mia gioventù. Cioè il terrorismo e la grande criminalità. Però c’è la microcriminalità, le baby gang, le rapine, quelli che ti scippano e ti portano via l’orologio, e poi la piaga orrenda degli stupri».La microcriminalità è meno pericolosa della grande criminalità organizzata?«No, al contrario. Va più in profondità. Tocca i ceti più deboli, i poveri. Un tempo i poveri non erano toccati dalla grande criminalità. La criminalità piccola e diffusa invece arriva ovunque, e corrode il tessuto sociale, la convivenza civile».Milano vuol dire anche Berlusconi..«Sì, lui ebbe un ruolo decisivo nello sviluppo. È lui che ha reso Milano la capitale vera e ha imposto il modello Milano a tutto il Paese».Ricordi personali di Berlusconi?«(ride) Le barzellette Poi i panettoni giganti e le gigantesche uova di pasqua che ci mandava. Piene di regali».Questo nuovo scandalo che è scoppiato e sta travolgendo il sindaco Sala e gli assessori è una cosa seria?«Guardi, io non mi sono mai interessato molto alla politica. E non conosco le carte dell’inchiesta. Non so se ci siano stati fatti di corruzione, e se esistano le prove. Perciò un giudizio non lo so dare».Ma i sindaci di sinistra che sono arrivati a Milano negli anni dieci, dopo Formentini, Albertini e Moratti, cosa hanno dato a Milano?«Forse qualche pista ciclabile di troppo».Questo scandalo assomiglia all’inizio dello scandalo di Tangentopoli?«Non esageriamo. Quello fu una rivoluzione, mandò all’aria tutto il potere politico e ferì a fondo una parte dell’imprenditoria. Non mi pare che siamo ancora in quell’ordine di grandezza».Ma lo scandalo rischia di fermare lo sviluppo di Milano?«Milano è sempre stata la locomotiva d’Italia, se si ferma Milano è un guaio molto serio per tutti. Dobbiamo evitare che questo scandalo travolga Milano e ne blocchi lo sviluppo».Secondo lei il sindaco Sala deve dimettersi?«La politica per me è una cosa misteriosa. No, non credo che debba dimettersi. Dovrà dare risposte e dimostrare la sua innocenza». LEGGI TUTTO

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    Risiko, settimana decisiva per le grandi sfide bancarie

    Si apre una settimana cruciale per il risiko bancario italiano, che vedrà diversi dossier avvicinarsi a un punto di svolta. In primo piano resta l’Ops di Unicredit su Banco Bpm il cui periodo di adesione termina mercoledì. Finora Piazza Gae Aulenti ha raccolto solo lo 0,233%. I vincoli posti dal golden power (primo tra tutti l’obbligo per Unicredit di uscire dalla Russia), la sospensione tecnica di trenta giorni decisa dalla Consob, il ricorso al Tar e i rilievi sollevati dall’Unione europea sull’esercizio dei poteri speciali (una prassi che ha interessato non solo l’Italia ma anche la Spagna per Bbva-Sabadell) hanno determinato una serie di stop-and-go. È probabile che l’operazione venga discussa dal cda guidato da Andrea Orcel in agenda domani per l’approvazione della semestrale. Vista l’improbabilità di un ulteriore rinvio da parte della Consob (solo qualora dall’analisi normativa emergesse una base solida, ha sottolineato il presidente dell’Authority Paolo Savona, l’Autorità potrà procedere), prende corpo lo scenario secondo cui l’Ops possa concludersi senza il raggiungimento degli obiettivi prefissati, costringendo Unicredit a valutare una ripresentazione dell’offerta, magari con alcune modifiche al prospetto e in tempi particolarmente rapidi.Ma Unicredit-Bpm non è l’unico dossier che animerà la settimana in Borsa. Restano in primo piano anche altre operazioni che stanno segnando il risiko bancario italiano in questa fase. Il Monte dei Paschi di Siena, guidato da Luigi Lovaglio, è impegnato nella sua offerta su Mediobanca, per la quale l’amministratore delegato sta proseguendo un fitto giro di incontri con la comunità finanziaria internazionale. Dopo Londra, Lovaglio sarà nei prossimi giorni a New York per incontrare nuovi potenziali investitori e convincerli ad aderire all’operazione.Sul fronte Mediobanca, intanto, prosegue anche la progressiva riduzione, per ora a piccoli passi, delle partecipazioni del gruppo Lucchini all’interno del patto di sindacato che lega parte degli azionisti della storica banca d’affari milanese. Un ulteriore elemento che potrebbe incidere sugli equilibri futuri. LEGGI TUTTO

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    Borsa, ecco i titoli difensivi in caso di tempesta sui dazi

    La trattativa tra Unione europea e Stati Uniti sta continuando in modo serrato in vista della scadenza del primo agosto, una data che il segretario al commercio Usa Howard Lutnick ieri ha definito “vincolante, ma niente impedisce ai Paesi di venire a parlare con noi anche dopo l’1 agosto”. Tuttavia, ha detto di essere “fiducioso per un accordo”. Nel frattempo, scrive Bloomberg, la Ue sta lavorando anche a un piano di ritorsioni e avrebbe in programma un incontro già questa settimana. Sul tavolo ci sono già due pacchetti di contro-dazi da 21 e 72 miliardi, mentre crescono i Paesi che vorrebbero in campo il meccanismo anti-coercizione.Le Borse, finora incuranti delle sparate del presidente Donald Trump, potrebbero subire scossoni qualora si consumasse una rottura dei negoziati. A Piazza Affari, gli investitori guardano già ai titoli più difensivi. Tenendo presente che, in caso di guerra commerciale, nessun titolo verrebbe del tutto risparmiato, ce ne sono alcuni nel paniere principale Ftse Mib che hanno caratteristiche preziose. Per esempio, Ferrari che, anche se toccata dai dazi statunitensi sull’auto, si rivolge a un pubblico alto spendente che difficilmente si farebbe scoraggiare anche da dazi al 30%. A pensarlo sono diversi analisti, che posizionano il Cavallino nell’alta gamma del lusso. Non a caso il titolo è in crescita da inizio anno. L’ad Benedetto Vigna ha detto di recente di avere pronto un piano di contromisure nel caso lo scenario subisse un peggioramento. Diverso è per l’automotive vero e proprio dove invece Stellantis – pur producendo in parte negli Usa – anche a causa dell’incertezza sui dazi è ad oggi il titolo peggiore del paniere principale da inizio anno: -37,1 per cento.Un altro titolo con caratteristiche potenzialmente anti-dazi è Enel, non solo perché il settore delle utility è storicamente considerato difensivo nei periodi di turbolenza sui mercati, ma anche perché la multinazionale guidata da Flavio Cattaneo ha una forte presenza negli Stati Uniti soprattutto nel comparto delle rinnovabili con Enel Green Power e questo dovrebbe renderla meno esposta alle barriere tariffarie. Anche se potrebbe essere in parte penalizzata dal taglio degli incentivi alle rinnovabili dell’amministrazione Trump.Altre aziende potrebbero rivelarsi meno sensibili in caso di scenario avverso. “I titoli più colpiti dalle tariffe sono quelli del settore automotive, chimica, farmaceutica, moda e agroalimentare”, spiega Fabrizio Barini, senior banker di Integrae Sim, “mentre quelli meno impattati sono le utility e l’energia, in particolare quelli con business regolati. Queste società sono più resistenti ai crolli perché sarebbero colpite indirettamente solo da un calo del Pil e dei consumi energetici, ma questo non avverrebbe direttamente per l’entrata in vigore dei dazi che rallenterebbero la crescita dell’economia con il tempo e non nell’immediato. Per esempio, rientrano in questo ambito titoli come Snam, Terna, Italgas, A2a ed Hera”. LEGGI TUTTO

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    Banche, il triennio 2022-2024 ha fruttato 112 miliardi di profitti

    Il periodo di alta stretta monetaria imposto dalle banche centrali ha portato, dal 2022 al 2024, a un ciclo straordinario di profitti per gli istituti di credito italiani, che hanno registrato utili complessivi superiori a 112 miliardi di euro. Un contesto reso possibile dal rialzo dei tassi d’interesse, che nel 2023 ha visto le banche raggiungere un record di utili con 46,5 miliardi di euro, un balzo significativo rispetto ai periodi precedenti. È quanto sottolinea un’analisi della FabiCome sottolineato da Lando Maria Sileoni (in foto), segretario generale della Fabi, “i numeri da record realizzati dalle banche italiane negli ultimi anni non sono piovuti dal cielo” ma “sono il risultato del lavoro quotidiano di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori”. Il leader sindacale ha evidenziato anche come, nel 2023, grazie al contratto collettivo nazionale firmato l’anno precedente, siano stati garantiti “435 euro medi mensili”, cifra che rispecchia l’impegno dei dipendenti del settore, un impegno che si riflette anche nei recenti riconoscimenti economici per i dirigenti.L’elaborazione della Fabi mette in evidenza come il punto di svolta si sia registrato a partire dal 2022. Dopo un periodo meno brillante tra il 2018 e il 2021, quando gli utili oscillavano tra i 15 e i 16 miliardi di euro, il settore bancario ha visto una ripresa significativa. Nel 2022 l’utile netto ha raggiunto i 25,5 miliardi, mentre nel 2023 è salito a oltre 40,7 miliardi, per arrivare ai 46,5 miliardi di euro nel 2024. I ricavi del settore hanno toccato i 110,1 miliardi di euro nel 2024, con una crescita del 7,2% rispetto all’anno precedente e un aumento del 33,8% rispetto al 2018.Un altro elemento che ha contribuito a questi ottimi risultati è il ritorno del credito come principale fonte di guadagno per le banche italiane, che ora rappresenta il 58,5% dei ricavi, superando le commissioni, che per tre anni avevano dominato la scena. “Senza l’impegno dei lavoratori, quei bilanci così in salute non sarebbero stati possibili”, ha continuato Sileoni, rimarcando come il contributo delle persone che lavorano nel settore bancario sia stato essenziale.Tuttavia, la situazione sta cambiando. Con il rallentamento dell’inflazione e la normalizzazione della politica monetaria da parte della Bce, i tassi di interesse hanno cominciato a scendere. I tassi di mercato, infatti, sono calati dal mese di ottobre 2023, e nella prima parte del 2025, secondo il rapporto mensile dell’Abi, i tassi a breve termine sono ulteriormente diminuiti, pur rimanendo stabili quelli a lungo termine. Ad esempio, il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese a giugno è sceso al 3,56%, dal 5,45% di dicembre 2023, mentre quello sui mutui per abitazioni è rimasto stabile al 3,17%. LEGGI TUTTO

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    “Comau corre più veloce con i nuovi investitori”

    «I dazi? Direttamente o indirettamente quasi tutti i settori sono impattati, ma soprattutto l’incertezza che ne deriva ha fortemente rallentato le decisioni su nuovi investimenti sia negli Usa sia nel resto del mondo. Il nostro portafoglio – con una grande penetrazione sui clienti nordamericani (33% del business), europei (38% del giro d’affari) e Asia-Pacifico, Cina inclusa (23%), a cui si aggiunge il Sud America (6%) – rappresenta un grande vantaggio proprio in un periodo così complesso come quello attuale. Comau, infatti, è un’azienda molto globale e ben bilanciata. Siamo in grado di disegnare, sviluppare e produrre autonomamente in ogni regione». È l’analisi di Pietro Gorlier, 62 anni, torinese doc, dal 2022 ceo di Comau, realtà industriale italiana, con sede a Grugliasco (Torino), che dalla fine del 2024 ha portato il fondo americano One Equity Partners a rilevare il 50,1% con Stellantis scesa al 49,9%. Operazione che è avvenuta con il benestare dell’Antitrust e le prescrizioni previste dalla golden power.Gorlier, che ha ricoperto diversi ruoli di vertice nella galassia Exor, tra cui quello di capo di Fca Europa, oltre a commentare la situazione di Comau nel suo complesso a causa dei dazi, fa il punto sul nuovo corso di una multinazionale che negli anni ha consolidato la sua leadership nell’automazione e nella robotica industriale. E subito invia un messaggio per rassicurare i sindacati sul mantenimento dell’italianità dell’azienda e l’impegno di One Equity Partners sul nostro Paese: «Comau può contare su oltre 3.800 lavoratori a livello globale, di cui 850 in Italia. One Equity Partners vuole far crescere a livello industriale le aziende sulle quali investe. È molto focalizzata sull’Italia perché, come affermato dai suoi vertici, “qui ci sono ottime aziende, guidate da un valido management”; per Comau rappresenta sicuramente un’importante opportunità di ulteriore sviluppo».L’uscita da Stellantis?«Era dovuta per poter crescere, diversificando i nostri investimenti, al di fuori del mondo automotive, con l’intenzione Il riassetto societario era dovuto per diversificare il business verso ambiti alternativi a quello dell’auto A Grugliasco abbiamo realizzato la Dry Room, un laboratorio perla produzione delle batterie di nuova generazione di fare di Comau un vero hub italiano per l’automazione, leader a livello internazionale, capace di aggregare altri soggetti. Il primo passo è rappresentato dal recente investimento strategico in Automha, l’azienda di Bergamo che opera nell’automazione dei magazzini e della logistica interna, con cui abbiamo importanti sinergie. L’ultima novità che abbiamo sviluppato internamente, a Grugliasco, si chiama Dry Room, un laboratorio innovativo per i processi di produzione delle batterie di nuova generazione, oltre al lancio di prodotti nel campo della robotica mobile e collaborativa che abbiamo presentato a giugno in un’importante fiera internazionale». LEGGI TUTTO

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    Banche, il triennio 2022-2024 ha fruttato 112 miliardi di profitti

    Il periodo di alta stretta monetaria imposto dalle banche centrali ha portato, dal 2022 al 2024, a un ciclo straordinario di profitti per gli istituti di credito italiani, che hanno registrato utili complessivi superiori a 112 miliardi di euro. Un contesto reso possibile dal rialzo dei tassi d’interesse, che nel 2023 ha visto le banche raggiungere un record di utili con 46,5 miliardi di euro, un balzo significativo rispetto ai periodi precedenti. È quanto sottolinea un’analisi della FabiCome sottolineato da Lando Maria Sileoni (in foto), segretario generale della Fabi, «i numeri da record realizzati dalle banche italiane negli ultimi anni non sono piovuti dal cielo» ma «sono il risultato del lavoro quotidiano di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori». Il leader sindacale ha evidenziato anche come, nel 2023, grazie al contratto collettivo nazionale firmato l’anno precedente, sianostati garantiti «435 euro medi mensili», cifra che rispecchia l’impegno dei dipendenti del settore, un impegno che si riflette anche nei recenti riconoscimenti economici per i dirigenti.L’elaborazione della Fabi mette in evidenza come il punto di svolta si sia registrato a partire dal 2022. Dopo un periodo meno brillante tra il 2018 e il 2021, quando gli utili oscillavano tra i 15 e i 16 miliardi di euro, il settore bancario ha visto una ripresa significativa. Nel 2022 l’utile netto ha raggiunto i 25,5 miliardi, mentre nel 2023 è salito a oltre 40,7 miliardi, per arrivare ai 46,5 miliardi di euro nel 2024. I ricavi del settore hanno toccato i 110,1 miliardi di euro nel 2024, con una crescita del 7,2% rispetto all’anno precedente e un aumento del 33,8% rispetto al 2018.Un altro elemento che ha contribuito a questi ottimi risultati è il ritorno del credito come principale fonte di guadagno per le banche italiane, che ora rappresenta il 58,5% dei ricavi, superando le commissioni, che per tre anni avevano dominato la scena. «Senza l’impegno dei lavoratori, quei bilanci così in salute non sarebbero stati possibili», ha continuato Sileoni, rimarcando come il contributo delle persone che lavorano nel settore bancario sia stato essenziale.Tuttavia, la situazione sta cambiando. Con il rallentamento dell’inflazione e la normalizzazione della politica monetaria da parte della Bce, i tassi di interesse hanno cominciato a scendere. I tassi di mercato, infatti, sono calati dal mese di ottobre 2023, e nella prima parte del 2025, secondo il rapporto mensile dell’Abi, i tassi a breve termine sono ulteriormente diminuiti, pur rimanendo stabili quelli a lungo termine. Ad esempio, il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese a giugno è sceso al 3,56%, dal 5,45% di dicembre 2023, mentre quello sui mutui per abitazioni è rimasto stabile al 3,17%. LEGGI TUTTO