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    Euronext fa rotta sulla Borsa di Madrid

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    A quattro anni dall’acquisizione di Borsa Italiana, Euronext punta a crescere ancora e secondo indiscrezioni avrebbe messo (nuovamente) nel mirino la Borsa spagnola e il Ftse Nordic Index (il braccio del Nasdaq nell’Europa del nord: Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca).L’operatore che oggi gestisce sette Borse (oltre a Milano, Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona, Dublino e Oslo) vorrebbe, in particolare, tornare all’attacco sul listino di Madrid sfuggitogli di mano nel 2019 quando, in un testa a testa, prevalse la svizzera Six con un’offerta da 2,75 miliardi di franchi.«Siamo disponibili per i colloqui», ha ribadito di recente il ceo di Euronext Stéphane Boujnah riferendosi a Bme, pallino del gruppo e tassello mancante per un mercato dei capitali europeo che potrebbe essere ancora più strategico con il ritorno di Trump alla Casa Bianca. Secondo Euronext l’integrazione con la Borsa spagnola sarebbe «una mossa naturale» per un’Europa più forte. Nell’ultimo decennio, Euronext ha perseguito una strategia di espansione aggressiva, acquisendo società come la Borsa di Dublino, Oslo Børs e Piazza Affari per consolidare i mercati finanziari europei, diversificare i flussi di entrata e integrare diversi servizi tra loro: trading, clearing e post-trade. Madrid sarebbe, quindi, uno dei tasselli mancanti di questa espansione. Nel piano strategico «Innovate for growth 2027», che ha come obiettivo una crescita composta del 5% l’anno per i ricavi e superiore al 55% per gli utili, il gruppo ha indicato la volontà di spingere sui business «non volume», sul trading di reddito fisso, commodity e valute e sulle attività tradizionali. Inoltre, secondo il piano, Euronext punta a diventare la soluzione per l’integrazione dei mercati dei capitali in Europa. Oggi la capitalizzazione aggregata delle società quotate su Euronext è di circa 7000 miliardi, per scambi pari a 10-11 miliardi, il doppio rispetto a Londra. LEGGI TUTTO

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    Commerz, Orcel frena: “Stop se non c’è valore”

    Ascolta ora Coincidenza o meno, Andrea Orcel (in foto) e Bettina Orlopp hanno fatto tappa al World Economic Forum di Davos in simultanea. Non è dato a sapersi se, lontano da sguardi indiscreti, i due abbiano avuto modo di scambiare qualche battuta; quello che è certo è che a microfoni aperti i copioni del confronto […] LEGGI TUTTO

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    Renault corre e sorpassa Stellantis

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    Tra i cattivi ricordi lasciati da Carlos Tavares, uscito di scena a inizio dicembre, c’è la perdita per Stellantis della seconda posizione in Europa nell’ultimo mese del 2024. E a superare il gruppo presieduto da John Elkann sono stati i «cugini» francesi di Renault con al volante l’ex Fiat, Luca De Meo (in foto).La differenza di vetture vendute tra Stellantis (15 marchi) e Renault (tre brand) non è da poco: 130.097 unità per la casa della Losanga (+16,6% rispetto al dicembre 2023, quota mensile in crescita all’11,9% dal 10,6%) e 126.091 (-6,7%, quota scesa dal 12,9% all’11,6%) per il gruppo guidato ora in Europa dall’italo-francese Jean-Philippe Imparato.È vero che il sorpasso riguarda solo dicembre 2024, mentre nei 12 mesi Stellantis ha mantenuto la seconda posizione (1,969 milioni di vetture immatricolate, -7,3%) nella graduatoria europea dietro a Volkswagen (3,407 milioni, +2,5%) e con un abbondante vantaggio su Renault (1,282 milioni, +3,2%), ma il segnale arrivato a fine 2024 non deve essere sottovalutato.Sarà interessante vedere, a questo punto, il dato di gennaio per una conferma o meno, da parte di Renault, della seconda piazza in Europa.Complessivamente lo scorso anno le immatricolazioni di auto in Europa sono cresciute dello 0,9% a 12,963 milioni di unità, mentre a dicembre l’incremento è stato del 4,1% (1,091 milioni). Dati, però, che restano ancora molto distanti dal periodo pre-pandemia e pre-crisi varie (energia, inflazione, guerre) quando il mercato continentale valeva, come vendite, il 18% in più, ovvero 15,805 milioni di unità. LEGGI TUTTO

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    Le Pmi con Ansaldo per rafforzare la filiera

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    Avvicinare e connettere le piccole e medie imprese del territorio con i grandi player industriali. Con l’obiettivo di anticipare i tempi e sviluppare una politica industriale che faccia scuola presso le altre Regioni italiane, la Lombardia rafforza la strategia delle filiere portata avanti dall’assessore allo Sviluppo economico Guido Guidesi. Un progetto per facilitare i contatti tra i leader di specifici settori e Pmi, le piccole e medie imprese potenzialmente interessate a entrare nelle catene di fornitura. LEGGI TUTTO

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    La Regione Puglia finisce sotto accusa per la spesa sanitaria. E ora il piano di rientro è a rischio

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    I punti chiave

    La Puglia è di nuovo sotto esame per la gestione della spesa sanitaria, con la Ragioneria dello Stato che lancia un monito alla Regione. In un recente rapporto di monitoraggio, l’ente centrale sollecita la Puglia a presentare con urgenza il programma operativo che deve fissare gli obiettivi di spesa e i parametri per il raggiungimento del piano di rientro, altrimenti i rischi di nuove restrizioni diventano concreti. Il focus del documento riguarda soprattutto i costi legati alle prestazioni sanitarie erogate dai privati e alla spesa per i farmaci, aree in cui è necessario un maggiore controllo. A poco più di un anno dalla delibera che avrebbe dovuto segnare la fine del piano di rientro, con la fissazione di tetti di spesa per le ASL e una stretta sui privati, la Puglia continua a navigare in acque agitate, con il rischio di non riuscire a superare il pesante deficit che ancora grava sul suo sistema sanitario.Il piano di rientroA gennaio 2024 è stato inviato un piano di rientro 2024-2026, ma alle osservazioni del ministero non è stata data risposta. Tra i rilievi della Ragioneria dello Stato, manca la documentazione tendenziale e programmatica per il 2025-2026, necessaria per una valutazione completa. Positivi i progressi nella prevenzione, con un miglioramento nell’adesione agli screening oncologici, ma ancora insufficiente per mammografia e screening colonrettale. La Ragioneria sollecita anche misure per aumentare le coperture vaccinali pediatriche e antinfluenzali per gli anziani e attende il piano di riordino della rete ospedaliera, nonché i dati 2023 sulle reti tempo-dipendenti (cardiologica, ictus, trauma).Sanità privataNel 2023, la Puglia si distingue per una spesa sanitaria privata superiore alla media nazionale, destinando il 22% del totale delle risorse sanitarie a cliniche e studi privati, un dato in aumento rispetto all’anno precedente e superiore al 20,3% della media italiana. Questo rappresenta una ripresa dopo il calo del 2015, quando la spesa per prestazioni private era pari al 23,7%. Allo stesso tempo, la tempestività dei pagamenti da parte degli enti locali mostra segnali di miglioramento, con il 24% dei pagamenti effettuati oltre i termini legali, in riduzione rispetto al 28% del 2022, ma permangono criticità, soprattutto per alcune ASL, come quella di Foggia, con un ritardo medio di sette giorni.Il disavanzo della regioneTra il 2014 e il 2023, la spesa sanitaria è cresciuta, registrando un incremento medio annuo del 2% a livello nazionale. In Puglia, questa cifrà è passata da 7 a 8,5 miliardi di euro, con una crescita più marcata a partire dal 2020. Contestualmente, anche il finanziamento della spesa reale è aumentato, passando da 7,1 a 8,4 miliardi. Nel 2023, la regione ha registrato un disavanzo di 72 milioni di euro, ridotto rispetto all’anno precedente (metà del deficit del 2022). La Puglia è anche tra le regioni in cui la spesa per i redditi da lavoro pesa meno sulla spesa complessiva: si attesta al 27,8%, ovvero due punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale. LEGGI TUTTO

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    Fisco, dialogo e consulenza al centro della riforma

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    Nel suo primo incontro con i direttori centrali e regionali, Vincenzo Carbone, nuovo direttore dell’Agenzia delle Entrate, ha delineato le principali linee guida per l’amministrazione fiscale nei prossimi anni. Al centro della sua visione, riporta Il Sole 24 Ore, la necessità di cambiare il rapporto tra fisco e contribuenti, puntando maggiormente sull’ascolto e sul confronto diretto con cittadini e imprese. Una visione che, secondo Carbone, dovrà accompagnarsi a un rafforzamento delle risorse umane e alla formazione continua degli operatori fiscali, con l’obiettivo di rispondere meglio alle esigenze del sistema economico.La gestione della relazione tra fisco e contribuente, ha spiegato Carbone, deve partire da una maggiore consapevolezza del ruolo che ogni funzionario svolge, ricordando che anche loro, come cittadini, hanno sperimentato personalmente la pubblica amministrazione. “Se non rispondiamo prontamente e adeguatamente a una richiesta, o rimandiamo a un altro ufficio senza risolvere il problema, stiamo sprecando risorse e non rendiamo giustizia al nostro ruolo”, ha sottolineato. Per il direttore, è fondamentale che l’Agenzia delle Entrate diventi un interlocutore più attento e pronto ad ascoltare i bisogni concreti di chi si interfaccia con il fisco.Un altro punto cardine del suo discorso riguarda l’evasione fiscale, che non sempre è il risultato di volontà fraudolente, ma spesso è il frutto di incomprensioni o situazioni difficili da controllare. Carbone ha ribadito l’importanza di una “visita sul campo” per comprendere meglio le circostanze in cui si verificano le difficoltà. Inoltre, ha enfatizzato la necessità di restituire ai funzionari dell’Agenzia il riconoscimento della loro professionalità, per consentire loro di fare la differenza nel rapporto con i contribuenti. “Siamo professionisti che mettono a disposizione delle persone le nostre competenze”, ha dichiarato.Sul piano delle risorse umane, il numero di dipendenti altamente qualificati è destinato a crescere significativamente. I dirigenti sono già 405, quasi ai livelli di dieci anni fa, mentre il numero dei funzionari laureati toccherà nel 2025 il record di 26.450 unità, un dato che segna un importante passo avanti rispetto al passato. Carbone ha tuttavia sottolineato che non basta aumentare i numeri, ma occorre investire anche sulla qualità, con particolare attenzione alla preparazione giuridica del personale su tematiche cruciali come la crisi d’impresa, la riscossione e l’imposta di registro.Un altro punto che Carbone ha voluto sottolineare è il rafforzamento della formazione su temi tecnico-tributari, ma anche su competenze trasversali come etica, trasparenza, cyber security e gestione della disabilità. La preparazione del personale, ha dichiarato, deve essere orientata a fornire servizi sempre più vicini alle esigenze dei contribuenti, con un focus anche su gestione del lavoro agile e scrittura amministrativa, essenziale per comunicare in modo chiaro ed efficace. LEGGI TUTTO

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    Stellantis, calano le immatricolazioni nel 2024, soffrono Fiat e Lancia

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    Nel 2024 le immatricolazioni di auto del gruppo Stellantis non hanno raggiunto quota 2 milioni, fermandosi a 1,969 milioni di unità rispetto ai 2,125 milioni dell’anno precedente. La perdita generale è pari al 7,3% e scende anche la penetrazione nel mercato, passata dal 16,5% del 2024 al 15,2% registrato lo scorso 31 dicembre. Eccetto Jeep (+2,9%) gli altri marchi della ex Fca hanno chiuso l’anno in rosso: -33,8% Maserati, -27,4% Lancia, -20,4% Fiat-Abarth, -10,3% Alfa Romeo. E se guardiamo il solo mese di dicembre (-6,7%), la situazione migliora di molto per Alfa Romeo (+18,2%) che beneficia dell’effetto “Junior” (la ex “Milano”), mentre si aggrava per Fiat-Abarth (-46,8%) e soprattutto per Lancia (-76,%) nonostante la disponibilità della nuova Ypsilon. Segno negativo anche per Jeep (-2,9%) e Maserati (-0,1%, ma con le produzioni del Tridente di fatto ferme. A fronte di 126.091 immatricolazioni (erano state 135.079 nel dicembre 2023), la quota di mercato mensile del gruppo è passata all’11,6% al 12,9% del dicembre 2023.Il 26 febbraio prossimo, quando saranno diffusi i dati relativi all’esercizio finanziario 2024, si conosceranno anche le vendite ufficiali di Stellantis a livello globale. Nella “top five” del mercato europeo, incluso il Regno Unito, Stellantis mantiene la seconda posizione alle spalle di Volkswagen Group (3,407 milioni di vetture vendute, cioè +2,5%) e davanti a Groupe Renault ((1,282 milioni, +3,2%), Hyundai-Kia (1,06 milioni, -3,9%) e Toyota-Lexus (1,006 milioni, +13,1%).Stellantis, dunque, riparte da questi numeri, lascito di una gestione, quella di Carlos Tavares, fino alla sua burrascosa uscita di scena a inizio dicembre, che si è caratterizzata per aver penalizzato le produzioni in Italia e trascurato marchi, come Fiat e Maserati, che ora si dibattono in una situazione molto difficile con i rispettivi stabilimenti (Mirafiori in primis) in forte sofferenza.Complessivamente, lo scorso anno le immatricolazioni di auto Europa sono cresciute dello 0,9% a 12,963 milioni di unità, mentre a dicembre l’incremento è stato del 4,1% (1,091 milioni). Dati, però, che restano ancora molto distanti dal periodo pre-pandemia e crisi varie, quando il mercato continentale valeva, come ventite, il 18% in più, ovvero 15, 805 milioni di unità.Il punto sulle auto elettriche, ora, al centro di un braccio di ferro a Bruxelles tra chi vuole mantenere questa tecnologia al centro delle strategie future e chi, invece, punta sulla neutralità tecnologica, ovvero la disponibilità di più alternative “green”, in particolare – come insiste l’Italia – i biocarburanti. Il dibattito entrerà nel vivo a partire dal 30 gennaio. LEGGI TUTTO

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    Ecco chi guadagna di più in Italia

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    Stipendi mensili, retribuzione media lorda e differenze tra uomini e donne, giovani e anziano. Il report firmato Istat, ripreso dal Corriere della Sera, ci offre una panoramica completa sulle caratteristiche del mondo lavorativo italiano. Analizzando i dati positivi e denunciando i numeri più preoccupanti, l’Istat passa in rassegna tutte le caratteristiche chiave per comprendere chi guadagna di più in Italia.La retribuzione mediaL’anno preso in considerazione è il 2022. Se si parla di retribuzioni, secondo le rilevazioni Istat, in Italia la retribuzione media lorda annua è stata di 37.302 euro “nelle unità economiche con almeno 10 dipendenti”. Si tratta di una somma che equivale a circa 2.200 euro netti al mese (molto dipende dalle addizionali Irpef locali). Un dato che, se scomposto, ci può offrire diverse risposte agli interrogativi sul mondo del lavoro.Il gap salariale tra uomini e donneA partire, ovviamente, dalle differenze che si vanno a creare nelle singole retribuzioni. Il GPG, ovvero il differenziale di genere nelle retribuzioni orarie medie, si attesta al 5,6%: La retribuzione oraria media maschile è pari a 16,8 euro e quella femminile a 15,9 euro. Il gap tende ad ampliarsi tra i laureati (16,6%), tra i quali la retribuzione media oraria è di 20,3 euro per le donne e di 24,3 euro per gli uomini, ma anche tra i dipendenti con al più l’istruzione secondaria inferiore (15,2%), sebbene su livelli retributivi orari decisamente più bassi (11,1 euro per le donne e 13,1 euro per gli uomini). A spiegare questa decisiva differenza tra genere, concorre il fatto che le donne mediamente lavorano per meno tempo: 1.539 ore l’anno a fronte a fronte delle 1.812 ore degli uomini.Uno dei motivi che intravede l’Istat è sicuramente la “maggiore diffusione di contratti con orario part-time”. Nelle imprese con almeno 10 dipendenti, infatti, la percentuale di lavoratrici part-time, sul totale degli occupati, è più che doppia rispetto a quella degli uomini (12,3%, contro 5,2%). E, dice sempre l’Istat, chi lavora part-time prende meno: in media 12 euro lordi l’ora contro i 17,3 euro che vanno a chi lavora a tempo pieno. Ma Il gap salariale aumenta soprattutto tra le professioni con una ridotta presenza femminile: nel gruppo dei Dirigenti, raggiunge un valore del 30,8% in corrispondenza delle retribuzioni orarie più alte, sia per le donne (34,5 euro) sia per gli uomini (49,8 euro); segue il gruppo delle Forze Armate (27,7%), con valori della retribuzione oraria pari a 16,9 euro e 23,4 euro rispettivamente, e quello degli Artigiani e operai specializzati (17,6%), per i quali le retribuzioni orarie ammontano a 10,6 euro per le donne e 12,8 euro per gli uomini. LEGGI TUTTO