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    Anche Blackrock si stufa. “Stop alleanza sul clima”

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    In Blackrock hanno sempre avuto il naso fino per gli affari, non per niente si parla del più grande gestore di patrimoni al mondo dall’alto dei suoi 11.475 miliardi di dollari di asset (+26% nel 2024). Anche stavolta, con il vento che soffia potente verso l’era Trump 2.0, il ceo Larry Fink e compagni hanno intuito dove appendere il cappello e quindi, dopo un passato a sbandierare un’ostentata politica green, ora fanno una spavalda marcia indietro abbandonando l’alleanza globale di società di gestione (325 in tutto) che lavorano per raggiungere la neutralità carbonica, la Net Zero Asset Managers Initiative (Nzam) lanciata nel 2021.La decisione di Blackrock, a dire la verità, segue quella di altri sei grandi del credito che con altrettanta nonchalance hanno rinnegato il passato a suon di prediche sulle pratiche Esg, vale a dire eticamente rispettose nel campo ambientale, sociale e di governance. Nonostante il ritiro, molti hanno confermato il loro impegno individuale verso la neutralità carbonica, ma intanto hanno cominciato a sciogliere i lacci troppo stretti imposti da impegni formali. Del resto, quando il trend di mercato afferma che la raccolta netta di capitali per i fondi ed Etf sostenibili è stata, nel terzo trimestre 2024, di appena 10,3 miliardi (contro i 160 miliardi dello stesso periodo del 2021) allora vuol dire che i soldi (e i profitti) stanno andando da un’altra parte e quindi diventa normale diventare più flessibili quando si tratta di pensare ai cambiamenti climatici. Almeno secondo quanto riportano i media Usa, però, a generare il dietrofront sarebbero attacchi legali da parte di una dozzina di Stati conservatori all’indirizzo di banche e gestori patrimoniali i quali, aderendo a queste alleanze per il clima, avrebbero violato le leggi antitrust, influenzando lo sviluppo dei combustibili fossili e determinando un aumento dei prezzi. Usando un gergo calcistico, praticamente un pallone solo da spingere in porta per chi già aveva una mezza idea di sbarazzarsi di lacci e lacciuoli green. Un episodio simile – risalente al 2023 – aveva coinvolto anche l’alleanza globale degli assicuratori per l’obiettivo zero emissioni di carbonio, creata nel luglio 2021, sempre sotto l’egida dell’Onu, aveva visto sfilarsi in poche settimane i fondatori Scor, Axa e Allianz. LEGGI TUTTO

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    Ex-Ilva, scaduti i termini per le offerte. In pole position gli azeri di Baku Steel

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    Suonato il gong finale sulle offerte vincolanti per l’acquisizione dell’ex gruppo Ilva e dell’acciaieria di Taranto. Un tempo di Stato, poi passata ai Riva e infine agli indiani di Arcelor Mittal, al termine di questa procedura arriverà il terzo proprietario privato. A differenza della gara precedente, in questo secondo round i gruppi italiani sembrano aver scelto il basso profilo, l’ipotesi di una «cordata italiana», che otto anni fa sembrava la favorita (salvo essere scalzata in dirittura d’arrivo), questa volta non è nemmeno stata tentata. Salvo sorprese dell’ultima ora, il favorito assoluto è il gruppo Azero Baku Steel, che vorrebbe rilevare tutti gli asset. Gli Azeri vogliono oltre a Taranto anche Novi Ligure e Cornigliano, a condizione però di poter installare una nave rigassificatrice in uno dei due mari di Taranto, il Mar Grande, considerato prezioso per la varietà di flora e fauna marina. La nave rigassificatrice che potrebbe ottimizzare il gas proveniente proprio dall’Arzebaijan attraverso il gasdotto Tap, consentirebbe alla società di avere energia a basso costo.La rivale più accreditata sembra essere la Vulcan Green Steel del gruppo Jindal, mentre nelle ultime ore sembrano in calo le quotazioni dei canadesi di Stelco Holding, degli ucraini di Metinvest (che hanno appena investito a Piombino) e del fondo americano Bedrock che rimangono comunque in lizza. Un prezzo minimo di offerta è stato fissato dai commissari Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli intorno a 1,8 miliardi, assieme a diversi requisiti che il compratore dovrà soddisfare tra i quali tutela dell’occupazione, decarbonizzazione, sostenere comunità e la continuità degli impianti. LEGGI TUTTO

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    “Le auto green? Modi da rivedere”. Imparato (Stellantis) apre sul nodo del 2035

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    Il termine del 2035 entro cui porre fine alle emissioni non è un problema. Il problema è invece riuscire ad «allineare il ritmo e il modo» con cui arrivarci senza devastare un settore, quello dell’automotive, che rischia nei prossimi anni una tragedia sociale ed occupazionale dalle dimensioni inestimabili. Da Bruxelles, dove si è aperta l’edizione numero 101 del salone dell’auto, Jean-Philippe Imparato (foto), capo europeo di Stellantis, fa il punto sullo scontro in corso sui costi della transizione.L’intervento arriva pochi giorni dopo la creazione da parte dei produttori di un pool per evitare le multe che scatteranno già quest’anno per chi non si adegua alle norme sulle emissioni: secondo le stime si tratta solo quest’anno di 16 miliardi. Per Stellantis c’è poi la sfida della scelta del nuovo ad dopo l’addio di Carlos Tavares. Tra candidati ci sarebbe anche Mike Manley che ha lavorato in passato a Chrysler poi assorbita da Fiat. LEGGI TUTTO

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    Passera sale sulle barricate. Ma l’Opas piace al mercato

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    Corrado Passera non ha preso bene l’offerta «non concordata» da quasi 300 milioni pervenuta mercoledì mattina da Banca Ifis per acquisire la sua Illimity. L’umore del navigato banchiere comasco, a detta di chi ha avuto modo di incontrato ieri , è a dir poco pessimo. Stando a quanto riferito al Giornale da una persona molto vicina all’ad di Illimity, una cosa in particolare non è andata giù a Passera. «Ma quale offerta amichevole. Definirla amichevole è una presa in giro», avrebbe sbottato. Il fondatore e ceo di Illimity, che da settimane stava lavorando sul nuovo piano industriale, è venuto a conoscenza dell’Opas la mattina stessa in cui è stata annunciata al mercato. La prima reazione ufficiale di Illimity si lascia attendere e da quanto si apprende il cda per una prima valutazione dell’offerta ancora non è stato convocato e i tempi non sarebbero brevissimi. Non è da escludere che si aspetti la presentazione del documento informativo alla Consob, prevista entro il prossimo 28 gennaio.Dal canto suo Banca Ifis conferma l’intento amichevole dell’operazione, a premio del 5,8% rispetto alla chiusura di martedì e imbastita sotto il segno della massima collaborazione. Un portavoce dell’istituto che fa capo alla famiglia Fürstenberg ha ribadito che si tratta di una proposta «che valorizza Illimity e riconosce il valore del modello di business della banca» fondata nel 2018 dall’ex ceo di Intesa. Altro segnale di apertura è rappresentato da come è stata strutturata l’operazione. L’azionista di controllo di fatto è pronto a scendere sotto la maggioranza assoluta (attualmente detiene il 50,5%), vedendo di buon occhio l’ingresso nella nuova realtà degli attuali azionisti di Illimity, tra cui spiccano – oltre allo stesso Passera che detiene il 4% – nomi di prestigio della finanza tricolore come Banca Sella con il 10%, Andrea Pignataro al 9,4% attraverso FermION e la famiglia Rovati al 7,4%. Gli azionisti di Illimity rimanendo nella nuova realtà da 21 miliardi di asset e oltre 1,5 miliardi di valore di mercato andrebbero a beneficiare anche di una politica dei dividendi generosa che Ifis intende mantenere, con un payout al 70% post-fusione. In caso di adesione del 100% all’Opas, la quota di controllo dei Fürstenberg scenderebbe al 45% circa. LEGGI TUTTO

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    Banca Generali, miglior dicembre di sempre per la raccolta

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    Chiusura d’anno in volata per Banca Generali sul fronte della raccolta. Infatti, il gruppo guidato dall’amministratore delegato e direttore generale Gian Maria Mossa ha realizzato a dicembre il miglior ultimo mese di sempre registrando una raccolta netta di 980 milioni (con un progresso del 18% su anno). Per quanto riguarda il risultato sull’intero anno, invece, la raccolta totale cumulata è risultata di 6,6 miliardi (+14%) superando la guidance di 6,5 miliardi.Come precisa la banca in una nota, il dato annuale ha portato la raccolta netta cumulata per il periodo 2022-2024 a 18,2 miliardi segnando il raggiungimento di uno dei principali obiettivi di crescita del corrispondente piano triennale, risultato ottenuto in un contesto che ha visto nelle sue fasi di avvio – il 2022 e parte del 2023 – una delle peggiori crisi di sempre dei mercati finanziari internazionali.“Un risultato davvero importante di cui siamo molto orgogliosi, col miglior dicembre di sempre che ci ha spinto oltre i target prefissati”, ha commentato il numero uno Mossa. “Abbiamo raggiunto nuovi massimi in termini di totale attivi dei nostri clienti, sopra i 103 miliardi di euro, in termini di attivi gestiti in Lussemburgo, con oltre 23 miliardi di euro, e di servizi di investimento gestiti dall’Italia, con Gestioni Patrimoniali e Consulenza Evoluta che hanno superato i 23 miliardi di euro». LEGGI TUTTO

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    Lufthansa imbarca 10mila dipendenti

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    I punti chiave

    Mentre Lufthansa si prepara ad acquisire il 41% di Ita Airways tramite l’aumento di capitale riservato, il vettore tedesco e annuncia 10.000 nuove assunzioni per il 2025, la situazione dei 2.118 lavoratori ancora in capo all’Alitalia in amministrazione straordinaria resta critica, anche se, grazie al governo, non sono in mezzo a una strada. Nonostante la proroga della cassa integrazione straordinaria (Cigs) fino a ottobre 2025, il loro reintegro nel settore rimane un obiettivo ancora lontano.Secondo quanto dichiarato dalla compagnia guidata dal Ceo Carsten Spohr, le assunzioni previste per il 2025 riguarderanno diverse figure professionali: più di 2.000 assistenti di volo, 800 piloti, 1.400 addetti alle operazioni di terra, 1.300 tecnici e 1.200 amministrativi, con un focus particolare sulle sedi tedesche, ma anche distribuite nelle 90 basi internazionali del gruppo. Questa nuova spinta segue un 2024 in cui Lufthansa ha già assunto 13.000 persone. Se il vettore tedesco guarda al futuro con moderato ottimismo (anche se il piano di turnaround è ancora in corso), in Italia la situazione è ben diversa. Ita Airways, nata sulle ceneri di Alitalia, non assorbirà i 2.118 dipendenti della vecchia compagnia di bandiera rimasti esclusi dalla nuova società.La situazione dei lavoratori italiani: un costo sociale ignoratoNel frattempo, gli ex dipendenti Alitalia, molti dei quali piloti e assistenti di volo, grazie all’accordo raggiunto con il governo, non perderanno del tutto il reddito. Il costo degli ammortizzatori sociali per i prossimi dieci mesi, secondo fonti bene informate, sarà di circa 30 milioni di euro reperiti sia tramite la legge di Bilancio che dai fondi non utilizzati del ministero del Lavoro. Secondo i sindacati, la proroga della Cigs rappresenta una vittoria, seppur temporanea. In una nota congiunta, Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Trasporto Aereo e Anpac hanno espresso soddisfazione per il risultato, definendolo un «traguardo frutto di interlocuzioni costanti con il governo».Tuttavia, rimane il nodo del ricollocamento. I sindacati sottolineano che il reintegro dei lavoratori in aziende che hanno rilevato gli asset di Alitalia, come Swissport e Atitech, è ancora un obiettivo prioritario ma lontano dalla realizzazione. «La piena rioccupazione del personale resta il nostro obiettivo principale», ribadiscono le sigle, auspicando che lo sviluppo del settore aereo e l’arrivo di Lufthansa in Ita possano fungere da volano.Un futuro incertoLa contraddizione tra l’espansione internazionale di Lufthansa e il dramma occupazionale in Italia è evidente. Gli esuberi di Alitalia non sono stati inclusi nell’accordo per il rilancio di Ita e il loro futuro lavorativo è appeso a un filo. Mentre la compagnia tedesca pianifica un’espansione globale, per i lavoratori italiani restano la cassa integrazione e il rischio concreto di un definitivo allontanamento dal mercato del lavoro.A complicare ulteriormente la situazione, si aggiunge il ricorso pendente presso la Corte costituzionale contro il decreto interpretativo voluto dal ministro Giorgetti. Si contesta la legittimità del provvedimento, pensato per evitare cause legali da parte dei lavoratori esclusi. La Corte si esprimerà tra febbraio e marzo e i lavoratori sperano che un eventuale giudizio favorevole possa aprire spiragli per il loro reintegro. LEGGI TUTTO