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    Ferragni resta da sola a ricapitalizzare Fenice

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    Aveva promesso che avrebbe coperto lei stessa l’aumento di capitale da 6,4 milioni di euro necessario alla sopravvivenza di Fenice Srl, la società proprietaria del suo brand, se fosse stato necessario. E Chiara Ferragni (in foto) ha mantenuto la promessa, coprendo da sola la quasi interezza della somma, salendo al 99,8% delle quote e diluendo quindi gli altri soci. Escono di scena, quindi, l’ex presidente Paolo Barletta e quasi del tutto l’imprenditore delle calzature Pasquale Morgese, che dopo essere stato proprietario del 32,5% della società ora rimarrà azionista con lo 0,2 per cento delle quote. La motivazione, secondo quanto risulta a Il Giornale, sarebbe quella di volersi tenere aperta la porta delle vie legali, dopo che Morgese si era opposto duramente alla ricapitalizzazione e all’approvazione del bilancio nell’ambito di un’assemblea dei soci alquanto tesa a marzo.«Sono per la prima volta diventata azionista di maggioranza di Chiara Ferragni Brand», ha dichiarato l’influencer e imprenditrice sui social. «Non è solo una questione di quote o di percentuali: è un inizio», spiega, definendo «questa decisione» come «un passo concreto. È la scelta di rimettere le mani sulla mia storia, senza delegare, senza più far finta che tutto vada bene quando non va. È assumersi il peso e la bellezza di guidare, decidere, cambiare». Per Ferragni, si tratta di «essere libera per la prima volta nel portare avanti il mio brand ed il mio nome». LEGGI TUTTO

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    A2a approva un bilancio record: il margine operativo loro vola oltre i 2,3 miliardi

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    A2a approva il bilancio record del 2024 (con il 99,97% dei voti favorevoli), l’aumento del dividendo (a 0,10 euro per azione, +4,4%) e il piano di azionariato diffuso nel corso dell’assemblea andata in scena nella cornice del Museo Diocesano di Brescia, alla presenza di 989 azionisti. Un’occasione, per l’ad Renato Mazzoncini, di ricordare i risultati raggiunti nel 2024 distintosi per “la crescita della base clienti, così come della Rab (attività regolata, ndr) e di nuovi impianti per l’ambiente”.Il 2024 è stato un “anno eccezionale per acqua e neve, con elevata produzione idroelettrica”. Il tutto si è tradotto in una “grande generazione di flussi di cassa”. “Siamo riusciti a fare la grossa operazione con Enel – prosegue – grazie all’emissione di un green Bond ibrido, per noi una novità assoluta”. Con l’acquisizione delle reti di distribuzione di Enel in Lombardia e la cessione di reti gas ad Ascopiave, A2a “è cresciuta sulle reti elettriche e ha ridotto la quota di gas”. Il ritorno per gli azionisti è stato del 21%, mentre il calo dei ricavi, “legati al costo dell’energia”, scesi a 12,86 miliardi, significa che “i nostri clienti, cittadini e imprese, hanno pagato mediamente il 13% in meno per l’energia”. “Negli ultimi 4 anni – prosegue Mazzoncini – abbiamo investito 8 miliardi di euro che hanno generato crescita aziendale e margine operativo loro, che per la prima volta ha superato i 2,3 miliardi nel 2024”. A2a ha poi superato i 20 TWh di energia venduta su oltre 300 di consumo in Italia e degli 1,5 miliardi di investimenti organici, “il grosso è servito per lo sviluppo di nuovi impianti”.Luce verde, poi, al piano di azionariato diffuso per il triennio 2025-2027 che prevede l’assegnazione, senza alcun esborso economico, agli aderenti (personale assunto con contratto a tempo indeterminato o di apprendistato) di azioni ordinarie del gruppo per un valore di 1.500 euro nel triennio. Il piano sarà realizzato tramite l’utilizzo di azioni proprie riacquistate. LEGGI TUTTO

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    Pirelli: “Sinochem non ha il controllo”

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    Il cda di Pirelli ieri ha certificato la fine del controllo di Sinochem. È il primo passo per adeguarsi alle regole statunitensi e riconquistare piena operatività nel principale mercato per la Bicocca. Accelerare sulla governance è fondamentale per evitare che la presenza cinese le impedisca l’accesso per il divieto all’import di software cinesi o russi dal 2027.La decisione è arrivata a maggioranza con nove consiglieri favorevoli. Il voto ha evidenziato una spaccatura interna. Su quindici membri otto rappresentano gli interessi cinesi, quattro sono espressione di Camfin (la holding del vicepresidente esecutivo Marco Tronchetti Provera che ha il 26,4%) e tre dei fondi. Determinanti sono stati proprio questi ultimi che, insieme a due consiglieri indipendenti in quota cinese, hanno sostenuto la posizione della perdita del controllo, mentre la consigliera cinese Tang Grace si è astenuta.La relazione finanziaria, su proposta dell’ad Andrea Casaluci, specifica che «a seguito dell’emanazione del dpcm Golden Power è venuto meno il controllo di Mpi Italy (veicolo di Sinochem) e dunque dello stesso gruppo cinese, ai sensi dei principi contabili Ifrs 10. Il decreto, infatti, stabilisce che si debba garantire l’assenza di collegamenti organizzativi-funzionali tra Pirelli e Sinochem in quanto la prima è depositaria del brevetto Cyber Tyre per gli pneumatici intelligenti che assume rilevanza strategica nazionale. Circostanza confermata dal processo sanzionatorio da parte di Palazzo Chigi per la compresenza di manager cinesi nel cda della Bicocca. Secondo l’Ifrs 10, il controllo richiede potere decisionale sulle attività rilevanti, «esposizione ai rendimenti variabili» (l’incasso dei dividendi) e la capacità di influenzarli (nomina del cda). Venuto meno questo equilibrio anche a causa delle limitazioni del dpcm Sinochem, primo azionista con il 37%, non può considerarsi controllante.La verifica, spiega una nota, è stata sollecitata dal collegio sindacale e dal management, supportati da primari studi legali e società di revisione. Il tema era particolarmente delicato anche perché Consob aveva chiesto una presa di posizione.La contestazione cinese, dall’altra parte, si fonda sulla sussistenza del patto parasociale fra Camfin e Sinochem che integrerebbe la nozione di controllo ai sensi dell’articolo 93 del Tuf in base al quale il possesso della maggioranza dei diritti di voto, anche attraverso patti parasociali, determina una «influenza dominante» nelle decisioni aziendali. L’azionista asiatico, a fine consiglio, ha espresso in un comunicato «profondo disappunto e ferma opposizione riguardo alla valutazione sul controllo espressa da Pirelli» preannunciando, dunque, il ricorso alle vie legali per «assicurare la naturale tutela degli interessi» di Mpi. LEGGI TUTTO

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    Pirelli sblocca il mercato USA: viene meno il controllo del socio cinese

    Pirelli in Cina

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    “È venuto meno il controllo di Sinochem” su Pirelli. Lo ha deliberato il cda del gruppo italiano, “ai sensi del principio contabile Ifrs 10, con voto a maggioranza”. Il cda ha dunque approvato il bilancio al 31 dicembre 2024 con il voto favorevole di 9 su 15 consiglieri. Hanno votato contro il presidente Jiao Jian e i consiglieri Chen Aihua, Zhang Haitao, Chen Qian, Fan Xiaohua, mentre Tang Grace si è astenuta. Sempre dalla nota si apprende che il board proporrà all’assemblea degli azionisti, convocata il prossimo 12 giugno, la distribuzione di un dividendo di 0,25 euro per azione, rispetto a 0,198 euro sul 2023, per un totale di 250 milioni di euro. LEGGI TUTTO

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    Per StM scatta la trappola dell’euro forte. Governance e auto le altre spine nel fianco

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    La governance, il cambio euro-dollaro, la ripresa incerta del settore industriale, il taglio dei costi. La strada di StM, gruppo italo francese dei chip, è lastricata di ostacoli che potrebbero aggravare il cortocircuito del titolo che, nell’ultimo anno, ha perso li 48% in Borsa. La trimestrale diffusa giovedì ha battuto le attese degli analisti, ma i numeri sono da brivido: utile operativo quasi azzerato (-99,5%), margine lordo in caduta libera e un -27,3% sui ricavi. «Consideriamo il primo trimestre come il punto più bass» ha detto l’ad Jean-Marc Chery (nella foto). Sarà così? In gioco ci sono quattro variabili chiave.«La narrativa dell’abbiamo toccato il fondo funziona, ma regge solo se supportata da una traiettoria industriale solida nei prossimi mesi. StM lo sa, e infatti non taglia gli investimenti: i 2,3 miliardi di capex previsti per il 2025 sono una scommessa sulla fase due della ripresa», ha commentato Gabriel Debach, analista di eToro mettendo però in luce una delle potenziali grane all’orizzonte: il tema valutario.L’outlook di StM per il secondo trimestre si basa su un tasso di cambio di 1,08, ma oggi l’euro quota oltre 1,13. Per tornare al livello ipotizzato dalla società, servirebbe una svalutazione di circa il 5%. «Il gruppo può incassare dollari anche in Asia (che nel 2024 ha pesato per circa il 60% del fatturato), ma sostiene gran parte dei costi in euro, con impianti e centri R&D in Italia, Francia, Svizzera. Con l’euro forte, i costi salgono, mentre il potere d’acquisto dei ricavi in dollari si riduce. In un trimestre dove il margine lordo previsto è già sotto pressione, la leva valutaria può diventare un ostacolo tutt’altro che trascurabile», evidenzia l’esperto.La ripresa è poi legata a quella del settore industriale e dell’automotive, che però è al centro della guerra dei dazi. Un punto dirimente, perché anche se le commesse iniziano a riprendere quota, il settore industriale resta il grande malato del ciclo. «Finché l’industria globale non torna ad assorbire semiconduttori, ogni rimbalzo resta fragile, effimero, facilmente spazzato via da nuovi venti contrari», spiega l’analista.La rassicurazioni di Chery sono, dunque, deboli. Tanto che il management non ha indicato le stime sui ricavi per l’intero anno annunciando che il gruppo si concentrerà su «controllo rigoroso delle spese, tutela della ricerca e sviluppo, innovazione continua». Tagli in vista dunque? Il contenimento delle spese potrebbe passare anche da lì. La preoccupazione sul futuro industriale di StM nel nostro Paese, «è sempre più fondata», ha evidenziato la Fim. In un recente incontro convocato dalla Regione Lombardia alla presenza della delegazione sindacale e della direzione di StM, «si è appreso che sul sito lombardo sono previsti almeno 800 licenziamenti». Per i sindacati, la credibilità del piano 2025-2027 vacilla. LEGGI TUTTO