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    Consegne, fatturato e risultato operativo: per Lamborghini il 2024 è stato un anno record

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    In un mercato automobilistico in panne in Europa e in un settore del lusso in contrazione, Lamborghini sfreccia, riportando un nuovo bilancio record. Il gruppo delle supercar sportive ha infatti chiuso il 2024 con il miglior risultato di sempre in termini di consegne, fatturato e risultato operativo. La strada però potrebbe farsi più tortuosa anche per il costruttore di Sant’Agata Bolognese, che teme l’impatto dei dazi Usa sui volumi di vendita. “Dobbiamo valutare cosa fanno i nostri concorrenti e come reagiscono i clienti statunitensi, ma c’è sicuramente un rischio sui volumi”, ha detto l’amministratore delegato Stephan Winkelmann in una call con i media. “Il periodo è complesso – ha precisato – e i target difficili da fare”.Anche perché il mercato statunitense rappresenta la fetta più consistente delle vendite del gruppo, con circa 3.000 veicoli consegnati ogni anno. E in caso di nuove tariffe “non possiamo esagerare nel trasferire l’aumento sul consumatore” perché c’è “un punto di equilibrio” oltre al quale si perderebbero i volumi. La società ha ora un portafoglio ordini che copre 18 mesi e il suo obiettivo è di preservarlo nei prossimi anni per ottenere una “crescita controllata”, poiché la guerra commerciale potrebbe alimentare incertezza in un mercato del lusso già in difficoltà.I dazi Usa sui prodotti europei potrebbero dunque colpire i ricavi di Lamborghini, dopo gli ottimi risultati registrati l’anno scorso. La casa automobilistica, parte del gruppo Volkswagen, ha chiuso il 2024 con un fatturato di oltre 3 miliardi di euro, in crescita del 16% rispetto all’anno precedente, grazie a vendite record di 10.687 veicoli, mentre l’utile operativo è aumentato del 15,5% a 835 milioni, superando per la prima volta la soglia degli 800 milioni. Numeri che confermano “il trend positivo degli ultimi anni”. Nonostante le difficoltà del mercato automobilistico e un contesto altamente competitivo, nell’arco del 2024 Lamborghini ha registrato una crescita in tutte e tre le macro-regioni, confermando la forza del brand su scala globale. LEGGI TUTTO

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    QuattroR investe in Cigierre, il gruppo food con Old Wild West, Wiener Haus e Pizzikotto

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    Importante novità nel mondo della ristorazione. QuattroR, fondo di private equity che promuove lo sviluppo di imprese italiane di eccellenza, ha annunciato l’investimento, con una quota di minoranza, in Cigierre – Compagnia Generale Ristorazione, gruppo attivo nel settore del casual dining che, con oltre 360 punti vendita (230 diretti e più di 130 in franchising) e brand come Old Wild West, Wiener Haus, America Graffiti, Smashie e Pizzikotto, è arrivata a registrare un fatturato di oltre 400 milioni di euro e un ebitda di 65 milioni di euro. QuattroR investe in Cigierre: i dettagli dell’accordoReso possibile da un accordo sottoscritto con BC Partners, società di investimento che manterrà la maggioranza di Cigierre, l’investimento di QuattroR è avvenuto tramite la sottoscrizione di un rilevante aumento di capitale, che segna l’avvio del processo di deployment di QuattroR Mid Cap, secondo fondo di QuattroR, che ha una dimensione target complessiva di 250 milioni di euro e che replica la distintiva strategia “Money-In” nel segmento delle pmi italiane operanti in settori chiave per il sistema Paese.Nel dettaglio, l’operazione ha visto il coinvolgimento del management della società e di Anthilia Capital Partners Sgr, che ha co-investito in Cigierre attraverso il fondo Anthilia GAP, il veicolo di investimento promosso dalla Sgr e dedicato al sostegno delle MidCap italiane. “Questa operazione – si legge nel comunicato – segna l’inizio di una partnership strategica tra QuattroR, BC Partners e il fondatore e ad Marco Di Giusto, che definisce una “grande opportunità per il gruppo” l’investimento di QuattroR in Cigierre. In quanto apporterà “non solo nuovi capitali per lo sviluppo della strategia di crescita, ma anche una forte esperienza sul territorio italiano da affiancare al track record di BC Partners e alle competenze dei manager che guidano la società”. LEGGI TUTTO

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    Eni rafforza collaborazione con Vitol in Africa, ceduti asset per 1,65 mld dollari

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    Si rafforza la partnership tra Eni e Vitol nell’Africa occidentale. Le due compagnie hanno raggiunto un accordo per cui Eni cederà alla società olandese quote in alcuni asset petroliferi e del gas in Costa d’Avorio e nella Repubblica del Congo, per un corrispettivo di 1,65 miliardi di dollari. Una cifra che però potrebbe salire fino a 2,7 miliardi di dollari per via di alcuni aggiustamenti contrattuali di cassa al momento della chiusura, secondo quanto precisato da un portavoce del gruppo di San Donato alle agenzie di stampa. L’operazione è in linea con la strategia di Eni volta all’ottimizzazione delle attività upstream, attraverso un ribilanciamento del portafoglio che prevede la valorizzazione anticipata delle scoperte esplorative attraverso la riduzione delle partecipazioni (il cosiddetto modello dual exploration).L’accordo riguarda una quota pari al 30% del progetto Baleine in Costa d’Avorio, in cui Eni detiene una partecipazione del 77,25%, e una partecipazione del 25% nel progetto Congo Lng, situato nella Repubblica del Congo, in cui il Cane a sei zampe ha una partecipazione del 65%. Si tratta di partecipazioni in attività produttive di petrolio e gas e in blocchi in fase di esplorazione, valutazione e sviluppo. Le due compagnie sono già partner in Ghana (nei progetti Octp e Block 4) e “questo accordo – precisa il comunicato – consolida ulteriormente la collaborazione tra le due società in Africa occidentale”. La transazione dovrebbe concludersi non appena verrà completato l’iter di approvazione regolatorio. “Gli aggiustamenti al closing varieranno a seconda della data di completamento. – avrebbe detto un portavoce di Eni alle agenzie – In ogni caso, ci aspettiamo che ammontino a circa 1 miliardo di dollari, con un valore complessivo della transazione di circa 2,7 miliardi di dollari”. LEGGI TUTTO

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    P.A., Avv. Borraccino, Gruppo Collextion: “Necessaria digitalizzazione e supporto delle garanzie dello Stato per ridurre tempi di pagamento alle imprese e ottimizzare risorse del PNRR”

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    “In occasione dell’audizione della Corte dei Conti sul tema della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, emerge con forza la necessità di adottare piattaforme innovative per accelerare i tempi di pagamento dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della PA. La digitalizzazione rappresenta una leva strategica per semplificare i processi, aumentare la trasparenza e facilitare i rapporti tra PA e mondo imprenditoriale.L’implementazione di strumenti tecnologici avanzati consentirebbe di ridurre i tempi di liquidazione, migliorare la gestione del contenzioso e prevenire ritardi che spesso gravano sulla stabilità finanziaria delle aziende. Un sistema più efficiente e trasparente, supportato da piattaforme digitali evolute, favorirebbe una maggiore fiducia tra imprese e amministrazione pubblica, contribuendo al rilancio dell’economia e alla piena realizzazione degli obiettivi del PNRR. Oltre alla digitalizzazione, è essenziale introdurre meccanismi di garanzia statale per sostenere i soggetti disposti ad anticipare le somme dovute dalla PA alle imprese coinvolte nell’esecuzione dei progetti finanziati dal PNRR. In questo contesto, l’implementazione delle cartolarizzazioni potrebbe rappresentare uno strumento efficace per fornire liquidità immediata alle aziende e ottimizzare la gestione del credito commerciale. LEGGI TUTTO

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    D&G punta sulla bellezza e batte cassa alle banche

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    Mentre Prada è a un passo dall’acquisire Versace e Armani non ha escluso l’apertura del capitale a terzi o l’Ipo quando Giorgio lascerà il timone, Dolce & Gabbana ha deciso di muoversi in direzione opposta: rafforzare la propria indipendenza e diversificare il business, senza cedere alle pressioni del mercato finanziario. La maison italiana, fondata da Domenico Dolce e Stefano Gabbana, sta esplorando altri settori come la bellezza e il real estate.Alfonso Dolce, Ceo della società e fratello di Domenico, ha ribadito che il focus principale è la crescita stand alone. «Ci siamo chiesti: cos’altro abbiamo da dire all’industria della moda dopo 40 anni al vertice?», ha dichiarato a Bloomberg. La risposta è arrivata con il consolidamento del settore beauty, passato da un modello di licenza a una gestione diretta di produzione e distribuzione. Il comparto è in piena crescita: i ricavi della divisione dovrebbero superare i 610 milioni di euro entro marzo 2025 (+20% annuo con l’obiettivo di raggiungere un miliardo al 2027) e portare il consolidato oltre 2 miliardi.Ma il beauty non è l’unico pilastro del piano. Dolce & Gabbana sta investendo nel settore immobiliare e nell’hotellerie. La griffe ha già annunciato progetti residenziali a Miami, Marbella e Dubai, oltre a hotel di lusso nelle Maldive e in Arabia Saudita. Per finanziare questa espansione, il gruppo ha avviato trattative con le banche per ottenere fino a 150 milioni di euro in prestiti. Attualmente è titolare di un term loan da 300 milioni del 2022 (ripagato al 25%) e di una facility sul circolante da 100 milioni. Un’inversione di rotta rispetto al tradizionale autofinanziamento.Eppure, la redditività è bassa. Nonostante i ricavi totali nell’anno finanziario terminato a marzo 2024 abbiano toccato 1,9 miliardi di euro (+19% annuo a cambi costanti), l’Ebit si è fermato a 4 milioni di euro, contro gli 1,28 miliardi di Prada (che però ha fatturato 5,4 miliardi). Se il beauty va a gonfie vele, il real estate e l’hospitality lasciano più o meno indifferenti gli analisti considerato il quadro macroeconomico più difficoltoso giacché a tutti i brand occidentali da tre anni mancano i facoltosi clienti russi e quelli cinesi sono obbligati a tenere gli yuan entro i confini nazionali, LEGGI TUTTO

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    Brembo crolla in Borsa vittima dell’auto in crisi

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    La crisi del settore automotive impatta sul futuro di Brembo che sbanda in Piazza Affari: ieri lo storico gruppo bergamasco di sistemi frenanti ha lasciato sul terreno il 15,1% a 8,65 euro dopo aver rivisto, in calo, le prospettive 2025. Probabilmente hanno inciso anche i conti 2024, chiusi con luci e ombre: un fatturato stabile a 3,8 miliardi, una flessione dell’utile netto a 262,6 milioni (-13,9%) e la conferma del dividendo ordinario lordo a 0,30 euro, in linea con il 2023. Il quadro si è però complicato quando Brembo ha annunciato di prevedere, per il 2025, un calo del fatturato di circa il 5% rispetto all’anno scorso. E a nulla è bastata la precisazione della società: «Con il consolidamento di Ohlins e se lo scenario geopolitico e le tensioni commerciali si stabilizzassero» nella seconda metà dell’anno, potremmo registrare «un fatturato in linea». Di fatto, guardando all’anno appena chiuso, il settore auto è stato ancora il «minore dei mali» con una crescita dell’1,4%, grazie soprattutto all’andamento positivo del segmento dei ricambi, che vale il 12% dei ricavi totali. Sono rimaste sostanzialmente stabili (+0,4%) le applicazioni per motocicli, mentre sono calate quelle per le competizioni (-2,4%) e soprattutto quelle per i veicoli commerciali (-12%). A livello geografico va male l’Italia, con vendite in calo del 6,5%, mentre limitano i danni Francia (-2%) e Germania (-0,2%). Giù anche il mercato del nord America (Stati Uniti, Canada e Messico) sceso del 4%, e quello del sud America (Brasile e Argentina) che ha perso l’1,7 percento. Le vendite sono cresciute sensibilmente nel Regno Unito (+13%) e in Cina (+7,7%), India (+10,9%) e Giappone (+37,9%). LEGGI TUTTO

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    Commercio estero, ecco i prodotti che tengono e quelli che perdono

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    Le esportazioni dell’Italia tengono, segnando a gennaio un aumento sia rispetto al mese prima sia su base annua, grazie soprattutto alle performance del farmaceutico e del food che compensano le difficoltà del comparto auto e moda. Secondo il rapporto Istat sul commercio estero pubblicato oggi, l’export di gennaio 2025 si attesta a poco meno di 49 miliardi di euro, segnando un +0,6% rispetto al mese precedente e un +2,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. L’effetto dei dazi statunitensi non è ancora visibile, ma potrebbe farsi sentire nei prossimi mesi sulla bilancia commerciale, che a inizio anno evidenzia un lieve deficit, di 264 milioni di euro.“Come evidenziato dai dati anno su anno, si fa sempre più consistente l’export di settori come il pharma (+33%), gli alimentari e bevande (+7,4%) che stanno compensando le difficoltà di comparti chiave come l’automotive (-15,8%) e la moda (-8,2%)”, ha sottolineato il presidente di Ice, Matteo Zoppas, commentando i dati Istat. Pesante il calo tendenziale delle esportazioni verso la Cina che a gennaio segna -24,1% circa metà del quale da riferire al tessile, abbigliamento e calzature. “Le dinamiche dei mercati oggi sono condizionate dal clima di incertezza dato dalla guerra dei dazi Usa. – ha aggiunto Zoppas – In questo momento, infatti, il timore da parte delle aziende per delle vendite che non sanno se potranno rinegoziare con i clienti qualora venissero imposti nuovi dazi può influenzare il comportamento commerciale”.Esportazioni aumentano, ma meno delle importazioniA gennaio l’export italiano è cresciuto dello 0,6% rispetto a dicembre, grazie soprattutto alle vendite verso i paesi Ue. Su base annua, cioè nei confronti di gennaio 2024, le esportazioni sono aumentate del 2,5%, sostenute soprattutto dalle vendite in Svizzera (+13,6%), Stati Uniti (+6,2%), Regno Unito (+12,1%), Cechia (+30,8%), paesi Opec (+10,5%), Spagna (+4,8%) e Francia (+2,6%). All’opposto, la Cina ha dato il contributo negativo più ampio, mostrando un calo del 24%. Riguardo alle categorie di beni più scambiati, la crescita dell’export è trainata soprattutto dalle maggiori vendite del settore farmaceutico, mentre un freno deriva dalle minori esportazioni di autoveicoli, prodotti della raffinazione, abbigliamento e macchinari, fa sapere l’Istat.Guardando all’altra direzione del commercio con l’estero, a gennaio l’import dell’Italia ha registrato un incremento maggiore rispetto all’export, sia su base mensile (+3,2%) sia su base annua (+8,8%). II forte incremento tendenziale dell’import è per oltre la metà determinato dall’aumento degli acquisti di prodotti chimici, metalli di base e prodotti in metallo. LEGGI TUTTO