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    Intesa Sp punta 120 miliardi sulle imprese

    «Il debito pubblico italiano non può rappresentare l`economia di un Paese fortissimo come l`Italia. Così è anche per lo spread: deve continuare a scendere come sta facendo, ma certo non può essere rappresentativo della nostra industria se è più alto di economie come quelle della Grecia o del Portogallo». Non ha dubbi Stefano Barrese (in foto), responsabile della divisione Banca Territori di Intesa Sanpaolo: i prossimi 3 anni si presentano pieni di opportunità di investimento per le imprese italiane. E lo conforta Gregorio De Felice, capo economista di Intesa, che vede una crescita destinata ad accelerare nel 2025 (Pil previsto a +1,2%) anche grazie a «un ciclo di taglio dei tassi che dovrebbe iniziare in giugno, poi con altri due tagli raggiungere lo 0,75% entro fine anno e un punto e mezzo nel 2025, arrivando al 2,5%». Scenari positivi, ma a condizione di essere consapevoli del ruolo che può svolgere la nostra industria: «Dobbiamo competere sul terreno della qualità. Noi non siamo un paese da mass market. La partita ce la giochiamo se stiamo nelle catene del valore a cui guardano i Paesi che e i consumatori che ci interessano».Ed è questo, a ben guardare, il cardine del piano lanciato ieri dalla prima banca italiana. «Il tuo futuro è la nostra impresa», un programma che mette a disposizione 120 miliardi di euro fino al 2026 per accompagnare la progettualità di pmi e aziende di minori dimensioni con l`obiettivo di favorire e mettere al centro i nuovi investimenti. Un piano declinato da Intesa Sanpaolo su tre «ambiti prioritari»: transizione 5.0, sviluppo estero e progresso digitale e sicurezza; con un focus su tre comparti ritenuti decisivi: turismo, agribusiness e terzo settore. Per Anna Roscio, direttore sales and marketing imprese di Intesa, dopo il periodo del Covid di 2020-`21 e la ripresa del biennio successivo segnata però dalle crisi geopolitiche e dal caro energia, «ora si apre una fase di stabilizzazione». LEGGI TUTTO

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    B-Corp, Italia seconda in Ue: criteri, certificazione e soddisfazione dei consumatori

    Anni fa era diventata di moda la domanda: “Comprereste un’auto usata da quest’uomo?”. Il modo di dire è diventato parte della cultura popolare, in particolare negli Stati Uniti, grazie a un celebre poster della campagna elettorale per le elezioni presidenziali statunitensi del 1960, in cui si affrontarono il candidato democratico John F. Kennedy e il repubblicano Richard Nixon, allora vicepresidente di Dwight Eisenhower. Nel poster Nixon aveva uno sguardo rapace, tutt’altro che rassicurante. Vinse Kennedy, si sa. Ma di lì a pochi anni Nixon ebbe la sua rivincita. Momentanea. Almeno prima del Watergate. La reputazione è gran cosa, da sempre, anche in economia. E la reputazione cambia anche in relazione alla sensibilità dei consumatori. Da qualche anno i temi della sostenibilità ambientale e sociale sono diventati “obbligatori” per le imprese, perché il mondo dei consumatori si è fatto sempre più attento a questi fattori: no allo spreco, sì alla redistribuzione sociale delle attività di impresa.Le società B-Corp sono imprese con scopo di lucro che hanno ottenuto un riconoscimento dall’organizzazione no-profit B-Lab per aver rispettato determinati standard sociali e ambientali. Profitto sì, ma collegato a un benefit (la B della B-Corp) sociale. Marzo è il mese dedicato alle B-Corp. Nel 2023, il numero delle B Corp è cresciuto del 41% in Italia, raggiungendo quota 266 aziende. Di queste, il 26% è fondata, guidata o partecipata da donne. È ciò che emerge dal report realizzato da B Lab Italia, l’organizzazione non profit che coordina il movimento delle B Corp in Italia. Il nostro Paese si riconferma al secondo posto tra i Paesi Ue impegnati nella sostenibilità, a pari merito con l’Olanda. Primo posto invece per la Francia, che nel 2023 ha registrato un totale di 376 B Corp. Sono oltre 8.000 in tutto il mondo (3.500 in Europa, Gran Bretagna compresa) le imprese pronte a celebrare il proprio continuo impegno nel migliorare il proprio impatto ambientale, sociale e di governance a favore di un’economia più inclusiva, equa e rigenerativa. Valgono un fatturato complessivo di 240 miliardi di dollari, in Europa 100 miliardi di euro. Le 266 B Corp italiane occupano oltre 22.000 persone e generano un fatturato che supera i 13 miliardi di euro.Tutti i vantaggiEssere una B-Corp non si significa solo avere dei vantaggi a livello di visibilità e prestigio, ben presto soddisfare questi standard di sostenibilità diventerà un requisito per accedere al mercato. Perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile, creare valore condiviso è ormai fondamentale per le aziende che vogliono restare competitive, è necessario evolversi e soddisfare i bisogni che comunità e ambiente richiedono.Oltre all’etica, i benefici sono numerosi:Far parte di una comunità di leader che condividono gli stessi valoriAttrarre talenti e coinvolgere i dipendentiRafforzare il brand, migliorare la credibilità e alimentare la fiduciaGenerare visibilità sui mediaMigliorare le proprie performance e confrontarle con quelle di altre aziendeAttrarre investimentiProteggere la mission aziendale nel lungo periodoPerseguire gli obbiettivi di sostenibilitàRisparmiare e migliorare i risultati economiciGuidare il cambiamento verso un paradigma di business più evolutoÈ stato dimostrato che B-Corp o aziende che soddisfano alti standard di sostenibilità sono più performanti, reagiscono velocemente ai cambiamenti del mercato e ai periodi di crisi e hanno capacità di innovarsi e offrire più velocemente nuovi prodotti/servizi.Esiste un questionario gratuito online che non solo le imprese, ma anche gli studi professionali o i liberi professionisti, possono compilare e in base al punteggio (almeno 80 punti) si è ammessi alla fase successiva, cioè al vero e proprio processo di certificazione, valido anche a livello internazionale, e che prevede una verifica preliminare e una prima valutazione, una seconda verifica e la certificazione finale. Si tratta di un procedimento interamente gestito da un ente terzo neutrale. In Italia, B Lab svolge gratuitamente un ruolo di assistenza e accompagnamento alle aziende che desiderano intraprendere il percorso.I criteri per la certificazioneLa certificazione B-Corp viene rilasciata dal B-Lab dopo che la società candidata avrà compilato ed inviato il BIA – Business Impact Assessment – un questionario volto ad analizzare le caratteristiche dell’azienda in differenti ambiti: LEGGI TUTTO

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    Ilva, rilancio in tre mosse. Pronti i primi 150 milioni

    Rilancio in tre mosse per l’ex Ilva. Nella lunga strada per la ripresa produttiva del polo siderurgico, in amministrazione straordinaria da un mese, ci saranno tre passaggi fondamentali che sono stati illustrati ieri sera nel doppio tavolo di Palazzo Chigi: il primo con governo, commissari e sindacati e il secondo con l’indotto. Il ministro delle […] LEGGI TUTTO

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    Fincantieri, Eni e Rina insieme per trasporto via mare a zero emissioni

    Eni, Fincantieri e Rina (multinazionale italiana di ispezione, certificazione e consulenza ingegneristica), hanno firmato un accordo per sviluppare iniziative congiunte per la transizione energetica. La partnership sancisce l’impegno a sviluppare progettualità comuni per soluzioni di decarbonizzazione per il settore marittimo nel medio-lungo periodo e con gli obiettivi di Net Zero al 2050. Sarà inoltre valutata […] LEGGI TUTTO

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    Ita-Lufthansa, sabotaggio a Bruxelles

    «Il governo italiano sta facendo gli interessi dell’Italia e dell’Europa. A Bruxelles c’è qualcuno che fa gli interessi della concorrenza». Così il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, replica alle obiezioni di Margrethe Vestager all’ingresso di Lufthansa in Ita, a quanti gli chiedono un’opinione sulle ultime dichiarazioni della commissaria. È evidente l’allusione del ministro alle compagnie considerate […] LEGGI TUTTO

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    Azzerati tutti i vertici. La scelta di Boeing dopo gli incidenti

    Costano cari i problemi agli aerei realizzati da Boeing. Dave Calhoun, amministratore delegato della compagnia ha annunciato che si dimetterà alla fine del 2024, nel frattempo verrà individuato un nuovo ceo che dovrà gestire i dossier delicati di Boeing. L’industria aeronautica statunitense produttrice di velivoli sia per utilizzo civile, che militare, ha annunciato il tutto tramite una nota. Ecco tutti gli aggiornamenti.Chi si dimetteOltre al ceo, si dimettono immediatamente anche Stan Deal, il capo della divisione Commercial Airplanes, responsabile della produzione degli aerei coinvolti nell’indagine, e Larry Kellner, il presidente del consiglio indipendente dell’azienda. Gli esperti parlano della “conclusione di un’era” in quanto si congedano coloro che hanno autorizzato il progetto del 737 Max, il quale ha causato diversi problemi. Calhoun ha scritto in una lettera ai dipendenti: “Come sapete l’incidente sul volo dell’Alaska Airlines è stato un momento spartiacque per Boeing. Dobbiamo continuare a rispondere a questo incidente con umiltà e completa trasparenza. Dobbiamo inoltre inculcare un impegno totale alla sicurezza e alla qualità a ogni livello della società”.L’accadutoLa svolta significativa, scaturita dall’incidente del volo Alaska Airlines di gennaio, durante il quale un pannello si è staccato in volo dal Boeing 737 Max 9, è arrivata dopo discussioni intense e delicate nel fine settimana tra i principali ceo delle compagnie aeree americane e il consiglio di amministrazione di Boeing, Calhoun e Deal non erano presenti al tavolo. Tutti i ceo statunitensi hanno richiesto le dimissioni dei due dirigenti. Recentemente, gli ispettori della Federal Aviation Administration (FAA), l’ente federale dell’aviazione degli Stati Uniti, hanno riportato in un rapporto la scoperta di 97 problematiche nelle linee di produzione dei Boeing 737 Max presso gli impianti sia di Boeing nei dintorni di Seattle che di Spirit AeroSystems a Wichita, nel Kansas. Si tratta di una società incaricata della produzione delle fusoliere per Boeing. LEGGI TUTTO

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    “Violate le nuove norme”. L’Ue apre un’indagine su Alphabet, Apple e Meta

    È iniziata una nuova indagine della Commissione Europea che questa volta cerca di far luce sull’eventuale violazione del Digital Markets Act (Dma), ossia la legge sui mercati digitali da parte di Apple, Meta e Alphabet (la holding che controlla Google): i sospetti riguardano i mancati obblighi della normativa Ue dove verrebbero applicate commissioni molto frequenti per gli sviluppatori mentre Meta non offrirebbe “alcuna vera scelta agli utenti di rifiutare le combinazioni di dati”.Le possibili violazioniNel dettaglio, gli utenti sarebbero pilotati e indirizzati verso il Google Store con numerosi vantaggi per Google Search. Le indagini riguardano anche il rispetto delle norme da parte di Apple sulla schermata per Safari, il suo motore di ricerca, e il “modello di pagamento o consenso” di Meta (la società che controlla Facebook, Instagram e WatsApp). La Commissione, inoltre, avrebbe avviato indagini sulle nuove tariffe di Apple per gli store alternativi. E non solo: ci sarebbe anche il coinvolgimento del colosso Amazon sulle sue pratiche di classificazione all’interno della sua piattaforma. “Esprimiamo preoccupazione e continuiamo a monitorare attentamente la situazione. In generale, vogliamo che il Dma sia applicato con precisione e facciamo in modo che nessuna società cerchi di aggirare le regole”, ha dichiarato Margrethe Vestager, vicepresidente esecutivo della Commissione Europea, sottolineando che si “lavora sempre con tutte le parti coinvolte per verificare se ci siano irregolarità”.I precedenti di AppleNel procedimento contro le multinazionali, la Commissione intende scoprire se “le misure messe in atto dalle due compagnie violini le norme del Dma sull’indirizzamento dei consumatori verso offerte al di fuori degli app store delle due compagnie a titolo gratuito”. Una nota dell’esecutivo Ue spiega che i metodi adottati potrebbero non essere conformi alle leggi perchè imporrebbero numerose “restrizioni e limitazioni”. Sembra di sentire sempre lo stesso disco soprattutto per quanto riguarda Apple: recentemente ci siamo occupati di come l’Ue abbia inflitto una sanzione pesantissima a Cupertino sullo streaming musicale e l’accusa di posizione dominante e, poche settimane dopo, anche il governo americano si è mosso contro il presunto monopolio sul mercato degli iPhone.La nota di Bruxelles”La Commissione europea ha avviato un procedimento nei confronti di Alphabet, per stabilire se la visualizzazione da parte di Alphabet dei risultati di ricerca di Google possa portare all’autoreferenzialità in relazione ai servizi di ricerca verticali di Google (ad esempio, Google Shopping, Google Flights e Google Hotels) rispetto ad analoghi servizi concorrenti”, spiegano da Bruxelles con una nota. Nel dettaglio, l’indagine che riguarda la Apple è volta a capire se gli utenti hanno la libertà di disinstallare o modificare le app software su iOS e soprattutto la possibilità di “scegliere servizi esterni tra cui la progettazione della schermata di scelta del browser web”, o se questo viene impedito con un monopolio (l’ennesimo) del mondo della Mela.Per quanto riguarda Meta, invece, il procedimento è stato avviato per capire se il modello adottato sul “pagare e acconsentire” non dia alternative reali se gli utenti decidessero di non dare il loro consenso a quel tipo di prodotto. Come detto, in questo caso le indagini sono ad ampio raggio includendo tante importanti multinazionali, tra cui Amazon, per capire se vengano privilegiati i prodotti che recano quel marchio rispetto a tutti gli altri. Il procedimento avviato quest’oggi dovrebbe concludersi, secondo quanto affermato dalla Commissione, nell’arco di 12 mesi. LEGGI TUTTO

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    Tim-Open Fiber, l’antidoto anti-ritardi

    Una grande rete nazionale, con spalle larghe per tenere il passo sugli investimenti e accompagnare l’Italia nella trasformazione digitale. Lo scorporo della rete di Tim – appoggiato dal governo e disegnato dall’amministratore delegato Pietro Labriola – ha come punto d’arrivo la fusione con Open Fiber, società della fibra controllata al 60% da Cassa depositi e prestiti e al 40% dal fondo Macquarie.E che tutto questo abbia un senso industriale lo si sta vedendo in queste settimane. Si è parlato dei ritardi nei bandi «Italia 1 Giga», progetto da 3,4 miliardi finanziato con i fondi del Pnrr, e del Piano strategico Bul (di cui si sta occupando Open Fiber) per la copertura con la connessione in fibra per borghi e aree disperse, la cui conclusione è slittata a 2025 inoltrato. Alla base ci sono le problematiche di un bando Infratel – con una mappatura dei civici da raggiungere con la fibra – molto impreciso, che ha comportato decine di migliaia di chilometri di fibra extra da posare, più costi e un allungamento di tempi. Sta di fatto che il progetto Italia 1 Giga, che ha lotti in capo a Open Fiber e altri assegnati a Tim, deve essere concluso tassativamente entro il 30 giugno 2026. Per accorciare i tempi dei lavori, fatto salvo il numero di civici da coprire, il governo è orientato ad accettare la proposta di Open Fiber che ha chiesto di poter collegare civici in prossimità di quelli da collegare (tra i quali tanti sono risultati addirittura inesistenti) evitando quelli più dispersi e ottenendo una rete più omogenea. Norma di cui beneficerebbe anche Tim. LEGGI TUTTO