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    Tim, Vivendi finisce ko. “Il ricorso è illegittimo”

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    Sconfitta su tutta la linea per Vivendi. La sentenza di ieri del Tribunale di Milano, infatti, ha bocciato il ricorso del primo socio francese di Tim (di cui ha il 23,7% del capitale) contro la decisione del consiglio d’amministrazione che nel novembre del 2023 aveva dato il via libera alla cessione da 22 miliardi di euro delle rete fissa al fondo americano Kkr. Per i transalpini, l’ok sarebbe dovuto passare per un’assemblea straordinaria, poiché la cessione delle rete è un evento in grado di incidere pesantemente sull’oggetto della società.Il collegio dei giudici, guidato da Angelo Mambriani, ha però premiato la difesa dei legali di Tim Francesco Gatti, Carlo Pavesi e Andrea Zoppini e smontato la tesi dei ricorrenti. Il ricorso contro la delibera del cda (guidato da Pietro Labriola, in foto) è stato ritenuto illegittimo perché «mai nel corso del giudizio» Vivendi ha prospettato «la volontà di esprimere, nell’eventuale assemblea indetta per la modificazione dell’oggetto sociale», un voto «dissenziente» all’operazione di vendita della rete. Addirittura, nel corso dell’interrogatorio, «il suo legale rappresentante si è limitato a ribadire che Vivendi, con l’introduzione del presente giudizio, mirava semplicemente ad ottenere la convocazione dell’assemblea per acquisire in quella sede maggiori informazioni sull’operazione».Peccato che, fanno notare le toghe, questo sarebbe stato nelle facoltà dei francesi in base al Testo unico della finanza. In quanto azionisti con una quota superiore al 5%, infatti, avrebbero potuto richiedere la convocazione di un’assemblea straordinaria. Ma non l’hanno mai fatto.Respinta anche la domanda di annullamento della delibera per violazione della disciplina sulle parti correlate (in virtù della relazione preesistente tra Tim e Kkr attraverso la quota in FiberCop) per carenza di «legittimazione del socio». Secondo il Tribunale, l’eventuale violazione su questo punto può essere fatta valere solo dagli amministratori e dal Collegio sindacale, fermo restando la possibilità per i soci o la società di promuovere azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. Rispedita al mittente anche la richiesta di annullamento per violazione della regola sugli obblighi di trasparenza e conflitto d’interesse relativa alla posizione del consigliere Giovanni Gorno Tempini (presidente di Cassa e Depositi e prestiti e azionista di Tim) essendo stata la domanda introdotta tardivamente. LEGGI TUTTO

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    Renault Group, storico accordo di Mobilize con Aspi per la mobilità sostenibile

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    Con una mossa storica per il settore della mobilità elettrica, Mobilize, la marca di Renault Group dedicata alle nuove mobilità, e Free To X, filiale di Autostrade per l’Italia, hanno annunciato un’operazione che punta ad accelerare lo sviluppo della rete di stazioni di ricarica ad alta potenza in Italia.Il progettoGrazie a questo importante progetto, Mobilize acquisirà una significativa quota di partecipazione in Free To X, la filiale di Autostrade per l’Italia dedicata alla ricarica rapida dimostrando la volontà di diventare un punto di riferimento del settore della ricarica veloce.Free To X che è tra i leader di mercato della ricarica ad alta potenza in Italia (HPC – High-Power Charging), gestisce una rete di ricarica rapida che consta di 110 stazioni, dislocate soprattutto lungo le autostrade. Queste erogano fino a 400 kW di potenza e sono a disposizione di tutti i fornitori di servizi di mobilità, e grazie a questo investimento Mobilize sosterrà lo sviluppo di nuove opportunità al di là della rete autostradale.La soddisfazione del CeoA raccontare l’accordo che è in fase di perfezionamento; Gianluca De Ficchy, CEO di Mobilize: “L’avvio di una partnership con Autostrade per l’Italia è un passo significativo nella nostra missione di guidare la transizione verso la mobilità sostenibile. Collaborando con Free To X, non solo miglioriamo l’infrastruttura di ricarica italiana, ma ci allineiamo anche alle nostre ambizioni strategiche di creare una solida rete di ricarica rapida in tutta Europa, rendendo la mobilità elettrica più facile per tutti”. LEGGI TUTTO

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    Top Manager Reputation, Pier Silvio Berlusconi si conferma leader della classifica

    Pier Silvio Berlusconi si conferma tra i leader con la reputazione più solida tra i vertici delle grandi aziende italiane

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    Secondo l’osservatorio “Top Manager Reputation” che analizza mensilmente la reputazione online dei principali manager italiani, stilando una classifica che premia le figure con la migliore percezione pubblica e digitale, Pier Silvio Berlusconi si conferma tra i leader con la reputazione più solida tra i vertici delle grandi aziende italiane.Da 18 mesi al verticeDa 18 mesi domina stabilmente il primo posto nella categoria “Media e Telco”, mentre nel 2024 ha consolidato ulteriormente il suo successo, scalando ben 6 posizioni nella classifica generale e raggiungendo il podio in 4 occasioni, fino a chiudere l’anno al secondo posto. Questo anche grazie all’utile di MFE che cresce del 38.7% nei primi 9 mesi del 2024 e un orizzonte di sviluppo internazionale che lo hanno portato ad un punteggio di 81.40. La classifica è data dall’analisi di dati, trend e contenuti online, valuta le performance, la leadership e le competenze dei leader delle maggiori aziende italiane.Gli altri in classificaIl “podio” della classifica vede al primo posto stabile Andrea Orcel (85.65) a seguire Pier Silvio Berlusconi e al terzo posto con (80,93) Carlo Messina, AD di Intesa Sanpaolo. In top-5, Claudio Descalzi e Giorgio Armani (che guadagna una posizione), mentre scorrendo le prime dieci posizioni da segnalare il balzo di Luca de Meo in settima (+5) e Urbano Cairo che ne perde due, ma resta saldamente nei primi 10 (al nono). LEGGI TUTTO

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    Ita-Lufthansa, domani la firma: la guida passa in mano ai tedeschi

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    Poche ore al matrimonio: dopo un iter travagliato domani è attesa la firma per Ita-Lufthansa con la compagnia aerea tedesca che entrerà nel capitale della newco nata dalle ceneri di Alitalia. La data è filtrata mercoledì scorso da un incontro con i dipendenti del ceo Carsten Spohr, di cui ha parlato per prima l’agenzia tedesca Dpa mentre dal Mef non è trapelato nulla salvo che «entro gennaio» si chiuderà questa fase. Da Francoforte invece Lufthansa ha confermato solo che «l’operazione avverrà all’inizio del 2025».Il closing segue il via libera dalla Commissione Ue a dicembre e l’assemblea della compagnia italiana per l’aumento di capitale. L’operazione vedrà Lufthansa entrare inizialmente al 41% di Ita Airways sottoscrivendo la ricapitalizzazione da 325 milioni, per rilevare completamente la compagnia in due fasi entro il 2033, investendo 830 milioni complessivi. Una successiva assemblea degli azionisti Ita procederà alla nomina del nuovo cda, che in linea agli accordi siglati, sarà allargato da tre a cinque posti. Tre saranno rappresentanti del Tesoro, incluso il presidente, e due saranno indicati da Lufthansa, tra i quali il nuovo amministratore delegato: a meno di sorprese, sarà Joerg Eberhart, oggi capo delle strategie di Lufthansa e in passato presidente e ad di Air Dolomiti. Per autorizzare le nozze Ita-Lufthansa Bruxelles ha imposto diverse condizioni a garanzia della concorrenza sia sui voli europei sia su quelli intercontinentali. Gli slot di Milano Linate e Roma Fiumicino ceduti sono già stati rilevati da Easyjet. E Lufthansa ha dovuto siglare accordi con i concorrenti Air France-Klm e Iag (British Airways, Iberia), relativi ai propri passeggeri in volo dall’Italia agli hub di Parigi e Londra. LEGGI TUTTO

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    Ilva, le offerte si fermano a 500 milioni

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    Vacilla la congruità (economica) delle offerte pervenute entro la mezzanotte di venerdì ai commissari straordinari dell’ex Ilva. Tre per tutto il gruppo e sette da realtà italiane in cordata per i singoli asset. Un bilancio ufficiale, ma tutt’altro che definitivo, alla luce del fatto che a poche ore dalla consegna delle buste i commissari straordinari hanno fatto sapere che «il termine stabilito non sia da considerarsi perentorio» e che «eventuali proposte che dovessero pervenire successivamente saranno valutate esclusivamente qualora presentino condizioni particolarmente favorevoli per la procedura in corso».Un aspetto previsto dal bando di gara che, tuttavia, fa capire che i giochi sono tutt’altro che chiusi. Anche alla luce dell’entità finanziaria delle offerte che, secondo indiscrezioni, non supererebbero il mezzo miliardo. Non un ostacolo insormontabile, che potrebbe essere quindi compensato anche dal piano, dagli investimenti e dalla tutela dei livelli occupazionali che compongono le singole offerte. Ma che, senza dubbio, è lontano dagli 1,5 miliardi stimati dai commissari stessi. Motivo per cui in qualsiasi momento, come previsto dal bando, i commissari possono decidere di non dar corso alla procedura di vendita e di iniziare trattative dirette con uno o più soggetti. O di chiedere la creazione di cordate. Ma chi sono al momento gli attori che si sono fatti avanti?Una nota ufficiale dei commissari spiega che «tre offerte sono per tutti i complessi aziendali: la prima arriva dalla cordata Baku Steel Company CJSC + Azerbaijan Investment Company OJSC; la seconda dall’americana Bedrock Industries Management Co e la terza dagli indiani di Jindal Steel International. Sette invece sono le offerte che riguardano singoli asset. Il sistema dell’acciaio italiano si è mosso sui singoli siti del complesso Ilva, con Marcegaglia che emerge come punto di riferimento anche nell’aggregare diverse alleanze. Il gruppo di Gazoldo degli Ippoliti punta ai tre siti per la produzione di tubi: Socova a Sénas in Francia; Racconigi in cordata con Profilmec Group ed Eusider della famiglia Anghileri e Salerno, in cordata con Sideralba che è già partner di Marcegaglia per un sito in Tunisia. Sempre per singole attività, in gioco ancora Eusider, la siciliana Imc, la milanese Vitali, e la cordata creata dalla società beneventana Car Segnaletica Stradale con Monge e Trans Isole. LEGGI TUTTO

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    Ex Ilva: presentate dieci offerte, tre puntano all’intero complesso aziendale

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    I punti chiave

    Sono in totale dieci le offerte arrivate entro la mezzanotte di ieri per l’acquisizione degli stabilimenti ex Ilva. Lo hanno comunicato i Commissari Straordinari di Acciaierie d’Italia e di Ilva in Amministrazione Straordinaria (AS), sottolineando che la proroga della scadenza al dicembre 2024 ha permesso di garantire una maggiore partecipazione al processo. Tra le proposte presentate, tre riguardano l’acquisizione complessiva di tutti gli asset, mentre le altre sono focalizzate su specifiche aree o attività dell’ex colosso siderurgico.Le offerteCome anticipato, tra le offerte pervenute entro il termine fissato, tre sono relative all’acquisizione dell’intero complesso aziendale ex Ilva. Si tratta della cordata composta da Baku Steel Company CJSC e Azerbaijan Investment Company OJSC, di Bedrock Industries Management Co Inc e di Jindal Steel International. Le altre sette proposte si concentrano invece su singoli asset aziendali e provengono dalla cordata CAR Segnaletica Stradale Srl, Monge & C. SpA e Trans Isole Srl; da Eusider SpA; dalla cordata Eusider SpA, Marcegaglia Steel SpA e Profilmec SpA; da I.M.C. SpA; da Marcegaglia Steel SpA; dalla cordata Marcegaglia Steel SpA e Sideralba SpA; e infine da Vitali SpA. I Commissari hanno specificato che le proposte saranno ora esaminate attentamente per valutarne la fattibilità e l’aderenza al piano industriale previsto. LEGGI TUTTO

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    Scatta la gara per conquistare Versace

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    Ancora grandi manovre su Versace e sul lusso italiano. Con i fondi pronti a dare battaglia per conquistare i big della moda. Dopo l’indiscrezione, trapelata a dicembre, che la controllante Capri Holdings avrebbe intenzione di alleggerirsi della Medusa e del brand Jimmy Choo, le grandi banche d’affari si sono mosse su più fronti per piazzare lo storico gruppo italiano. Ieri è stata messa in circolo la voce secondo cui Prada sembra aver messo nuovamente gli occhi sulla maison. Va detto che l’ipotesi allo studio della banca d’affari americana Citi, che vorrebbe dare vita a un polo del lusso italiano, è stata accolta in modo problematico dagli analisti, con il mercato che si è mosso in ordine sparso: il titolo Prada ha chiuso la seduta a Hong Kong in calo dello 0,41% a 60,25 dollari, mentre Capri Holding a Wall Street ieri sera veleggiava oltre l’8 per cento.Il gruppo di Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, guidato dal ceo Andrea Guerra, non sarebbe l’unico predatore alla finestra a cui è stata proposta Versace. E i giochi sono tutt’altro che scritti. «Dobbiamo partire dal presupposto commenta un analista – che si tratta di un’operazione definita impegnativa in quanto necessita di piani di ristrutturazione e rilancio molto intensi in un mercato del lusso depresso e in attesa di un esercizio che si profila ancora complesso con l’incognita Cina, dove i consumi faticano a riprendersi».Per questo sul dossier hanno messo gli occhi, oltre ai soliti nomi del lusso, che risultano però più defilati (Lvmh, Kering) anche i grandi fondi d’investimento. Secondo indiscrezioni, a guardare al dossier sarebbero diversi player in primis Advent, Permira, LCatterton, Investindustrial, più distaccate Mayhoola e Pal.Va ricordato che la cessione dei due brand era già stata esplorata prima dell’intesa con Tapestry, poi affondata dall’Antitrust americano. Allora per Versace si erano fatti avanti Kering ed Exor. Ma oggi un nome fuori dai radar potrebbe anche essere quello del Gruppo Otb di Renzo Rosso a cui fanno capo i marchi Diesel, Jil Sander, Marni, e Viktor&Rolf.Guardando ai numeri, la maison della Medusa è un marchio che nell’ultimo biennio ha mostrato segni di difficoltà in termini finanziari. Capri Holdings aveva acquistato Versace nel 2019 dalla famiglia Versace e dal fondo Blackstone, pagando 1,83 miliardi di euro. I ricavi 2023 sono arrivati a 1,1 miliardi di dollari, ma nel terzo trimestre del 2024 Versace ha riportato ricavi pari a 264 milioni di dollari, in calo del 3,6% e del 2,9% su base costante, principalmente a causa dell’indebolimento della domanda globale di beni di lusso della moda. A livello geografico, i ricavi nelle Americhe sono scesi dell’1%, mentre i ricavi in tra Europa e Medio Oriente sono diminuiti dell’11%, quelli in Asia sono cresciuti del 6 percento. Il risultato operativo di Versace è stato di 1 milione, il che si confronta con un reddito operativo di 14 milioni e con un margine operativo del 5,1% nell’anno precedente. LEGGI TUTTO