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    Il futuro del retail tra innovazione e responsabilità: Sisal celebra i suoi 80 anni insieme alla rete di ricevitori

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    Si è svolto oggi, nella suggestiva cornice delle Corsie Sistine di Santo Spirito in Sassia, l’evento che Sisal ha voluto dedicare alla propria rete di ricevitori, oltre 36.000 punti vendita su tutto il territorio nazionale. Un’occasione speciale per riconoscere il ruolo fondamentale che i punti vendita hanno avuto nella crescita dell’azienda, contribuendo in modo determinante a consolidare la presenza di Sisal in Italia e a portare l’innovazione direttamente ai consumatori. L’incontro si inserisce nel programma delle celebrazioni per gli 80 anni dalla fondazione di Sisal, nata nel 1945 in un’Italia che usciva dal secondo conflitto mondiale con un forte desiderio di rinascita e di futuro. Fin dalle sue origini, Sisal è stata portatrice di innovazione e responsabilità sociale, contribuendo all’evoluzione delle abitudini degli italiani e accompagnando, con il proprio operato, importanti trasformazioni del Paese. Durante l’evento, ampio spazio è stato dedicato alla riflessione sulle sfide del retail del futuro, in un contesto sempre più orientato alla digitalizzazione, alla sostenibilità e alla tutela della legalità. Un’evoluzione in cui i punti vendita continueranno a svolgere un ruolo chiave, come presidio di fiducia e come interpreti di un’esperienza di gioco sicura, moderna e legale. LEGGI TUTTO

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    Quanto incidono i dazi Usa sul Grana Padano?

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    L’assemblea del 16 aprile 2025 celebra il 70° compleanno del Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana Padano, sottopone ai soci il bilancio 2024 e il preventivo sui budget promo pubblicitari del 2025. Il 2024 è stato il migliore anno di sempre con una produzione di 5.635.000 forme, cresciute del 3,2%, un export pari al 51,2% e quotazioni all’ingrosso del Grana Padano a livelli record.Oltre 2,9 milioni di tonnellate di latte della zona DOP (Lombardia, Veneto, Piacenza, Piemonte e Trentino) sono state trasformate in Grana Padano dando risultati soddisfacenti sia ai 135 caseifici che alle quasi 4.000 stalle coinvolte dalla DOP Grana Padano.Il bilancio 2024 chiude in sostanziale pareggio con 65 milioni di fatturato, di cui in promo pubblicità 47 milioni di euro. Per il 2025 gli investimenti promo pubblicitari saliranno a 53 milioni di euro distribuiti metà in Italia e metà all’estero ed è prevista una ulteriore crescita produttiva del 3%.L’assemblea coincide temporalmente con il rilevante problema dei dazi USA per cui al ministro Lollobrigida, presente all’assemblea, saranno affidati gli auspici del Consorzio affinché la premier Meloni, che sarà il 16 e il 17 aprile negli Usa, possa tornare con buone notizie circa l’azzeramento, registrando assai positivamente i 90 giorni di sospensione dei dazi così come annunciati mercoledì 2 aprile, poi stabilita da Trump il 9 aprile.Il Grana Padano, da sempre, paga il 15% di dazio, con l’aggiunta del 20%, costerebbe all’ingresso in USA quasi 6 euro al kg, cioè più del triplo di quanto un formaggio Usa oggi paga per entrare nella UE. “Siamo fiduciosi – spiega il Consorzio – anzi sicuri, che il Governo troverà il modo di attenuare molto l’impatto dei dazi che potrebbero se confermati in futuro al 20% aggiuntivo, altrimenti, costare al sistema Grana padano nei primi 12 mesi di applicazione quasi 100 milioni di euro per danno diretto come mancata esportazione in Usa del 20% del prodotto, che nel 2024 è stato di oltre 215.000 forme da 38 kg, e danno indiretto per l’appesantimento nei magazzini delle forme non più vendute negli Usa”.I numeri 2024 confermano la leadership del Grana Padano come il prodotto DOP più venduto al mondo e le prospettive del 2025 sono ottimistiche purché ci sia una riduzione dell’entità del dazio USA o una parziale compensazione interna come annunciatoci dalla premier e dal ministro Lollobrigida il giorno martedì 8 aprile a Palazzo Chigi, qualora la trattativa, sua e della UE, con Trump risultasse infruttuosa. LEGGI TUTTO

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    Fibercop, resta vuota la poltrona di ad

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    Ricavi per 3,9 miliardi di euro e margine operativo lordo al netto dei contratti di locazione a 1,9 miliardi. Questi sono alcuni dei numeri pubblicati ieri da Fibercop, la società in cui è confluita l’ex rete di Tim dallo scorso luglio, dopo l’approvazione del bilancio per l’esercizio 2024 (dove è attesa una perdita a causa di costi straordinari che sarà quantificata con la pubblicazione del Bilancio la prossima settimana). Si tratta di numeri definiti in linea con il budget del management per il 2024 e il piano industriale degli azionisti (tra i quali figurano il fondo Usa Kkr con il 37,8%, il Tesoro con circa il 16% e il fondo F2i con l’11,2%). LEGGI TUTTO

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    Arnault perde lo scettro. Hermès sorpassa Lvmh

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    Hermès scalza Lvmh dal trono del lusso europeo diventando il titolo a maggior capitalizzazione del Cac40 di Parigi (l’indice delle blue chip francesi), con 247,7 miliardi di euro, e il terzo in Europa dopo la società di software Sap e la casa farmaceutica danese Novo Nordisk. Il sorpasso è avvenuto dopo che ieri le azioni di Lvmh sono sprofondate in Borsa (-7%) in seguito ai risultati del trimestre pubblicati lunedì che hanno mostrato ricavi ben al di sotto delle attese degli analisti. Il conglomerato di Bernard Arnault che controlla i marchi di fascia alta Louis Vuitton e Dior, il marchio di gioielli Tiffany & Co. e la catena di negozi di bellezza Sephora, ha deluso le aspettative per le vendite in Usa e Cina. E così il valore di mercato è sceso a 246 miliardi. Ne ha approfittato Hermès che, con la sua base di clienti ultra-ricchi e la produzione strettamente controllata, ha resistito meglio dei rivali al recente rallentamento del settore del lusso, azzoppato dai dazi di Donald Trump e dalla frenata dell’economia cinese. Secondo Barclays, Hermès non avrà bisogno di aumentare i prezzi quanto i concorrenti per compensare l’impatto delle tariffe Usa sui suoi margini di profitto. Inoltre, mentre Arnault ha trasformato il gruppo in un’azienda con più di 80 marchi, che produce borse, gioielli e liquori di alta gamma, Hermès è rimasto un gruppo monomarca. Il sorpasso è ancor più amaro perché nel 2010 Arnault ha accumulato una partecipazione nell’azienda, nella speranza di portarla nella sua scuderia, ma le sue avance sono state respinte dal cda della maison delle Kelly e delle Birkin la cui maggioranza è ancora oggi nelle mani degli eredi del fondatore, Thierry Hermès. La storica casa di lusso parigina renderà noti i suoi risultati trimestrali domani ma ha archiviato l’esercizio 2024 con ricavi in aumento del 13% a 15,2 miliardi.Per Lvmh l’Europa è stata l’unica regione a registrare una crescita (un aumento del 2%), mentre il Giappone ha registrato un calo dell’1%, il resto dell’Asia è sceso dell’11% e gli Stati Uniti del 3%. Per categoria, profumi e cosmetici sono diminuiti dell’1%, orologi e gioielli sono rimasti stabili e la vendita al dettaglio selettiva, che include il rivenditore di cosmetici Sephora, è scesa dell’1%. La divisione vini e liquori ha registrato un calo del 9% nel trimestre. LEGGI TUTTO

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    “Noi in cassa integrazione, a Tavares dati 35 milioni”

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    Tempo di assemblee per il presidente John Elkann: ieri ad Amsterdam è toccato agli azionisti di Stellantis, oggi sarà la volta di Ferrari. Presente il 72,4% del capitale, sono stati approvati il bilancio 2024; il dividendo di 0,68 euro per azione ordinaria per complessivi 2 miliardi con pagamento il 5 maggio (il 99% ho votato ok) e il piano di remunerazione (66,9% i favorevoli, 33% i contrari). Lo scorso anno era stata pagata una cedola superiore: 1,55 euro. A far nuovamente discutere, come ci si aspettava, soprattutto compensi e liquidazione per l’ex ad Carlos Tavares, uscito di scena lo scorso dicembre. Le ragioni le ha ricordate lo stesso Elkann: «Il disallineamento tra il Cda e l’amministratore delegato». Comunque, per Tavares, nonostante strategie e scelte che hanno contribuito a portare Stellantis nell’attuale situazione di crisi, non è andata male. L’ex capo operativo del gruppo, infatti, riceverà 23,085 milioni come compensi complessivi per il 2024 e una buonuscita di 12 milioni, da incassare quest’anno, per un totale di oltre 35 milioni di euro.Non si è fatta attendere la reazione della Fiom-Cgil: «Ancora una volta – avverte il segretario generale Michele De Palma – vengono premiati i manager e gli azionisti di Stellantis, mentre i lavoratori continuano a essere in cassa integrazione. La proprietà si sta assumendo la responsabilità di approvare cospicue remunerazioni a chi ha portato al fallimento industriale e occupazionale di Stellantis. Gli utili, invece che arricchire ulteriormente i manager e gli azionisti, dovrebbero essere utilizzati per gli investimenti in innovazione tecnologica, in ricerca e sviluppo e per aumentare il salario dei lavoratori di Stellantis».Cresce, intanto, l’attesa per la nomina del successore di Tavares, programmata entro giugno. Sono cinque i candidati, tutti uomini, dei quali due interni. I nomi più gettonati: l’italiano Antonio Filosa, attuale responsabile del mercato Usa, vitale per il gruppo, nonché della qualità, e il francese Maxime Picat, a capo degli acquisti. Nulla si sa, invece, per quanto riguarda i tre manager esterni a Stellantis. Mesi fa si era parlato di Luca Maestri, ex General Motors ed ex Cfo di Apple, indiscrezione poi smentita. LEGGI TUTTO

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    L’allarme di Elkann sui dazi. Poi quella citazione di Marchionne sull’auto elettrica

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    “In Europa, le normative sulle emissioni di CO2 hanno imposto un percorso irrealistico di elettrificazione, scollegato dalla realtà del mercato. In effetti, i governi europei hanno ritirato, a volte bruscamente, gli incentivi all’acquisto e l’infrastruttura di ricarica rimane inadeguata. Di conseguenza, i consumatori tardano a passare ai veicoli elettrici”. Lo ha detto il presidente di Stellantis, John Elkann, davanti all’assemblea degli azionisti del gruppo riuniti oggi ad Amsterdam.Ci si chiede cosa avrebbe fatto Sergio Marchionne – scomparso nel luglio 2018 – in un mercato dove le politiche green hanno imposto l’elettrico senza prevedere le conseguenze di questo passo sui produttori. Il manager – scomparso nel luglio dello stesso anno – aveva molte perplessità sull’elettrico per le auto “normali”. Alla fine di maggio del 2014, durante una conferenza a Washington, aveva sorpreso molti dei presenti con questa dichiarazione: “Spero che non compriate la 500 elettrica, perché ogni volta che ne vendo una perdo 14mila dollari. Sono abbastanza onesto da ammetterlo”. Insomma, Marchionne era già convinto che produrre auto elettriche fosse antieconomico. Secondo il Marchionne dell’epoca, tutte le Case (ad eccezione della Tesla) vendevano le elettriche in perdita. “Se vendessimo solo elettriche”, aveva aggiunto Marchionne nel 2014, “dovrei tornare a Washington a chiedere un prestito: saremmo in bancarotta”. Insomma, un conto sono le supercar e un conto le utilitarie. E a giudicare da come stanno andando le vendite dell’elettrico aveva ragione.Ma torniamo alle dichiarazioni di Elkann all’assemblea di oggi. “Negli Stati Uniti, l’industria automobilistica è gravemente colpita dai dazi. Oltre al dazio del 25% imposto sui veicoli, siamo colpiti da una serie di dazi aggiuntivi, tra cui quelli su alluminio, acciaio e componenti” ha aggiunto Elkann. Sottolineando che “con l’attuale percorso di tariffe dolorose e regolamenti troppo rigidi, l’industria automobilistica americana ed europea è a rischio”. E che sarebbe una tragedia, perché l’industria automobilistica è fonte di posti di lavoro, innovazione e comunità forti. Ma “non è troppo tardi se gli Stati Uniti e l’Europa intraprendono le azioni urgenti necessarie per promuovere una transizione ordinata. Siamo incoraggiati da quanto indicato ieri dal presidente Trump sulle tariffe per l’industria automobilistica”, ha proseguito.Il numero uno del gruppo nato dalla fusione tra Fca e la francese Psa ha poi accennato un mea culpa: “Il 2024 non è stato un buon anno per Stellantis. I motivi sono stati in parte di nostra competenza, il che ha reso il risultato ancora più deludente”. Inoltre, “il disallineamento tra il Consiglio di amministrazione e il nostro ceo, Carlos Tavares, ha portato quest’ultimo a lasciare l’azienda all’inizio di dicembre del 2024. Da allora, il Comitato esecutivo ad interim, che il Consiglio mi ha chiesto di presiedere, ha lavorato con tutti i nostri team nella gestione quotidiana dell’azienda. Sono state intraprese azioni importanti e decisive per garantire che Stellantis sia nella posizione più forte possibile quando verrà nominato il nostro nuovo ceo”. La nomina è prevista entro la prima meta’ del 2025. LEGGI TUTTO