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    Lavoro interinale, contratto indeterminato dopo 4 anni: l’emendamento

    Polemica con al centro il tema del lavoro al Senato per l’emendamento che è stato proposto dai tre relatori di maggioranza al decreto economia e riguarda i contratti dei cosiddetti lavoratori interinali. La modifica propone di estendere a 4 anni (oggi la legge ne prevede 3) il termine oltre il quale un lavoratore con un contratto di somministrazione deve essere poi assunto a tempo indeterminato. Il centrosinistra ne ha chiesto il ritiro sostenendo che così si vuole precarizzare ulteriormente questo tipo di lavoro, introducendo una mini riforma del settore.
    Le parole di Elisa Pirro, capogruppo del M5s in commissione Bilancio
    “Dopo l’emendamento vergogna che Fratelli d’Italia ha provato a infilare nel decreto Ilva, poi ritirato grazie alla ferrea opposizione del M5s, ora il Governo ci riprova e ne propone un altro, stavolta al decreto economia in discussione nella quinta commissione al Senato. Se tale emendamento passasse, verrebbe esteso da tre a 4 anni il termine oltre cui un lavoratore somministrato deve essere assunto stabilmente. L’ennesimo tentativo di alimentare il precariato selvaggio che FdI, Lega e FI provano a infilare di soppiatto in un provvedimento senza alcuna discussione nel merito. Facciano come l’altra volta: lo ritirino e chiedano scusa. Sono veramente senza vergogna”. Lo afferma in una nota la capogruppo del M5s in commissione Bilancio al Senato, Elisa Pirro.

    L’emendamento delle polemiche sul lavoro

    L’emendamento inserisce al decreto legislativo due nuovi commi all’articolo 19. Il 2-bis prevede che “nel caso in cui sia assunto a tempo indeterminato dal somministratore, il lavoratore può essere inviato in missione con contratto di somministrazione a tempo determinato, presso un medesimo utilizzatore, per lo svolgimento di mansioni riconducibili al medesimo livello e alla medesima categoria legale, per un periodo complessivo, anche non continuativo ed ulteriore rispetto a quello previsto dal comma 2, non superiore a trentasei mesi, fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi”. Il 2-ter che qualora “l’utilizzatore” non abbia intrattenuto, con il medesimo lavoratore, precedenti rapporti di lavoro a tempo determinato, anche nell’ambito di contratti di somministrazione di lavoro con il lavoratore assunto dal somministratore a tempo determinato, il periodo complessivo di cui al comma 2-bis è elevato a 48 mesi”. La norma sarebbe retroattiva, facendo decorrere il limite dal 12 gennaio 2025.

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    Il timore dei dazi sui consensi: la partita incrociata di Meloni, Tajani e Salvini

    Ascolta la versione audio dell’articoloIn attesa di conoscere i «dettagli» dell’accordo sui dazi base al 15% siglato domenica a Turnberry, in Scozia, la premier Giorgia Meloni e i suoi vice, Antonio Tajani e Matteo Salvini, si interrogano anche sui possibili impatti del nuovo quadro dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti in termini di consenso e di popolarità. Partiti diversi, elettorati diversi, quelli di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Ma ciascuno nella maggioranza di centrodestra rischia grosso e prepara la sua strategia per resistere ai colpi e non perdere terreno.Meloni e la difesa del dialogo: pagherà?Il pericolo boomerang per la presidente del Consiglio è evidente: la sbandierata «very special relationship» con Donald Trump e il ruolo di pontiera e facilitatrice nei rapporti tra le due sponde dell’Atlantico più volte rivendicato da Meloni potrebbe ritorcersi contro di lei se il prezzo da pagare sull’altare del nuovo protezionismo Usa si rivelasse troppo salato per gli italiani. Ciò che le opposizioni chiamano «accondiscendenza» e «resa incondizionata» al trumpismo, però, in casa Meloni è chiamato realismo, se non proprio pragmatismo. La strategia del dialogo caldeggiata contro chi, come la Francia di Emmanuel Macron, aveva chiesto di minacciare contromisure dure, ha partorito il 15% contro il temutissimo 30% che sarebbe scattato dal 1° agosto in assenza di accordo.Loading…Nella nota congiunta con i vice, la premier ha voluto subito chiarire di aver contribuito a sventare una guerra commerciale e a salvare «l’unità dell’Occidente». Su questo tasto continuerà a battere davanti al suo elettorato, fin qui rimasto sensibile al grido «Make the West Great Again» con cui Meloni alla Casa Bianca ha rivisitato il Maga trumpiano e cercato di accreditarsi come il volto “presentabile” e moderato della destra mondiale (quello incoronato nella copertina su Time). Ma domani, se il peso sulle tasche di imprese e cittadini si rivelerà meno sopportabile di quanto assicurato anche in considerazione della coperta cortissima dei nostri conti pubblici, la luna di miele con gli italiani continuerà? Un quesito chiave, alla luce della già annunciata ricandidatura alle prossime politiche.Tajani e la sfida della colonna europeista del governoCaratterizzarsi come il pilastro europeista del governo è stata la bandiera identitaria fin qui sventolata da Forza Italia e dal suo leader, Antonio Tajani, il cui compito arduo nel post Berlusconi è stato quello di non disperdere i consensi del fondatore e di proteggere il partito da sbandate sovraniste. L’anima italiana del popolarismo europeo è stata difesa a spada tratta, anche a costo di scontri duri con l’altro vicepremier, il leghista Matteo Salvini.Ma, proprio per queste ragioni, rischiano di fare più male agli azzurri gli attacchi all’Europa e alla sua debolezza che da più parti stanno piovendo in queste ore dopo l’intesa tra Ursula von der Leyen e Trump. La difficoltà di Tajani è tutta qui: non può permettersi di sparare contro Bruxelles, ma deve preoccuparsi di tutelare la constituency tradizionale del partito. Peraltro in una fase di transizione verso una maggiore democrazia interna, sancita dall’ultimo Consiglio nazionale, e verso l’«apertura» sollecitata da Pier Silvio e Marina Berlusconi. Come sarà accolto dalle imprese in sofferenza per i dazi l’annunciato nuovo Manifesto per la libertà in arrivo dopo l’estate? LEGGI TUTTO

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    Dazi Usa, piano del governo per aiutare le imprese italiane più colpite: cosa prevede

    Dopo l’accordo tra Usa e Ue sui dazi al 15%, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha annunciato l’istituzione di una task force permanente alla Farnesina. L’obiettivo? Dare sostegno alle imprese e prepararsi a quelli che saranno i prossimi passi dei negoziati con le controparti statunitensi previsti nei prossimi giorni. Si punta definire meglio i dettagli in alcuni settori, tra cui alcuni di specifico interesse per l’Italia, come quello viti-vinicolo. A livello generale, come scrive Repubblica, la linea del governo Meloni sulla questione sarebbe quella di avere le mani libere sugli aiuti di Stato per sostenere i settori più colpiti, con soldi europei, e fino a 25 miliardi, pescando anche dal Pnrr.

    La task force

    L’atto iniziale passa dal confronto con le imprese. Per questo Tajani, ieri, 28 luglio, ha convocato subito una riunione alla Farnesina con le associazioni più rappresentative. Ai presenti ha spiegato che si è evitato lo scenario peggiore, quello dei dazi al 30%. Intanto, si attende la finalizzazione dell’accordo, entro il primo agosto. Poi ci sarà la trattativa sull’intesa relativa al commercio reciproco che è vincolante a livello giuridico. Proprio per queste ragioni, Tajani ha annunciato l’attivazione della task force permanente sui dazi che aiuterà le imprese a mettere a fuoco le priorità durante i negoziati. Per oggi poi è fissato un nuovo appuntamento al ministero delle Imprese: il ministro Urso, affiancato proprio da Tajani, tiene la riunione del Comitato attrazione investimenti esteri (Caie) dedicata all’impatto delle nuove tariffe.
    Il piano del governo
    Il governo, secondo quanto trapela, è comunque intenzionato ad avviare uno schema di ristori alle imprese che, però, ha bisogno del via libera della Ue. L’idea allo studio è quella di dirottare 25 miliardi dal Pnrr e i fondi di coesione verso le attività che saranno più danneggiate dai dazi. In cima alla lista ci sono le aziende della meccanica e dell’agroalimentare, insieme a quelle della farmaceutica. Ma le risorse, una volta liberate, non saranno utilizzabili per gli indennizzi in modo automatico perché occorre comunque avere il via libera di Bruxelles che vigila sugli aiuti diretti alle imprese da parte degli Stati. LEGGI TUTTO

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    Ex Ilva, il sindaco di Taranto Piero Bitetti si è dimesso

    Il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, a capo di una coalizione di centrosinistra, ha deciso di dimettersi questa sera a poco meno di due mesi dalla sua elezione. Motivo delle dimissioni, “con effetto immediato”, alcuni “motivi di inagibilità politica”, così come scritto dal primo cittadino nella lettera di dimissioni depositata all’Ufficio Protocollo. Il sindaco, in particolare, si è dimesso dopo le contestazioni ricevute proprio in queste ore nel corso dell’assemblea con le associazioni ambientaliste sulla questione dell’ex Ilva. I partecipanti hanno di fatto occupato Palazzo di Città impedendo al sindaco di uscire. L’incontro si è tenuto in vista del Consiglio comunale monotematico del 30 luglio chiamato a discutere dell’accordo sulla decarbonizzazione proposto dal governo e del vertice al Mimit del 31 luglio sullo stesso accordo interistituzionale che dovrà recepire le indicazioni degli enti locali.

    Cosa è successo
    All’uscita dal confronto, che anticipava il Consiglio comunale monotematico del 30 luglio sull’accordo di decarbonizzazione proposto dal Governo, un gruppo di manifestanti ha bloccato il passaggio al sindaco, gridando “assassini, assassini”. Bitetti è dovuto rientrare nel Municipio per motivi di sicurezza. “Abbiate rispetto delle nostre lacune – aveva dichiarato -. Stiamo prendendo appunti per capire ogni aspetto di questa vertenza così complessa”. Il primo cittadino aveva dato disponibilità a incontrare altri rappresentanti delle associazioni la mattina seguente. “Siamo qui – aveva detto durante l’incontro – per difendere il territorio. Io non ho passato una sola notte dal 17 giugno, giorno della mia proclamazione, senza pensare all’ex Ilva. La prima bozza di accordo ci è stata inviata il 18 giugno con richiesta di approvazione in 48 ore. Abbiamo detto che i 13 anni di transizione proposti sono troppi. Serve una direzione più rispettosa”. Toni durissimi da parte delle associazioni. “Difendere il diritto alla vita”, hanno chiesto in coro. La pediatra Annamaria Moschetti (Associazione culturale Pediatri e Peacelink) ha ricordato che “ci sono dati inconfutabili: +50% di disturbi dello spettro autistico rispetto alla provincia. Il principio di precauzione impone di fermare l’esposizione, senza attendere l’ultimo studio scientifico”. 

    La scelta di Bitetti arriva a poche ore da due appuntamenti decisivi: il consiglio comunale monotematico del 30 luglio e il vertice al Mimit del 31. La sua assenza rischia ora di lasciare un vuoto istituzionale in un passaggio cruciale per il futuro della città. Come previsto dalla legge, il sindaco ha ora 20 giorni di tempo per confermare o ritirare le dimissioni LEGGI TUTTO