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    Moncler, ricavi semestrali su dell’1%

    Moncler apre la stagione dei conti della moda a Piazza Affari e tiene la rotta nonostante un mondo definito dal presidente e ad Remo Ruffini ( in foto ) «imprevedibile e complesso». I numeri stabili sono il frutto di una buona performance nei mercati asiatici che hanno compensato il calo nell’area Emea (Europa, Middle East e Africa). Alla voce ricavi, Moncler ha realizzato 1,22 miliardi di euro, (+1% annuo a cambi costanti). La parte del leone la fa il brand Moncler, mentre Stone Island arriva a quota 186,7 milioni. L’ebit di gruppo è sceso a 224,8 milioni, da 258,7 milioni, con un’incidenza sui ricavi del 18,3% rispetto a 21% nel primo semestre 2024, «a causa principalmente di una diversa ripartizione tra il primo e il secondo semestre delle attività di marketing rispetto all’anno precedente». Il risultato netto è sceso a 153,5 milioni da 180,7 milioni. La posizione finanziaria netta di gruppo è scesa a 980,8 milioni di cassa netta (era pari a 1.308,8 milioni al 31 dicembre 2024), dopo il pagamento di 345 milioni di dividendi. LEGGI TUTTO

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    Sindacati balneari in trincea. Col governo contro Bruxelles

    Fronte compatto dei sindacati dei balneari al fianco del governo dopo la lettera della Commissione Ue che boccia la bozza del decreto ministeriale sugli indennizzi ai concessionari uscenti minacciando una multa da oltre 110 milioni di euro. L’esclusiva del Giornale , dello scorso 22 luglio, che ha avuto accesso alla missiva spedita da Bruxelles lo scorso 17 luglio, confermava la linea dura dell’esecutivo comunitario. «Il diritto dell’Unione non consente, nelle circostanze di questo caso, di riconoscere alcuna compensazione agli operatori uscenti», si legge nel testo. Una doccia fredda per il governo e per il ministro delle Infrastrutture Salvini, che aveva puntato proprio sugli indennizzi per costruire un punto di equilibrio tra le richieste europee e la tutela degli imprenditori storici del settore.Eppure, il comparto non arretra e rilancia. «Siamo convinti che il governo italiano farà valere la specificità italiana», afferma Antonio Capacchione, presidente del Sib-Fipe Confcommercio. «Gli stabilimenti balneari italiani sono sorti proprio per garantire che il bagno avvenga in totale sicurezza. Siamo dei fiduciari dello Stato. Anche se questo elemento magari non viene tenuto in debita considerazione dalla Commissione Ue». Secondo Capacchione, l’approccio di Bruxelles ignora volutamente il contesto nazionale. «Il nostro Paese viene equiparato ad altre realtà europee che non sono neanche lontanamente paragonabili», osserva e richiama direttamente la Direttiva Bolkestein, che pure «riconosce una discrezionalità agli Stati membri ».Il nodo è appunto l’indennizzo previsto per i concessionari che abbiano realizzato investimenti non ammortizzati o strutture significative. Un principio che – secondo Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba Confesercenti – non solo è «già previsto dalla legge vigente », ma «non è stato messo in discussione dalla Commissione, altrimenti il decreto non avrebbe potuto produrre i suoi effetti». Per il numero uno Fiba, «è scorretto sostenere che il principio dell’indennizzo possa essere rimesso in discussione ». In gioco, ricorda, c’è «un comparto formato per il 98% da piccole imprese, spesso a gestione familiare, che rappresentano un settore economico strategico: è necessario trovare un equilibrio tra l’avvio delle evidenze pubbliche e il riconoscimento del valore delle imprese ».Preoccupazione arriva anche dagli operatori della Romagna, che, pur mantenendo toni cauti, ribadiscono la centralità delle compensazioni. «Il bene che c’è sopra è del privato», puntualizza Mauro Vanni, presidente di Confartigianato Imprese Demaniali. «Una società che ha investito tutto su un’impresa che fino a ieri veniva rinnovata automaticamente e oggi invece rischia di perdere tutto, ha diritto a un indennizzo: è nella logica del mercato». LEGGI TUTTO

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    Il conto corrente ora è un diritto

    Le banche avranno l’obbligo di stipulare i conti correnti e di non recedere in presenza di saldi attivi, salvo casi gravi come riciclaggio e terrorismo. La proposta Romano-Bagnai che riconosce per tutti il diritto al conto ha passato ieri l’esame dell’Aula della Camera con voto bipartisan e si appresta ora ad approdare in Senato, sempre […] LEGGI TUTTO

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    La Ue non molla sul golden power: “Aspettiamo le risposte dell’Italia”

    La clamorosa marcia indietro di Unicredit su Banco Bpm non archivierà il braccio di ferro in corso tra il governo italiano e la Commissione europea. Nonostante venga a mancare l’oggetto del decreto golden power (ovvero l’operazione Unicredit-Banco Bpm), l’interlocuzione con la Ue continuerà su entrambi i binari: vale a dire la procedura Eu Pilot, che potrebbe teoricamente portare a un’infrazione per l’Italia, e l’indagine della Dg Competition (guidata da Teresa Ribera, in foto ) su una presunta violazione dell’Articolo 21 della normativa europea sulle concentrazioni.Nella giornata di ieri, un portavoce della Commissione Ue ha spiegato che Bruxelles sta ancora «valutando » la risposta dell’esecutivo italiano ai dubbi che aveva espresso nello scorso aprile in merito alla normativa italiana sullo stesso golden power e sta tuttora aspettando che Roma risponda al parere preliminare sul decreto adottato dall’Italia in relazione all’Ops. «Come sempre non commentiamo le decisioni individuali degli operatori di mercato», risponde il portavoce, confermando tuttavia che il 14 luglio scorso la Commissione Europea «ha inviato una lettera all’Italia, esprimendo il parere preliminare secondo cui il decreto adottato dalle autorità italiane in relazione all’acquisizione di Banco Bpm da parte di Unicredit potrebbe violare l’articolo 21 del regolamento Ue sulle concentrazioni, nonché altre disposizioni del diritto dell’Ue». La Commissione, ricorda, ha «concesso all’Italia un termine (l’8 agosto, ndr ) entro il quale presentare osservazioni scritte in merito alla compatibilità del decreto con tali disposizioni del diritto dell’Ue. Alla luce di tali osservazioni, la Commissione valuterà ulteriormente la questione e determinerà i successivi passi». LEGGI TUTTO

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    Unicredit si consola con utili record

    Il giorno dopo la rinuncia all’offerta su Banco Bpm, Unicredit si rinfranca con conti semestrali oltre le attese. L’istituto guidato da Andrea Orcel, infatti, ha realizzato 6,1 miliardi di utile nei primi sei mesi dell’anno, un risultato record spinto dai 3,3 miliardi di profitti del secondo trimestre che sono andati ben oltre i 2,5 miliardi attesi dagli analisti. I ricavi core , ossia comprensivi di commissioni, margine d’interesse e dividendi, si sono attestati a 5,9 miliardi (+1,8%) tra aprile e giugno. Il titolo in Borsa ha festeggiato con un balzo del 3,6%, a quota 60,1 euro per azione, spinto anche dall’addio all’operazione su Bpm (ieri sceso a -2,4% a 10,07 euro) che era una fonte di incertezza.«Penso che abbiamo tracciato una linea sull’operazione » su Piazza Meda, ha detto Orcel in un’intervista alla Cnbc alla domanda se la banca intenda presentare nuove offerte in Italia. «Ad essere sinceri, era diventata un peso per noi», aggiunge Orcel. «Ma soprattutto, data la situazione del golden power, non c’era altra strada da percorrere. E ad un certo punto, bisogna recuperare le perdite, eliminare gli ostacoli e concentrarsi su ciò che si controlla». Certo si coglie un certo fastidio nelle parole del capo di Piazza Gae Aulenti («in un trimestre utili quanto Bpm in un anno») per aver dovuto rinunciare a una preda che era in cima ai suoi pensieri da molto tempo. Lo stesso Orcel non esclude che Unicredit possa riprovarci in futuro. In particolare, se dal confronto Ue-governo dovesse emergere un clima normativo differente in merito ai confini dei golden power nazionali. Per ora, in ogni caso, l’attenzione sarà focalizzata sulla Grecia (con l’operazione Alpha) e la Germania. Tuttavia, sul fronte tedesco, registrata la contrarietà del governo federale a una fusione con Commerzbank, Orcel preferisce rimanere coperto assicurando di essere solo «un investitore» felice di «beneficiare di un ritorno sull’investimento del 20%». Quindi niente ambizioni di scalata. Il banchiere ha detto di essere, sempre riguardo a Commerz, «esattamente dove avevamo detto che saremmo stati il giorno dopo aver annunciato la nostra quota del 10%». Unicredit ha poi aggiornato gli obiettivi per il 2027: il gruppo ora intende raggiungere un utile netto di almeno 11 miliardi (10,5 miliardi è la previsione per quest’anno) e una distribuzione agli azionisti di «almeno 30 miliardi» (di cui 15 di dividendi) tra il 2025 e il 2027. LEGGI TUTTO

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    Le società che noleggiano auto dovranno acquistare solo veicoli elettrici

    Dal prossimo 2030, praticamente «domani», le flotte aziendali e le società che noleggiano auto dovranno acquistare solo veicoli elettrici. È il piano che la Commissione Ue starebbe approntando per portarlo in discussione all’Europarlamento e al Consiglio europeo in autunno. A riferire questa mossa a sorpresa di Ursula von der Leyen è il quotidiano tedesco Bild am Sonntag. La presidente della Commissione, dunque, da una parte «riconosce» l’importanza della neutralità tecnologica, che contempla l’utilizzo di tutte le alimentazioni green disponibili, mentre dall’altra, viste le difficoltà oggettive relative all’imposizione del solo «tutto elettrico» dal 2035, tenterebbe ora la via di mezzo per assecondare quella parte politica di Bruxelles che non vuole mollare la presa, nonostante tutti i gravi problemi che il diktat ha causato al sistema automotive europeo.Secondo la Commissione già entro il 2027 almeno il 75% delle flotte aziendali avrebbero dovuto essere solo a batteria, per poi arrivare al 100% tre anni dopo. Pura illusione, alla luce della realtà dei fatti e degli orientamenti del mercato.Infrastrutture insufficienti soprattutto se si guarda a quelle ad alta velocità di ricarica elettrica, indispensabili, listini sempre elevati dell’offerta e scarsa disponibilità di veicoli commerciali con alimentazione a zero emissioni (allo scarico), oltre all’apatia generale del mercato: questi i nodi tuttora presenti.L’iniziativa allo studio viene bocciata da Aniasa, l’Associazione italiana industria dell’autonoleggio, della sharing mobility e dell’automotive digital, al cui vertice siede Alberto Viano. In una nota, riferendosi al possibile divieto dal 2030 di immatricolare vetture endotermiche e ibride per le flotte aziendali e le società di noleggio, Aniasa «esprime la più totale contrarietà». «Costringendo a noleggiare esclusivamente vetture elettriche – la replica dell’associazione – non si favorisce la transizione ecologica, né la riduzione delle emissioni di CO2, ma si spinge aziende e privati a mantenere più a lungo le proprie auto, rallentando l’immissione sul mercato di mezzi più sostenibili e sicuri. Senza contare che, prevedendo un obbligo anticipato al tutto elettrico per il solo settore delle flotte aziendali, si creerebbe una grave distorsione sul mercato tra soggetti privati e aziendali, con il rischio di un radicale cambiamento nelle modalità di approvvigionamento dei veicoli che determinerebbe un ulteriore peggioramento delle condizioni del settore dell’auto, in generale, e dell’industria automobilistica europea, in particolare».Protesta anche la politica. Markus Ferber, eurodeputato della Csu tedesca, avrebbe già chiesto alla presidente von der Leyen di rinunciare al progetto. Contrario anche il ministero dei Trasporti di Berlino: «Respingiamo fermamente questa ipotesi e abbiamo comunicato la nostra posizione negativa anche alle compagnie di autonoleggio». Sulla stessa linea è la Vda, l’Associazione tedesca dei costruttori: «Sono necessari miglioramenti delle condizioni quadro. Fissare obiettivi è una cosa, consentirne il raggiungimento è un’altra. Ed è qui che l’Ue ha ora un dovere». No, tra gli altri diretti interessati, anche da Richard Knubben (Leaseurope) e Nico Gabriel (Sixt). LEGGI TUTTO

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    Presentato al Senato il Business Diplomacy Council, un ponte tra istituzioni e imprese

    Presso la Sala Caduti di Nassiriya del Senato della Repubblica si è svolto un evento dal titolo “Business Diplomacy: la diplomazia d’impresa, l’Italia nel mondo”, un incontro strategico che ha messo al centro il concetto di diplomazia economica come leva per rafforzare il posizionamento delle imprese italiane nei mercati esteri. L’iniziativa, fortemente voluta dal senatore Mario Borghese, ha visto la partecipazione di rappresentanti istituzionali, diplomatici e imprenditoriali di primo piano, in un momento di riflessione e proposta sul ruolo della diplomazia multilaterale applicata al business.Ad aprire i lavori, la Senatrice Michaela Biancofiore, presidente del Gruppo Civici d’Italia, che ha proposto una riflessione di lungo respiro: «Ritengo interessante il concetto di ambasciatore come facilitatore di promozione degli interessi del proprio Paese. La Business Diplomacy è una visione che avevamo già abbracciato ai tempi in cui lavoravamo al fianco del Ministro degli Esteri Franco Frattini, il quale ha ispirato tutti noi». Il senatore Mario Borghese, promotore dell’iniziativa, ha sintetizzato il senso profondo del convegno: «La diplomazia e il commercio sono due binari che devono correre insieme. Solo integrando questi due ambiti si può creare valore per il Paese».Tra gli interventi più incisivi, quello dell’On. Filippo Maturi, presidente del Business Diplomacy Council: «La Business Diplomacy può garantire nel futuro anche un miglioramento geopolitico. E questo è fondamentale non solo per lo sviluppo delle nostre aziende, ma per la stabilità e la crescita dei territori». Sullo sfondo di questo scenario, centrale è stato il ruolo del corpo diplomatico. L’Ambasciatore della Repubblica Argentina, S.E. Marcelo Martín Giusto, ha sottolineato: «Valorizzando l’interazione tra attori pubblici e privati, tra mondo imprenditoriale e rappresentanze diplomatiche, possiamo dare vita a una nuova sinergia, capace di rafforzare il dialogo economico e i rapporti bilaterali».L’Ambasciatore del Regno del Marocco, S.E. Youssef Balla, ha evidenziato il potenziale della diplomazia economica anche come strumento politico: «La Business Diplomacy è in grado di fornire soluzioni concrete alle tensioni geopolitiche tra Stati». Un contributo di visione è arrivato anche dall’Ambasciatore della Repubblica del Senegal, S.E. Ngor Ndiaye: «Sono onorato di essere stato parte di questo consesso. Sono convinto che questa iniziativa sarà fondamentale per noi, per l’Italia stessa e per l’Africa in generale».Non meno significativo l’intervento dell’Ambasciatore dell’Uzbekistan, S.E. Abat Fayzullaev, che ha dichiarato: «La diplomazia d’impresa rappresenta un ponte moderno tra le economie, lo dimostrano i rapporti bilaterali tra i nostri Paesi, cresciuti enormemente negli ultimi 6 mesi. Costruire rapporti diretti tra aziende e istituzioni è oggi più che mai una chiave per l’innovazione e la cooperazione internazionale».L’Ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti, S.E. Abdulla Ali Ateeq Obaid Alsbousi, ha sottolineato la forza delle relazioni economiche quando basate sulla fiducia: «Attraverso la connessione tra diplomazia e impresa si possono intessere partnership economiche fondate sulla fiducia reciproca e sulla visione condivisa dello sviluppo strategico tra i nostri Paesi».A rappresentare la voce femminile nella dimensione imprenditoriale e diplomatica, l’On. Souad Sbai, vicepresidente del BDC: «Il Business Diplomacy Council rappresenta oggi un attore fondamentale e strategico nel panorama internazionale. Siamo un punto di riferimento per chi vuole internazionalizzarsi in modo strutturato». Il vicepresidente del BDC e direttore esecutivo dell’Istituto Friedman, Alessandro Bertoldi, ha ricordato le origini del progetto: «Abbiamo intuito che mancava una piattaforma come questa, uno spazio dove mettere in relazione diretta e proficua imprese e diplomazia. Per questo ci siamo mossi in questa direzione, per assistere le aziende con il supporto delle istituzioni». Bertoldi ha ricordato gli importanti scambi tra l’Italia e i Paesi rappresentati al convegno.Sul fronte del sostegno concreto alle aziende italiane, Francesca Alicata, responsabile relazioni esterne di SIMEST, ha evidenziato: «Nel biennio 2023-2024 abbiamo sostenuto oltre 7mila imprese. Possiamo operare con tutte le aziende italiane, piccole, medie e grandi. E la domanda continua a crescere». Ezio Stellato, docente di diritto fiscale dell’Istituto Friedman, ha offerto una riflessione storica: «Guardando alla nostra storia possiamo scrivere il futuro nel migliore dei modi in questo campo. Ed è questa la grande responsabilità che tutti noi dobbiamo avere con il Business Diplomacy Council».Silvia Nicolis, presidente di Museimpresa, ha voluto sottolineare il valore umano della diplomazia: «La diplomazia è relazione. E le relazioni sono emozioni: senza empatia non c’è dialogo, nemmeno in economia».Per l’associazione di categoria Casartigiani e per Wizard Capital Group è intervenuto Marco Sartori, il quale ha detto: «Siamo pronti a fare sistema, a portare l’Italia nel mondo, ma sopratutto a portare il mondo alle nostre imprese. Questa la possiamo anche definire diplomazia operativa».L’avvocato Geronimo Cardia, esperto in internazionalizzazione: «Con gli scambi commerciali c’è la pace e stiamo meglio tutti. Non è un caso se proprio qui in Europa, tra il ’58 e il ’59, nacquero la CEE e l’Euratom: furono strumenti per mettersi d’accordo e prosperare insieme senza più conflitti». LEGGI TUTTO

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    “Usa e Ue verso accordo su tariffe al 15%”. Manca il via libera di Trump

    Accordo commerciale più vicino tra Unione Europea e Stati Uniti. L’intesa imporrebbe dazi del 15% sulle importazioni europee, sul modello dell’accordo che Donald Trump ha raggiunto con il Giappone. A rivelarlo è il Financial Times, citando tre fonti informate e affermando che Bruxelles potrebbe accettare i “cosiddetti dazi reciproci” per scongiurare la minaccia del presidente americano di portarli al 30% entro il primo agosto. A confermare il possibile accordo diplomatiche europee, specificando che la decisione finale è nelle mani del presidente Donald Trump. L’accordo includerebbe anche la clausola Mfn (Nazione più favorita, pari al 4,8% per gli scambi Ue-Usa) con alcune esenzioni ancora da definire; in cambio, Bruxelles potrebbe ridurre i propri dazi a livello Mfn o allo 0% per alcuni prodotti.A sbloccare la situazione a favore di un avvicinamento delle parti probabilmente ha contribuito la strategia dell’Europa che davanti ai dazi imposti dal presidente americano aveva minacciato nuove tariffe dal 7 agosto su una lista di prodotti per un valore di 93 miliardi. La tregua commerciale fra Bruxelles e Washington è garantita fino al 31 luglio, ma la Commissione europea è pronta ad alzare le barricate se i negoziati con gli Stati Uniti non dovessero trovare un esito positivo per le parti. La lista della Commissione nasce dall’unione della prima e della seconda lista circolate a Bruxelles. Domani si terrà il voto nel comitato Trade Barriers.Per quanto riguarda possibili contromisure al di là dei contro-dazi sulle merci statunitensi, in caso Stati Uniti e Unione Europea non raggiungessero un accordo nell’ambito del negoziato in corso sui dazi, sembra esserci una maggioranza qualificata tra Stati membri dell’Ue favorevole all’attivazione dello Strumento anti-coercizione (Aci). L’esecutivo Ue ha condiviso un’informativa sui passaggi preparatori da intraprendere in caso si decidesse di ricorrere all’Aci; finora solo la Francia ha richiesto l’immediata introduzione delle misure coercitive che questo prevede, spiegano le fonti.In attesa della data cruciale continua la strategia della tensione di Trump che sul suo social “Truth” oggi ha scritto: “Abbasserò i dazi solo se un Paese accetta di aprire il suo mercato. In caso contrario, dazi molto più alti”. Senza un accordo il Vecchio Continente si troverebbe a dover pagare tariffe del 30% a partire dal 1° agosto, che si sommerebbero alle altre già in vigore da diverse settimane su acciaio, alluminio e automobili. “La priorità è il negoziato ma parallelamente continua la preparazione delle contromisure”, hanno fatto sapere dall’esecutivo europeo.In questo braccio di ferro verbale le trattative trovano spazio per avanzare. Mentre l’Ue continua i negoziati per trovare un’intesa con gli Usa, il Giappone ha firmato un accordo che prevede il 15% dei dazi contro il Paese asiatico. Da un lato Trump ha ottenuto la creazione di un fondo di investimenti giapponese da 550 miliardi che opererà negli Usa. Dall’altro lato il Giappone ha acconsentito ad acquistare 100 aerei Boeing, ad aumentare del 75% l’import di riso americano e di spendere almeno 8 miliardi in prodotti agricoli e 17 miliardi in prodotti militari targati Usa. “È forse l’accordo più importante mai fatto. Creerà migliaia di posti di lavoro», promette il presidente americano.Consapevole della volatilità delle intenzioni di Trump, il governo di Tokyo parallelamente ha siglato un accordo anche con l’Unione europea. Oggi è stata siglata dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, l’Alleanza per la competitività che si regge su tre colonne: aumentare il commercio bilaterale sfruttando appieno il potenziale dell’accordo di partenariato economico; rafforzare la sicurezza economica potenziando il dialogo economico ad alto livello; e collaborare in materia di innovazione e transizione verde e digitale.Davanti all’incertezza e ai cambi di direzione che caratterizzano il governo Trump, l’Europa ha deciso di cercare nuovi partner commerciali, e lo fa in modo esplicito per mandare un segnale diretto a Washington. “Stiamo lavorando per ristabilire il nostro partenariato con gli Stati Uniti su basi più solide”, ha von der Leyen ricevendo la laurea honoris causa dall’università di Keio, a Tokyo per poi aggiungere: “sappiamo anche che l’87% del commercio globale avviene con altri Paesi, molti dei quali alla ricerca di stabilità e opportunità. Paesi da tutto il mondo vengono da noi per fare affari: dall’India all’Indonesia, dal Sud America alla Corea del Sud, dal Canada alla Nuova Zelanda. Stiamo tutti cercando di forgiare la nostra forza e la nostra indipendenza. Solo lavorando insieme possiamo farlo”. LEGGI TUTTO