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Sulle Alpi non ci sono più i giorni di neve di una volta

Dal Quattrocento all’inizio del Novecento il numero di giorni dell’anno in cui le Alpi sono state coperte di neve è stato più o meno costante. Poi nell’ultimo secolo è via via diminuito e la media degli ultimi vent’anni è inferiore di 36 giorni a quella dei precedenti 600 anni. Sono le conclusioni di uno studio realizzato da un gruppo di ricerca dell’Università di Padova e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (ISAC) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) di Bologna, appena pubblicato .

I dati sui fenomeni meteorologici nelle Alpi arrivano al massimo alla metà dell’Ottocento e quelli sulla durata del manto nevoso, cioè sui giorni dell’anno con presenza di neve, risalgono solo agli ultimi decenni. I dati che avevamo a disposizione dicevano che tra il 1971 e il 2019 i giorni con presenza di neve tra novembre e maggio erano diminuiti del 5,6 per cento ogni dieci anni. Per andare più indietro nel tempo, i ricercatori dell’Università di Padova e dell’ISAC hanno utilizzato gli anelli di accrescimento nei fusti dei ginepri (Juniperus communis), arbusti molto comuni sulle Alpi, ad alta quota, e molto longevi.

Il ginepro si presta a dare informazioni sul manto nevoso perché «ha un portamento strisciante sul terreno, ovvero cresce orizzontalmente molto vicino al suolo», l’ecologo forestale Marco Carrer dell’Università di Padova, primo autore dello studio. In pratica, i ginepri, essendo alti poche decine di centimetri, passano parte dei mesi invernali ricoperti dalla neve, quando c’è, e gli anelli di accrescimento nei loro fusti mostrano segni di questa permanenza sotto il manto nevoso. «La stagione di crescita del ginepro dipende fortemente da quanto precocemente riesce ad emergere dalla coltre bianca che lo ricopre», ha aggiunto sempre Carrer.

Finché restano sepolti dalla neve, i ginepri non crescono e questo permette di stimare la durata del manto nevoso anno per anno.

Il gruppo di Carrer ha analizzato gli anelli di accrescimento di una serie di ginepri vivi e morti cresciuti in Val Ventina, una valle laterale della Valtellina, in provincia di Sondrio, cresciuti ad altitudini comprese tra 2.100 e 2.400 metri sul livello del mare. Confrontando le informazioni ottenute in questo modo con i dati meteorologici disponibili, gli scienziati sono riusciti a stimare i cambiamenti nella durata del manto nevoso dal Quattrocento in avanti. «Ciò ci ha permesso di comprendere che quello che stiamo vivendo negli ultimi anni è qualcosa che non si era mai presentato precedentemente», ha concluso Carrer insieme a Michele Brunetti dell’ISAC. È il primo studio che dà informazioni riguardo ai giorni con la neve sulle Alpi andando tanto lontano nel tempo.

Il numero di giorni con presenza di neve variano di anno in anno, in linea con la variabilità delle precipitazioni che c’è sempre stata. Ma l’andamento dei valori medi sul lungo periodo, che mostra una correlazione con l’andamento delle temperature medie, suggerisce che la riduzione dei giorni con la neve sia legata al dovuto alle attività umane.

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Tra le altre cose, l’osservazione degli anelli dei ginepri ha anche confermato che nell’inverno tra il 1916 e il 1917, quando era in corso la Prima guerra mondiale e lungo le Alpi c’era un fronte di guerra tra l’Impero Austroungarico e l’Italia, il manto nevoso si mantenne per un periodo particolarmente lungo: il più lungo di tutto il Ventesimo secolo, con 67 giorni con la neve in più rispetto alla media secolare, che è di 251 giorni all’anno. Migliaia di soldati morirono per le condizioni meteorologiche, oltre che per i combattimenti, per via dell’inverno particolarmente rigido.


Fonte: https://www.ilpost.it/scienza/feed/


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