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    La nuova altezza del Monte Bianco

    Il Monte Bianco attualmente è alto 4.805,59 metri, due metri in meno rispetto al 2021. Lo dice l’ultima misura della Chambre Départementale des géomètres-experts dell’Alta Savoia, che dal 2001 misura l’altezza della montagna più alta delle Alpi ogni due anni organizzando una spedizione alpinistica. La cima del Monte Bianco, che si trova tra Italia e Francia, non ha infatti sempre la stessa altitudine, dato che nel misurarne l’altezza si tiene conto della neve che ricopre il ghiaccio che sovrasta le rocce più alte. Lo spessore dello strato di ghiaccio è di una ventina di metri, quello della neve che lo ricopre invece varia.Giovedì, durante una conferenza stampa a Chamonix, il geometra Denis Borrel, presidente della commissione che si occupa delle misure del Monte Bianco, ha raccomandato cautela nel collegare la variazione di altezza al cambiamento climatico. «Anche se osserviamo una leggera tendenza in calo della calotta di neve sopra al Monte Bianco, i climatologi e i glaciologi ci dicono che serviranno circa 50 anni di misurazioni per trarre conclusioni sul possibile riscaldamento globale alla quota di 4.800 metri».Il 2023 è stato comunque un anno «eccezionale», ha detto Borrel, secondo il quale sul Monte Bianco ci sono 3.500 metri cubi di ghiaccio e neve in meno rispetto al 2021, l’equivalente di una piscina olimpionica. Una diminuzione «molto considerevole» rispetto a quelle misurate in precedenza. Non sarebbe comunque corretto dire che il Monte Bianco “si sta abbassando”. Luc Moreau, un glaciologo di Chamonix, ha detto al canale televisivo TF1 che «non è rappresentativo del cambiamento climatico» perché a influire sull’altezza della copertura della neve sulla cima del Monte Bianco è principalmente il vento, su quello che Moreau ha paragonato a un «complesso di dune».Se si considera solo la parte rocciosa della montagna, l’altezza è di 4.792 metri, ma generalmente quando si parla dell’altezza del Monte Bianco si considera anche la parte di ghiaccio e neve. Borrel ha spiegato che «in una notte può cadere un metro o un metro e mezzo di neve sulla cima, per cui l’altezza può cambiare da un giorno all’altro». A seconda delle precipitazioni e dei venti, insomma, l’altezza del Monte Bianco potrebbe tornare ad aumentare nei prossimi anni.L’altezza del Monte Bianco fu stimata per la prima volta nel Settecento con la triangolazione, una tecnica che permette di calcolare distanze fra punti in virtù delle proprietà geometriche dei triangoli. Nel 1775 il matematico britannico George Schuckburgh-Evelyn stimò che la montagna fosse alta 4.804 metri. Oggi per replicare la misura si usa la tecnologia GPS (Global Positioning System), il sistema di posizionamento e navigazione satellitare grazie al quale possiamo risalire alle coordinate geografiche di più o meno qualunque punto sulla Terra. E quest’anno per la prima volta i geometri francesi hanno usato anche un drone, che hanno portato con sé sul Monte Bianco durante una spedizione verso la cima, per rendere la misura più precisa.Le riprese del drone hanno permesso di realizzare velocemente un modello tridimensionale della cima della montagna. «Ci sono voluti dieci minuti per farlo», ha raccontato Borrel, «mentre nelle spedizioni precedenti dovevamo stare lassù per due ore per ottenere lo stesso risultato».Al di là della misurazione dell’altezza, il modello tridimensionale realizzato grazie al drone ha un valore scientifico perché permetterà di verificare i cambiamenti della calotta glaciale della cima della montagna nel tempo. I ghiacci sulla cima del Monte Bianco sono perenni, cioè non fondono mai, ma le ondate di calore degli ultimi anni, che sono legate al riscaldamento globale causato dalle attività umane e hanno effetti ad altitudini sempre più alte, potrebbero avere un effetto anche oltre i 4mila metri a lungo andare. Una sempre maggiore frequenza di temperature più alte della norma potrebbe compromettere lo stato del permafrost, cioè della parte di suolo ghiacciata. Rispetto a quote più basse comunque si prevede che l’effetto del cambiamento climatico sulla cima delle montagne più alte delle Alpi si vedrà più a lungo termine, e finora non c’è stato sulla cima del Monte Bianco.– Leggi anche: Il futuro dello sci col cambiamento climatico LEGGI TUTTO

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    Sulle Alpi non ci sono più i giorni di neve di una volta

    Dal Quattrocento all’inizio del Novecento il numero di giorni dell’anno in cui le Alpi sono state coperte di neve è stato più o meno costante. Poi nell’ultimo secolo è via via diminuito e la media degli ultimi vent’anni è inferiore di 36 giorni a quella dei precedenti 600 anni. Sono le conclusioni di uno studio realizzato da un gruppo di ricerca dell’Università di Padova e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (ISAC) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) di Bologna, appena pubblicato sull’autorevole rivista scientifica Nature Climate Change.I dati sui fenomeni meteorologici nelle Alpi arrivano al massimo alla metà dell’Ottocento e quelli sulla durata del manto nevoso, cioè sui giorni dell’anno con presenza di neve, risalgono solo agli ultimi decenni. I dati che avevamo a disposizione dicevano che tra il 1971 e il 2019 i giorni con presenza di neve tra novembre e maggio erano diminuiti del 5,6 per cento ogni dieci anni. Per andare più indietro nel tempo, i ricercatori dell’Università di Padova e dell’ISAC hanno utilizzato gli anelli di accrescimento nei fusti dei ginepri (Juniperus communis), arbusti molto comuni sulle Alpi, ad alta quota, e molto longevi.Il ginepro si presta a dare informazioni sul manto nevoso perché «ha un portamento strisciante sul terreno, ovvero cresce orizzontalmente molto vicino al suolo», ha spiegato l’ecologo forestale Marco Carrer dell’Università di Padova, primo autore dello studio. In pratica, i ginepri, essendo alti poche decine di centimetri, passano parte dei mesi invernali ricoperti dalla neve, quando c’è, e gli anelli di accrescimento nei loro fusti mostrano segni di questa permanenza sotto il manto nevoso. «La stagione di crescita del ginepro dipende fortemente da quanto precocemente riesce ad emergere dalla coltre bianca che lo ricopre», ha aggiunto sempre Carrer.Finché restano sepolti dalla neve, i ginepri non crescono e questo permette di stimare la durata del manto nevoso anno per anno.Il gruppo di Carrer ha analizzato gli anelli di accrescimento di una serie di ginepri vivi e morti cresciuti in Val Ventina, una valle laterale della Valtellina, in provincia di Sondrio, cresciuti ad altitudini comprese tra 2.100 e 2.400 metri sul livello del mare. Confrontando le informazioni ottenute in questo modo con i dati meteorologici disponibili, gli scienziati sono riusciti a stimare i cambiamenti nella durata del manto nevoso dal Quattrocento in avanti. «Ciò ci ha permesso di comprendere che quello che stiamo vivendo negli ultimi anni è qualcosa che non si era mai presentato precedentemente», ha concluso Carrer insieme a Michele Brunetti dell’ISAC. È il primo studio che dà informazioni riguardo ai giorni con la neve sulle Alpi andando tanto lontano nel tempo.Il numero di giorni con presenza di neve variano di anno in anno, in linea con la variabilità delle precipitazioni che c’è sempre stata. Ma l’andamento dei valori medi sul lungo periodo, che mostra una correlazione con l’andamento delle temperature medie, suggerisce che la riduzione dei giorni con la neve sia legata al riscaldamento globale dovuto alle attività umane.– Leggi anche: Nel 2022 le temperature medie degli oceani sono aumentate ancoraTra le altre cose, l’osservazione degli anelli dei ginepri ha anche confermato che nell’inverno tra il 1916 e il 1917, quando era in corso la Prima guerra mondiale e lungo le Alpi c’era un fronte di guerra tra l’Impero Austroungarico e l’Italia, il manto nevoso si mantenne per un periodo particolarmente lungo: il più lungo di tutto il Ventesimo secolo, con 67 giorni con la neve in più rispetto alla media secolare, che è di 251 giorni all’anno. Migliaia di soldati morirono per le condizioni meteorologiche, oltre che per i combattimenti, per via dell’inverno particolarmente rigido. LEGGI TUTTO