Borse, nei primi sei mesi Piazza Affari batte tutti
Sei mesi vissuti pericolosamente: in questo caso, per questi primi 180 giorni dei mercati nel 2025, si può dire senza timore di essere smentiti. L’avvento burrascoso della nuova amministrazione Trump negli Usa, coinciso con gli eventi bellici in Ucraina e Medio Oriente, ha dato il via a un momento di grandi trasformazioni. E tante incertezze. Eppure i mercati – che quando sentono parlare di instabilità vedono nero – non ne hanno risentito. Almeno non tutti. Vediamo il dettaglio del bilancio dei primi sei mesi di quest’anno.Chi ha investito 1.000 euro in Piazza Affari il 2 gennaio scorso oggi se ne trova in tasca 1.145: è la performance dell’indice FtseMib, che ha recuperato tutto quello che aveva perso con l’annuncio dei dazi Usa dell’aprile scorso. Gli stessi 1.000 euro investiti in Btp (prendiamo il caso del decennale, quello utilizzato per calcolare lo spread) oggi sono diventati 1.030 (in pratica hanno reso circa il 3% lordo, combinato della cedola del 2% e dell’aumento dell’1% del prezzo). Chi invece ha puntato sull’euro contro il dollaro (utilizzando uno dei tanti strumenti a disposizione) si trova in tasca 1.131 euro: il dollaro si è svalutato del 13,1%, risultando la grandezza che più ha pagato il prezzo delle politiche del nuovo presidente Usa. Tanto che un italiano che ha investito i suoi 1.000 euro nella Borsa americana o sul Nasdaq, senza coprirsi dal rischio di cambio, si troverebbe rispettivamente in tasca 883 e 923 euro (è il combinato disposto del calo del dollaro e della crescita di Wall Street dell’1,7% e del Nasdaq del 6,3%). In sintesi, dunque, l’investimento in azioni italiane (ma anche europee) è risultato il migliore; i titoli di Stato hanno fatto la loro parte, difendendo il capitale dall’inflazione (che è intorno al 2%); mentre le Borse americane hanno fatto molto meno bene, finendo addirittura in rosso per l’effetto cambio.Due sono quindi le conclusioni che si possono trarre. Per poi riflettere sulle possibili conseguenze per i prossimi sei mesi. La prima è che il riequilibrio proposto da Trump nell’ambito degli scambi commerciali sta favorendo gli investimenti finanziari europei, a maggior ragione perché denominati in euro. Le Borse europee volano, vicine ai massimi storici; l’euro le rende ancora più interessanti per gli investitori esteri; anche il reddito fisso ne risente positivamente, come confermato dal forte calo degli spread.La seconda è che dazi e guerre non fermano i mercati. Certo, creano qualche asimmetria, per cui non è più il Nasdaq a guidare le danze. Ma in generale, da tutti i mercati continuano ad arrivare segnali di ottimismo. E di crescita. Senza grandi preoccupazioni per almeno tre questioni assai rilevanti. La prima è il Medio Oriente, le cui tensioni geopolitiche potrebbero avere effetti sulla crescita mondiale attraverso il prezzo del petrolio; la seconda è il plateale conflitto tra la Fed e il presidente Usa sul calo dei tassi d’interesse, che pone la banca centrale più importante del mondo in una situazione difficile e semina incertezza. La terza è la questione tuttora aperta dei dazi. Che anche in questo caso genera incertezza. LEGGI TUTTO