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    Il 15 aprile si celebra la seconda Giornata del Made in Italy

    Il ministro Adolfo Urso

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    Oltre 500 iniziative in programma per la seconda edizione della Giornata Nazionale del Made in Italy, con un incremento del 30% rispetto all’anno precedente. L’evento, istituito per legge e celebrato il 15 aprile, giorno della nascita di Leonardo da Vinci, è stato presentato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, presso il Mimit.”La Giornata nazionale del Made in Italy, quest’anno si svolge per la seconda volta, il 15 aprile, giorno della nascita del genio Leonardo Da Vinci. Anche per questo, abbiamo scelto come simbolo l’Uomo Vitruviano, oggi ancora più significativo dove l’uomo è al centro di ogni cosa, di ogni innovazione, ricerca, tecnologia. Una visione ancor più attuale oggi che dobbiamo affrontare la sfida dell’intelligenza artificiale, nella quale solo una visione antropocentrica ci può guidare”, ha dichiarato Urso.Le iniziative si estenderanno su tutto il territorio nazionale e all’estero, coinvolgendo associazioni locali, enti pubblici e privati, scuole e imprese. In Italia, oltre ai 500 eventi, si aggiungeranno più di 450 “fabbriche aperte”, che consentiranno al pubblico di visitare aziende italiane per scoprirne da vicino il valore produttivo. All’estero, più di 50 eventi verranno organizzati in 30 paesi.Nel corso della conferenza stampa, Urso ha evidenziato il ruolo crescente dell’innovazione nel panorama del Made in Italy. “In occasione degli eventi organizzati per la Giornata Nazionale del Made in Italy, si parlerà dei settori tradizionali del Made in Italy e di quelli più innovativi: ai tradizionali comparti alimentazione, abbigliamento, arredo si è aggiunto un quarto, l’automazione, cioè le macchine utensili, che è diventata la voce principale delle nostre esportazioni”.Un altro elemento chiave di questa edizione è la sostenibilità. “Al prodotto bello, buono e ben fatto oggi si aggiunge sempre più sostenibile. È una richiesta sempre più prevalente non solo in Occidente e dalle nuove generazioni”, ha sottolineato il ministro. “Bello, buono, ben fatto e sostenibile è la nuova frontiera del Made in Italy”. In quest’ottica, il “Libro Verde al 2030” ha individuato nuovi comparti strategici per il futuro, come robotica, tecnologia e green economy.L’attenzione alla formazione delle nuove generazioni rimane centrale. “Avendo creato il liceo del Made in Italy, anch’esso al secondo anno e in crescita, abbiamo dato evidenza all’attività formativa, così che ci possa essere una migliore ispirazione per le nuove generazioni”. LEGGI TUTTO

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    Le banche centrali all’Ue: “Troppe norme complesse, rischio per la stabilità finanziaria”

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    Il 5 febbraio i quattro governatori delle banche centrali di Italia, Spagna, Germania e Francia – ovvero, rispettivamente, Fabio Panetta per Bankitalia, José Luis Escriva per il Banco de Espana, Joachim Nagel per la Bundesbank e Francois Villeroy per la Banque de France – hanno scritto una lunga lettera resa nota solo oggi. Destinatario: la commissaria europea per i Servizi Finanziari e Unione del mercato di capitali, Maria Luis Albuquerque.Dopo essersi congratulati con lei “per la sua nomina a Commissario “e averle augurato “molto successo nella sua missione”, i quattro governatori arrivano subito al punto. “Siamo chiari: la semplificazione non è e non dovrebbe essere deregolamentazione. Un sistema finanziario resiliente è un prerequisito per un’Unione europea competitiva”, scrivono. Ricordando che dopo la crisi globale del 2007-09, sono state intraprese azioni significative e molto necessarie per rafforzare la regolamentazione del settore finanziario a livello internazionale. In particolare, i requisiti rafforzati di capitale e liquidità hanno consentito al settore bancario europeo di superare le tensioni successive negli ultimi anni. “Questa preziosa eredità non dovrebbe essere trascurata” viene precisato aggiungendo che “la priorità rimane l’implementazione del pacchetto finale di Basilea III in tutte le giurisdizioni”. Poi, però, ecco l’appello dei governatori: parallelamente a questo processo, “è necessario fare un passo indietro e assicurarsi che la complessità degli strati cumulativi di normative in Europa non costituisca un ostacolo al raggiungimento dei nostri obiettivi”. Perché “la stabilità finanziaria richiede un quadro normativo chiaro, prevedibile e proporzionato e azioni decise e ragionate per semplificare le normative aiuterebbero l’efficace implementazione di queste norme”. La priorità per i vertici delle principali banche centrali del vecchio Continente “dovrebbe ora essere quella di sviluppare una valutazione olistica delle norme che si applicano alle banche europee”. A tal fine, viene invocata “un’analisi completa delle implicazioni di tutti gli standard prodotti in Europa” per garantire “che non aggiungano cumulativamente livelli indesiderati di regole e aspettative”. Una valutazione approfondita, che secondo i quattro governatori “potrebbe anche valutare la proliferazione di progetti normativi aggiuntivi che potrebbero impedire la stabilizzazione, la prevedibilità e, quindi, la semplificazione del quadro normativo generale dell’UE”. LEGGI TUTTO

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    Urso: “Mi aspetto che oggi Elkann confermi il Piano Italia”

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    Il 19 marzo 2025, durante la conferenza stampa di presentazione della Giornata Nazionale del Made in Italy, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha espresso aspettative significative riguardo all’audizione di John Elkann, presidente di Stellantis, prevista per oggi davanti alle commissioni Attività produttive di Camera e Senato.”Mi aspetto che confermi quanto concordato nel tavolo Stellantis il 17 dicembre, cioè un Piano Italia assertivo che restituisca centralità all’auto italiana nei progetti di sviluppo industriale di Stellantis”, ha dichiarato Urso.Il ministro ha sottolineato che “il piano di Stellantis per l’Italia si sta concretizzando ogni giorno e ci fa ben sperare e mi auguro che chiarisca che l’auto italiana sia tornata sulla strada giusta”. Tuttavia, ha evidenziato la necessità di affrontare le sfide legate alla transizione del settore automobilistico, caratterizzato da una “rivoluzione in atto” nella mobilità e nei trasporti.”Noi puntiamo sul rilancio dell’auto italiana e del settore dell’automotive ma sappiamo anche che è in atto un cambiamento dei consumi”, ha detto Urso, aggiungendo che “anche se siamo per la neutralità tecnologica, c’è una tendenza prevalente verso l’auto elettrica e sappiamo che in un’auto elettrica ci sono meno componenti di una auto con motore endotermico. Questo ci dice che nella filiera dell’auto non ci saranno gli stessi volumi produttivi del passato”.Di fronte a tale situazione, Urso ha ribadito che “alcune imprese possono diversificare la loro produzione, altre devono necessariamente riconvertirsi e comunque una parte della forza lavoro nella produzione legata all’auto dovrà essere formata e riconvertita per lavorare in altri settori, aerospazio, blue economy, cybersicurezza, difesa – anche alla luce di quello che ha detto Ursula von der Leyen”. Ha poi concluso che “l’Italia ha un ecosistema industriale che può consentirci di cogliere queste opportunità e di fare di una necessità – difendere l’Europa – una opportunità di sviluppo e rafforzare il nostro sistema industriale”.Parlando della relazione con Stellantis, Urso ha dichiarato: “Ho incontrato più volte il presidente di Stellantis, John Elkann, in questa legislatura, almeno sei volte. A me interessano i fatti e non le dichiarazioni”. Ha poi sottolineato: “Noi puntiamo sul rilancio dell’auto italiana e del settore ma sappiamo che vi è in atto una rivoluzione culturale e tecnologica. Non ci saranno nelle filiere del futuro gli stessi volumi produttivi del passato, essendo un settore in transizione”.Sul fronte europeo, il ministro ha auspicato un’azione responsabile per evitare guerre commerciali devastanti, affermando: “Credo che noi dobbiamo agire soprattutto in sede europea come stiamo facendo affinché l’Europa si muova con responsabilità per evitare che si inneschi una guerra commerciale con effetti devastanti”. Ha inoltre aggiunto che “serve agire più che reagire, l’Europa deve realizzare un processo di riforma che l’Italia sta già facendo con i non paper insieme ad altri Paesi. Agire significa rendere competitive le imprese del nostro continente”.”Bisogna evitare un’escalation che potrebbe poi non essere più controllata”, ha avvertito Urso. “L’Europa deve tutelare il mercato interno con una politica commerciale che contrasti la concorrenza sleale ed evidenzi il made in Europe. L’Europa deve accelerare sulla strada degli accordi su investimenti e bilaterali commerciali come il libero scambio, per far cogliere alle imprese europee le opportunità che si sono”.”Serve preparare un piano di sviluppo con gli Esteri per imprese che sono in crescita, da ogni crisi vi è sempre un’opportunità”, ha dichiarato il ministro. “L’esperienza di questi anni ha dimostrato che le imprese italiane sono più resilienti e capaci. Dalla pandemia passando per le guerre, l’export italiano è cresciuto meglio di altri Paesi. Serve reagire, e non come chi pensa di farlo con dazi compensativi come quelli sul whisky, che hanno visto di conseguenza annunci di dazi per l’intero settore del vino”, ha concluso Urso. LEGGI TUTTO

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    Federalismo fiscale e disuguaglianze territoriali: l’allarme della Corte dei Conti

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    La Corte dei Conti suona l’allarme. Durante l’audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, ha evidenziato le persistenti disuguaglianze territoriali in Italia, con una forte correlazione tra reddito e disponibilità dei servizi pubblici. Secondo la magistratura contabile, le principali cause di questo divario sono la carenza di infrastrutture, il persistente gap tra Nord e Sud e le differenze tra aree urbane e interne.Infatti, nonostante l’esistenza di strumenti come il Fondo perequativo, le politiche attuali non sono riuscite a riequilibrare efficacemente queste disparità, poiché gli investimenti tendono a concentrarsi nelle aree economicamente più forti. “I Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) potrebbero compensare le diverse capacità fiscali di regioni e comuni, ma la loro attuazione è ancora in fase di sviluppo, sebbene si registrino progressi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per quanto riguarda asili nido e assistenti sociali”, evidenzia la Corte dei Conti.La riscossione dei tributi locali e il crescente tax gapUno dei problemi strutturali evidenziati dalla Corte riguarda la difficoltà cronica nella riscossione dei tributi locali. La situazione è aggravata sia da fattori sociali, “come l’incapacità economica di una parte della popolazione in alcune aree, sia da inefficienze organizzative. Ciò comporta un crescente tax gap, ossia la differenza tra le imposte effettivamente incassate e quelle teoricamente dovute”.In questa direzione, nel 2023 si è registrata un’inversione di tendenza nella capacità di riscossione di due tributi fondamentali per i Comuni: l’Imu è passata dal 93% del 2022 all’87%, mentre la Tari ha subito un calo dell’1,7% su base annua. “La ridotta capacità di accertamento fiscale e le inefficienze amministrative hanno portato all’accumulo di crediti di dubbia esigibilità, riducendo le risorse disponibili per la spesa pubblica”, aggiunge la Corte dei Conti.Ritardi nell’attuazione del Pnrr e le criticità del sistemaUn altro punto critico riguarda l’avanzamento dei progetti finanziati con le risorse del Pnrr e del piano nazionale complementare. La Corte dei Conti ha espresso preoccupazioni sui tempi di realizzazione degli interventi, sottolineando la scarsa capacità di completamento entro le scadenze previste. “Tra i fattori che rallentano il processo ci sono la carenza di personale qualificato, le difficoltà nell’approvvigionamento dei materiali e la complessità normativa”.Le problematiche includono anche un’instabilità normativa crescente, il proliferare del contenzioso legale, i ritardi nelle autorizzazioni e le difficoltà nella gestione delle piattaforme informatiche di monitoraggio dei progetti. La Corte sottolinea l’importanza di un maggiore coordinamento tra strumenti e fondi, come il Pnrr, il Fondo per la perequazione infrastrutturale e i programmi di coesione nazionali ed europei, al fine di garantire un utilizzo più efficace delle risorse.Finanza pubblica e riforma fiscale: luci e ombreIl quadro di finanza pubblica presenta elementi contrastanti. Da un lato, nel 2024 si registra una crescita del pil dello 0,7%, superiore alle recenti previsioni (0,5%) ma inferiore alle stime del Governo (1%). L’inflazione si è stabilizzata intorno al 2%, spingendo la Bce a ridurre i tassi di interesse. Tuttavia, l’indebitamento netto per il 2024 si attesta al 3,4% del Pil, con un avanzo primario dello 0,4%. Il debito pubblico, pur essendo aumentato al 135,3% del pil, è risultato inferiore alle attese.La riforma fiscale in corso prevede diversi interventi, tra cui la riduzione delle imposte sul lavoro e l’aumento temporaneo della tassazione sul capitale. “Tuttavia, il disavanzo aumenterà di 0,4 punti percentuali nel 2025 e di 0,6 punti nel 2026 e 2027, con un impatto significativo sulle entrate e sulle spese pubbliche. Il rientro del deficit sotto il 3% del Pil è stato posticipato dal 2025 al 2026”.Verso un federalismo fiscale più equo?Un altro tema rilevante è la necessità di armonizzare la normativa sui tributi locali con quella nazionale. Il governo sta lavorando a un decreto che estenderà ai comuni principi di compliance fiscale e contraddittorio tra fisco e contribuenti, favorendo strumenti di adempimento spontaneo e definizione agevolata. Inoltre, si sta valutando la possibilità per gli enti locali di acquisire il potere di transazione sui tributi per le imprese in difficoltà. LEGGI TUTTO

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    “Buco delle Asl in Puglia”: arriva in soccorso l’extragettito di 129 milioni

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    Arrivano buone notizie sul “buco” della sanità pugliese che sarà coperto, almeno per il 50% circa, dall’extragettito, cioè l’eccedenza delle entrate derivanti dai tributi statali. Si parla di 129 milioni di euro “raccolti” in Puglia nel 2024 e la Regione è stata autorizzata dal governo a impiegare queste risorse per ripianare, almeno in parte, il deficit sanitario accumulato nel 2024.Le altre risorseAltri 50 milioni circa sono stati già accantonati in via cautelativa, dalla Regione stessa lo scorso dicembre, quindi restano da coprire altri 70-80 milioni, a seconda di quanto sarà il disavanzo accertato. Nonostante le Asl non abbiano ancora trasmesso i bilanci definitivi del 2024, il buco nei confronti della sanità dovrebbe aggirarsi sui 240 milioni, anche se dall’assessorato alla Sanità filtra ottimismo e sono sicuri che questa cifra possa essere ulteriormente assottigliata. Ma anche fosse confermata la cifra la Regione si troverebbe a “cercare” solo 70 milioni per pareggiare i conti e non la cifra intera.Le possibili fonti di coperturaLe ulteriori fonti potrebbero arrivare quindi da diversi fronti, a cominciare dal payback, ma non potranno essere utilizzati fondi europei. Un’ulteriore via potrebbe essere data dal bilancio autonomo da dove è molto probabile, che alla fine vengano prelevati altri 30-40 milioni. L’obiettivo finale di aprile è quello di arrivare al tavolo con i ministeri dell’Economia e della Salute con il pareggio di bilancio, altrimenti diventerebbe complicato uscire dal Piano di Rientro. Il governatore Michele Emiliano e l’assessore alla Sanità, Raffaele Piemontese, hanno gettato acqua sul fuoco certi che: “come ogni anno il debito verrà ripianato”.Il deficit sanitarioNonostante gli interventi e gli aggiustamenti su spesa farmaceutica e mobilità passiva, due delle voci che maggiormente incidono ma non le uniche, il deficit sanitario anche nel 2024 è esploso. Tra le concause, però, anche il rinnovo del contratto dei medici; le assunzioni di nuovo personale; la battaglia sul riparto del fondo sanitario nazionale, considerato iniquo dalla Regione; lo scontro sul payback farmaceutico – la Regione per questo sostiene di aver perso 200milioni di euro dal 2019 al 2023 nella distribuzione del fondo – l’aumento dei costi energetici.A ben guardare però la situazione rispetto al 2022 quando si toccarono i 450 milioni di “rosso” è positiva, anche se non c’è stato il progresso che era pure atteso. Ritornando all’anno di maggior “criticità” c’è comunque da dire che i costi maggiori furono dovuti a fattori “esterni”, dal Covid all’aumento imprevisto di energia elettrica e gas, quindi non preventivabili, ma comunque vennero registrati anche 255 milioni di “sprechi”, tanto che la Regione fu costretta a intervenire e correre immediatamente ai ripari con una serie di misure per stringere la cinghia. A cominciare dallo stop delle assunzioni, al giro di vite sulla spesa farmaceutica, passando per il blocco degli investimenti e persino dalla “riorganizzazione della rete ospedaliera e di quella territoriale, al fine di concentrare l’erogazione di specifiche attività di particolare complessità nelle sole strutture di riferimento”.Il finanziamento più importanteIl maggiore finanziamento dal fondo sanitario nazionale per la Puglia fu come detto, nel 2022 di 260 milioni ma, allo stesso tempo, le Asl dovettero sopportare costi aggiuntivi pari a 710 milioni: 110 di costi energetici, 50 milioni costi Covid non coperti da finanziamenti specifici, 105 milioni per il rinnovo del contratto collettivo nazionale, 100 milioni per la stabilizzazione del personale impegnato nell’emergenza Covid. LEGGI TUTTO

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    Energia, le mosse del governo su gas e nucleare. Pichetto: “Rincaro bollette è il tema dei temi”

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    Il rincaro delle bollette energetiche è “il tema dei temi”. Il ministro Gilberto Pichetto Fratin lo ha definito così, ribadendo il senso di un’urgenza non più procrastinabile. Per l’esponente del governo italiano, che già nelle scorse ore aveva sollecitato l’Ue a intervenire con misure ad hoc, il problema va affrontato “partendo dal prezzo del gas”. E con azioni destinate ad avere un effetto nell’immediato e non solo sul lungo periodo.”Sul fronte all’energia – ha infatti ribadito il ministro dell’ambiente a Bruxelles – c’è la doppia via, quella del medio e lungo termine, dove l’azione fondamentale è con i contratti per differenza, i contratti a termine, e quindi creare le condizioni, anche rispetto alla formula di determinazione del prezzo, per avere un maggiore equilibrio”. Purtroppo, ha però aggiunto Pichetto Fratin, “noi siamo ancora in condizioni”. Per cui, “con questa formula di determinazione del prezzo a livello europeo, noi abbiamo il gas che produce il 40% della nostra energia e pesa nel determinare il prezzo per il 70-75%. Questa è una struttura che si porta anche dietro una spinta inflattiva sul prezzo delle rinnovabili”. Per l’esponente di governo bisogna dunque agire “partendo dalla considerazione del prezzo del gas”.Nella propria analisi di contesto, Pichetto Fratin ha anche chiarito che il problema in Italia non riguarda i quantitativi di gas grazie alle pipeline di Algeria e Libia e il Tap, con l’impianto di rigassificazione a Ravenna che entra in funzione tra pochi giorni. “Abbiamo preoccupazioni per il prezzo del gas”, ha rimarcato: il Ttf (la ‘borsa’ olandese dove si fa il prezzo, ndr) infatti “risente certamente delle condizioni esterne che determinano anche attività speculative, gli stessi commissari che si occupano di questo settore dicono che è necessaria la massima trasparenza sulla determinazione del prezzo”. Lo ha indicato il ministro di energia e ambiente Pichetto Fratin. Il ministro ha poi attestato che l’Italia “si è affrancata totalmente dal gas russo, da Tarvisio abbiamo avuto qualche afflusso poi girato all’Austria”.Il governo si è fatto dunque promotore di proposte a Bruxelles per intervenire sul rincaro delle bollette, ma al contempo ha riaffermato la volontà di dotare l’Italia del futuro di una risorsa energetica importante come il nucleare di nuova generazione. Niente mega-centrali come accadeva nel passato, per intenderci. Al riguardo – ha spiegato Pichetto Fratin – l’esecutivo intende creare il “quadro giuridico” necessario a “mettere in condizione il Paese, quando sarà il momento, di scegliere se adottare o meno le tecnologie che saranno disponibili per produrre energia nucleare, anche sulla base dei costi”. LEGGI TUTTO

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    Fintecna, un piano per razionalizzare la gestione delle procedure di amministrazione “antiche”

    Da sinistra Antonino Turicchi e il ministro Adolfo Urso

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    Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, insieme all’amministratore delegato e direttore generale di Fintecna, Antonino Turicchi, ha presentato un piano ambizioso per razionalizzare la gestione delle procedure di amministrazione straordinaria più datate, alcune delle quali risalgono a oltre vent’anni fa. L’obiettivo è accelerare la liquidazione finale dei creditori, garantendo maggiore trasparenza ed efficienza.Un contesto complessoIl ministro Urso ha sottolineato la gravità della situazione: “Abbiamo ereditato una situazione estremamente complessa: delle 170 procedure di amministrazione straordinaria avviate dal 2000 a oggi, ben 117 sono ancora in corso, sostanzialmente in liquidazione da diversi anni, spesso da decenni. Solo 9 di queste risultano ancora effettivamente attive. Per questo abbiamo deciso di introdurre maggiore trasparenza in tutto ciò che riguardava la gestione delle As rilevando un intreccio che per anni ha penalizzato le imprese”.Le misure del pianoIl Piano prevede la nomina di Fintecna Spa, società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti specializzata nella gestione dei processi di liquidazione e nei servizi immobiliari, quale commissario straordinario per le procedure con un’anzianità superiore a 10 anni. Tra le principali misure:Limiti agli incarichi e ai compensi: “Abbiamo scelto di intervenire – ha aggiunto il Ministro –, da un lato ponendo un limite agli incarichi e un tetto ai compensi dei commissari straordinari, che in alcuni casi hanno raggiunto cifre milionarie, dall’altro trasferendo le procedure più longeve a Fintecna”.Trasferimento delle procedure: In una prima fase, 12 procedure avviate tra il 2000 e il 2006 sono state trasferite a Fintecna, coinvolgendo 62 società con un attivo disponibile di circa 390 milioni di euro, di cui oltre 210 milioni di crediti. Tra queste figurano Gruppo Bongioanni, Parmalat, Volare e Società Ittica Europea (S.I.E).Prossimi passi: Entro la fine del 2025, verranno trasferite a Fintecna tutte le 66 procedure con un’anzianità superiore ai dieci anni, suddivise in 34 procedure avviate prima del 2010 (96 società) e 32 tra il 2011 e il 2015 (98 società).L’impegno di Fintecna LEGGI TUTTO