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    Bce senza coraggio, tassi giù dello 0,25

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    La Bce persevera con l’esercizio di copia-incolla della politica monetaria, scodellando un altro taglio da un quarto di punto dei tassi, il quarto dallo scorso giugno, che porta al 3% il costo del denaro. Permane quindi la stessa attitudine prudente di quasi un semestre fa, pur a fronte di un contesto macroeconomico e geopolitico profondamente cambiato. Anche all’interno della stessa eurozona, dove due pesi massimi come Germania e Francia sono privi di un governo. «Guardo all’incertezza causata della mancanza di presentazione del budget da parte di alcuni Paesi. Inoltre, c’è incertezza sull’evoluzione politica in diversi Stati membri», ha spiegato in conferenza stampa la presidente dell’Eurotower Christine Lagarde (foto).Francoforte è dunque ben consapevole dei rischi legati a un simile scenario, ma non sembra curarsene troppo. Benché proprio i connazionali di Madame Bce siano i più esposti a un surriscaldamento eccessivo dei differenziali di rendimento fra Oat e Bund, durante la riunione del consiglio direttivo di ieri «non si è parlato» dell’utilizzo del nuovo scudo anti-spread (il Tpi varato nel ’22). Così, avanti con difese sostanzialmente sguarnite: Parigi non ha i requisiti per accedere al Tpi e il Pepp, il piano di acquisto titoli per l’emergenza pandemica, è arrivato al binario morto.Insomma: con una mano la Bce toglie, eliminando gli ultimi residui di allentamento quantitativo; con l’altra mano dà poco, e poco fa per venire in aiuto alle imprese in una fase congiunturale resa critica dalla crisi dell’automotive. Sintetizza il presidente di Confartigianato, Marco Granelli: «Nell’ultimo biennio l’aumento dei tassi ha comportato 44,3 miliardi di maggiori oneri finanziari per le imprese e un calo dei prestiti che a settembre è del 2,4% e per le piccole imprese arriva addirittura all’8%». Cifre che arrivano il giorno dopo l’invito «ad avere più coraggio» rivolto dal numero uno di Confindustria, Emanuele Orsini, all’istituto di Francoforte. Ma la sforbiciata da mezzo punto non è arrivata: «Ci sono state discussioni su questa possibilità – ha detto la Lagarde – , ma alla fine la decisione è stata unanime su un taglio dello 0,25%». Anche se nel comunicato finale è stata eliminata la frase secondo cui è necessario «mantenere i tassi di politica sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario» (un’apertura a ulteriori riduzioni del costo del denaro), la banca centrale non si discosta dal piccolo cabotaggio che serve a mantenere «condizioni di finanziamento ancora stringenti» e rinvia la discussione su quale sia il livello neutrale dei tassi, cioè il punto in cui la politica monetaria non danneggia né favorisce l’economia. LEGGI TUTTO

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    I big delle telco alla Ue: “Via alla deregulation”

    L’ad di Tim, Pietro Labriola.

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    I big delle telco europee bussano alla porta della nuova Commissione Ue per chiedere meno regole e una spinta al consolidamento del settore. Ieri, a Bruxelles, infatti i leader dell’industria si sono confrontati con Henna Virkkunen, vicepresidente esecutiva della Commissione con delega alla sovranità tecnologica. A valle dell’incontro, è stata divulgata una nota dal titolo «Un nuovo regolamento sulla connettività per rafforzare la competitività dell’Europa» per sintetizzare i temi emersi durante il faccia a faccia che vanno dalla deregolamentazione a un nuovo approccio alla politica della competitività visto che l’Europa ha necessità di «consolidamento» oltre a un unico mercato delle telecomunicazioni a livello europeo orientato alla crescita e all’innovazione, superando le barriere nazionali. Da non dimenticare una robusta strategia per l’ecosistema della connettività europea, con strumenti di politica industriale «anche mettendo a disposizione finanziamenti pubblici». La dichiarazione è stata firmata dal ceo di Tim, Pietro Labriola (nella foto), ma anche dal numero uno di BT Group, Allison Kirkby; Timotheus Hoettges, ceo di Deutsche Telekom, Luigi Ferraris, ceo di FiberCop; Christel Heydemann, ceo di Orange Group; Christoph Aeschlimann, ceo di Swisscom e José María Alvarez Pallete, presidente e ceo di Telefónica. LEGGI TUTTO

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    Bce taglia i tassi al 3% 

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    La Bce taglia i tassi di interesse per la quarta volta quest’anno e fa intendere che nel 2025 i tagli continueranno. L’istituto centrale europeo presieduto da Christine Lagarde ha portato oggi il tasso sui depositi dal 3,25% al ​​3%. Il primo taglio risale a giugno quando i tassi stazionavano sui massimi al 4%. La decisione era ampiamente prevista dal mercato, anzi c’era chi ipotizzava un taglio di entità maggiore (50 punti base).”C’è stata discussione per considerare un taglio di 50 punti base ma la proposta del capoeconomista Philip Lane di 25 punti base è stata poi approvata all’unanimità”, ha precisato Christine Lagarde.Ulteriori tagli sono all’orizzonte nel 2025. La Bce ha infatti rimosso il messaggio secondo cui era necessario “mantenere i tassi di interesse sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario”.”Il processo di disinflazione è sulla buona strada”, si legge nella nota di accompagnamento alla decisione di politica monetaria. Christine Lagarde, nella conferenza stampa post-riunione, ha ribadito che l’orientamento di politica monetaria seguirà un approccio guidato dai dati.”Il consiglio direttivo è determinato ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sul suo obiettivo del 2% a medio termine”, ha aggiunto la presidente della Bce, rimarcando come gli ultimi dati macro evidenziano un rallentamento dopo che nel terzo trimestre l’economia era cresciuta in maniera superiore alle attese. “I rischi per l’economia rimangono orientati al ribasso”, ha aggiunto la Lagarde citando in particolare le possibili tensioni commerciali che potrebbero pesare sulle esportazioni dell’area.Tagliate le stime di crescita Le nuove previsioni della Bce sono che l’economia dell’Eurozona crescerà solo dell’1,1% nel 2025, in calo rispetto alla stima di settembre dell’1,3%. la crescita dovrebbe poi risalire a +1,4% nel 2026, in calo rispetto alla precedente proiezione dell’1,5%.”La decisione odierna riflette un compromesso tra i timori per la crescita e l’inflazione. Allo stesso tempo, la Bce ha abbandonato il riferimento alla restrizione ancora necessaria, mantenendo la porta spalancata per ulteriori tagli dei tassi in arrivo”, commenta a caldo Carsten Brzeski, responsabile macro globale di Ing.Sulla stessa lunghezza d’onda Kaspar Hense, Senior Portfolio Manager di RBC BlueBay Asset Management: “Ci aspettiamo che gradualmente, vale a dire 25 punti percentuali a riunione, riducano ulteriormente i tassi al di sotto della “neutralità a breve termine” che, a nostro avviso, si aggira intorno al 2%”.Tassi giù, gli effetti sui mutuiTaglio dei tassi che per gli italiani si farà sentire, in positivo, sulle rate dei mutui. Il Codacons stima che il taglio di 0,25% dei tassi si tradurrà a regime in un risparmio compreso tra i 13 e i 30 euro al mese. Per un mutuo a 20 anni di importo compreso tra i 100mila e i 200mila euro, il risparmio sulla rata mensile varia tra i 13 e i 27 euro, pari ad una minore spesa annua tra -156 e -324 euro. Se il finanziamento ha una durata di 30 anni, il taglio dei tassi dello 0,25% produrrà un risparmio medio tra i 15 e i 30 euro sulla rata mensile, tra -180 e -360 euro annui. Per un mutuo da 125mila euro a 25 anni, invece, un analogo taglio si traduce in un risparmio di circa 17 euro al mese, con un impatto da 204 euro su base annua.Tagli che ammortizzano solo in parte i rincari degli ultimi anni. “Basti pensare che per alcune tipologie di mutuo a tasso variabile la maggiore spesa ha raggiunto nel 2024 i 5mila euro l’anno rispetto ai tassi medi di fine 2021”, argomenta il presidente del Codacons, Carlo Rienzi.Stando a un’analisi condotta da Facile.it, da inizio 2024 ad oggi la rata di un mutuo standard è scesa di 66 euro, passando da 748 euro a 682 euro, ancora molto lontana dai valori di inizio 2022, quando era pari ad appena 456 euro. Con il nuovo taglio dello 0,25% la rata di un mutuo variabile standard potrebbe scendere di circa 18 euro nei prossimi mesi, passando da 682 euro a 664 euro (simulazioni realizzate su un mutuo da 126mila euro in 25 anni, Tan iniziale 0,67% (Euribor3m+1,25%) sottoscritto a gennaio 2022);Anche il settore immobiliare torna sotto i riflettori. A Piazza Affari, il settore FTSE Italia All Share Real Estate sta registrando un +3,5%, surclassando il Ftse Mib (+0,48%). “I tagli ai tassi stanno aprendo le porte al mattone: gli investitori tornano a scommettere sull’immobiliare”, rimarca Gabriel Debach, market analyst di eToro.Btp stabili dopo Bce e maxi-astaSul mercati al momento reazione moderata dell’euro dollaro che si mantiene poco sotto la soglia di 1,05. Sull’obbligazionario movimenti minimi con il rendimento del Btp decennale a 3,23% sostanzialmente agli stessi livelli di quelli precedenti l’annuncio Bce.”Nel medio-lungo periodo – sottolinea Gabriel Debach di eToro – i fondamentali potrebbero favorire l’euro: negli Stati Uniti pesano i crescenti deficit gemelli (fiscale e commerciale), insieme a scenari di ulteriori tagli dei tassi e al debito pubblico in espansione. Questi fattori potrebbero indebolire gradualmente il dollaro, aprendo margini di recupero per la moneta unica”.Stamattina il Tesoro ha allocato Btp per complessivi 8,5 miliardi. Quelli a 3 e 7 anni sono stati allocati ai rendimenti minimi da oltre due anni. Il Btp a 30 anni è stato assegnato per un miliardo al rendimento di 3,94% da confrontare con il 5,05% dell’ultimo collocamento risalente al novembre 2023. LEGGI TUTTO

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    Maxi-taglio tassi in Svizzera, Bce farà lo stesso? I possibili impatti su euro/dollaro e Btp

    Sorpresa stamattina dalla Banca nazionale svizzera che ha effettuato un taglio dei tassi “jumbo” 50 punti base. i funzionari hanno abbassato il loro benchmark chiave allo 0,5%. La maggior parte si aspettava solo un movimento di un quarto di punto. La decisione precede quella della Bce in arrivo oggi a metà giornata.Dopo il taglio il […] LEGGI TUTTO

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    Moda, il Made in Italy vale il 5% del Pil e 65 miliardi di export

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    Il Sistema Moda in Italia si conferma come uno dei pilastri del Made in Italy, rappresentando il 5% del Pil nazionale e incarnando una sintesi di eccellenza produttiva e identità culturale. È quanto emerge dal brief di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) intitolato «Il settore Moda tra sfide e opportunità: quale futuro per il Made in Italy?», che sottolinea come l’Italia sia il primo produttore mondiale di alta moda. Questo primato è sostenuto dalla preferenza di un terzo dei grandi gruppi europei del comparto quota che sale ai due terzi per i marchi del lusso per le eccellenze italiane.L’istituto guidato dall’ad Dario Scannapieco (in foto) evidenzia la forza di un’industria che coinvolge tutte le componenti del prodotto-moda, dai materiali alle lavorazioni su misura, generando un valore aggiunto di 75 miliardi di euro e 65 miliardi di esportazioni. La moda italiana, infatti, è una filiera integrata in cui grandi brand convivono con piccole realtà territoriali innovative. Cdp ha messo in luce le trasformazioni che il settore è chiamato ad affrontare, come l’adattamento alla disponibilità di materie prime e la capacità di rispondere rapidamente ai cambiamenti nei comportamenti dei consumatori, specialmente nel segmento luxury. Tecnologie come digitalizzazione e AI possono giocare un ruolo chiave per mantenere l’industria competitiva. Inoltre, la sostenibilità ambientale e le performance Esg stanno diventando centrali, sia per motivi normativi sia per rispondere a una crescente domanda da parte del mercato. Parallelamente, operazioni di private equity stanno favorendo il consolidamento degli attori del settore. LEGGI TUTTO