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    Statali, aumenti fino a 300 euro per i dipendenti: ecco a chi spettano

    Gli stipendi del personale degli enti locali potranno aumentare, grazie a quanto stabilito da una recente circolare della Ragioneria generale dello Stato, diffusa il 27 giugno (n. 175706). Il documento fornisce le istruzioni tecniche per l’applicazione di una norma contenuta nel decreto PA, che prevede un ampliamento del trattamento accessorio per i dipendenti non dirigenti di Regioni, Comuni, Province e Città metropolitane, a condizione che gli enti interessati godano di una situazione finanziaria equilibrata.Fino a 300 euroSecondo quanto anticipato dal ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo durante un’interrogazione parlamentare, l’incremento potrà raggiungere i 300 euro lordi mensili e sarà strutturale, quindi non temporaneo. La misura si estende anche alle Unioni di Comuni, che potranno adeguare i compensi secondo le stesse linee guida.È importante precisare che l’intervento esclude il personale dirigenziale, come i segretari comunali, e si rivolge soltanto a chi non ricopre ruoli dirigenziali. Tuttavia, viene confermata la possibilità di destinare parte dei fondi anche a dipendenti con incarichi di elevata qualificazione, nell’ambito delle attuali previsioni contrattuali.L’obiettivoLo scopo principale dell’intervento normativo è quello di uniformare il trattamento accessorio del personale non dirigente degli enti territoriali a quello riconosciuto ai dipendenti ministeriali con funzioni analoghe. In questa direzione va la circolare della Ragioneria Generale dello Stato, che consente agli enti locali di aumentare il Fondo per le risorse decentrate, nei limiti stabiliti dalla norma.Secondo quanto indicato, tale incremento può avvenire fino a raggiungere un’incidenza massima del 48% rispetto alla somma destinata alla componente stabile del Fondo, comprensiva anche delle indennità legate agli incarichi di posizione organizzativa. Il parametro di riferimento per il calcolo è la spesa sostenuta nel 2023 per gli stipendi tabellari dei dipendenti delle aree professionali.Le risorse extraAttualmente, solo una piccola parte dei Comuni italiani – circa 400 su migliaia – ha già raggiunto o superato questa soglia. In altre parole, oltre il 90% dei Comuni dispone di margini per rivedere al rialzo le retribuzioni.Va però ricordato che queste risorse extra comportano un impegno stabile per il bilancio degli enti locali. Per questo motivo, la Ragioneria raccomanda una valutazione attenta dell’impatto economico sul lungo periodo, evidenziando l’importanza di garantire la sostenibilità finanziaria nel rispetto degli equilibri di bilancio su scala pluriennale.Aumenti anche nelle Unioni di ComuniIl decreto PA consente un aumento medio delle retribuzioni di circa 300 euro lordi al mese per 13 mensilità, per un totale annuo che si aggira attorno ai 3.926 euro lordi. La Ragioneria generale dello Stato ha chiarito che questi fondi aggiuntivi possono essere utilizzati per tutti gli istituti permanenti previsti dalla contrattazione, compresi i differenziali stipendiali e le misure di welfare integrativo.La misura, nota come “sblocca-stipendi”, si estende anche alle Unioni di Comuni. In questo caso, sarà necessario che i Comuni aderenti cedano una parte dell’aumento delle risorse assegnate alla componente stabile dei propri fondi, per consentire l’adeguamento salariale anche a livello associato. LEGGI TUTTO

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    Inflazione in lieve risalita a giugno

    A giugno 2025 l’inflazione torna a salire leggermente, attestandosi all’1,7% su base annua, in aumento di un decimo di punto rispetto al mese precedente. È quanto emerge dalle stime preliminari diffuse dall’Istat, che attribuisce l’accelerazione principalmente all’aumento dei prezzi dei beni alimentari, saliti complessivamente del 3,5% (dal +3% di maggio), con un’impennata più marcata per i prodotti non lavorati (+4,2%) rispetto a quelli lavorati (+3%).A pesare sul rincaro dei prezzi è anche il comparto dei servizi, in particolare quelli relativi ai trasporti, i cui costi aumentano del 2,9% su base annua (dal +2,6% precedente). In controtendenza, invece, l’energia: i prezzi dei beni energetici regolamentati rallentano bruscamente la loro corsa (+22,7% dal +29,3%), mentre si amplia la flessione per quelli non regolamentati (-4,6% da -4,3%).Nel dettaglio, l’indice nazionale dei prezzi al consumo (Nic), al netto dei tabacchi, segna un incremento dello 0,2% su base mensile. L’inflazione di fondo – che esclude energetici e alimentari freschi – accelera anch’essa, passando dal +1,9% al +2,1%. Si rafforza anche la crescita dei prezzi dei beni (+1%) e dei servizi (+2,7%).I rincari si fanno sentire in modo particolare sul cosiddetto “carrello della spesa”, ovvero l’insieme dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, che cresce del 3,1% (dal +2,7% di maggio). Ancora più marcata l’accelerazione per i prodotti ad alta frequenza d’acquisto, che salgono al +2,1% dal +1,5% del mese precedente.Sul piano congiunturale, l’aumento mensile dell’indice generale è determinato soprattutto dai rialzi dei prezzi nei servizi ricreativi e per la persona (+0,8%) e nei trasporti (+1,1%), solo in parte compensati dalla discesa dei prezzi energetici. LEGGI TUTTO

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    Banche, un trimestre con la mina dazi

    La settimana inizia con i riflettori puntati sulle banche centrali: oggi prenderà il via il consueto Forum organizzato dalla Bce a Sintra, in Portogallo, e c’è attesa per l’intervento della presidente Christine Lagarde ma soprattutto del numero uno della Fed, Jerome Powell, protagonista di un acceso braccio di ferro con il presidente Usa Donald Trump. Sul fronte macroeconomico, uno dei dati che sarà maggiormente sotto osservazione è quello relativo al mercato del lavoro statunitense che sarà pubblicato giovedì, in anticipo di un giorno, in quanto venerdì 4 luglio il mercato Usa sarà chiuso per il Giorno dell’Indipendenza.Nel frattempo, il taglio dei tassi, le tensioni geopolitiche e i dazi americani sono le principali incognite per le banche europee che si preparano a chiudere il primo semestre dell’anno e a comunicare i risultati. L’insieme di questi fattori negativi, secondo gli analisti di Bloomberg Intelligence, potrebbe portare a “un’inversione di tendenza nel ciclo positivo degli utili degli istituti di credito”, mettendo in discussione l’avanzata dell’indice azionario stoxx 600 bank che, dalla fine del 2022, ha registrato una impennata del 135%, ai massimi di 17 anni. Un sostegno all’andamento azionario delle banche arriva dalla solidità patrimoniale, con un coefficiente Cet1 medio superiore al 14%, la propensione al riacquisto di azioni proprie e una serie di operazioni di fusione e acquisizione in corso in diversi Paesi europei. Con la riduzione dei tassi da parte delle banche centrali, gli istituti di credito hanno accelerato sui ricavi da trading e da commissioni. I depositi dei clienti delle banche europee, che superano i 13mila miliardi di euro, potrebbero essere un “catalizzatore per la crescita dei volumi nei prossimi anni” con una accelerazione nella concessione di prestiti e mutui e puntando sul wealth management.In Italia, nel primo trimestre di quest’anno, la corsa delle commissioni ha fornito una spinta molto forte ai bilanci dei primi cinque gruppi bancari. Il calo degli interessi netti (-5,5%), conseguenza della discesa dei tassi Bce, è stato più che bilanciato, infatti, dalla crescita delle commissioni nette (+7,6%), che ammontano quasi al 40% del margine primario. Il risultato è stato un aumento del 12,2% degli utili netti rispetto ai livelli già elevati dello stesso periodo del 2024. A spingere le commissioni è stato l’incremento delle masse di risparmio gestito, cresciute di oltre il 10% in due anni. In questo contesto, le banche europee affrontano il tema della remunerazione degli azionisti. I 26 principali istituti di credito dell’Ue sono pronte a riacquistare 46 miliardi di euro di azioni proprie quest’anno e 48 miliardi nel 2026. Sul fronte dei dividendi, invece, le banche europee che dovrebbero distribuire in media tra il 50-70% degli utili fino al 2027. LEGGI TUTTO

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    Cibo made in Italy, scoglio tariffe e dollaro. Obiettivo 9 miliardi di export verso gli Usa

    Coldiretti lancia un allarme sugli effetti dei dazi Usa sulla filiera agroalimentare italiana: a rischio sono 9 miliardi di export. Secondo un’analisi effettuata sui dati Istat, l’effetto delle tariffe aggiuntive Usa già imposte da aprile si è fatto sentire subito: la crescita dell’export agroalimentare italiano negli Usa è crollata al +1,3%, contro il +28,7% dello stesso mese del 2024.”Un segnale preoccupante avverte il presidente di Coldiretti Ettore Prandini (in foto) che impone all’Europa di trovare una soluzione diplomatica condivisa. Ma serve anche aprire una riflessione interna su tutti quei dazi invisibili’ che ostacolano le nostre imprese, a partire dalla burocrazia, un vero costo occulto”. I numeri parlano chiaro: se il trend attuale dovesse proseguire, il traguardo dei 9 miliardi di export agroalimentare italiano negli Usa potrebbe allontanarsi pericolosamente. Ad aprile, l’export di vino ha registrato un calo del 9%, contro un balzo del +18% un anno prima. L’olio d’oliva ha segnato un crollo del 17%, dopo il boom del +75% del 2024 legato all’impennata dei prezzi. Solo i formaggi resistono in positivo (+7%), ma lontani dal +24,5% dell’aprile precedente.”A pagare il prezzo più alto spiega Vincenzo Gesmundo, segretario generale Coldiretti potrebbero essere non solo le imprese ma tutti i cittadini italiani. Il mercato Usa è fondamentale per la nostra economia e ogni compromesso al ribasso sarebbe inaccettabile”. Il timore, oltre alla perdita diretta di quote di mercato, è anche l’effetto distorsivo sull’offerta. Il rischio è che l’aumento dei prezzi dei prodotti originali spinga i consumatori americani verso le imitazioni italiane, il cosiddetto Italian sounding, già fiorente negli Usa e valutato oltre 40 miliardi di euro. “Il cittadino americano è sempre più interessato al nostro modello alimentare, riconosciuto dall’Onu come strategico nella lotta alle malattie non trasmissibili. Ma occorre contrastare il calo dell’export e riaffermare il valore della dieta mediterranea”.Il futuro resta incerto. Dopo un primo trimestre 2025 in crescita (+11%, in linea col decennale), i dati di aprile evidenziano una decisa inversione di rotta. E mentre si attendono i numeri di maggio e giugno per misurare l’effetto reale delle tariffe finita la fase di scorte è chiaro che le ripercussioni potrebbero essere durature. Per Coldiretti, l’esperienza dei dazi Trump 1.0 parla chiaro: fra 2019 e 2020, si registrarono cali generalizzati delle esportazioni italiane, dal -15% della frutta al -28% delle carni, passando per -20% nei liquori e -6% nel vino, pur non colpito direttamente. LEGGI TUTTO

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    Dazi Usa al 10%, Paolo Mascarino presidente di Federalimentare: “Un compromesso sostenibile pur di garantire l’accesso al mercato americano delle nostre imprese”

    Sulla proposta di dazi al 10% su tutti i prodotti europei in entrata negli Stati Uniti da parte del Presidente Trump, il Presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino, ha dichiarato: “L’industria italiana è fortemente orientata all’export (circa 50% della produzione industriale viene esportata, e gli US valgono il 10% del nostro export): questo è vero anche per il settore alimentare: gli US sono la seconda destinazione del nostro export, e valgono (nel 2024) 7,7 miliardi di fatturato, pari al 14% del totale del nostro export. Prima degli US, abbiamo solo la Germania, che vale 7,9 miliardi. Dunque, gli US restano un mercato per noi davvero molto importante, e resta prioritario garantirne l’accesso alle nostre imprese, limitando le barriere all’ingresso”.“Resta comprensibile – prosegue il Presidente Mascarino – che la UE voglia dare una risposta politica ai dazi US, per dignità istituzionale e affinché non sia mortificata da questa decisione dell’amministrazione Trump: ma questa risposta dalla UE riteniamo debba essere prudente ed equilibrata, aperta al negoziato, e senza rispondere dazio contro dazio”.“Nel negoziato tra UE e US, auspichiamo il rilancio dell’idea di un’area di libero scambio euroatlantica, a dazi zero, che dia alle nostre imprese accesso al più grande e moderno mercato mondiale”. LEGGI TUTTO

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    Santanchè: “Il matrimonio di Jeff Bezos a Venezia vale 957 milioni”

    Il matrimonio tra Jeff Bezos e Lauren Sánchez si sta rivelando un’occasione di grande visibilità per l’Italia e, in particolare, per la città di Venezia. L’evento arriva in un periodo delicato per il turismo locale, che nei primi mesi del 2025 ha segnato una contrazione del 6,7% nei pernottamenti. Un calo attribuito in parte all’introduzione del contributo d’accesso per i visitatori giornalieri.La stima del ministeroSecondo una stima elaborata dall’Ufficio Statistica del Ministero del Turismo, sulla base dei dati JFC e dell’Ufficio Statistico della Regione Veneto, le nozze tra Jeff Bezos e Lauren Sánchez potrebbero generare un impatto economico complessivo di circa 957,3 milioni di euro. Una cifra che equivale a quasi il 68% del fatturato turistico annuale della città di Venezia. L’evento prevede la partecipazione di oltre 200 invitati, con ricadute significative su tutto il comparto dell’accoglienza e dei servizi, dall’hotellerie alla ristorazione, fino ai trasporti e alle attività culturali locali.Le parole del ministro del Turismo“Il matrimonio di Bezos è un segnale forte della crescente centralità dell’Italia nel panorama turistico internazionale – commenta il Ministro del Turismo Daniela Santanchè -. Eventi come questo rafforzano la nostra immagine globale, generano occupazione, promuovono il territorio e attraggono nuovi flussi turistici qualificati.” “La visibilità mediatica mondiale – prosegue Santanchè – rafforza anche il posizionamento della nostra nazione nel segmento dei matrimoni, in forte espansione, che per il 2025 prevede oltre 600 eventi già programmati. Ringrazio Jeff Bezos e tutti coloro che scelgono l’Italia come cornice per celebrare i momenti più importanti della loro vita.”“Ora più che mai – conclude – serve abbandonare le polemiche e concentrarsi sulle opportunità. Questo non è solo un evento privato, ma un volano concreto per l’intero comparto. Venezia ha tutte le carte in regola per trasformarlo in un’occasione di rilancio e promozione.”La tabella di comparazioneAl comunicato del ministro del Turismo è stata aggiunta un’analisi completa dell’impatto economico:Turismo a Venezia: tra flessioni e grandi eventiNonostante un calo del 6,7% nei pernottamenti registrato nei primi quattro mesi del 2025 — in parte attribuito all’introduzione del ticket d’ingresso per i visitatori giornalieri — Venezia resta fortemente dipendente dal turismo. La città lagunare continua a richiamare circa 13 milioni di visitatori all’anno, un dato che supera i livelli pre-pandemici e che contribuisce a un giro d’affari stimato tra 1,3 e 1,4 miliardi di euro. Il settore turistico si conferma dunque come motore principale dell’economia locale.Le nozze Bezos-Sánchez: un evento da quasi un miliardoIl recente matrimonio tra Jeff Bezos e Lauren Sánchez, celebrato in laguna, ha rappresentato non solo un evento mondano ma anche un’opportunità economica per la città. Secondo una stima realizzata dall’Ufficio Statistica del Ministero del Turismo, in collaborazione con JFC e l’Ufficio Statistico della Regione Veneto, l’impatto economico complessivo dell’evento sarebbe pari a 957,3 milioni di euro.Una cifra impressionante, ma in gran parte legata alla visibilità mediatica internazionale: il 93,6% del totale (pari a 895,7 milioni di euro) è infatti attribuito al valore della promozione indiretta della città attraverso media, social e stampa globale. I benefici economici diretti, derivanti dalle spese sostenute dagli oltre 200 invitati e dai costi organizzativi (come location, logistica e servizi), ammontano invece a 28,4 milioni di euro, ovvero circa il 3% del totale stimato.La comparazioneIl confronto tra l’impatto economico stimato del matrimonio tra Jeff Bezos e Lauren Sánchez e il fatturato annuo generato dal turismo tradizionale a Venezia rivela una sorprendente sproporzione. Da un lato, la città lagunare accoglie ogni anno circa 13 milioni di turisti, con un indotto che si aggira tra 1,3 e 1,4 miliardi di euro. Dall’altro, un evento di soli quattro giorni, con circa 200 invitati, viene accreditato di un impatto economico vicino al 70% del valore annuo del turismo veneziano.Questa apparente anomalia trova una spiegazione chiara nella natura dell’impatto stimato. La quasi totalità del valore associato al matrimonio – il 93,6% del totale, ovvero circa 895 milioni di euro – è riconducibile alla visibilità mediatica globale ottenuta da Venezia grazie alla copertura dell’evento da parte di stampa internazionale, social media e televisioni. Non si tratta quindi di flussi economici immediati o misurabili in termini di consumi locali, bensì di un valore immateriale di promozione, che potenzialmente rafforza l’attrattività della città in modo duraturo.Questo genere di eventi mette in luce il potenziale strategico di Venezia come destinazione per il turismo di fascia alta e per cerimonie ed eventi esclusivi. In una fase in cui il turismo di massa mostra segnali di rallentamento — come testimoniato dal calo del 6,7% dei pernottamenti registrato nei primi mesi del 2025 — la capacità di attrarre eventi di alto profilo può rappresentare un’importante leva di diversificazione e rafforzamento dell’immagine internazionale della città. LEGGI TUTTO

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    Borse, nei primi sei mesi Piazza Affari batte tutti

    Sei mesi vissuti pericolosamente: in questo caso, per questi primi 180 giorni dei mercati nel 2025, si può dire senza timore di essere smentiti. L’avvento burrascoso della nuova amministrazione Trump negli Usa, coinciso con gli eventi bellici in Ucraina e Medio Oriente, ha dato il via a un momento di grandi trasformazioni. E tante incertezze. Eppure i mercati – che quando sentono parlare di instabilità vedono nero – non ne hanno risentito. Almeno non tutti. Vediamo il dettaglio del bilancio dei primi sei mesi di quest’anno.Chi ha investito 1.000 euro in Piazza Affari il 2 gennaio scorso oggi se ne trova in tasca 1.145: è la performance dell’indice FtseMib, che ha recuperato tutto quello che aveva perso con l’annuncio dei dazi Usa dell’aprile scorso. Gli stessi 1.000 euro investiti in Btp (prendiamo il caso del decennale, quello utilizzato per calcolare lo spread) oggi sono diventati 1.030 (in pratica hanno reso circa il 3% lordo, combinato della cedola del 2% e dell’aumento dell’1% del prezzo). Chi invece ha puntato sull’euro contro il dollaro (utilizzando uno dei tanti strumenti a disposizione) si trova in tasca 1.131 euro: il dollaro si è svalutato del 13,1%, risultando la grandezza che più ha pagato il prezzo delle politiche del nuovo presidente Usa. Tanto che un italiano che ha investito i suoi 1.000 euro nella Borsa americana o sul Nasdaq, senza coprirsi dal rischio di cambio, si troverebbe rispettivamente in tasca 883 e 923 euro (è il combinato disposto del calo del dollaro e della crescita di Wall Street dell’1,7% e del Nasdaq del 6,3%). In sintesi, dunque, l’investimento in azioni italiane (ma anche europee) è risultato il migliore; i titoli di Stato hanno fatto la loro parte, difendendo il capitale dall’inflazione (che è intorno al 2%); mentre le Borse americane hanno fatto molto meno bene, finendo addirittura in rosso per l’effetto cambio.Due sono quindi le conclusioni che si possono trarre. Per poi riflettere sulle possibili conseguenze per i prossimi sei mesi. La prima è che il riequilibrio proposto da Trump nell’ambito degli scambi commerciali sta favorendo gli investimenti finanziari europei, a maggior ragione perché denominati in euro. Le Borse europee volano, vicine ai massimi storici; l’euro le rende ancora più interessanti per gli investitori esteri; anche il reddito fisso ne risente positivamente, come confermato dal forte calo degli spread.La seconda è che dazi e guerre non fermano i mercati. Certo, creano qualche asimmetria, per cui non è più il Nasdaq a guidare le danze. Ma in generale, da tutti i mercati continuano ad arrivare segnali di ottimismo. E di crescita. Senza grandi preoccupazioni per almeno tre questioni assai rilevanti. La prima è il Medio Oriente, le cui tensioni geopolitiche potrebbero avere effetti sulla crescita mondiale attraverso il prezzo del petrolio; la seconda è il plateale conflitto tra la Fed e il presidente Usa sul calo dei tassi d’interesse, che pone la banca centrale più importante del mondo in una situazione difficile e semina incertezza. La terza è la questione tuttora aperta dei dazi. Che anche in questo caso genera incertezza. LEGGI TUTTO

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    Maxi ordine dalla Marina. Fincantieri balza in Borsa

    Colpo grosso di Fincantieri nella costruzioni di navi militari. La società guidata da Pierroberto Folgiero si è aggiudicata una maxi commessa da 700 milioni per la Marina italiana facendo prendere il largo al titolo a Piazza Affari che ha chiuso la seduta in rialzo dell’8,9% a 15,65 euro. Complice anche l’aumento generalizzato della spesa europea sul settore della Difesa, il contratto militare è un ulteriore affondo per l’azione che da inizio anno ha guadagnato oltre il 125 per cento.D’altra parte, alla luce della decisione Ue, gli analisti di Mediobanca hanno alzato il prezzo obiettivo del titolo Fincantieri a 19 euro (+20%), in vista del “numero significativo di nuove opportunità di esportazione in Medio Oriente e in Estremo Oriente” nel settore difesa, e “alle iniziative di efficienza produttiva che il gruppo sta perseguendo nei suoi cantieri navali in Italia, Romania e Vietnam”.Gli occhi del mercato sono puntati al nuovo business plan “che porterà Fincantieri ad elevare i suoi obiettivi e a rafforzare la sua traiettoria di crescita”, spiegano gli analisti. Grande focus, quindi, sulla crescita del segmento navale e anche sulla subacquea.E con la commessa, il gruppo italiano della cantieristica rafforza il proprio ruolo strategico nel programma di rinnovamento della flotta della Marina Militare. Nel dettaglio si prevede la consegna, tra 2029 e 2030, di due imbarcazioni che possono ospitare un equipaggio di oltre 170 persone e raggiungono una lunghezza di 140 metri: le navi saranno costruite nei due stabilimenti di Riva Trigoso e Muggiano, in Liguria vicino a La Spezia.”Questo contratto conferma il valore strategico del programma, evidenziando la capacità del nostro gruppo di rispondere con prontezza ed efficacia alle esigenze operative della Marina Militare” commenta Folgiero spiegando che “le nuove unità rafforzano la filiera nazionale, garantendo continuità produttiva e stabilità occupazionale e contribuiscono a consolidare il ruolo dell’Italia come attore centrale nello scenario geopolitico globale della difesa, dove lo shipbuilding è sempre più elemento chiave di influenza e cooperazione internazionale”.Nel dettaglio, il “PPA-Multipurpose Combat Ship” rappresenta una tipologia di nave altamente flessibile con capacità di assolvere a molteplici compiti che vanno dal pattugliamento con capacità di soccorso in mare, alle operazioni di Protezione Civile, nonché da nave combattente di prima linea. Sono previste, inoltre, differenti configurazioni di sistema di combattimento: una leggera, relativa al compito di pattugliamento, integrata di capacità di autodifesa, fino ad una “completa”, equipaggiata con il massimo della capacità di difesa. LEGGI TUTTO