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    Crollo dell’affluenza alle elezioni regionali in Emilia-Romagna, i dati definitivi

    È crollo dell’affluenza alle urne per le elezioni regionali in Emilia-Romagna. Con tutte le 4.529 sezioni scrutinate, la percentuale si assesta al 46,42%. L’ultima tornata, nel 2020, aveva visto partecipare il 67,67% degli aventi diritto: in quattro anni si sono persi più di 20 punti percentuali. I seggi sono stati aperti ieri, dalle 7 alle 23, e hanno chiuso alle 15 di oggi, 18 novembre (GLI AGGIORNAMENTI LIVE).

    L’affluenza per provincia

    La partecipazione alle elezioni è stata più scarsa in tutte le province. A Bologna ha votato il 51,67% degli aventi diritto (nel 2020 il 70,94%), a Ferrara il 43,14% (contro il 65,60%), a Forlì-Cesena il 45,50% (contro il 67,54%), a Modena il 47,20% (contro il 69,12%), a Parma il 42,70% (contro il 64,07%), a Piacenza il 41,49% (contro il 62,91%), a Ravenna il 49,72% (contro il 69,71%), a Reggio nell’Emilia il 45,44% (contro il 67,97%) e a Rimini il 40,73% (contro il 63,54%).
    I candidati alle regionali in Emilia-Romagna
    In lizza per prendere il posto di Irene Priolo (che a luglio ha sostituito Stefano Bonaccini dopo le sue dimissioni) si sono presentati quattro candidati. Per il campo largo del centrosinistra è sceso in campo Michele de Pascale, sindaco di Ravenna e presidente della Provincia. A sostenerlo Pd, M5S, Emilia-Romagna Futura (Azione, +Europa, Psi, Pri) e Alleanza Verdi-Sinistra. Il centrodestra ha invece puntato compatto su Elena Ugolini, direttrice dell’istituto scolastico paritario Marcello Malpighi a Bologna ed ex sottosegretaria all’Istruzione. Di estrazione civica, ha dunque l’appoggio di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati. Per la sinistra più radicale ha partecipato alle elezioni Federico Serra, dipendente di una cooperativa sociale e delegato dell’Usb per l’emergenza abitativa. La sua candidatura è stata sostenuta da Potere al Popolo, Pci e Rifondazione Comunista (confluite nella lista “Emilia-Romagna per la pace, l’ambiente e il lavoro”). Luca Teodori, ex consigliere provinciale e commerciante di Ferrara, si è presentato come candidato civico. Fondatore del Movimento 3V Vaccini Vogliamo Verità, ad appoggiarlo c’era la lista civica “Lealtà, Coerenza, Verità”. LEGGI TUTTO

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    Risultati elezioni regionali in Emilia-Romagna e Umbria, spoglio in corso. Diretta news

    “È un dato che in generale non ci lascia soddisfatti, ma va detto che temevano anche peggio. Negli ultimi quattro anni l’affluenza alle elezioni regionali si è attestata su dati più bassi, in Emilia-Romagna c’è stata una campagna elettorale oggettivamente meno intensa di quella della Liguria”, ha detto Manuela Rontini, consigliera regionale e coordinatrice della campagna del candidato di centrosinistra alla presidenza dell’Emilia-Romagna, Michele de Pascale, a proposito del basso numero di votanti. “Ci sarà del lavoro da fare nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, nei prossimi anni per riavvicinare gli elettori al voto. Questo è un impegno che guarda a tutte le forze politiche, richiede l’impegno di ciascuna forza politica”, ha aggiunto Rontini. I primi dati, se confermati, “ci consegnano un ampio margine, fotografano una forbice ampia che forse è uno dei motivi che non ha spinto l’affluenza”. LEGGI TUTTO

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    Migranti, sondaggio: 49% italiani boccia accordo Albania. Su Paesi sicuri deve decidere Ue

    L’iniziativa del governo di aprire la struttura per i richiedenti asilo in Albania è al centro dall’ultimo sondaggio realizzato dall’istituto di ricerca YouTrend per Sky TG24. Sull’accordo prevale il giudizio negativo, ma il 42% degli intervistati pensa che i magistrati abbiano agito per contrastare l’esecutivo. Riguardo ai Paesi di origine sicuri, secondo il 43% la decisione spetta all’Unione europea. Il 49% è in disaccordo con le critiche di Musk ai giudici: solo leghisti ed elettori di Fdi si trovano d’accordo LEGGI TUTTO

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    Autonomia differenziata, Calderoli: “Legge sarà modificata, poi nessuno rompa”

    “Io ho arato un campo incolto e se la Corte mi dà suggerimenti, sono contento. È stata l’opposizione a chiedere l’esame costituzionale dell’autonomia, quindi se ora applichiamo i suggerimenti costituzionali, nessuno deve più rompermi gli zebedei…”. Così, intervistato da Repubblica, il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, in merito alla sentenza della Consulta sull’Autonomia differenziata. E aggiunge: “Ho rispetto dei giudici e ne osserverò le prescrizioni. Non entro nelle polemiche con le toghe. La sinistra si attenga a sua volta a votare le modifiche obbligate in senso costituzionale”.

    “L’impianto della legge ha retto”

    Quanto ai prossimi passi dopo la sentenza il ministro dice: “Lavoreremo. Nonostante qualcuno pensi che io abbia preso negativamente il pronunciamento della Corte, non è così. Ho il massimo rispetto dei giudici costituzionali”. E a chi chiede se dell’Autonomia sia rimasto in piedi solo uno scheletro risponde: “Questa è una sciocchezza. La mia legge è fatta di 11 articoli e 45 commi, le Regioni di centrosinistra hanno contestato 43 dei 45 commi. La Consulta ha riscontrato 7 motivi su 60 di incostituzionalità che provvederemo a rimuovere. Risultato? L’impianto della legge ha retto”. 
    Occhiuto: “Calderoli faccia un bagno di umiltà”
    “Calderoli è molto vigoroso nelle sue espressioni”, ha detto Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria e vicesegretario nazionale di Forza Italia, intervenendo a Start, su Sky TG24. “Credo però che ora, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, della quale lui come altri della Lega si dichiarano giustamente soddisfatti perché a legge non è stata giudicata incostituzionale, forse un bagno di umiltà rispetto alle parti che dovevano essere approfondite e invece sono state trascurate dovrebbe pur farlo. I toni, a volte, sono importantiper ottenere il consenso più largo in Parlamento”. “Calderoli” – ha aggiunto Occhiuto – “dice che andrà avanti con le intese sulle materie non Lep? Consiglierei al ministro un po’ di prudenza, perché è importante attuare iltitolo V della Costituzione, ma è importante, soprattutto, farlo in maniera tale che l’autonomia non sembri divisiva per il Paese. Forse le accelerazioni degli ultimi mesi sulle materie non Lep hanno generato tra i cittadini, soprattutto tra quellidel Mezzogiorno, la convinzione che si volesse andare avanti senza curarsi troppo dei diritti e dei doveri che lo Stato deve assicurare al Sud”. LEGGI TUTTO

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    Piano Mattei, dall’Italia oltre 600 milioni per i primi progetti in Africa

    L’appoggio a Kiev contro Mosca e quello a Israele dopo l’attacco di Hamas, un’Italia atlantista che guarda all’Africa come partner economico e come alleato fondamentale per gestire la questione migranti. L’accordo, tra le polemiche, con l’Albania. I toni aspri con la Francia e la Germania, i buoni rapporti con Biden e gli alleati di sempre, quelli delle destre europee: ecco quali sono stati i temi più caldi per la politica estera dell’esecutivo Meloni, a 24 mesi dal giuramento del 22 ottobre 2022

    LA POLITICA ESTERA DEL GOVERNO MELONI

    La guerra in Ucraina e quella in Israele, l’attenzione all’Africa, l’accordo con l’Albania, l’addio soft alla Via della Seta, atlantismo e attenzione ai rapporti con la Casa Bianca. La politica estera di Giorgia Meloni, in questi due anni dal giuramento del governo al Quirinale il 22 ottobre 2022, è stata a volte in linea e a volte di rottura con quella del suo predecessore Mario Draghi (e ancor di più con quella di Giuseppe Conte)

    LA GUERRA IN UCRAINA: LO SCIVOLONE DI BERLUSCONI

    Un primo scivolone è arrivato poco dopo le elezioni, quando furono pubblicati alcuni audio in cui l’ormai defunto Berlusconi, alleato di Meloni, difendeva di fatto l’amico Vladimir Putin, con cui aveva “riallacciato i rapporti”. E attaccava Zelensky per “non aver rispettato” gli accordi di Minsk, “attaccando le repubbliche del Donbas”. Chiarissima Meloni: “L’Italia è a testa alta pare d’Europa e Nato. Chi non fosse d’accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non farlo” LEGGI TUTTO

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    Elezioni regionali Emilia-Romagna e Umbria, si vota oggi e domani. Affluenza bassa

    Alle 7 di questa mattina si sono aperte le urne. In totale sono 4,3 milioni i cittadini chiamati al voto. I seggi resteranno aperti fino alle 23 e ancora domani dalle 7 alle 15. In Umbria i candidati alla presidenza sono nove, anche se si profila un testa a testa Tesei-Proietti. In Emilia-Romagna i candidati sono quattro. Terminata l’era Bonaccini, il centrosinistra si affida al sindaco di Ravenna Michele de Pascale, mentre il centrodestra punta su Elena Ugolini. Alle ore 12 affluenza in calo in entrambe le regioni

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    L’Emilia-Romagna e l’Umbria vanno alle urne per le elezioni regionali. Si vota in due giorni: i seggi hanno aperto questa mattina alle 7 e resteranno aperti fino alle 23, mentre domani si potrà votare dalle 7 alle 15. Subito dopo – al termine delle operazioni di voto e di riscontro dei votanti – avrà inizio lo scrutinio. Per questo turno elettorale le sezioni sono 4.529 per l’Emilia Romagna in un totale di 330 Comuni e mille sezioni per l’Umbria suddivise in 92 Comuni. In totale gli elettori chiamati al voto nelle due Regioni sono quasi 4,3 milioni. Alle ore 12 l’affluenza è molto bassa in entrambe le regioni. In Emilia-Romagna a mezzogiorno l’affluenza si è attestata all’11,57%, meno della metà delle regionali del 2020, quando si votava in un solo giorno, ma alle 12 era già andato al seggio il 23,44%. L’affluenza è in leggero calo anche rispetto alle comunali del 2021 (quando si votò domenica e lunedì) e si superò, di poco, la soglia del 50%. Calo anche in Umbria: secondo il dato definitivo alle 12 l’affluenza si è fermata al 9,54%. Era stato del 19,55% nella precedente consultazione quando però si era votato in un solo giorno.

    Il voto in Emilia-Romagna

    L’Emilia-Romagna sceglie il nuovo presidente che succederà a Stefano Bonaccini: sono quattro i candidati in corsa, ma la sfida che si profila è tra il sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, esponente del Pd sostenuto dal centrosinistra in versione campo larghissimo e la preside Elena Ugolini, indipendente di area Comunione e Liberazione appoggiata in modo compatto dal centrodestra. In corsa ci sono anche Federico Serra, sostenuto da una lista che comprende Potere al Popolo e Rifondazione comunista e Luca Teodori, alla guida di un movimento no-vax e no-euro (TUTTI I PROGRAMMI DEI CANDIDATI). L’incognita principale che pesa sul voto è quella relativa all’affluenza alle urne.
    De Pascale e Ugolini al voto in mattinata 
    Michele de Pascale ed Elena Ugolini, i due favoriti in Emilia-Romagna, hanno votato questo mattino. Il candidato del centrosinistra è andato alle 10.30 al seggio della scuola elementare Pascoli nella sua Cervia, sul litorale Ravennate, dove risiede con la famiglia. Ugolini, invece, è andata a votare attorno alle 11 all’Istituto Crescenzi Pacinotti di via Saragozza, nel centro di Bologna. 

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    Regionali Emilia Romagna, com’è andata l’ultima volta (e come andrà)?

    Il voto in Umbria

    Sono 701.367 gli elettori chiamati alle urne per eleggere il presidente della Giunta regionale e i consiglieri che formeranno l’Assemblea legislativa dell’Umbria. I seggi elettorali sono mille, dei quali 706 in provincia di Perugia e 294 in quella di Terni. Le liste ammesse sono 23 e quasi 460 gli aspiranti consiglieri. I candidati alla presidenza sono nove, anche se si profila un testa a testa fra il centrodestra e il campo largo del centrosinistra, che sostengono le candidate Donatella Tesei, governatrice uscente, e la civica Stefania Proietti, attuale sindaca di Assisi e presidente della Provincia di Perugia.

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    Regionali Umbria, com’è andata l’ultima volta (e come andrà questa)?

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    Politica
    Da Fedriga a Bonaccini, tutti i governatori delle Regioni. FOTO

    Il centrosinistra ha cinque presidenti, contro i 14 del centrodestra (più uno a guida autonomista). Ecco chi è ai vertici a livello regionale in Italia

    LIGURIA

    ll 28 ottobre 2024 il candidato del centrodestra, Marco Bucci, ha vinto le elezioni regionali in Liguria battendo il candidato del centrosinistra ed ex ministro Andrea Orlando. Il 26 luglio 2024 si era dimesso da governatore (del centrodestra) Toti, aprendo la strada alle nuove elezioni, in seguito a un’inchiesta in cui è rimasto coinvolto con le accuse di corruzione e finanziamento illecito

    ABRUZZO

    Marco Marsilio è diventato presidente dell’Abruzzo dopo le elezioni del 2019 con la sua vittoria (48,03% dei consensi) e quella del centrodestra. Poi, alla successiva tornata elettorale, del 10 marzo 2024, Marsilio è stato rieletto, con il 53,5% dei voti contro il 46,5% della coalizione di centrosinistra che ha sostenuto Luciano D’Amico. “Mai negli ultimi 30 anni un presidente era stato riconfermato: è stata scritta una pagina di storia”, il commento di Marsilio

    SARDEGNA

    Alessandra Todde, sostenuta da M5s e Pd, ha vinto le elezioni del 25 febbraio 2024, battendo per pochi voti Paolo Truzzu. Succede quindi a Solinas alla guida della Regione, diventando la prima donna a governare l’isola dall’inizio della sua storia autonomista. Nata a Nuoro, 55 anni, ha due lauree e il titolo di ingegnera. Imprenditrice e manager, è entrata in politica nel 2019 con il M5s. Eletta in Parlamento, è stata sottosegretaria e vice ministra allo Sviluppo economico con i governi Conte e Draghi

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    L’attacco di Nordio all’Autonomia: dopo le regionali sarà guerra delle riforme

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di lettura«La Corte Costituzionale è intervenuta pesantemente su alcuni settori che sono quelli proprio tipici del referendum. Adesso il Parlamento dovrà rivedere la legge Calderoli, poi la rivedrà la Cassazione. A spanne, con prudenza, direi che questa sentenza dovrebbe eliminare almeno per ora la possibilità del referendum». E ancora: «Si tratta di una sentenza più che equilibrata, che condivido. Tra l’altro produrrà un avanzamento probabilmente di mesi o forse anche di anni verso una soluzione condivisa».Nordio rompe la tregua elettorale e attacca la Lega e la sua bandieraA dare un ulteriore colpo all’autonomia differenziata targata Lega dopo quello assestato dalla Consulta giovedì, che ha di fatto smontato la legge, non è un leader dell’opposizione ma un ministro di rilievo del governo, il Guardasigilli Carlo Nordio. Che, intervenendo a Stresa sul palco del forum della Fondazione Iniziativa Europa, rovescia la narrazione ottimistica del ministro leghista per gli Affari regionali e padre della riforma Roberto Calderoli e dice almeno tre cose che suonano come un atto di guerra contro il partito di Matteo Salvini e la sua bandiera storica: che l’intervento dei giudici costituzionali è stato pesante, che ora tocca riscrivere la legge per bene e che i tempi per arrivare al traguardo dell’autonomia differenziata delle regioni del Nord saranno lunghi se non lunghissimi, oltrepassando probabilmente la legislatura. Altro che qualche piccolo aggiustamento per accogliere i rilievi della Consulta come ribadito da Calderoli, altro che proseguimento della trattativa per il trasferimento delle materie no-Lep come pretendono i governatori leghisti Luca Zaia e Attilio Fontana.Loading…Fratelli d’Italia e Forza Italia sul piede di guerra per la riscrittura della leggeDi certo Giorgia Meloni non ha gradito la coincidenza dell’attacco – di fatto – alla Lega alla vigilia dell’apertura delle urne in Umbria e in Emilia Romagna. Ma di certo l’uscita di Nordio è condivisa dalla premier e dai dirigenti del suo partito, Fratelli d’Italia: il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Alberto Balboni ha ricordato nelle scorse ore che lui e il suo partito avevano proposto emendamenti che andavano nella stessa direzione poi decisa dalla Consulta, soprattutto sulla necessità di un ruolo maggiore del Parlamento nel processo di differenziazione. Lo stesso Forza Italia, che ora annuncia addirittura un osservatorio sull’applicazione dell’autonomia differenziata per «vigilare con responsabilità».Il sollievo di Palazzo Chigi per il probabile stop al referendum sull’autonomiaQuanto al referendum abrogativo che si dovrebbe tenere a giugno 2025 e per il quale i partiti d’opposizione e le regioni di centrosinistra hanno depositato in Cassazione due distinti quesiti (uno di abrogazione totale e uno di abrogazione parziale) il ministro della Giustizia si unisce ai molti costituzionalisti ed esperti – da Stefano Ceccanti a Tommaso Forsini, da Salvatore Curreri a Giuseppe Calderisi – che ritengono che a questo punto la Cassazione non possa che dichiarare superati i quesiti bloccando di fatto la macchina referendaria. Soprattutto se, quando saranno uditi nelle prossime settimane dopo il depositio delle motivazioni della sentenza della Consulta atteso per metà dicembre, anche i proponenti si dichiareranno vincitori e acconsentiranno a ritirare i quesiti. E il Pd ci sta seriamente pensano, se non altro per evitare una sconfitta politica dopo la vittoria giuridica, visto che il raggiungimento del quorum del 50% più uno degli elettori previsto per i referendum abrogativi resta un miraggio. E se conviene anche all’opposizione, lo stop al refendum conviene soprattutto a Meloni, che altrimenti si troverebbe nella scomoda posizione di difendere una legge che in fin dei conti non condivide finendo per compattare un “campo largo” diviso su tutto il resto.Impatto a cascata sulle altre due riforme costituzionali, giustizia e premieratoLa vicenda dello stop all’autonomia, come che vada a finire la questione del referendum, non può non impattare sulle altre due riforme bandiera in campo: il premierato caro alla premier, che è stato messo a dormire alla Camera dopo il sì del Senato proprio in attesa di capire se si farà o meno il referendum sulla legge Calderoli, e il Ddl Nordio sulla separazione delle carriere dei magistrati caro a Forza Italia e che è ancora in attesa di approdare per la prima volta in Aula a Montecitorio. Se l’autonomia rallenta o, di fatto, finisce su un binario morto, è prevedibile che la Lega userà un potere ritorsivo sulle due riforme costituzionali, soprattutto sul premierato destinato a dare più forza a Fratelli d’Italia e alla sua leader rispetto agli alleati. LEGGI TUTTO

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    Scontri di Torino, Nordio: “Magistratura sia molto severa, terrorismo è nato così”

    Il ministro della Giustizia Carlo Nordio è intervenuto duramente sugli scontri andati in scena ieri a Torino, parlando a margine del forum di Fondazione Iniziativa europa a Stresa. “Ho visto come è nato il terrorismo, proprio anche a Torino”, ha detto Nordio: “Hanno iniziato così, prima si incita alla rivolta, poi si aggrediscono i poliziotti, poi si fa il gesto della P38 per strada e poi però si spara. Quindi l’intervento deve essere rapido, efficace”. “Da parte del governo lo è e lo sarà”, ha aggiunto il ministro, “però adesso sta alla magistratura dimostrare di essere molto, molto severa nei confronti di questi banditi che hanno ferito le forze dell’ordine. Non ci sono attenuanti per chi aggredisce le forze dell’ordine”.

    “Consulta su Autonomia dovrebbe eliminare referendum”

    A proposito dell’intervento della Consulta sull’Autonomia, invece, Nordio ha detto che “la Corte Costituzionale è intervenuta pesantemente su alcuni settori che sono quelli proprio tipici del referendum. Adesso il parlamento dovrà rivederla, poi la rivedrà la Cassazione. A spanne, con prudenza, direi che questa sentenza dovrebbe eliminare almeno per ora la possiblità del referendum”. “Letta a spanne”- ha proseguito il Guardasigilli – “la sentenza della Corte è più che equilibrata. Dico a spanne perché per dare una interpretazione tecnicamente corretta occorre leggere le motivazioni, che saranno sicuramente articolate e molto lunghe. Detto questo, è sicuro che produrrà un avanzamento probabilmente di mesi o forse anche di anni verso una soluzione definitiva, magari referendaria. Se mi si chiede se questa pronuncia impedirà o no il referendum, bisognerà leggere le sentenze, ma direi di sì”. LEGGI TUTTO