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    Tim scivola sul canone. I giudici dilatano i tempi

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    Tempi più lunghi per la restituzione del miliardo di canone concessorio dallo Stato. Per Tim la doccia fredda è arrivata dalla Corte di Cassazione che ha sollevato d’ufficio una questione relativa alla correttezza dell’impugnazione della società guidata dall’ad Pietro Labriola nella sentenza di primo grado sulla restituzione del canone versato nel 1998 dall’allora Telecom. Gli ermellini hanno chiesto di verificare se, all’epoca dei fatti, fosse stato corretto presentare l’appello come fece Tim oppure se si sarebbe dovuto ricorrere al cosiddetto regolamento di competenza (lo strumento previsto dal codice civile per risolvere i conflitti sulla competenza dei giudici). Quello che è sicuro, al momento, è che il tutto slitta per lo meno di un mese, perché questo è il lasso di tempo concesso alle parti per depositare le proprie osservazioni. Difficile prevedere come andranno poi le cose, un’incertezza che è risultata essere indigesta al mercato. Proprio la speranza di un incasso a breve termine del miliardo aveva fatto correre il titolo di Tim, che in mattinata era arrivato a balzare oltre 0,40 euro per azione (ai massimi da febbraio 2022) dopo che il Procuratore generale della Cassazione aveva chiesto il rigetto del ricorso dello Stato contro la restituzione del canone. La notizia del possibile vizio di proceura, però, è arrivata a far crollare il titolo fino a -4,9% che ha poi ritracciato a -2,1% a 0,383 euro.La vicenda è per lo più tecnica. In origine, nel 2018, il Tribunale di Roma si era dichiarato incompetente a giudicare, ritenendo applicabile l’articolo che attribuisce la competenza alla Corte d’Appello territorialmente più vicina in caso di procedimenti relativi alla responsabilità civile dei magistrati, individuando in questo caso la Corte d’Appello di Perugia. Tim però aveva ottenuto, con sentenza passata in giudicato, che si trattava di un’azione di risarcimento del danno promossa nei confronti dello Stato. Quindi la competenza, secondo il giudice di Perugia, spettava alla Corte d’Appello di Roma. Da quel momento, la causa ha proseguito il suo iter a Roma, dove si è infine conclusa con la sentenza favorevole a Tim per la restituzione del canone. L’attuale intervento riguarderebbe esclusivamente un aspetto procedurale e non sul merito della questione. Qualora la Corte, al termine dei 30 giorni, ritenesse necessario un regolamento di competenza, la procedura riprenderebbe da Roma (ma c’è anche il rischio di ripartire dal primo grado). Ma ben difficilmente il miliardo potrà fluire nelle casse dell’ex monopolista entro quest’anno. LEGGI TUTTO

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    Occhio a commettere questa infrazione stradale, rischi 2mila euro di multa

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    In questo periodo si parla spesso di autovelox e di sanzioni comminate per eccesso di velocità; per quanto la questione relativa alla validità di certe multe abbia portato alcuni automobilisti a non prestare più l’attenzione di un tempo ai dispositivi di rilevazione elettronica, è bene ricordare che in strada bisogna sempre spostarsi con cautela, e che a seconda del tipo di infrazione si possono rischiare sanzioni molto salate.Non rispettare i limiti di velocità rimane al primo posto fra le ragioni per le quali è possibile ricevere una multa. Si tratta, fra l’altro, di una delle infrazioni ritenute più gravi nel Codice della Strada. In alcuni casi specifici si possono addirittura superare i 2mila euro di multa, e non solo.Un eccesso superiore a 40 km/h ha come conseguenza una sanzione di oltre 2mila euro, a cui si accompagna il ritiro della patente. I provvedimenti sono severi perché stiamo parlando di una situazione di poteziale pericolo sia per gli automobilisti che per gli altri. Lo scopo è quello di indurre il guidatore a rispettare certi limiti di velocità, e non esporsi a situazioni a rischio. Secondo un recente studio condotto da Anas, il 51% dei cittadini italiani non ritiene pericoloso superare i limiti di velocità, mentre il 16,4% è convinto che i guidatori esperti possano tranquillamente superarli. Sono convinzioni sbagliate: superare i limiti di velocità comporta seri rischi, con conseguenze potenzialmente letali.Venendo alle sanzioni, superare il limite di velocità oltre i 40 km/h ma entro i 60 km/h può portare a una multa dai 543 ai 2.170 euro. Non è consentito neppure lo sconto del 30% che viene generalmente garantito in caso di pagamento del verbale entro 5 giorni. Se l’infrazione viene commessa nelle ore notturne (22.00-7.00) la multa parte da 724 euro. Prevista, inoltre, la decurtazione di 6 punti dalla patente e la soppressione della patente da 1 a 3 mesi. LEGGI TUTTO

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    Immatricolazioni auto, ad aprile Tesla dimezza le vendite rispetto un anno fa

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    In Europa immatricolazioni di auto in aprile pressoché stabili rispetto al medesimo mese del 2024 (-0,3%) e lo stesso vale se si prende in considerazione il primo quadrimestre dell’anno: -0,4%, in volumi 4.459.077 veicoli complessivi. Il mese scorso, solo due dei cinque major market (incluso il Regno Unito) registrano un rialzo: +7,1% la Spagna e +2,7% l’Italia. La Germania resta stabile (-0,2%), mentre calano la Francia (-5,6%) e il Regno Unito, in contrazione a doppia cifra (-10,4%).Confermato dai dati resi noti da Acea, l’Associazione dei costruttori europei di auto, il tracollo dell’americana Tesla (-49%) con 7.261 vetture immatricolate (erano state ben 14.228 nell’aprile 2024) e male, per la società di Elon Musk, anche i primi quattro mesi dell’anno: -38,8%, ovvero 61.320 auto acquistate (dalle precedenti 100.255). Leader nelle vendite di auto elettriche fino al 2024, Tesla e stata superata in questa categoria in Europa nel mese di aprile da ben dieci marchi, tra cui Volkswagen, Bmw, Renault e, soprattutto, dall’agguerrito concorrente cinese Byd. A danneggiare Tesla sono, in particolare, le posizioni assunte dal suo numero uno Musk e le sue azioni all’interno del «Doge», la Commissione dell’amministrazione Trump incaricata di operare drastici tagli alla spesa federale.Nel primo trimestre del 2025, le vendite di Tesla sono così diminuite del 13% su base annua a livello mondiale, con un calo particolarmente marcato nell’Ue. Da segnalare la crescita continua in Europa di Saic, gruppo cinese presente con il marchio britannico Mg: +24,5% ad aprile (21.677 auto vendute) e +31,2% da gennaio, ovvero 100.011 unità. La quota mercato complessiva di Saic in Europa è del 2,2%. LEGGI TUTTO

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    Grano: consorzi agrari d’italia-coldiretti, qualità in crescita ma preoccupa -7% duro

    La campagna cerealicola 2024/2025 si sta per chiudere con segnali complessivamente positivi, soprattutto in termini di qualità delle colture, ma non mancano elementi di preoccupazione, a partire dalla contrazione delle superfici coltivate in alcune aree. È quanto emerge dal bilancio tracciato da Consorzi Agrari d’Italia (CAI) e Coldiretti in occasione della tappa di Poggio Renatico delle Giornate in Campo, evento dedicato ai cereali autunno-vernini.Il grano duro, in particolare, registra un ritorno a rese più soddisfacenti grazie a condizioni climatiche favorevoli. Tuttavia, secondo i dati raccolti da Consorzi Agrari d’Italia e Coldiretti, si segnala una contrazione media delle superfici coltivate tra il 6% e l’8%, con punte fino al -10% al Sud e Isole. Nonostante alcune stime che indicano un aumento delle quantità prodotte e delle superfici coltivate, dall’osservatorio CAI-Coldiretti i riscontri sul campo raccontano una realtà differente e meno rosea.Al Sud, in particolare in Sicilia e nelle aree interne della Puglia, le rese risultano in netta ripresa, con produzioni medie di 40-45 q.li/ha, in netto miglioramento rispetto ai 15-20 q.li/ha dell’annata precedente. Nel Centro Italia si registrano rese stabili o in lieve crescita (50-60 q.li/ha), mentre al Nord la qualità si conferma elevata, nonostante quantità inferiori alla media (60-70 q.li/ha).Per il grano tenero, le superfici coltivate risultano sostanzialmente stabili, con un leggero incremento. Le rese attese sono al di sotto della media storica, ma superiori a quelle della campagna 2023/2024, con una qualità attualmente giudicata buona (60-70 q.li/ha).Nel complesso, la qualità del prodotto si conferma buona per tutte le principali colture.I dati della stagione 2024/2025 evidenziano inoltre un aumento delle superfici coltivate a orzo del 3-4%, con produzioni nella media stagionale. Cresce anche l’interesse verso i cereali minori, in particolare il farro, soprattutto nel Centro Italia.“La campagna 2024/2025 presenta luci che ci confortano, ma anche ombre che preoccupano” – commenta Gianluca Lelli, Amministratore Delegato di Consorzi Agrari d’Italia. “Registriamo un ritorno a rese più soddisfacenti, grazie a condizioni climatiche favorevoli e una qualità che si conferma un punto di forza per l’intera filiera agroalimentare italiana. Tuttavia, non possiamo ignorare la forte contrazione delle superfici dedicate, ad esempio, al grano duro, probabilmente legata ai risultati deludenti della raccolta 2023/2024”.Per garantire una corretta remunerazione agli agricoltori e rendere sostenibile la coltivazione del grano duro, CAI continua a investire nello strumento dei contratti di filiera, ritenuto centrale per il futuro dell’agricoltura italiana, considerate le fluttuazioni legate all’invasione di cereale straniero. Un trend che negli ultimi anni ha visto una serie di Paesi, dal Canada alla Turchia, fino alla Russia, alternarsi di fatto nell’inondare il mercato italiano di prodotto, spesso in coincidenza con il periodo di raccolta, con il risultato di far crollare le quotazioni del grano nazionale.Attualmente, i contratti attivi promossi da Consorzi Agrari d’Italia includono 20 diverse produzioni, di cui 10 relative al frumento, con l’obiettivo di valorizzare al massimo la produzione nazionale. Il frumento rappresenta oltre il 50% del volume totale ritirato da CAI, per un totale di circa 407 mila tonnellate: è il prodotto principale per l’azienda.Proprio per rafforzare questo impegno, CAI ha recentemente lanciato l’iniziativa “Cereale Sicuro”, un’offerta innovativa pensata per valorizzare il lavoro degli agricoltori italiani.“Cereale Sicuro”, spiega Lelli, “garantisce il collocamento del prodotto a fine raccolto a chi ha scelto di sottoscrivere un accordo di conferimento per la stagione 2025 con CAI. Questo consente agli agricoltori di assicurarsi, fin dall’inizio della semina, un compratore certo. Gli aderenti hanno accesso prioritario ai contratti di filiera, con la possibilità di fissare in anticipo il prezzo di ritiro, offrendo così certezze e trasparenza sin dalla firma”.Inoltre, tutti i mezzi tecnici necessari per la produzione vengono forniti da CAI, con la possibilità di pagare a settembre 2025, dopo la raccolta e la vendita del prodotto.CAI offre anche uno strumento unico in Italia: i cosiddetti “contratti di protezione”, già ampiamente utilizzati negli Stati Uniti e in Francia. Questi consentono agli agricoltori di fissare il valore delle produzioni prima della semina o nel corso dell’annata agraria, senza dover attendere la consegna del prodotto.“Grazie a questi contratti”, continua Lelli, “l’imprenditore può cogliere congiunture di mercato favorevoli in ogni fase del ciclo colturale”.Con picchi di adesione che, in alcune aree del Paese, hanno raggiunto il 30% del grano tenero ritirato, lo strumento mostra un potenziale importante che merita di essere ulteriormente promosso e valorizzato. LEGGI TUTTO

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    Francesca Bazoli presidente Guber Banca

    Un posto tutto per loro, dove potranno vivere e sperimentare la loro autonomia sotto gli occhi attenti di educatori qualificati. Da oggi Napoli offrirà, per la prima volta, ai ragazzi con disabilità cognitiva la possibilità di un co-housing, “Casa Comune”, dove essere protagonisti, costruire relazioni e sviluppare attività professionali. La presentazione questa mattina a Palazzo San Giacomo alla presenza degli assessori Luca Trapanese e Antonio De Jesu e del prefetto di Napoli Michele Di Bari.Il progetto, nasce grazie alla partnership tra FoQus, Fondazione Quartieri Spagnoli (ente del Terzo settore che da anni lavora, con eccellenti risultati,alla riqualificazione dei Quartieri con un percorso a base educativa), il Comune del capoluogo partenopeo, Guber Banca, Enel Cuore e Fondazione Etica con il partenariato del Consorzio Co.Re e dell’Associazione AQS. Un’iniziativa innovativa che si rivolge ai bambini e ai giovani affetti da sindrome dello spettro autistico, sindrome Down, e a ragazzi già inseriti nel percorso del Centro “Argo”, un’altra realtà voluta da FoQus a sostegno delle persone con disabilità.Dal 2016, infatti, il Centro “Argo” si propone di valorizzare i talenti dei ragazzi con disagi cognitivi tramite il lavoro, promuovendone le abilità personali, sociali e professionali. “Ecco perché – spiega Renato Quaglia, direttore di FoQus – pensare ad un co-housing, dove svolgere anche attività produttive o di accoglienza, significa dare loro ancora più responsabilità e indipendenza, in una naturale evoluzione dei programmi promossi durante l’anno dal Centro ‘Argo’”.“Casa Comune” – inaugurata il 27 maggio – si sviluppa su due edifici: uno all’interno della Fondazione, a via Portacarrese a Montecalvario, e uno a via del Formale, in un appartamento sequestrato alla camorra. L’alloggio di via del Formale si compone di 200 metri quadrati, nel cuore dei Quartieri Spagnoli, e si sviluppa su due piani e una terrazza completamente ristrutturati grazie a un originale programma di finanziamento promosso da GUBER BANCA. L’istituto bancario con sede a Brescia ha lanciato nel 2022, su proposta di Fondazione Etica e di FoQus, il suo primo conto deposito vincolato dedicato a un’idea concreta di innovazione a impatto sociale: oltre agli interessi maturati dal singolo cliente sul conto deposito, si è impegnata a contribuire un ulteriore 0,50% annuo delle somme vincolate per la realizzazione della “Casa Comune”, ricevendo un’ampia adesione di clientela all’iniziativa tale da consentire la completa ristrutturazione dell’appartamento devastato dalla camorra prima del sequestro. Enel Cuore invece si è incaricata di arredare i nuovi spazi delle due sedi del co-housing.Il Comune di Napoli ha subito accolto la proposta fatta dall’Ati dei Quartieri Spagnoli per il progetto Casa Comune destinando il bene, confiscato a una famiglia camorristica, alla crescita di un gruppo di ragazzi.“Sono stato colpito dal progetto della Casa Comune – ha dichiarato l’assessore al Welfare Luca Trapanese – non solo per l’attenzione che dedica alle persone più vulnerabili della nostra città, ma soprattutto per il rispetto e la dignità che attribuisce loro. Con sensibilità verso i loro ritmi, il progetto si impegna concretamente a facilitarne l’inserimento nel mondo del lavoro. L’assessorato al Welfare ha partecipato ai costi di ristrutturazione e di acquisto delle attrezzature professionali attraverso i fondi previsti dalla legge 112 del 2016 recante “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, cosiddetta del “Dopo di noi”.“Colpire i beni accumulati da un clan tramite estorsioni, usura o spaccio di droga è una delle azioni più efficaci che lo Stato possa intraprendere. Nel nostro caso – ha dichiarato l’assessore alla Legalità Antonio De Jesu – si tratta di una casa, un tempo appartenente a una famiglia criminale, che sarà invece dedicata ad accogliere e sostenere un gruppo di giovani con autismo. È, senza dubbio, un successo per la parte virtuosa della nostra comunità.”“È un grande onore e una grande emozione per me, e per tutta la comunità di Guber Banca che rappresento oggi -ha dichiarato Francesca Bazoli, Presidente di Guber Banca- partecipare all’inaugurazione di questo progetto in cui abbiamo creduto fin dall’inizio. La restituzione alla collettività di un bene confiscato alla criminalità organizzata e la sua destinazione ad una missione strategica per il futuro della comunità è un segno potente di rigenerazione sociale e civile. Abbiamo scelto di essere al fianco di Fondazione Foqus, con convinzione, perché ammiriamo la forza, il coraggio e la capacità di visione delle persone che hanno dato vita ad un progetto capace di creare percorsi di autonomia e di crescita non solo per coloro cui è destinato questo luogo, ma per l’intera comunità. Questo è il modo in cui intendiamo il nostro ruolo: non solo come attori economici, ma come parte attiva di un cambiamento necessario e condiviso. Per Guber questo spazio non è dunque una semplice voce da inserire nel nostro bilancio di sostenibilità, ma è parte integrante del nostro modo di essere banca.” LEGGI TUTTO

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    Meloni: “Il governo è con le imprese. La Ue cancelli i dazi interni”

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    Orgoglio nazionale, ambizione europea e una promessa di concretezza. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, interviene all’assemblea annuale di Confindustria con un discorso denso di annunci, rivendicazioni e aperture al mondo produttivo. Di fronte alla platea degli industriali riuniti al Teatro EuropAuditorium, la premier rilancia il progetto “Make in Italy”, spinge sul rilancio del mercato unico europeo e raccoglie la proposta del presidente degli industriali Emanuele Orsini per un piano straordinario a favore dell’industria italiana.Tra i risultati rivendicati, la premier ha citato il miglioramento del giudizio da parte dell’agenzia Moody’s – «una cosa che non accadeva da circa 25 anni» – e una ritrovata attrattività per gli investitori esteri. Tra gli esempi elencati: «Microsoft ha annunciato un investimento da 4,3 miliardi di euro», «Google ha scelto la Sicilia per realizzare una rete di cavi sottomarini», mentre «gli Emirati Arabi Uniti […] hanno annunciato di voler investire in Italia 40 miliardi di euro». “Il messaggio che vogliamo lanciare all’Europa e al mondo intero è ‘Make in Italy’”, ha detto Meloni, spiegando che “non si tratta di uno slogan, ma di una strategia che abbiamo già concretizzato con il programma per gli investimenti esteri in Italia, attraverso norme che semplificano le procedure e l’introduzione di un commissario unico, un solo interlocutore per garantire tempi rapidi e risposte certe”.Uno dei passaggi più rilevanti del suo intervento ha riguardato il mercato interno dell’Unione europea, che secondo la premier presenta ancora troppe distorsioni e ostacoli. “Consideriamo fondamentale, a maggior ragione in un quadro di instabilità dei mercati internazionali, che l’Europa abbia il coraggio di rimuovere quei dazi interni che si è autoimposta”, ha affermato, citando uno studio del Fondo monetario internazionale secondo cui “il costo medio per vendere beni tra gli Stati dell’Ue equivale a una tariffa del 45%, rispetto al 15% stimato per il commercio interno negli Stati Uniti”. Nei servizi, ha aggiunto, “la tariffa media stimata arriva al 110%. Non può essere sostenibile”. Per questo, ha sottolineato, “il rilancio del mercato unico europeo è una priorità, anche per mettere l’Europa al riparo da scelte protezionistiche di altri Paesi”.Particolarmente sentito anche il passaggio sul costo dell’energia, tema caldo per il mondo imprenditoriale. Meloni ha annunciato che il governo sta “lavorando a un’analisi del funzionamento del mercato italiano per comprendere se eventuali anomalie nella formazione del prezzo unico nazionale possano essere la causa di aumenti ingiustificati, perché sarebbe inaccettabile se ci fossero speculazioni sulla pelle di chi produce e crea occupazione”. Uno dei temi centrali affrontati è stato quello dell’energia, definito dalla premier «la questione più urgente da affrontare». A questo proposito ha annunciato l’intenzione di «riprendere il cammino del nucleare, puntando alle tecnologie più innovative per realizzare i mini reattori sicuri e puliti», ribadendo che si tratta di «una scelta coraggiosa per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione rafforzando però la competitività».Sulla transizione ecologica, Meloni ha criticato le scelte dell’Ue: «Solo chi non aveva mai messo piede in un capannone poteva pensare di cambiare tecnologia per norma», ha affermato, accusando Bruxelles di aver «scelto la strada forzata della transizione verso una sola tecnologia, l’elettrico, le cui filiere sono oggi in larga parte controllate dalla Cina».Il discorso si è poi spostato sulle politiche industriali nazionali. Dopo aver ascoltato la proposta di Orsini per un piano straordinario a sostegno dell’industria, Meloni ha dichiarato: “Sono d’accordo. Il governo sta già lavorando insieme al settore produttivo e alle parti sociali per una politica industriale di medio e lungo periodo”. E ha aggiunto: “Ci siamo, anche a partire dalle semplificazioni. Penso si debba procedere in modo più spedito e mi prendo l’impegno personalmente ad occuparmene. Ci sono cose che si possono fare più velocemente”.Non solo promesse, ma anche riferimenti operativi. La presidente del Consiglio ha ricordato che “nell’ultimo incontro a Palazzo Chigi ho proposto un patto con il sistema produttivo” e che il governo ha già “individuato circa 15 miliardi nel Pnrr che vorrei fossero rimodulati per sostenere l’occupazione e aumentare la produttività”. Non è mancato un accenno alla necessità di rilanciare gli investimenti: “Siamo pronti a ulteriori correttivi su Transizione 5.0”. LEGGI TUTTO

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    Orcel esclude la scalata di Unicredit su Generali

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    “Lo possiamo escludere”. Andrea Orcel ceo di Unicredit ha risposto così sulla possibilità che arrivi una telefonata dall’ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, che ieri aveva detto che “Se Unicredit volesse scalare Generali, farei una telefonata a Orcel e gli direi di fermarsi”.Il botta e risposta è arrivato davanti alla platea del congresso della Fabi in corso a Milano. Stamattina sul palco è salito il banchiere romano al centro del risiko per l’Ops sul Banco Bpm e per la scalata Commerzbank. Il mercato si interroga però su altre sue possibili mosse, dopo l’ingresso nel capitale delle Generali, anche perché entrambe le due operazioni aperte da Orcel si sono al momento ingolfate.Con la battaglia dei tribunali sull’Ops sul Banco Bpm, i tempi rischiano infatti di scavalcare il 23 luglio – termine posticipato da Consob con la sospensiva dell’Offerta – facendola decadere. Questo percorso si incrocia con il ricorso al Tar di Bpm contro la sospensiva della Consob e la discesa in campo dell’Antitrust europeo che ha già chiesto lumi all’Italia sulle modalità di applicazione dei poteri speciali, sovrapponendosi alle mosse del Mef, incaricato del monitoraggio delle prescrizioni imposte dal Dpcm del governo del 18 aprile. “Il percorso Tar-Consiglio di Stato non arriverà in tempo per darci certezza della chiusura dell’operazione” su Banco Bpm, che quindi “potrebbe” decadere”, ha detto stamattina Orcel. Aggiungendo, però, che l’operazione “può essere sempre riproposta. Il nostro ricorso al Tar è una questione di chiarezza, non di combattimento”.L’aggregazione è “un’operazione valida industrialmente, valida strategicamente, però si scontra su visioni diverse che rendono l’operazione de facto non economica”, ha proseguito il ceo di Unicredit riferendosi ai paletti fissati dal governo con il golden power, che comportano “ostacoli legali” che rendono possibile soddisfare le prescrizioni o “un aumento del costo economico per fare l’operazione”. “Questa valutazione è definitiva?” ha chiesto il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. “Se restano così assolutamente”, ha replicato Orcel. Secondo cui “l’influenza degli Stati sulle operazioni di mercato è diventata molto significativa e bisogna tenerne conto. Da un altro punto di vista, se guardiamo alle istituzioni europee, l’Unione Europea, la Banca Centrale Europea, la Commissione Europea, hanno una visione diversa perché vogliono, prima di tutto, un sistema monetario più forte”.Il banchiere ha assicurato di non avere l’ossessione del fare M&A, “perché non è fine a se stesso, è qualcosa che deve aggiungere valore a quello che ho, non ridurre il mio valore per fare un favore agli altri che invece hanno spremuto il limone fino a farlo diventare senza nessun sugo dentro”. E se le operazioni Banco Bpm e Commerzbank non andassero a buon fine? “Ritorneremo su una traiettoria che è già la migliore che esiste in Europa”. Poi però ha chiosato che “l’Italia ha bisogno di un sistema bancario più forte. Il gioco resta aperto per tutti. Nessuno è arrivato al capolinea, con l’eccezione di Intesa”. Quali saranno, quindi, le possibili mosse di Unicredit? Escluse manovre su Generali, e anche su Banca Generali (sotto Ops di Mediobanca) perché “non verrà chiesto agli azionisti questo passaggio, passa direttamente in consiglio”. LEGGI TUTTO

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    Orsini: “Serve un piano industriale per salvare Ue e Italia”

    Un appello netto, diretto, che parte da Bologna e si rivolge a due ospiti d’eccezione dell’assemblea di Confindustria: la presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola e la premier Giorgia Meloni. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, lancia un messaggio che attraversa i confini nazionali: “Serve un Piano Industriale Straordinario per rilanciare l’economia europea e nazionale”.Secondo Orsini, “alle politiche europee serve un radicale mutamento di impostazione” e “bisogna intervenire subito per cambiare questa rotta”, perché l’obiettivo è “aumentare la competitività, la produttività e l’innovazione con gli investimenti e la semplificazione”.Nel cuore del suo intervento, l’industria italiana viene difesa come fondamento democratico e sociale: “è un pilastro della democrazia del nostro Paese”. Ma oggi il rischio è concreto: “deindustrializzazione” e perdita di centralità internazionale.Green Deal e politica industriale europea: “Una vera pazzia”Orsini non risparmia critiche all’impostazione europea sul clima e la transizione energetica: “E ve lo dico con chiarezza: non possiamo indebitare i costruttori europei costringendoli ad acquistare le quote di CO2 da Byd e Tesla. Tutto questo per rispettare i vincoli europei che ci siamo autoimposti. È una vera pazzia”.A suo avviso, si stanno cancellando anni di investimenti: “Non vogliamo buttare via gli investimenti miliardari fatti per trasformare il diesel in un motore pulito e performante. Come non vogliamo costringere gli automobilisti ad usare auto elettriche di altri continenti”.Rilanciando anche l’allarme dell’ex premier britannico Tony Blair, Orsini avverte: “C’è il rischio di desertificazione industriale per aver fissato tempi e obiettivi non realizzabili”.E chiede con forza: “È questa l’Europa che vogliamo? Un’Europa senza industria e che attira meno investimenti? Un’Europa che dipende sempre di più dal resto del mondo? La nostra risposta è no, no e poi ancora no”.Investimenti, Ires premiale e crisi industrialeSul fronte interno, Orsini parla di misure fiscali troppo limitate: “Palazzo Chigi ha accolto con favore la nostra proposta di Ires Premiale per rilanciare gli investimenti delle imprese. Ma poi, per mancanza di fondi, se ne è ristretta la platea dei beneficiari. Ora più che mai serve sostenerla con forza, togliendone le limitazioni, oppure proseguire su linee di azione che sostengano la patrimonializzazione delle imprese e ne riducano il carico fiscale”.“Dopo due anni di flessione della produzione, l’industria italiana è in forte sofferenza. È ancora frenata da troppi ostacoli, che riducono la competitività delle imprese rispetto a quelle di Paesi con regole, sistemi fiscali e infrastrutture più favorevoli”.E ancora: “La crisi dell’industria ha avuto come effetto immediato un significativo e preoccupante calo degli investimenti, in particolare su impianti, macchinari e mezzi di trasporto. L’occupazione, invece, per ora tiene. Ma per quanto potremo ancora farlo?”.Orsini avverte che “anche solo 300 medie imprese” che decidessero di delocalizzare “porterebbero conseguenze su almeno 100 mila occupati. Tutto questo, l’Italia non se lo può permettere”.​Energia, nucleare e rinnovabili: “Basta ipocrisie regionali”Altro snodo critico: l’energia. “Bisogna abbattere il sovraccosto energetico che pesa come un macigno sulla competitività delle imprese italiane” e “entrare subito nella logica del disaccoppiamento” dei prezzi tra rinnovabili e gas.Poi la denuncia: “Dobbiamo affrontare con realismo il paradosso per cui, da un lato, gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni ci impongono di accelerare sulle rinnovabili, ma dall’altro, veti e ostacoli burocratici bloccano in Italia progetti per 150 GWh di nuovi impianti”.Senza mezzi termini, il presidente si rivolge alla politica: “Si smetta di dire a Roma che siete per le rinnovabili, per poi porre nelle Regioni ostacoli di ogni tipo proprio alle rinnovabili”.E lancia un appello bipartisan per il nucleare: “Bisogna accelerare il ritorno al nucleare con i piccoli reattori modulari, molto meno invasivi e più sicuri delle centrali di vecchia generazione. Anche su questo non ci possono essere divisioni politiche, parliamo di indipendenza e sicurezza nazionale”.Accordi commerciali e Mercato Unico: “I numeri parlano da soli”Orsini torna a parlare di internazionalizzazione, richiamando dati concreti: “Se l’Unione Europea riuscisse a diminuire le barriere interne al Mercato Unico al livello di quelle degli Stati Uniti, la sua produzione aumenterebbe del 6,7%, ovvero oltre 1.000 miliardi di euro”.Poi l’appello a Metsola: “Mentre negoziamo con l’Amministrazione americana, dobbiamo accelerare sugli accordi di libero scambio con altre aree del mondo. Sono un antidoto al protezionismo e il principale strumento per diversificare gli sbocchi del nostro export”.E snocciola i numeri: “Corea del Sud +170%, a fronte del 127%; Canada +61%, rispetto al 51%; Giappone +24,5% a fronte del 10,7%. Questi numeri parlano da soli. Dopo aver aggiornato gli accordi con Cile e Messico, l’Unione europea deve assolutamente concludere quello con il Mercosur”.Contratti, welfare e salari: “Alziamo le retribuzioni”Altro tema centrale: lavoro e salari. “Affrontiamo insieme la battaglia contro i contratti pirata” e “quella per una maggiore rappresentatività di imprese e sindacati che firmano i contratti di lavoro”.Poi un messaggio chiaro ai sindacati: “Sapete benissimo che in Italia le retribuzioni più elevate e i meccanismi per il recupero dell’inflazione sono nei contratti di Confindustria. Ma questo non significa che non ci poniamo il problema”.“La crisi dei salari in Italia – ha detto Orsini – spinge verso il basso consumi e crescita, e abbatte la dignità della vita e del lavoro. Bisogna alzare ancor più le retribuzioni anche nell’industria attraverso i contratti di produttività aziendali”.Il ruolo dell’industria e la responsabilità socialeOrsini ha anche voluto sottolineare il ruolo sociale dell’impresa: “Come Sistema Confindustria, contribuiamo per oltre il 44% del valore aggiunto generato dalle imprese private in Italia. Il manifatturiero rappresenta quasi il 20% del valore aggiunto e ben il 30% del monte contributivo che tiene in piedi l’Inps”.E ancora: “Il 60% delle nostre imprese offre ai propri dipendenti previdenza complementare e assistenza sanitaria integrativa, quota che supera l’80% per le imprese più grandi. Una su quattro eroga contributi per istruzione, attività ricreative e borse di studio per i familiari dei collaboratori. E una su dieci offre assistenza per familiari non autosufficienti”.Conclusione: “Abbiamo una responsabilità” LEGGI TUTTO