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    Unicredit entra nel risiko. La mossa su Generali e gli sviluppi futuri

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    Unicredit accumula una quota in Generali. La banca si fa avanti nel risiko bancario, mentre Mps si prepara a sfidare Mediobanca, con uno sguardo anche su Generali. La banca presieduta da Andrea Orcel, dopo aver acquisito quote in Commerzbank e Banco Bpm, ha ora raggiunto una partecipazione appena sotto il 4% in Generali.Il ruolo dello Stato e le dichiarazioni di GiorgettiLe prime indiscrezioni sull’operazione, che Unicredit descrive come puramente finanziaria, sono circolate sul sito del Sole 24 Ore, parlando di un coinvolgimento di Unicredit che potrebbe arrivare al 4-5%. Sebbene la banca sostenga che non ci siano motivazioni strategiche dietro questa mossa, è evidente che si inserisce in una più ampia competizione finanziaria. Un portavoce ha sottolineato che l’attenzione di Unicredit rimane sulle operazioni in corso con Commerzbank e Banco Bpm.Il rischio di un’escalation e le resistenze interne a GeneraliPochi giorni prima, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva discusso la situazione a Varese, commentando l’offerta di Mps su Mediobanca e definendola come un’operazione tra “banche internazionali”, ribadendo che lo Stato ha il compito di proteggere gli interessi nazionali, in particolare tramite il golden power. Sull’eventuale intervento del governo italiano per fermare l’offensiva di Unicredit su Commerzbank, Giorgetti ha chiarito che ogni paese prende le proprie decisioni indipendentemente, anche se riconosce il diritto dei governi di esprimersi su questioni cruciali come il credito e il risparmio.Il mercato attende i risultati bancari e nuove mosseLa protezione del risparmio è un tema che sta emergendo anche in relazione all’operazione tra Generali e Natixis, finalizzata a creare un colosso nel settore del risparmio gestito. La mossa ha incontrato resistenze da parte dei consiglieri di Generali sostenuti da Delfin e Caltagirone, e la situazione si complica ulteriormente con il coinvolgimento di Unicredit nell’Opas su Banco Bpm, che ha acquisito una quota di Mps. La sensazione è che questa guerra finanziaria sia solo agli inizi.I prossimi appuntamenti con i risultati finanziariIl mercato ora si prepara a una serie di annunci finanziari. Intesa Sanpaolo, che finora ha mantenuto un profilo basso rispetto alle acquisizioni, aprirà la stagione dei bilanci il 4 febbraio, seguita da Crédit Agricole, che sta giocando un ruolo chiave come azionista di Banco Bpm. Sempre il 5 febbraio, Anima presenterà i risultati annuali. LEGGI TUTTO

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    Cuneo fiscale 2025: ecco chi ci guadagna e chi no

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    Chi guadagna dal taglio del cuneo fiscale? La misura, prevista dalla Legge di Bilancio 2025, rappresenta un’agevolazione significativa per i lavoratori dipendenti, ma non tutti trarranno gli stessi benefici. A beneficiare maggiormente saranno i redditi tra i 35.000 e i 44.000 euro annuali. Dopo essere stati esclusi l’anno scorso, questi lavoratori vedranno un miglioramento che può arrivare fino a mille euro per chi ha un reddito più basso in questa fascia, mentre per chi è vicino ai 44.000 euro l’incremento sarà minimo, appena cinque euro. In totale, circa due milioni di lavoratori si vedranno aumentare lo stipendio grazie a questa misura.Chi non ne trarrà beneficioBen 12,3 milioni di italiani non vedranno alcun miglioramento nelle proprie buste paga. Inoltre, circa 805.000 lavoratori perderanno parte del beneficio, mentre 310.000 perderanno completamente lo sconto fiscale a causa di un nuovo criterio introdotto dal governo, che considera il “reddito complessivo”, escludendo chi ha altre fonti di reddito. Questo secondo le stime dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio.Gli effetti sui redditi più bassiMentre i lavoratori con redditi medi e alti guadagnano dal taglio, chi ha stipendi più bassi si trova in una situazione di svantaggio, con alcuni che rischiano addirittura di perdere benefici già acquisiti. In particolare, i lavoratori con redditi tra gli 8.500 e i 9.000 euro all’anno sono i più penalizzati, poiché rischiano di perdere l’intero trattamento integrativo di 1.200 euro che avevano ricevuto nel 2024. Il governo ha confermato questa possibilità, con la sottosegretaria al Mef, Lucia Albano, che ha promesso una “valutazione attenta” per cercare soluzioni correttive. Questo impatterebbe gravemente su lavoratori già in difficoltà economiche, riducendo ulteriormente la loro capacità di spesa.Le differenze tra il 2024 e il 2025Le simulazioni condotte dal Consiglio Nazionale dei Commercialisti mostrano chiaramente come cambieranno le buste paga tra il 2024 e il 2025. Per i lavoratori con un reddito superiore ai 35.000 euro all’anno, l’aumento sarà visibile, ma diminuisce progressivamente man mano che ci si avvicina ai 44.000 euro. Al contrario, per chi guadagna meno, in particolare tra gli 8.500 e i 9.000 euro, le perdite potrebbero essere consistenti, arrivando a un ammontare di 1.200 euro all’anno, pari a circa due mensilità. LEGGI TUTTO

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    Angelini vende la sua azienda di profumi

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    Angelini esce dal business dei profumi vendendo le attività a Give Back Beauty, gruppo del fashion con 300 milioni di ricavi e partner di diversi marchi della moda. È stato raggiunto un accordo, si legge in una nota, per la cessione a Give Back Beauty della ex Angelini Beauty, ora Ab Parfums e delle sue controllate con i relativi asset, marchi e licenze. Nel 2023 Ab Parfums ha raggiunto ricavi per 86 milioni e realizzato un utile di circa 1,5 milioni. La società si occupa di creazione, sviluppo, marketing e distribuzione internazionale dei profumi di brand di moda, tra cui gli italiani Trussardi e Laura Biagiotti. Ab Parfums distribuisce alcuni marchi di primario rilievo del gruppo L’Oreal, come ad esempio Ralph Lauren, Maison Margiela, Cacharel, Diesel, Azzaro e Viktor & Rolf. «La nostra priorità come imprenditori è far crescere e sviluppare le aziende di cui siamo azionisti», ha detto Sergio Marullo di Condojanni (in foto), ceo di Angelini Industries, «riteniamo però che il suo potenziale possa realmente esprimersi al suo massimo nel contesto di Gbb». LEGGI TUTTO

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    Mediobanca, mani legate sul “prestito titoli” Generali

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    Liquidata la pratica del nuovo Piano Lifetime Partner, sull’agenda 2025 di Generali spicca l’appuntamento dell’8 maggio, quando l’assemblea dei soci sarà chiamata a nominare il nuovo cda. Come è noto, contestualmente all’approvazione del piano triennale, il cda del gruppo triestino ha deciso che non presenterà una lista propria per il rinnovo dell’organismo. Sicchè la tavola risulta apparecchiata solo per uno scontro diretto tra i principali soci del Leone.In vista dell’appuntamento, non è difficile ipotizzare che Mediobanca, in qualità di primo socio con il 13,1% del capitale, torni alle vecchie abitudini presentando una propria rosa di candidati per il board della compagnia in modo da garantirsi la possibilità di assorbire nel proprio bilancio parte dei ricchi utili prodotti da Trieste (che contribuiscono per una quota preponderante, di oltre il 40%, al totale dei profitti dell’istituto). Questa volta però la merchant bank milanese, sotto l’Ops lanciata da Banca Mps, non potrà mettere in campo nessun espediente per arrotondare l’entità dei propri diritti di voto in assemblea. Chi è sotto Ops deve infatti sottostare alla cosiddetta passivity rule che, in base all’articolo 104 del Tuf, è volta a salvaguardare la contendibilità delle società quotate impedendo alla società target di mettere in atto operazioni che ne possano alterare il patrimonio e quindi il valore di mercato. Stando a quanto appurato dal Giornale, tra le attività che una società sotto passivity rule non può mettere in atto figura anche quella del «prestito titoli» che tre anni fa consentì a Mediobanca di presentarsi in assemblea forte di una robusta dote aggiuntiva di diritti di voto.Riavvolgendo il nastro di tre anni, ossia ai mesi antecedenti l’assemblea di Generali chiamata a rinnovare il board, si ricorda che la merchant bank non si fece scrupoli nell’aumentare il suo peso in assemblea, facendo quindi prevalere la lista di maggioranza presentata dal cda uscente, attraverso quella pratica. In breve, attraverso un’operazione di «prestito titoli» fatta con Bnp Paribas su ben 10 milioni di azioni, pari al 4,42% del capitale della compagnia, Piazzetta Cuccia si assicurò il 17,22% dei diritti di voto nell’assemblea del 29 aprile 2022 che alla fine vide la lista capitanata da Philippe Donnet prevalere di misura, con poco meno del 56% dei voti, rispetto a quella appoggiata dalla coppia Caltagirone-Del Vecchio. La quota aggiuntiva di diritti di voto influì quindi in maniera decisiva sull’esito finale di un’assemblea che vide la partecipazione record del 70% degli aventi diritto. LEGGI TUTTO

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    Tra i paperoni italiani siedono 71 miliardari

    Giovanni Ferrero

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    Italia Paese di santi, navigatori e miliardari. Si tratta di ben 71 paperoni, che vantano un patrimonio stimato dal miliardo di euro in su. A rimarcarlo sono gli analisti di Ener2Crowd, una piattaforma dedicata agli investimenti green. In particolare, secondo dati presentati da Oxfam al Forum economico di Davos, nel 2024 la ricchezza dei miliardari italiani è aumentata di 61,1 miliardi di euro – per la bellezza di 166 milioni al giorno – raggiungendo un valore complessivo di 272,5 miliardi detenuto, per l’appunto, da 71 nuclei famigliari. LEGGI TUTTO

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    Moody’s migliora outlook di Mps a “positivo” dopo l’Ops su Mediobanca

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    L’agenzia di rating Moody’s ha recentemente modificato l’outlook di Mediobanca, abbassandolo da “stabile” a “negativo”, riflettendo i timori legati alla fusione in corso con il gruppo Monte dei Paschi di Siena. Nonostante la conferma del rating “Baa1” per i depositi e le emissioni, la decisione di Moody’s evidenzia preoccupazioni sul merito di credito della banca milanese. Al contrario, l’agenzia ha migliorato l’outlook di MPS, passando da “stabile” a “positivo” sui rating dei depositi e del debito senior non garantito, segnalando una prospettiva migliore per la banca senese.Le motivazioniIn una nota ufficiale, l’agenzia di rating ha spiegato che il cambiamento dell’outlook è stato motivato dalle potenziali difficoltà derivanti dalla combinazione con un gruppo considerato “più debole”, come MPS. In altre parole, la fusione con una banca che potrebbe presentare sfide significative in termini di solidità patrimoniale potrebbe influenzare negativamente il merito di credito di Mediobanca. L’operazione di fusione con MPS, lanciata di recente, ha suscitato una serie di interrogativi tra gli analisti e gli investitori. Secondo Moody’s, seppur esista un certo grado di protezione per i creditori senior grazie allo stock di passività che potrebbero essere soggetti a bail-in, la fusione con una realtà più fragile potrebbe non bilanciare completamente i rischi in termini di stabilità finanziaria. LEGGI TUTTO

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    Orsini: “Stop alla burocrazia Ue, serve una politica industriale”

    Nel corso della presentazione del nuovo presidente di Confindustria Lombardia, Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, ha lanciato un appello forte alla riduzione della produzione normativa a livello europeo. “In Europa abbiamo 21.000 persone assunte tra Commissione e Parlamento europeo, 11.000 collaboratori. In totale 32.000 persone. Io dico una cosa, fermatevi, smettete di scrivere norme, perché non è possibile” ha dichiarato Orsini, sottolineando l’eccesso regolatorio a cui l’industria deve far fronte. “In 5 anni l’Ue ha scritto 13.500 nuove norme, gli Stati Uniti 3.000. Noi questi li dobbiamo pagare per cancellare le norme, non per farne di più e di nuove. La verità è che se vogliamo essere competitivi non possiamo pensare di aggiungere altre norme all’industria”.Orsini ha poi ribadito la necessità di una visione a lungo termine per la politica industriale: “La Lombardia è la locomotiva d’Italia e d’Europa, ma per l’industria si pone un tema di produttività. Per questo, dobbiamo cominciare a parlare di politiche industriali a lungo termine, italiane e europee”.Un altro nodo cruciale è la questione degli investimenti, con un riferimento specifico al “Salva Milano”: “Non è possibile che non si sia fatto ancora nulla sul Salva Milano, già da maggio si sapeva. E non è possibile che questo accada perché ci sono da liberare 12 miliardi di investimenti” ha detto Orsini, esortando a intervenire rapidamente per garantire attrattività agli investitori.Sul fronte del commercio internazionale, Orsini ha espresso preoccupazione per le tensioni sui dazi: “I dazi ci preoccupano perché siamo un Paese esportatore, abbiamo esportato 626 miliardi nel 2024, quindi abbiamo fatto bene in confronto agli altri Paesi. A noi la guerra sui dazi non ci piace, è ovvio che speriamo nel dialogo tra Stati Uniti e Italia”. Ha inoltre evidenziato l’importanza del settore energetico per la competitività del Paese, sottolineando la necessità di “disaccoppiare il costo delle fonti fossili da quelle delle rinnovabili e fare politiche industriali anche sul gas”.Pasini: “La Lombardia deve restare competitiva in un’Europa troppo ideologica”Giuseppe Pasini è stato eletto presidente di Confindustria Lombardia per il quadriennio 2025-2029. Nel suo discorso di insediamento, ha posto l’accento sul ruolo chiave della Lombardia nell’economia italiana ed europea: “L’ascolto delle idee e delle proposte di ognuna delle associazioni territoriali è la via attraverso la quale la voce di Confindustria Lombardia emerge in modo collegiale, mettendo al centro le istanze di una Regione che produce il 23% del Pil nazionale”.Pasini ha evidenziato la necessità di un intervento immediato a livello europeo per sostenere la competitività delle imprese: “La Lombardia è la prima regione manifatturiera d’Italia, la seconda in Europa, e rappresenta oltre un quarto dell’export nazionale grazie anche al contributo delle piccole e medie imprese che sono la dorsale della nostra imprenditoria. Da qui dobbiamo partire, guardando alle nostre eccellenze in un contesto economico internazionale mutevole, che vede l’Europa troppo ideologica, troppo poco pragmatica e debole, stretta tra Usa e Cina, orfana tanto di una politica industriale quanto energetica”.Sul tema della manifattura, Pasini ha lanciato un monito: “La Lombardia ha un patrimonio di aziende che rischiamo di mettere a repentaglio, distruggendo un valore che è stato costruito in decenni ed è per questo che dobbiamo ripartire dalla centralità della manifattura mettendola tra i primi punti dei programmi politici di sviluppo del Paese. Se non affrontiamo con urgenza questa situazione, il rischio è chiaro e ha una definizione altrettanto chiara: desertificazione industriale e cancellazione delle eccellenze”.Nonostante le incertezze economiche, Pasini ha ribadito la forza della manifattura lombarda: “Con i suoi 94 miliardi di euro, rappresenta il 26% dell’intera manifattura nazionale. La Lombardia è la prima regione italiana per esportazioni, rappresentando oltre un quarto dell’export totale del Paese”.Fontana: “Sosteniamo la manifattura lombarda, ma serve chiarezza sui fondi europei”Anche il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha espresso il proprio sostegno all’industria lombarda nel corso dell’evento: “Per il manifatturiero della Lombardia sono tempi non facili che per ora stiamo superando con grande determinazione. L’impegno che possiamo portare avanti è quello di continuare nel sostenere le nostre attività produttive”.Fontana ha sottolineato l’importanza di politiche industriali regionali efficaci: “Stiamo lavorando per proseguire nelle politiche che l’assessore Guidesi sta promuovendo e che sono state molto apprezzate dagli imprenditori. Questa è la strada che è stata aperta e che noi vogliamo continuare a portare avanti”. LEGGI TUTTO