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    Tim scommette 130 milioni per crescere ancora nella “nuvola”

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    Per Tim continua il potenziamento dell’area dei servizi a imprese e pubblica amministrazione. Ieri il gruppo guidato da Pietro Labriola ha annunciato un investimento di circa 130 milioni di euro per far crescere Tim Enterprise nel cloud e costruire un nuovo data center (una grande banca di memoria per sostenere la mole di dati prodotta dagli applicativi digitali più moderni) a un passo da Roma. Grazie a questo progetto, la potenza complessiva dei data center del gruppo aumenta del 25% (passando a una capacità di 125 megawatt). L’investimento rientra nel piano industriale 2024-2026 già comunicato al mercato. Il gruppo – che nei primi nove mesi dell’anno ha fatturato 2,3 miliardi (+5,8%) nella sua divisione Enterprise – punta molto sui data center ad alte prestazioni nei campus già esistenti a Roma e Milano. «Oggi annunciamo un importante investimento che ci conferma come leader in Italia nel Cloud», spiega Elio Schiavo, numero uno di Tim Enterprise. «Vogliamo continuare a essere il punto di riferimento del mercato per rispondere alle crescenti esigenze delle aziende e della pubblica amministrazione, di cui siamo un partner privilegiato». LEGGI TUTTO

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    “Turismo grande motore del Pil perché ora facciamo più sistema”

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    «Piacciamo molto all’estero». Siamo sempre più attrattivi. Ivana Jelinic, amministratore delegato di Enit (Agenzia Nazionale del Turismo), sottolinea con i dati alla mano una buona notizia: dopo la pandemia, il settore del turismo è tornato a correre. Con l’Italia in testa.Quali sono i numeri più significativi per il nostro Paese?«L’Italia anche il 2024 sta esprimendo un’ottima performance turistica, in linea con lo scorso anno. Le prime evidenze sui dati provvisori Istat suggeriscono anche una lieve crescita, tra l’1% e il 2%, sui 447 milioni di presenze del 2023, con risultati molto interessanti in termini di destagionalizzazione. I numeri più significativi riguardano le vacanze culturali, cresciute del 50,6% sul 2013, seguite poi dalle vacanze al mare, al lago o in montagna. Siamo quarti al mondo negli arrivi e quinti sui ricavi provenienti dal turismo internazionale. Piacciamo molto all’estero: con 51,7 miliardi di euro di spesa internazionale in Italia, nel 2023 il turismo straniero ha superato anche i livelli dell’anno d’oro 2019».Cosa ci rende attrattivi?«La bellezza: quella del nostro patrimonio artistico, naturalistico e demo-etno-antropologico, ma anche quella delle esperienze autentiche che possono essere vissute in Italia. Di recente, il boom di film, di serie tv ma anche di romanzi ambientati nel nostro Paese ispira molto l’immaginario collettivo, rispecchiando quello che i nostri studi sul brand Italia confermano: siamo la prima scelta per chi desidera trascorrere una vacanza all’estero. E siamo il Paese più conosciuto in Europa per cultura, peculiarità, attrazioni turistiche e per patrimonio e influenza culturale. Ma a rendere competitiva la nostra offerta sono anche i 5.568 Comuni italiani con meno di 5mila abitanti: i cosiddetti borghi. Si tratta di destinazioni in grado di incrementare il turismo slow che, a sua volta, valorizza il territorio e la scoperta delle eccellenze artistiche, architettoniche, paesaggistiche ed enogastronomiche».Quali sono le leve turistiche più in crescita?«Ce ne sono molte. Tra le principali figurano l’enogastronomia, il mondo degli eventi e il lusso. L’enogastronomia ha registrato un +176% sul 2023. L’imminenza di eventi come il Giubileo e le Olimpiadi invernali, poi, ha portato alla ribalta anche il mondo del Mice (legato a convegni, fiere e congressi, ndr). L’Italia è prima in Europa e seconda nel mondo come meta per i meeting internazionali. E siamo sempre più interessati dal turismo bleisure, che unisce affari e svago e che rappresenta un trend peculiare per l’Italia».Come possiamo crescere ancora?«Approfondendo sempre di più il networking con il tessuto imprenditoriale. Le nostre politiche di marketing, comunicazione e promozione, sono sempre più interconnesse: serve una prospettiva olistica che tenga conto di tutti i portatori di interesse nella filiera turistica. Per Enit questo significa l’implementazione di servizi e azioni sempre più completi a favore degli stakeholder attivi nell’industria del turismo. Formazione, informazione e supporto alle aziende turistiche sono i pilastri sui quali costruire le nostre strategie come Azienda. Già lo stiamo facendo: rispetto al 2023, le richieste da parte di aziende private a partecipare ai nostri eventi e alle nostre fiere sono cresciute del 13%. Inoltre Enit sta sempre più puntando sulle PR internazionali per un corretto storytelling del brand Italia, anche attraverso le nostre sedi estere con le quali collaboriamo per aiutare le regioni e le città d’arte a comunicare al meglio oltre confine».Quali sono i futuri trend? LEGGI TUTTO

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    Transizione 5.0, Bruxelles dice ok a tempi più lunghi

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    Qualcosa si muove per il piano Transizione 5.0. Dalle ultime interlocuzioni intercorse tra governo e Commissione Europea è emersa un’apertura su più fronti, a partire da un’estensione dei tempi. «Il piano è partito tardi e la sua complessità mal si concilia con il termine molto stretto di dicembre 2025. Dall’ultimo confronto è emersa un’apertura a estendere i termini di quattro mesi, ossia fino ad aprile 2026», è l’anticipazione fatta ieri da Marco Calabrò, capo Segreteria Tecnica del ministero delle Imprese e del Made in Italy. Intervenendo a margine di un evento organizzato da Bnl Bnp Paribas, l’esponente del ministero ha ricordato che Transizione 5.0 ha una dotazione complessiva per 6,3 miliardi e, ad oggi, sono 413 le imprese che hanno prenotato risorse. «Oltre ai tempi aggiunge Calabrò la Commissione Europea oggi (ieri per chi legge, ndr) si è impegnata a formalizzare che 5.0 si potrà cumulare con altre risorse. Terzo elemento è l’automatismo». LEGGI TUTTO

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    Auto, crescita azzerata. Stellantis cade a piombo

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    Definite le vicepresidenze della Commissione Ue e in attesa che il 27 novembre si pronunci l’Europarlamento, tra le priorità di Bruxelles c’è un’industria automotive a un passo dal baratro. In Europa le vendite sono stagnanti (+0,1%) in ottobre con un piccolo incremento nei 10 mesi (+0,9%). Le auto elettriche, su cui la precedente Commissione ha lanciato la sfida, mettendo in grave difficoltà l’intero settore, rappresentano da gennaio solo il 14,8% di quota. I grandi gruppi sono in sofferenza: Ford taglierà, in Europa, 4mila posti, tra Germania e Regno Unito entro il 2027, mentre in casa Volkswagen (in foto l’ad Oliver Blume) è partita la protesta dei lavoratori. In 6mila si sono riuniti a Wolfsburg dopo le notizie delle possibili chiusure di tre impianti ai quali se ne potrebbero aggiungere altri. In previsione ci sono anche tagli salariali del 10 per cento. «È solo un assaggio di ciò che accadrà a partire da dicembre se l’azienda non prenderà sul serio le soluzioni concrete proposte», l’avvertimento della leader sindacale in azienda Daniela Cavallo. Alla manifestazione hanno preso parte dipendenti provenienti da tutta la Bassa Sassonia, dall’Assia e dalla Sassonia.Poi c’è Mercedes-Benz alle prese con «un’attività debole che richiede tagli dei costi per diversi miliardi l’anno». E anche qui aleggia lo spettro dei licenziamenti. L’industria automobilistica tedesca ha affrontato di recente gravi difficoltà nel passaggio ai veicoli elettrici a fronte di una concorrenza sempre più intensa nel mercato cinese, un tempo fonte di forti profitti per i gruppi locali. LEGGI TUTTO

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    Nella Tari spunta un mini balzello. È la tassa sui rifiuti trovati in mare

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    Ce Melàne tenève u màre, aviss a ièsse na piccòla Bbàre, recita un proverbio pugliese. Beh, basta guardare le specifiche della Tari – arrivata nelle caselle postali dei milanesi – per scoprire che il detto si è avverato. Già, perché grazie alla delibera 386/2023/R/rif approvata l’anno scorso dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) e in vigore dal 1° gennaio 2024, ogni milanese – e ogni italiano – pagherà 1,60 in più a utenza oltre alla tassa (in media da 331 euro) più evasa dagli italiani. Per finanziare con 10 centesimi «la gestione dei rifiuti accidentalmente pescati e dei rifiuti volontariamente raccolti» dopo essere stati abbandonati in luoghi pubblici, con 1,50 euro «i costi per la gestione dei rifiuti in caso di eventi eccezionali e calamitosi», quindi il recupero di materiali e detriti dopo alluvioni, disastri naturali, terremoti o accumuli eccezionali di rifiuti. Un pescatore cattura in mare nelle sue reti una bottiglia di plastica? Se la porta all’inceneritore va ricompensato, a pagare saranno i milanesi anche se il mare non ce l’hanno… Lo dice la legge 60 del 2022: ciò che si trova per sbaglio in mari, laghi, fiumi e lagune è un rifiuto urbani ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera b-ter) del decreto legislativo 152/06 non imputabile ai costi tradizionali della Tari, idem dicasi per i tronchi trascinati via dalla piena.Di quanti soldi parliamo? Di 125 milioni di euro a naso (se moltiplichiamo 1,60 euro per i 78,6 milioni di immobili italiani accatastati). Se l’obiettivo è nobile, aiutare a ripulire l’ambiente, la modalità di pagamento lascia qualche punto interrogativo. Primo, perché come succede sempre, queste due componenti nel corso degli anni potranno essere aggiornate al rialzo (hai mai visto una tassa abbassarsi?), anche perché gli episodi alluvionali, le calamità naturali, le esondazioni dei fiumi e le inondazioni che sommergono interi pezzi di aree urbane sono destinate ad aumentare, vista la scarsissima cura del territorio anche da parte delle regioni rosse come l’Emilia-Romagna (ma questa è tutta un’altra storia…). LEGGI TUTTO

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    Mfe vola oltre il muro dei 2 miliardi di ricavi

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    Mfe sfonda il muro dei 2 miliardi di fatturato nei primi 9 mesi con una spinta decisiva dai risultati conseguiti in Italia. Il gruppo di Cologno Monzese ha visto i ricavi accrescersi del 7,7% nei primi 9 mesi dell’anno toccando i 2 miliardi, con i ricavi pubblicitari lordi arrivati a quota 1,94 miliardi (+6,5%). In forte crescita la redditività con l’utile operativo (Ebit) arrivato a 126,6 milioni, in crescita del 28,7%. Il periodo si è chiuso con un utile netto, escluso il contributo di ProsiebenSat1, di 88,7 milioni, in crescita del 38,7% rispetto ai primi 9 mesi del 2023. Includendo il contributo di ProsiebenSat1, i profitti raggiungono i 96,2 milioni (+35,6%). L’indebitamento finanziario netto è sceso a 718,6 milioni (dai precedenti 902,8 milioni).Alla luce di questi riscontri il gruppo del Biscione si attende di chiudere il 2024 con risultato operativo e generazione di cassa «in sensibile progresso» e utile netto superiore a quello del 2023. A livello di raccolta pubblicitaria, l’ex Mediaset ritiene che nell’ultimo trimestre dell’anno si manterrà in territorio positivo, determinando una crescita a fine anno «nell’intorno del 5%, decisamente al di sopra delle aspettative». Riscontri che trovano un forte sostegno dalla dinamica dei ricavi in Italia, dove i ricavi sono attesi in crescita di oltre il 6% quest’anno, pur in assenza degli eventi sportivi sui propri canali (Olimpiadi e Europei di Calcio e della Champions League da settembre). «Un’Italia trainante prova che la strategia del nostro sistema crossmediale, appena c’è mercato, è efficace e porta risultati eccellenti. È proprio questo il modello di sviluppo che vorremmo estendere al progetto di broadcaster europeo», sono state le parole del l’amministratore delegato di Mfe, Pier Silvio Berlusconi (in foto). Il riferimento è alla volontà di contare di più in ProsiebenSat, il gruppo media tedesco nel quale Mfe è primo azionista. Mfe ha recentemente arrotondato la partecipazione al 29,99%, a un soffio dalla soglia di Opa, mandando un ulteriore segnale di pressing al management di ProsiebenSat.In Spagna invece è emersa dopo l’estate una fase di rallentamento. Il gruppo si attende ricavi pubblicitari stabili in terra iberica ed è impegnato nel processo di rafforzamento della propria offerta editoriale e punta. LEGGI TUTTO

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    È febbre da data center. Partita la corsa delle big

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    Grande abbuffata nel business dei data center. Non solo tlc e big tech, alla corte delle miliardarie potenzialità del dato italiano ora si posizionano anche le utility, società di costruzioni e real estate. Enel, A2a, Hera, Webuild, Dba Group e Kervis, sono diversi i grandi player ad affacciarsi a questo nuovo settore di attività. Attori che si aggiungono alle società di telecomunicazioni come Telecom, Retelit, Fastweb, Inwit, Raiway, Intred e a quelle tech come Apple, Google, Microsoft che, sul settore, hanno piani di investimento significativi, anche alla luce dei 12,7 miliardi di euro stanziati per il 2024-2025 dal Pnrr nel recente Piano Industria 5.0.Ma cosa c’entrano queste società con il business dei dati? In particolare le società energetiche si stanno posizionando con l’intento di sfruttare il grande calore prodotto dai data center che, se messo a servizio della rete, può essere sfruttato per esempio per il teleriscaldamento. Parallelamente i processi di raffreddamento delle loro componenti rilasciano grandi quantità di calore decarbonizzato che, se non valorizzato, andrebbe disperso nell’atmosfera. Inoltre, entro il 2033, l’energia usata per i data center sarà rinnovabile per oltre il 90% e questo per le utility del settore significa una nuova opportunità di sviluppo. La bolognese Hera, ad esempio, ha già messo in campo iniziative di efficienza energetica presso i data center del gruppo. Inoltre, nelle strategie di sviluppo delle rinnovabili e di energy management, sta valutando soluzioni ad hoc. A2a, dal canto suo, ha identificato due progetti per lo sviluppo dei data center su Milano e Brescia che hanno un potenziale molto elevato in termini di consumo di energia e per il teleriscaldamento a uso domestico.Nel caso di Enel, poi, il progetto nato con la costituzione di una newco da 1 miliardo amplia ancora il potenziale scenario di business. L’intento dell’ad Flavio Cattaneo, infatti, è quello di sfruttare la propria infrastruttura di rete e quella futura per connettere gli operatori ai centri dati. Una sorta di ultimo miglio seconda versione da affittare e gestire. Quanto ai grandi costruttori, anche Webuild ha preso posizione con la controllata Csc Costruzioni che, come ricordato dall’ad Pietro Salini in occasione dei conti del primo semestre, «è entrata nel mercato dei data center nel 2021» e ci aiuterà a cogliere «le opportunità per circa 7 miliardi che si svilupperanno tra 2024 e 2028 e quelle potenziali e crescenti legate al mercato dell’intelligenza artificiale». In fila ci sono poi gruppi di real estate e sviluppatori.Al momento in Italia i data center sono 149, da nord a sud, con un picco in Lombardia. È tuttavia il Piemonte la regione che secondo indiscrezioni è nel mirino di nuovi grandi progetti. Le potenziali applicazioni sono tante, come dimostra Intacture, il progetto del primo e unico data center a nascere in Europa all’interno di una miniera attiva, incastonata in una montagna della Val di Non, a 40 km a nord di Trento. Storicamente, invece, risalgono al 2001 i primi due data center realizzati a seguito dell’accordo Telecom-Ibm, ai quali seguirono quelli di Bologna e Padova. Proprio ieri la stessa Tim ha annunciato che investirà 130 milioni in un data center nei pressi di Roma: il nuovo data center sarà operativo entro la fine del 2026 e si andrà ad aggiungere ai 16 del gruppo già esistenti. LEGGI TUTTO

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    Sec, Gensler lascerà il 20 gennaio. Trump pronto a nominare il successore

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    I punti chiave

    Gary Gensler, presidente della Securities and Exchange Commission (Sec), ha annunciato che si dimetterà il prossimo 20 gennaio. Secondo quanto riportato dalla CNBC, questa decisione consentirà al presidente eletto Donald Trump di scegliere un nuovo capo per l’ente di regolamentazione finanziaria degli Stati Uniti. Gensler, insediatosi nel 2021, avrebbe dovuto mantenere l’incarico fino al 2026.Le parole di Gensler”Ringrazio il Presidente Biden per avermi affidato questa incredibile responsabilità. La Sec ha rispettato la nostra missione e ha applicato la legge senza timori o favori”, ha dichiarato Gensler, che è stato nominato dal Presidente democratico Joe Biden nel 2021, in un comunicato. Gary Gensler ha guidato un programma che ha introdotto numerose regole per aumentare la trasparenza e ridurre i rischi nei mercati finanziari statunitensi, con misure come l’accelerazione delle liquidazioni degli scambi e la revisione del mercato dei titoli di Stato USA da 28mila miliardi di dollari. Ha anche attuato normative per migliorare la governance aziendale e la trasparenza verso gli investitori. LEGGI TUTTO