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    Moody’s smentisce i gufi. Il governo: “Riconosce lavoro serio e responsabile”

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    “La decisione di Moody’s rappresenta un segnale importante di fiducia nella solidità della nostra economia e nella credibilità delle politiche economiche del governo. È il riconoscimento del lavoro serio e responsabile che stiamo portando avanti per salvaguardare i conti pubblici, sostenere la crescita ed attrarre investimenti. Continueremo su questa strada con determinazione, nell’interesse dei cittadini italiani e della stabilità della Nazione”. A dirlo sono fonti di Palazzo Chigi che esprimono soddisfazione per la decisione dell’agenzia di rating di confermare il Baa3 con outlook positivo per l’Italia, smentende di fatto tutti quei gufi secondo cui le politiche di Meloni avrebbero danneggiato l’economia del Paese. “Anche l’ultimo aggiornamento del giudizio sull’Italia come emittente sovrano, da parte di una tra le maggiori agenzie di rating, ha registrato chiari progressi nella nostra affidabilità: è messo nero su bianco che, nel 2024, la finanza pubblica ha avuto un andamento migliore delle attese”, ha fatto notare Marco Osnato, presidente della Commissione Finanze della Camera e responsabile economico di Fratelli d’Italia, “Questa bella notizia provoca forse dispiacere in chi ci vorrebbe fermi al palo: invece la Nazione mostra una vitalità che oggi, in un mondo tanto complicato, molti ci invidiano”.Dopo altre agenzie di rating, anche Moody’s premia la stabilità e la serietà del nostro governo alzando l’outlook dell’Italia”, aggiugne la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, Licia Ronzulli. Lo fa anche alla luce del lavoro e dei risultati ottenuti con una politica economica attenta, credibile, capace di guardare all’equilibrio dei conti ma anche alla crescita dell’occupazione e allo sviluppo del Paese. Andiamo avanti su questa strada, sostenendo il reddito delle famiglie, aiutando le imprese e creando nuove opportunità”. LEGGI TUTTO

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    Assist di Savona a Unicredit. Una forzatura anomala

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    Era fatale che finisse a porte in faccia, e probabilmente la tensione sul fronte Unicredit-Bpm non ha ancora raggiunto il punto più alto, vista la portata degli interessi in campo. Lo scontro frontale tra il presidente della Commissione Finanze della Camera, Marco Osnato, e il presidente della Consob Paolo Savona – che alle critiche del deputato di FdI ieri ha provocatoriamente risposto «se non sono più gradito sono sempre pronto ad andarmene» – di là delle motivazioni che ne sono alla base, dà la misura della deriva imboccata dal violento riposizionamento in corso all’interno del sistema bancario nazionale.Premesso che, per quanto a nostra conoscenza, dubitiamo fortemente che Savona – gradito o non gradito che sia – abbia davvero intenzione di lasciare anzitempo la poltrona di presidente della Consob, la decisione di accordare un mese in più al perfezionamento dell’Ops di Unicredit su Bpm, nel mentre l’operazione è in pieno svolgimento, se non abnorme è sicuramente anomala. E persino unica nella sua specificità, tale da far dubitare che sia nei poteri della Commissione produrre un intervento del genere.Il fatto che vi sia qualche dubbio sulla proporzione di alcune delle prescrizioni imposte all’istituto guidato da Andrea Orcel in virtù del Golden Power, non giustifica una decisione che nei fatti favorisce una parte (Unicredit) a discapito dell’altra (Bpm), che aggiunge incertezza all’incertezza – l’esatto contrario dell’obiettivo che la Consob ha dichiarato di voler conseguire – e pone l’arbitro in una posizione di critica rispetto a un decreto legge adottato dal governo nella pienezza delle sue convinzioni. Un fatto che avrà conseguenze, soprattutto perché contribuisce ad esacerbare i rapporti già tesi (non solo per fatti recenti) tra il ministero dell’Economia e l’attuale vertice di Unicredit. Se mai da parte del ministero c’è stata una volontà, anche minima, di mitigare quelle prescrizioni, ora la decisione della Consob e il ricorso al Tar contro il decreto del governo che Orcel si prepara a depositare, rendono assai difficile che si possa dirimere la questione attorno a un tavolo.Per questo è indispensabile che il governo decida rapidamente sulla richiesta di autotutela presentata dall’istituto milanese: solo in questo modo verrà superata la condizione d’incertezza che la Commissione dichiara essere alla base della decisione. LEGGI TUTTO

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    Tim cambia lo statuto per adeguarsi alle Poste

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    Il consiglio d’amministrazione di Tim dà il via libera alla modifica dell’oggetto sociale. L’intento è preparare la società a sprigionare le sinergie con l’ingresso nell’azionariato di Poste Italiane, che lo scorso marzo ha rilevato un 15% (arrivando a sfiorare il 25% delle quote) dall’ormai ex primo socio francese Vivendi. A dirà l’ultima parola sarà l’assemblea dei soci, in agenda il 24 giugno, che avrà anche una parte straordinaria. In particolare, sarà messa all’ordine del giorno «la modifica dell’articolo 3 dello Statuto sociale vigente in relazione al perimetro dell’oggetto sociale». Come si accennava, in ottica Poste la missione del gruppo si allargherà alla fornitura di nuovi servizi digitali tra cui assicurazioni, prodotti bancari, pagamenti digitali ed energia. L’assemblea voterà inoltre per la riduzione a 15 del numero massimo dei posti in consiglio di amministrazione (oggi 19), la modifica della percentuale di possesso azionario (dallo 0,5 all’1%) per la legittimazione alla presentazione delle liste e la modifica delle modalità e dei criteri di riparto tra le liste degli amministratori da eleggere.Gli azionisti ordinari contrari alla modificadell’oggetto sociale e gli azionisti di risparmio potranno esercitare il diritto di recesso entro 15 giorni dall’iscrizione della delibera assembleare presso il Registro delle Imprese: la liquidazione per chi esercita il recesso è stata fissata a 0,2884 euro per ogni azione ordinaria e in 0,3295 euro per ogni azione di risparmio. Questi valori sono stati determinati dal cda con riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura di Borsa nei sei mesi che precedono la pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’Assemblea del 24 giugno 2025.L’efficacia dell’esercizio del diritto di recesso è subordinata al Golden power e al fatto che l’ammontare massimo da pagare ai soci recedenti «non ecceda complessivamente l’importo di 100 milioni». Se così fosse, allora il cambio allo Statuto non si farebbe, ma appare un’eventualità poco probabile in ragione del fatto che il titolo in Borsa (ieri -0,36% a 0,38 euro per azione) ha corso tanto e sarebbe più conveniente vendere il titolo sul mercato.Le altre modifiche statutarie proposte al voto sono la possibilità di nominare un dirigente (diverso dal dirigente preposto alla redazione dei documenticontabili societari) per l’attestazione in materia di rendicontazione di sostenibilità e la riduzione del numero dei sindaci effettivi e dei sindaci supplenti. Infine, l’assemblea straordinaria delibererà anche sulla proposta di modifica alla disciplina del diritto di intervento e dell’esercizio del voto in assemblea. LEGGI TUTTO

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    Orcel tira in ballo il tribunale per abbattere il Golden Power

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    Unicredit va allo scontro frontale con il governo. L’istituto guidato da Andrea Orcel, dopo aver tentato invano un dialogo sulle prescrizioni del Golden Power all’offerta su Banco Bpm, annuncia il ricorso al Tar del Lazio contro il decreto della presidenza del Consiglio.A renderlo noto è una nota diffusa ieri dall’istituto di Piazza Gae Aulenti, nella quale si è risposto al comunicato del giorno precedente dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna ed è stata comunicata la rinuncia alla condizione sospensiva sull’operazione Anima, nonostante la mancata concessione dello sconto danese. La parte forte però è quella relativa alla battaglia legale, con la banca ad annunciare che «supporterà l’Ue nel suo esame della situazione». Il riferimento è alla procedura Eu Pilot, con la quale la Commissione ha in corso una interlocuzione con l’Italia per capire se nel decreto Golden Power ci sia una qualche potenziale violazione dei trattati europei. C’è, tuttavia, una via più breve su cui Unicredit fa affidamento per guadagnare una leva negoziale: è quella dell’Antitrust europeo che, a dire degli esperti del gruppo, potrebbe – ai sensi dell’articolo 21, comma 4, dell’EuropeanMerger Regulation – addirittura spingersi a chiedere la revisione o l’annullamento del Dpcm, qualora non riscontrasse la presenza di interessi legittimi o un problema di sicurezza nazionale come invece sostiene il governo. Se mai questo accadesse, però, è chiaro che l’Italia alzerebbe ogni scudo possibile. La data sul calendario è il 4 giugno, quando la Dg Comp (l’Antitrust Ue) potrebbe esprimersi su eventuali rimedi per attuare l’aggregazione tra Unicredit e Bpm. Entro il 19 giugno, invece, dovrebbe esserci il responso sulla richiesta dell’Antitrust italiano di un trasferimento di competenza in quanto operazione rilevante per il mercato interno. È chiaro, però, che se la Dg Comp dovesse infliggere rimedi, allora potrebbe essere un segnale di voler tenere il dossier.Il cavallo sul quale Unicredit punta di più, però, è quello della giustizia amministrativa con la quale si vorrebbero «sciogliere le riserve esistenti sulla legittimità del Golden Power». La banca guidata da Orcel, infatti, ritiene che – in quanto italiana – non gli si debba applicare il Golden Power e che non esistano problemi di sicurezza nazionale (malgrado la presenza in Russia, un Paese sotto sanzioni internazionali). L’idea, quindi, è di richiedere un esame cautelare, equindi accelerato, per avere nel giro di circa un mese un orientamento del tribunale amministrativo (per questo fa gioco la sospensione di Consob, definita «legittima e finalizzata a lasciare il tempo necessario» agli investitori per avere «informazioni chiare e adeguate»). LEGGI TUTTO

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    Governo e Consob agli stracci su Bpm

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    Si alzano i toni dello scontro tra la Consob e il governo Meloni sulla sospensione dell’Ops lanciata da Unicredit su Banco Bpm. La massima autorità di vigilanza sui mercati si è di fatto schierata contro una decisione assunta in nome dell’interesse nazionale. Il presidente della Commissione, Paolo Savona, ieri al Festival dell’Economia di Trento ha lasciato intendere di essere pronto alle dimissioni se la sua decisione (non proprio condivisa al 100% come da lui stesso dichiarato; ndr) dovesse essere ulteriormente avversata. «Se non sono più gradito, me ne vado. La saggezza dell’età impone anche questo», ha dichiarato.Savona, infatti, ha rivendicato la piena legittimità dell’operato della Consob. «Abbiamo applicato la legge, dando tempo al mercato di valutare in una situazione di incertezza», ha detto ribadendo che «la nostra priorità resta la tutela dei risparmiatori».Di diverso avviso Marco Osnato (Fdi), presidente della Commissione Finanze della Camera, che ha definito «sorprendente» la decisione della Consob, lamentando il fatto che questa possa trasmettere all’opinione pubblica il messaggio distorto di un errore da parte dell’esecutivo. «Siamo di fronte a una presa di posizione che rischia di apparire come un’assunzione di parte a favore di Unicredit, che sta chiaramente tentando un pressing sul governo», ha dichiarato in un’intervista a Class Cnbc rimarcando che «una posizione del genere irrigidisce i toni, perché a condizioni immutate è impensabile che l’esecutivo possa fare un passo indietro». Secondo Osnato, «l’Authority dovrebbe facilitare i mercati, non alimentare confusione politica».Ancora più diretto il passaggio in cui Osnato ha messo in discussione l’equidistanza di Savona. «Mi sorprende che una figura con tanta esperienza abbia deciso di abbandonare la consueta prudenza per dare un segnale così netto», ha affermato precisando che «questa Ops è nota da mesi, il mercato ha avuto tutto il tempo per valutarla; e allora perché ora questo intervento che suona come un favore a Unicredit? Che messaggio stiamo dando, che chi rispetta il Golden Power sbaglia e chi fa ricorso ha ragione?». Osnato ha anche ribaltato le critiche mosse all’esecutivo. «Le richieste del governo, come il mantenimento dei titoli di Stato in portafoglio, sono più che ragionevoli», ha evidenziato; quindi «se disturbano tanto Unicredit, è forse perché l’obiettivo reale era liberarsene, ma questo, in una fase così delicata per i conti pubblici, è inaccettabile». LEGGI TUTTO

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    Moody’s promuove l’Italia: “Prospettive positive”

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    «Il giudizio di Moody’s è il frutto del lavoro serio e silenzioso che stiamo portando avanti dall’inizio del governo. Un risultato che arriva, inoltre, in un contesto dove, a fronte di giudizi negativi diffusi, c’è un Paese, l’Italia, al quale viene riconosciuto un upgrade significativo». Così il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha commentato con soddisfazione (e con un chiaro riferimento al recente downgrade degli Usa cui Moody’s ha tolto la tripla A) la decisione dell’agenzia di valutazione di alzare da «stabile» a «positivo» l’outlook sul debito sovrano italiano, pur confermando il rating a Baa3. «Voglio anche sottolineare ha aggiunto il ministro che questo risultato porta un beneficio concreto alle famiglie, alle imprese e persino alle banche italiane».Una promozione che giunge in un momento delicato per molte economie avanzate, ma che, nel caso italiano, certifica la solidità del percorso intrapreso sul fronte dei conti pubblici, della stabilità politica e della tenuta economica generale. È passato, infatti, poco più di un mese dalla promozione di Standard & Poor’s (che l’11 aprile ha alzato il rating a BBB+ con outlook stabile) e dalla conferma della tripla B di Fitch con prospettiva positiva.Alla base della revisione al rialzo dell’outlook da parte di Moody’s c’è un miglioramento significativo del quadro fiscale. L’anno 2024 si è chiuso con un deficit pari al 3,4% del Pil, meglio delle attese sia del governo che della stessa agenzia (3,8%). Il risultato è stato ottenuto grazie a una riduzione della spesa pubblica in particolare con la fine del Superbonus e a un forte aumento delle entrate fiscali, trainato dalla crescita dei redditi da lavoro.Oltre alla disciplina di bilancio, l’Italia può contare su fondamenta economiche robuste. Il mercato del lavoro è solido: il tasso di disoccupazione si è attestato al 6% a marzo 2025, e l’occupazione continua a crescere più rapidamente della forza lavoro disponibile. Le riforme pensionistiche degli anni passati hanno innalzato l’età effettiva di pensionamento, favorendo l’occupazione dei seniores. Inoltre, il crescente numero di contratti a tempo pieno rafforza il potere d’acquisto delle famiglie. LEGGI TUTTO

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    Cardinale sborsa 600 milioni e si compra il Telegraph

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    Non sono tutti riferibili i commenti postati ieri sulle piattaforme Internet del tifo milanista alla notizia che RedBird Capital Partners, il fondo di investimento guidato da Gerry Cardinale che è proprietario del Milan (anche se a Elliott deve ancora 489 milioni di quota capitale del vendor loan più interessi), ha acquisito il Daily Telegraph, storico quotidiano conservatore londinese per 500 milioni di sterline (circa 600 milioni di euro) da Lloyds Bank, creditrice dei fratelli Barclay, miliardari londinesi proprietari fino a cinque anni fa dello storico hotel Ritz.Cardinale ha dato un altro scossone nei media d’Oltremanica, sempre più sotto controllo straniero, dichiarando di voler essere «l’unico azionista di controllo» del Telegraph Media Group, che comprende anche il domenicale Sunday Telegraph, e ha promesso di investire «nelle operazioni digitali, negli abbonamenti e nell’ambito giornalistico», con l’obiettivo di espandere il gruppo a livello internazionale. Sono in corso trattative anche con «investitori di minoranza britannici accuratamente selezionati, specialisti della carta stampata e fermamente impegnati a difendere i valori editoriali del Telegraph», ha precisato la società Usa. Ma è prevista anche una partecipazione fino al 15% del fondo emiratino Imi, da tempo interessato al Telegraph. Proprio un anno fa RedBird in partnership paritaria con Imi si era visto bloccare la scalata al gruppo editoriale dall’intervento del precedente governo conservatore, guidato allora da Rishi Sunak, mentre l’esecutivo laburista di Keir Starmer non ha frapposto particolari ostacoli. LEGGI TUTTO

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    Moody’s promuove l’Italia. Giorgetti: “Frutto di lavoro serio e silenzioso”

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    Moody’s conferma il rating Baa3 per l’Italia e alza l’outlook da stabile a positivo. Un settore bancario “finanziariamente solido favorisce la resilienza economica”, sostiene, “Le banche italiane dimostrano una solida capitalizzazione, una redditività migliorata, un’ampia liquidità e una solida qualità degli attivi”. L’agenzia di rating prevede poi che il debito pubblico raggiungerà il 138,4% del pil nel 2026 e nel 2027, in aumento rispetto al 135,3% dell’anno scorso. Ma “dal 2028 in poi, avanzi primari sostenuti dovrebbero portare il peso del debito a un graduale calo”.La revisione dell’outlook a positivo riflette il “miglioramento delle prospettive di bilancio, in un contesto di performance fiscale migliore del previsto nel 2024 e di un contesto politico interno stabile, che aumenta la probabilità che i parametri di bilancio continuino a migliorare, in linea con il piano strutturale di bilancio a medio termine del governo”. Lo afferma Moody’s in una nota. “Le prospettive di bilancio dell’Italia sono migliorate. Il principale fattore determinante del miglioramento del risultato di bilancio è stata una riduzione della spesa, dovuta principalmente all’eliminazione graduale dei crediti d’imposta per le ristrutturazioni edilizie ad alta efficienza energetica (“superbonus”), ma anche alla forte crescita delle entrate, principalmente derivanti dalle imposte sul reddito delle persone fisiche e da altre imposte”, mette in evidenza Moody’s LEGGI TUTTO