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Si allentano i limiti ai pannelli solari nei campi: ecco chi potrà andare avanti e chi no

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La nuova stesura del decreto Agroalimentare, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, allenta i paletti che erano stati inseriti nella prima stesura del decreto con lo scopo di limitare l’installazione degli impianti fotovoltaici a terra nei terreni ad uso agricolo. Nella sostanza la nuova versione del provvedimento riapre il varco alla possibilità di istallare questo tipo di impianti: e lo fa in misura tale da consentire il raggiungimento degli obiettivi di generazione da energia rinnovabile entro il 2030 previsti da RepowerEu.

Possibili gli interventi di potenziamento

Le modifiche introdotte sono sostanziali: la norma non fa più riferimento alle aree idonee, ma afferma che per gli impianti a terra in aree ad uso agricolo sono consentiti gli interventi di rifacimento, potenziamento o ricostruzione, a patto che non comportino un incremento dell’area occupata. Questo significa che viene ammesso il revamping degli impianti, mentre nella prima versione non era possibile. Per dare l’idea del rilievo che le operazioni di revamping possono avere basti pensare che un impianto con una capacità installata di 16 megawatt può arrivare a 24 megawatt solo sostituendo pannelli vetusti con modelli più moderni.

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Sì agli impianti già in fase di autorizzazione

L’aspetto più significativo è la parte nella quale si prevede che gli impianti per i quali sono stati avviati iter autorizzativi possono essere realizzati in base alle norme precedenti all’entrata in vigore del decreto legge. Il principio intende garantire il legittimo affidamento, e cioè il fatto che imprenditori hanno pianificato investimenti e impiegato risorse economiche per avviare progetti che poi vengono bloccati dalla modifica delle norme in un momento successivo. L’ordinamento italiano tutela il legittimo affidamento: un risarcimento dell’eventuale danno non sarebbe limitato ai soldi spesi per le autorizzazioni, ma anche al mancato guadagno dovuto al fatto che sono stati impiegati tempo e risorse che avrebbero potuto essere più proficuamente impiegati altrove. Questo principio è tutelato anche dall’ordinamento europeo e può essere fatto valere anche dinanzi alla Corte di Giustizia europea, ipotesi non peregrina considerato anche il numero elevato di investitori esteri impegnati in progetti di impianti fotovoltaici a terra.

Oltre 80 gigawatt in fase di autorizzazione

A differenza della precedente versione la nuova norma fa riferimento alle «procedure abilitative, autorizzatorie o di valutazione ambientale già avviate alla data di entrata in vigore del presente decreto», le quali «sono concluse ai sensi della normativa previgente». Il percorso autorizzativo del fotovoltaico a terra, in particolare per quelli di potenza superiore al megawatt, prevede una procedura abilitativa semplificata per impianti di una dimensione non elevata e un’autorizzazione unica per quelli di grandi dimensioni, che devono anche ottenere la Via, valutazione di impatto ambientale. Fare riferimento, nella norma, all’iter autorizzativo avviato non è cosa da poco: ad oggi sono state iniziate queste procedure che coinvolgono la realizzazione di impianti per oltre 80 gigawatt. Una quantità rilevante, se si considera gli obiettivi di RepoweEu prevedono che l’Italia installi 84 gigawatt entro il 2030. Se il nuovo testo sia frutto anche dell’interlocuzione sul decreto avvenuta tra il ministero per l’Agricoltura, quello per l’Ambiente e il Quirinale, il quale nei giorni scorsi aveva sollevato alcuni punti di attenzione sul provvedimento, non è dato saperlo. Vale la pena osservare che, secondo indiscrezioni, il Mase avrebbe garantito al Colle che le nuove misure non avrebbero ostacolato i target sulle rinnovabili derivanti dagli impegni assunti recependo le direttive europee.

Resta l’ambiguità e il rischio dello stop nelle Regioni

Il nuovo punto di equilibrio del testo normativo, comunque, non assicura da solo che l’installazione degli impianti fotovoltaici per il quale è stato avviato l’iter autorizzativo sia in discesa. L’ambiguità creata con il divieto introdotto attraverso il decreto Agricoltura per gli impianti nelle aree agricole al posto di una chiara definizione delle aree idonee in base a quanto stabilito dalla legge del 2021, che prevede espressamente il coinvolgimento delle Regioni e il loro impegno a individuare aree nelle quali raggiungere obiettivi di rinnovabili regionali, lascia i margini agli enti locali per usare criteri discrezionali o per continuare ad approvare moratorie di un anno mezzo sulle autorizzazioni, come deciso nei giorni scorsi dalla regione Sardegna.


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/rss/notizie/politica.xml


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