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    L’India ha lanciato una sonda per studiare il Sole

    Caricamento playerSabato l’India ha fatto partire la sua prima missione spaziale di osservazione del Sole: si chiama Aditya-L1, è partita dal Centro spaziale Sriharikota, nell’India meridionale, e trasporterà una sonda a 1,5 milioni di chilometri di distanza dalla Terra. Il nuovo lancio è arrivato a pochi giorni di distanza da un risultato storico per l’esplorazione spaziale indiana: l’atterraggio sulla Luna della missione Chandrayaan-3, che prevede di esplorare il suolo del satellite con un robot automatico (rover) per un paio di settimane. La missione indiana è stata la prima ad approdare con successo al polo sud della Luna.Alle 11:50 ora locale (le 8:20 in Italia) il razzo Pslv Xl, che pesa 320 tonnellate ed è stato progettato dall’ISRO (Indian Space Research Organistation) è decollato con successo, iniziando un viaggio che durerà quattro mesi: la missione Aditya-L1 prevede alcune orbite intorno alla Terra prima di raggiungere l’obiettivo, posto a circa l’1 per cento della distanza totale che ci separa da Sole. In quella posizione, indicata come punto di Lagrange, le attrazioni gravitazionali di Sole e Terra in parte si compensano, permettendo alla sonda di raggiungere una situazione di “stallo” e di orbitare intorno al Sole, alla stessa velocità della Terra, con un consumo di carburante molto limitato.🌞 Aditya-L1: India’s Sun Gazer 🚀🌠🤩 With the launch of Aditya-L1, ISRO will enter the most elite club of space faring nations.👉 The Aditya-L1 mission is a solar mission by the Indian Space Research Organisation (ISRO).👉 It is the first Indian mission to study the Sun… pic.twitter.com/dnLTrXcmSP— Raj Malhotra (@Rajmalhotrachd) September 2, 2023Da quella posizione Aditya-L1 sarà in grado di osservare il Sole con continuità, anche quando dalla Terra è nascosto causa eclissi, e di portare avanti diversi studi: in particolare verranno analizzati la corona solare, la parte più esterna dell’atmosfera solare, la fotosfera, ossia la superficie solare, e la cromosfera, cioè il sottile strato dell’atmosfera solare spesso 10mila chilometri fra corona e fotosfera.Uno degli obiettivi è studiare l’attività solare, e in particolare i venti e le eruzioni solari che influenzano la Terra e gli oggetti nella sua orbita attraverso radiazioni, calore, flussi di particelle e flussi magnetici. I venti solari possono influenzare anche il funzionamento dei satelliti in orbita intorno alla Terra: l’India ne ha 50, che svolgono funzioni fondamentali di comunicazione, studio e prevenzione di fenomeni atmosferici potenzialmente pericolosi per la popolazione.La missione è stata chiamata Aditya in onore della divinità indù del Sole, conosciuta con questo nome oltre che con quello di Surya. La siglia L1 rappresenta il Lagrange point 1, destinazione finale.#WATCH | Indian Space Research Organisation (ISRO) launches India’s first solar mission, #AdityaL1 from Satish Dhawan Space Centre in Sriharikota, Andhra Pradesh.Aditya L1 is carrying seven different payloads to have a detailed study of the Sun. pic.twitter.com/Eo5bzQi5SO— ANI (@ANI) September 2, 2023Se la missione sarà completata con successo l’India entrerà in un gruppo ristretto di paesi che hanno realizzato studi di questo genere sul Sole: il primo fu il Giappone nel 1981, seguito dagli enti spaziali statunitense ed europeo (NASA e ESA) a partire dagli anni Novanta. Nel 2020 La sonda Solar Orbiter dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha iniziato da  il suo viaggio verso il Sole, che la porterà ad esplorarne i poli. Nel 2021 la sonda della NASA Parker Solar Probe è entrata per la prima volta nell’atmosfera solare.La partenza della missione Aditya-L1 (AP Photo/R. Parthibhan)L’India ha celebrato vivacemente il successo del lancio, confermando la grande attenzione alle missioni spaziali del governo di Narendra Modi: con l’atterraggio controllato sulla Luna del 23 agosto è stato il quarto paese a riuscirci dopo Stati Uniti, Russia (quando era ancora Unione Sovietica) e Cina.– Leggi anche: Parker Solar Probe è entrata nell’atmosfera solare LEGGI TUTTO

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    La sonda russa Luna-25 si è schiantata sulla Luna

    Caricamento playerLa sonda della missione spaziale russa Luna-25 si è schiantata sulla Luna, dove sarebbe dovuta atterrare per attività di esplorazione e ricerca. Lo ha fatto sapere l’agenzia spaziale russa Roscosmos, dicendo di aver perso il contatto con la sonda sabato. La missione Luna-25 era partita su un razzo Soyuz da Vostochny, nell’estremo est della Russia e non lontano dal confine cinese, l’11 agosto; avrebbe dovuto raggiungere il suolo lunare lunedì. Non si sa cosa abbia causato la «situazione d’emergenza» che ha portato allo schianto. Roscosmos ha detto che farà un’indagine in merito.Luna-25 era la prima missione lunare russa in quasi cinquant’anni: la precedente, Luna-24, fu lanciata nel 1976, quando ancora era in corso la “corsa allo Spazio” tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Nominando la nuova missione Luna-25, il governo russo del presidente Vladimir Putin ha voluto sottolineare la continuità con la stagione piuttosto importante dell’esplorazione spaziale sovietica e cercare di dimostrare che la Russia è tornata a essere un paese capace di operare nello Spazio. Oltre agli obiettivi scientifici, la missione aveva anche un evidente valore politico e simbolico, che si è amplificato ulteriormente con l’inizio della guerra in Ucraina.Se tutto fosse andato come da programmi, la sonda avrebbe dovuto raggiungere il suolo lunare sul polo sud del satellite, dove avrebbe prelevato e analizzato campioni di terreno e ghiaccio dal polo sud lunare. Il polo sud lunare è anche l’obiettivo della missione spaziale indiana Chandrayaan-3, partita il 14 luglio: la sua sonda è attualmente in orbita attorno al satellite e dovrebbe cercare di atterrarci nei prossimi tre o quattro giorni.La Russia avrebbe voluto arrivare prima dell’India perché il polo sud lunare è stato poco esplorato e nessuna nave spaziale è mai allunata in questa regione; le missioni finora si sono concentrate nella zona equatoriale. Il polo sud lunare è considerato interessante per la presenza di acqua sotto forma di ghiaccio, che in futuro potrebbe essere sfruttata per il mantenimento di una base con esseri umani. LEGGI TUTTO

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    C’è un grande punto interrogativo nello Spazio

    Caricamento playerIl 26 luglio il sito del James Webb Space Telescope (JWST), il più grande e potente telescopio spaziale mai realizzato, ha diffuso una fotografia di due stelle in formazione che si trovano a 1.470 anni luce di distanza dalla Terra, nella costellazione delle Vele. L’immagine è piuttosto spettacolare come tutte quelle fatte dal JWST, uno strumento sofisticatissimo che ci permette di vedere ammassi di galassie lontane miliardi di anni luce da noi. Varie persone però hanno notato soprattutto un dettaglio secondario rispetto al soggetto della fotografia: una forma luminosa apparentemente a forma di punto interrogativo.La si distingue in basso a destra rispetto alla nebulosa in cui si stanno formando le due stelle, nella versione in alta risoluzione della fotografia. Sui social network l’immagine è stata commentata scherzosamente ipotizzando che l’Universo voglia chiederci qualcosa.Fotografia della coppia di stelle in formazione nella nebulosa Herbig-Haro 46/47 realizzata dal James Webb Space Telescope e diffusa il 26 luglio 2023; l’apparente punto interrogativo è in basso a destra rispetto alla nebulosa (NASA, ESA, CSA, Joseph DePasquale (STScI), Anton M. Koekemoer (STScI))Dettaglio ingrandito della fotografia in cui è indicata la posizione del “punto interrogativo” (NASA, ESA, CSA, Joseph DePasquale (STScI), Anton M. Koekemoer (STScI))Chris Britt, astronomo dello Space Telescope Science Institute, il centro di ricerca che gestisce il JWST, ha spiegato al New York Times che un’altra formazione a forma di punto interrogativo era già stata osservata: è una fusione galattica, cioè due galassie in grande avvicinamento, chiamata II Zwicky 96 e molto più vicina alla Terra. Entrambe le formazioni sono così lontane che è difficile capire meglio come siano fatte e perché sembrino avere questa forma particolare.Anche questo “punto interrogativo” potrebbe essere dovuto alla fusione di due galassie. È una delle ipotesi che lo Space Telescope Science Institute ha menzionato al sito di divulgazione Space.com: «La loro interazione potrebbe aver causato la forma distorta che sembra un punto interrogativo». Matt Caplan, professore di fisica della Illinois State University, ha detto al sito che la parte superiore del punto interrogativo potrebbe essere una parte di una galassia più grande modificata dalla fusione.Sappiamo in ogni caso che si tratta di qualcosa di molto distante per via del suo colore rossastro, e potrebbe essere la prima volta che viene osservato. È così per molti oggetti spaziali fotografati dal JWST, che ha una risoluzione molto maggiore di quella di Hubble, il precedente più grande telescopio spaziale costruito dall’umanità. Il nuovo telescopio, realizzato dalla NASA, l’agenzia spaziale statunitense, insieme all’Agenzia spaziale europea (ESA) e a quella canadese (CSA) e lanciato nello Spazio alla fine del 2021, è in grado di vedere galassie distanti anche più di 13 miliardi di anni luce, cioè che esistevano solo 450 milioni di anni dopo il Big Bang.Dennis Overbye, il giornalista scientifico autore dell’articolo del New York Times, ha osservato che se si accettano le regole della meccanica quantistica «bisogna accettare che il caso fa parte della fondamentale realtà delle cose»: nell’enormità dell’Universo è possibile che si veda qualcosa con una forma che su questo pianeta ha un significato.– Leggi anche: Il significato del punto LEGGI TUTTO

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    Perché la Russia vuole tornare sulla Luna

    Nelle prime ore di venerdì è partita la missione spaziale russa Luna-25, il cui scopo è portare una sonda sul polo sud lunare per attività di esplorazione e di ricerca. Luna-25 è la prima missione lunare russa in quasi cinquant’anni: la precedente, Luna-24, fu lanciata nel 1976, quando ancora era in corso la “corsa allo Spazio” tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Nominando la nuova missione Luna-25, il governo russo del presidente Vladimir Putin ha voluto sottolineare la continuità con la stagione piuttosto importante dell’esplorazione spaziale sovietica e cercare di dimostrare che la Russia è tornata a essere un paese capace di operare nello Spazio.Luna-25 è partita da Vostochny, nell’estremo est della Russia e non lontano dal confine cinese. È partita su un razzo Soyuz, che è in uso dall’epoca sovietica ed è stato più volte aggiornato. Secondo Roscosmos, l’agenzia spaziale russa, la missione dovrebbe entrare nell’orbita lunare il 16 agosto e fare un primo tentativo di allunaggio il 21. Se l’allunaggio avrà successo, Luna-25 rimarrà attiva sul suono lunare per circa un anno, per condurre test ed esperimenti. Gli obiettivi di Roscosmos sono principalmente due: testare le proprie tecnologie e strumentazioni in vista di future missioni e prelevare e analizzare campioni di terreno e ghiaccio dal polo sud lunare.Il polo sud lunare è stato poco esplorato e nessuna nave spaziale è mai sbarcata in questa regione perché le missioni finora si sono concentrare nella zona equatoriale. È considerato interessante per la presenza di acqua, sotto forma di ghiaccio, che in futuro potrebbe essere sfruttata per il mantenimento di una base con esseri umani.Luna-25 porterà sulla Luna un “lander”, cioè una sonda che rimarrà fissa là dove è allunata. La missione non comprende invece un “rover” (un veicolo automatico capace di spostarsi sulla superficie lunare) e nemmeno un “orbiter”, cioè un veicolo che orbita attorno alla Luna per raccogliere dati dall’alto.Luna-25 punta piuttosto chiaramente a essere la prima a fare un allunaggio di successo nel polo sud lunare. La speranza della Russia è di riuscire a battere sul tempo la missione indiana Chandrayaan-3, che è partita un mese fa (il 14 luglio) ma che impiegherà più tempo a raggiungere la Luna perché ha preso un percorso più lungo che richiede un minor dispendio di carburante. Luna-25 dovrebbe fare il suo allunaggio il 21 agosto, mentre si stima che Chandrayaan-3 allunerà tra il 21 e il 23 agosto.Luna-25 si pone in continuità diretta con le missioni lunari sovietiche non soltanto nel nome. Il progetto della missione ricorda piuttosto da vicino i progetti sovietici di cinquant’anni fa: «L’architettura del lander è molto simile a quelli che l’Unione Sovietica usava per gli allunaggi negli anni Settanta, ma più piccolo», ha detto al New York Times Anatoly Zak, un esperto di settore spaziale russo.Per il governo russo di Vladimir Putin Luna-25 ha anche un evidente valore politico e simbolico, che si è amplificato ulteriormente con l’inizio della guerra in Ucraina. Per la Russia, e in particolare per un leader autoritario e nazionalista come Putin, i successi spaziali dell’Unione Sovietica sono uno dei momenti più gloriosi della storia russa. La cosiddetta “corsa allo Spazio”, cioè quel periodo di competizione tecnologica che portò Stati Uniti e Unione Sovietica a raggiungere eccezionali successi nell’ambito dell’esplorazione spaziale, è ancora oggi ricordata in Russia come uno dei momenti di massima potenza e influenza del paese.Dopo il crollo dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni Novanta, anche il programma spaziale russo entrò in grave crisi. La Russia continuò a mantenere le infrastrutture di epoca sovietica e a usarle per numerose importanti operazioni. Per esempio per alcuni anni dopo la fine del programma spaziale americano degli Shuttle, il razzo Soyuz russo è stato l’unico mezzo con cui era possibile mandare esseri umani in orbita. Ma le missioni più grandi e ambiziose furono bloccate praticamente del tutto. Per questo riportare la Russia nello Spazio è sempre stato una delle priorità del grande piano di restaurazione nazionale di Vladimir Putin.La necessità di mostrare a livello internazionale che la Russia è un paese capace di lanciare ambiziose missioni spaziali è diventata più urgente dopo l’invasione russa dell’Ucraina, quando la Russia è stata colpita da imponenti sanzioni occidentali che hanno, tra le altre cose, l’obiettivo di danneggiare il suo settore tecnologico privandolo dell’accesso alle tecnologie e ai componenti occidentali. La guerra inoltre ha annullato quasi del tutto i progetti di collaborazione tra l’agenzia spaziale russa e quelle occidentali.Con Luna-25 la Russia tenta di dimostrare di essere immune alle sanzioni, e capace di lanciare una missione lunare nonostante i tentativi dell’Occidente di isolarla e colpirla economicamente. In realtà le missioni come Luna-25 richiedono molti anni di preparazione, e difficilmente le sanzioni imposte poco più di un anno fa hanno influito pesantemente sulla missione. Non è chiaro invece se e quanto le sanzioni influiranno sulle prossime eventuali missioni. La Russia spera di lanciare nei prossimi anni una missione Luna-26, che dovrebbe essere un orbiter, e Luna-27, che dovrebbe essere costituita da un lander più grande e sviluppato di quello della missione attuale. LEGGI TUTTO

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    Virgin Galactic ha effettuato il suo primo volo commerciale verso lo Spazio con turisti a bordo

    Virgin Galactic, la società per il “turismo spaziale” del miliardario britannico Richard Branson, ha effettuato il suo primo volo commerciale verso lo Spazio con a bordo turisti. In totale l’equipaggio era composto da sei persone: Keisha Schaff e la figlia Anastasia Mayers, due turiste di Antigua, nei Caraibi, e Jon Goodwin, ex canoista che partecipò alle Olimpiadi di Monaco del 1972; oltre a loro c’erano la pilota Kelly Latimer, il comandante CJ Sturckow, ex astronauta della NASA, e Beth Moses, istruttrice dell’azienda.Il volo è stato effettuato a bordo di SpaceShipTwo – VSS Unity, uno “spazioplano” che si comporta come un aeroplano ma è capace di raggiungere gli strati più alti dell’atmosfera. La partenza è avvenuta alle 17 ora italiana da Spaceport America, la base di lancio di Virgin Galactic, costruita nel deserto del New Mexico. Il volo funziona così: lo spazioplano viene trasportato a circa 15mila metri da un aeroplano più grande, poi si sgancia e prosegue il proprio volo fino a raggiungere gli 80mila metri circa di altitudine. Dopo qualche minuto nel quale i membri a bordo galleggiano liberi all’interno della cabina, effettua un rapido rientro sulla Terra, atterrando come un normale aeroplano.Lo spazioplano era stato impiegato a fine giugno per il suo primissimo volo commerciale: a bordo però c’era un equipaggio che faceva parte della Virtute 1, che è ufficialmente una missione con «scopi scientifici», quindi diversa dai voli spaziali pensati per consentire alle persone di sperimentare per qualche minuto gli effetti della quasi totale assenza di peso. Un volo spaziale di Virgin Galactic costa 450mila dollari: un prezzo che le persone sono disposte a pagare, secondo l’azienda, che dice di avere centinaia di clienti in attesa.Virgin Galactic successfully launched a 60-minute flight to the edge of space with civilians onboard.@GadiNBC spoke to the three new astronauts who got the ride of a lifetime. pic.twitter.com/Ke1w24q5IL— NBC Nightly News with Lester Holt (@NBCNightlyNews) August 11, 2023– Leggi anche: Il primo volo commerciale di Virgin Galactic Persone osservano le immagini che arrivano dall’interno dello “spazioplano” di Virgin Galactic durante il volo di giovedì 10 agosto (AP Photo/ Andrés Leighton) LEGGI TUTTO

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    La NASA ha perso contatto con la sonda Voyager 2 dopo aver inviato un comando errato

    La NASA ha comunicato di aver perso contatto con la sonda Voyager 2, attualmente lontana 19,9 miliardi di chilometri dalla Terra, nello Spazio interstellare. Il contatto è stato perso in seguito a un comando errato spedito dall’agenzia spaziale alla sonda, che ha provocato un malfunzionamento dell’antenna. Dal 21 luglio la sonda non è quindi in grado di ricevere comandi o di spedire dati alla NASA, ma sono in corso tentativi per inviarle il comando corretto. Voyager 2 è comunque programmata per resettare i suoi sistemi e recuperare il giusto orientamento verso la Terra più volte durante l’anno: la prossima è fissata il 15 ottobre, quando secondo la NASA dovrebbe tornare a stabilire un contatto e a comunicare. Mercoledì comunque la NASA ha fatto sapere di aver captato un segnale della presenza della sonda, che è ancora funzionante.Earth to Voyager… 📡 The Deep Space Network has picked up a carrier signal from @NASAVoyager 2 during its regular scan of the sky. A bit like hearing the spacecraft’s “heartbeat,” it confirms the spacecraft is still broadcasting, which engineers expected. https://t.co/tPcCyjMjJY— NASA JPL (@NASAJPL) August 1, 2023La sonda Voyager 2 è in viaggio dal 1977 e si trova all’esterno dell’eliosfera, la grande bolla magnetica prodotta dal Sole che contiene buona parte del Sistema solare: come Voyager 1 era stata progettata per esplorare Giove e Saturno, con missioni della durata massima di 5 anni. Entrambe sono invece nello Spazio da 41 anni e ci hanno permesso di scoprire molte cose sulle aree più remote del nostro sistema solare. (AP-Photo/HO) LEGGI TUTTO

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    La missione spaziale indiana Chandrayaan-3 è partita verso la Luna

    Intorno alle 11 di venerdì mattina è partita verso la Luna la missione spaziale indiana Chandrayaan-3, il cui scopo è portare un rover (un robot automatico) per esplorare il polo sud lunare. La regione finora è stata poco esplorata, ma è considerata interessante per la presenza di acqua, sotto forma di ghiaccio, che in futuro potrebbe essere sfruttata per il mantenimento di una base con esseri umani.Se Chandrayaan-3 riuscisse a compiere un atterraggio controllato, l’India diventerebbe la quarta nazione nella storia a essere riuscita a raggiungere la Luna, dopo gli Stati Uniti (gli unici ad averlo fatto con esseri umani), la Cina e la Russia. L’allunaggio è previsto tra il 22 e il 23 agosto e il rover condurrà vari esperimenti e rilevazioni nel corso di un paio di settimane. ISRO, l’Agenzia spaziale indiana, ha detto che l’obiettivo generale della missione è sviluppare e testare nuove tecnologie necessarie per ulteriori missioni, anche interplanetarie. Oltre agli scopi scientifici, il governo indiano spera che l’iniziativa aumenti il prestigio internazionale del paese in ambito scientifico, e che sostenga il settore delle imprese spaziali private.È la seconda missione lanciata dall’India per arrivare sulla Luna. La prima, chiamata Chandrayaan-2, partì nel 2019. Arrivò con successo nell’orbita lunare, ma il lander, la parte di razzo che doveva atterrare sulla superficie, si schiantò. (AP Photo/Aijaz Rahi) LEGGI TUTTO

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    È il giorno del telescopio spaziale Euclid

    Caricamento playerAlle 17:11 (ora italiana) di oggi un razzo Falcon 9 della compagnia spaziale privata SpaceX trasporterà oltre l’atmosfera terrestre Euclid, il nuovo telescopio spaziale dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), per studiare due delle caratteristiche più sfuggenti dell’Universo: la materia oscura e l’energia oscura. Condizioni del meteo permettendo, il lancio avverrà da Cape Canaveral in Florida (Stati Uniti) e il telescopio impiegherà circa un mese per raggiungere il proprio punto di osservazione a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra. La missione è molto attesa perché potrebbe offrire dati importanti per capire meglio l’evoluzione e la struttura dell’Universo.OscuroSiamo fatti di materia e circondati dalla materia, di conseguenza ne abbiamo un’esperienza diretta in ogni istante della nostra esistenza, tanto da non farci nemmeno caso. La materia è tantissima, ma in termini cosmologici – cioè dello studio dell’Universo nel suo complesso – è poca roba: si stima che costituisca meno del 5 per cento dell’Universo conosciuto. Tutto il resto, secondo le teorie più condivise, è formato per il 25 per cento circa di materia oscura e per il 70 per cento di energia oscura. Entrambe sono completamente invisibili sia ai nostri occhi sia agli strumenti e non sappiamo nemmeno di preciso che cosa siano né come funzionino. Al tempo stesso, siamo ormai abbastanza certi che esistano, perché in loro assenza non si potrebbero spiegare alcuni dei fenomeni che invece riusciamo a osservare e che conosciamo ormai piuttosto bene.Rappresentazione schematica di che cosa si intende per “materia” in rapporto alle altre forme “oscure” ipotizzate (ESA)Quando nel Novecento si iniziarono a calcolare le caratteristiche dell’Universo, e ad applicare modelli teorici per spiegarne le peculiarità, divenne evidente che la quantità di materia che ci è visibile non era sufficiente per spiegare il modo in cui l’Universo è strutturato e sta insieme.Un esempio che viene spesso utilizzato per dare l’idea del problema parte dalle galassie, i grandi sistemi che comprendono stelle, pianeti e materiale interstellare soprattutto sotto forma di gas e polveri. La quantità di materia osservabile di una galassia è però relativamente poca: sulla base delle conoscenze di cui disponiamo, non è sufficiente per far sì che le stelle che ne fanno parte restino insieme senza sparpagliarsi per l’Universo (c’è una stretta relazione tra massa e gravità). Uno dei modi per trovare una spiegazione è ipotizzare che ci sia qualcos’altro dentro e intorno alle galassie che ne favorisce la coesione. Qualcosa che non emette o riflette luce e che non si fa rilevare, ma che comunque esiste e aggiunge ulteriore massa: la materia oscura.La galassia NGC 5005 visibile nella costellazione dei Cani da Caccia (NASA, ESA e L. Ho, Peking University; Gladys Kober, NASA/Catholic University of America)La sua esistenza aiuterebbe a spiegare molte cose, ma non tutto sul funzionamento dell’Universo. Circa un secolo fa l’astrofisico statunitense Edwin Hubble scoprì che l’Universo si sta espandendo mentre studiava il modo in cui appaiono le galassie più distanti da noi. Quasi 70 anni dopo, si sarebbe scoperto che l’Universo è in una fase di espansione accelerata, cioè che la velocità a cui si sta espandendo aumenta nel tempo. Era una scoperta rivoluzionaria e inattesa, perché contraddiceva alcune parti del modello teorizzato fino ad allora per descrivere l’Universo, secondo il quale la gravità avrebbe via via portato l’espansione a rallentare.Da quella scoperta è passato circa un quarto di secolo e ancora non sappiamo che cosa determini l’accelerazione, ma ci sono comunque diverse teorie. Una delle più condivise ipotizza che ci sia un particolare tipo di energia – cioè l’energia oscura – che contrasta in qualche modo la gravità e che fa sì che l’Universo acceleri nella propria espansione. È una forma di energia ipotetica che sarebbe distribuita omogeneamente nello Spazio e che come nel caso della materia oscura non riusciamo a rilevare direttamente.Studiare qualcosa che non è osservabile è molto difficile, ma nel corso del tempo chi si occupa di astrofisica ha trovato qualche soluzione. Una di queste è raccogliere dati estremamente precisi su quello che invece riusciamo a osservare e confrontarlo con ciò che dovrebbe succedere secondo i modelli teorici, in modo da capire che cosa manca nella realtà per completare il quadro. Il telescopio spaziale Euclid avrà proprio questo compito: effettuare misurazioni molto precise e di una enorme porzione di cielo per trovare indizi su ciò che nemmeno i suoi strumenti possono vedere.Com’è fatto EuclidEuclid è stato costruito da Thales Alenia Space a Torino e da Airbus Defence and Space a Tolosa, in Francia. Il telescopio vero e proprio è un cilindro alto circa 4 metri con un diametro di 1,2 metri ed è collegato al “modulo di servizio”, una base rettangolare che contiene al proprio interno sistemi per gestire e trasmettere verso la Terra i dati raccolti, per la propulsione e per la distribuzione dell’energia elettrica. Telescopio e base messi insieme fanno raggiungere a Euclid un’altezza di 4,7 metri e una larghezza di 3,7 metri. La massa complessiva è di 2 tonnellate, più o meno quanto un SUV di grandi dimensioni.Il telescopio spaziale Euclid nelle ultime fasi di preparazione: si notano il telescopio vero e proprio (il cilindro bianco centrale) e i pannelli fotovoltaici (ESA)A un lato del modulo di servizio è assicurato un grande pannello che serve a proteggere il telescopio spaziale dalla radiazione solare e a raccogliere l’energia elettrica, attraverso pannelli fotovoltaici, per alimentare i sistemi di Euclid. Lo schermo ha la funzione di evitare che si scaldino troppo i due principali strumenti del telescopio, che devono funzionare rispettivamente a -120 e a -180 °C.Lo strumento VIS (VISible instrument) serve per realizzare immagini nello spettro visibile, cioè la porzione di luce che riusciamo a cogliere con i nostri occhi. NISP (Near-Infrared Spectrometer and Photometer) è invece uno strumento per le osservazioni nell’infrarosso, la parte della radiazione elettromagnetica che non riusciamo a vedere perché ha una frequenza inferiore a quella della luce visibile. Entrambi gli strumenti sono stati forniti dallo Euclid Consortium, una collaborazione internazionale di scienziati cui partecipano 14 paesi europei e altri gruppi di ricerca da Stati Uniti, Canada e Giappone. Il progetto ha coinvolto più di duemila persone con vari gruppi di ricerca e di lavoro anche in Italia.Superata l’atmosfera terrestre, Euclid inizierà un lungo viaggio che gli permetterà di raggiungere il punto di Lagrange “L2” a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, in direzione opposta rispetto al Sole. È un punto di osservazione particolare che in sostanza permette di seguire la Terra a grande distanza, in modo da compiere osservazioni nello Spazio profondo. L2 è utilizzato spesso per questo tipo di missioni e da più di un anno ospita anche il James Webb Space Telescope, il telescopio spaziale più potente e che compie attività di osservazione in buona parte diverse da quelle che farà Euclid.Il viaggio di Euclid verso L2 durerà circa un mese. Una volta arrivato a destinazione il telescopio attiverà i propri strumenti e seguiranno un paio di mesi di test e di calibrazioni. Terminata questa fase di avvio, a ottobre il telescopio sarà pronto per iniziare a osservare e rilevare dati su galassie lontane miliardi di chilometri. Il suo obiettivo sarà mappare circa un terzo del cielo, creando una mappa tridimensionale molto precisa, che potrà essere impiegata per calcolare l’espansione dell’Universo.Il telescopio spaziale sfrutterà anche un effetto particolare chiamato “lente gravitazionale”, che si verifica quando la luce emessa da una galassia arriva distorta a chi la sta osservando a grandissima distanza, a causa delle concentrazioni di materia che trova lungo il proprio percorso. Questa materia che devia la luce è costituita da altre galassie – che possono quindi essere osservate – e per una parte consistente dalla materia oscura, che non può essere invece rilevata.Grazie a misurazioni molto accurate si può ricostruire quanta materia sia necessaria per determinare una lente gravitazionale, indagare quanta materia “normale” sia stata coinvolta e dedurre quanta materia oscura abbia contribuito al fenomeno. In questo modo si può inferire la presenza della materia oscura e soprattutto scoprire come è distribuita nella porzione di Universo osservato.I datti raccolti da Euclid saranno processati dalla parte scientifica dello Euclid Consortium e messi poi a disposizione della comunità scientifica. Immagini, dati sulla luminosità delle galassie e molto altro potranno essere utilizzati per nuove ricerche e per pianificare future nuove missioni spaziali, alla ricerca di cosa non riusciamo a vedere. LEGGI TUTTO