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    Sull’Ops Unicredit-Bpm. Fi si scopre a due anime

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    Da una parte il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, ha scelto una linea di neutralità e pro-mercato sull’offerta pubblica di scambio lanciata da Unicredit su Banco Bpm. Dall’altra, un altro big del partito azzurro, Giorgio Mulè, intervistato a Sky Tg 24 rivela un pensiero più allineato a quello leghista dove non si esclude il ricorso al golden power su Unicredit, nonostante sia una banca con sede a Milano. Insomma, il risiko bancario divide Forza Italia. «Avrà pure una mezza bandiera italiana ma fa in maniera evidente un tipo di strategia che è di tipo finanziario e non di assistenza al territorio», ha affermato il deputato e vice presidente della Camera Mulè. «Sono molto attento a quello che accade nel risiko tra Bpm e Unicredit», ha aggiunto, «il mercato decide se il prezzo offerto è giusto o sbagliato ma a me interessa che queste due banche garantiscano i mutui, diano prestiti. Se guardo a Banco Bpm nell’ultimo anno i prestiti sono aumentati del 10%, mentre quelli di Unicredit magari sono diminuiti». Infine Mulè piazza l’affondo: «A me interessa che ci sia una banca italiana o a maggioranza italiana che dia queste garanzie. Oggi guardo a questo, pur nel rispetto delle prerogative della Bce». LEGGI TUTTO

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    “Italia e Libia come un ponte tra Europa e Africa, ma serve un sistema Paese per spingere le nostre Pmi”

    Presidente Colicchi, il figlio di Haftar è stato due giorni a Roma, lo ha invitato lei?Da tempo la Camera di Commercio Italo-Libica coltiva le relazioni con la Libia orientale come con quella occidentale. Abbiamo colto l’occasione di una sua visita nel nostro Paese.La Libia era un po’ uscita dai riflettori. È però importante tornare a parlare di questo Paese. Com’è la situazione lì?Da un punto di vista della stabilità politica è ancora in corso, purtroppo, una generica incertezza. Da un punto di vista della sicurezza fisica, invece, le dico questo: io giro a Tripoli con assoluta serenità, magari anche più di quanto non potrei fare quando mi trovo a Milano. L’instabilità, in sostanza, riguarda il contesto politico, che permane complesso e richiede comunque di muoversi con attenzione e con contatti fidati, ma non la “sicurezza fisica” immediata, come invece in una zona di guerra. Aggiungo che la Farnesina, finalmente, ha ammorbidito il famoso sconsiglio per cui si diceva, in passato, di non andare in Libia. Certo, per turismo ancora vige il “warning”, ma per business non è più apertamente sconsigliato visitare il Paese, ovviamente fatte salve le misure di mitigazione del rischio e in generale il buon senso.La Libia è sempre stata fondamentale per l’Italia fino al 2011, poi l’abbiamo persa. Adesso con il piano Mattei questa nazione è tornata centrale nella nostra agenda. Quali sono gli investimenti che ora sarebbero più adatti per il contesto libico?Secondo noi la Libia, trattandosi di un Paese con grandi risorse, non richiede da parte italiana grandi investimenti di carattere finanziario. Richiede, semmai, grandissimi investimenti per facilitare l’apertura dei mercati nonché l’ingresso delle nostre PMI in loco. Il vero tesoro del nostro Paese, quello cioè che possiamo esportare all’estero, coincide infatti con la genialità dei nostri piccoli e medi imprenditori, dai quali sostanzialmente dipende l’economia italiana. E la Libia è un territorio eccezionale per la loro penetrazione. Il settore privato libico, relativamente giovane ed estremamente dinamico, merita di trovare controparti pronte a farlo crescere con capacità, tecnologie, investimenti in capitale umano, con una logica win-win.Non è vero che abbiamo perso la Libia, siamo primi partner economici con oltre 9 miliardi di euro di interscambio (il doppio che con la Tunisia o con il Brasile o con l’India), primi importatori e terzi esportatori (dopo Turchia e Cina). Vero è che molto di questo commercio riguarda idrocarburi e prodotti raffinati, ma macchinari ed agroalimentare stanno proporzionalmente aumentando come componenti del nostro export. L’Italia è la più rappresentata tra i Paesi europei ed occidentali alle numerose manifestazioni fieristiche sia a Tripoli che a Bengasi, e nessun altro Paese ad oggi ha realizzato un Business Forum con oltre 100 aziende italiane in presenza come noi.Per quale motivo?La Libia è un Paese ricco, dove c’è molta ricchezza circolante. C’è un grande desiderio dei libici di fare impresa. Le porto un dato: ci sono 250mila imprenditori su 6-7 milioni di abitanti, e i primi sono alla ricerca di partner, tecnologie e competenze. Ricordiamoci che fino al 2011 in Libia esistevano pochissimi veri imprenditori, perché tutto era dominato dal settore pubblico. Oggi le cose cominciano a cambiare. I libici adorano poi il brand italiano. Per dire che un prodotto è di alta qualità dicono che è “italiano”, e non lo dicono in arabo ma proprio usando il termine mutuato dalla nostra lingua. È un Paese, inoltre, che si trova ad un’ora e mezza di volo dall’Italia, dove tutti alla fine parlano inglese (gli anziani anche italiano) e visitato dai nostri imprenditori. Ci sono, insomma, tutte le condizioni ideali per un nostro “sbarco”, non tanto con le baionette, ma con la nostra capacità di intrattenere rapporti. Alla fine, il destino italiano e libico – geografico, geopolitico, geostrategico – è quello di stare assieme. Il 40% del traffico mondiale di merci passa a cento miglia da ognuna delle nostre coste, e nessuno di noi riesce ad intercettarlo. In Libia, tra l’altro, c’è un grandissimo commercio con il centro Africa, e dovremmo inserirci in questo meccanismo. Dovremmo far valere un concetto del genere: “Italia e Libia come ponte tra Europa e Africa”. Ecco: a noi manca il sistema Paese. Noi abbiamo apprezzato tantissimo la missione organizzata con (e non per) la presidente del Consiglio il 29 ottobre scorso perché – a mia memoria – è stata la prima volta che ho visto un Presidente del Consiglio non andare in un Paese straniero portandosi dietro le imprese come comparse. Al contrario, in quell’occasione ho visto un presidente che è venuto in Libia a sostenere, a spingere le piccole e medie imprese. È una cosa che ha colpito tutti. È un buon inizio.Però?Non riusciamo ad avere un sistema Paese, per cui dovremmo spingere tutti insieme come fanno gli altri Stati. Ambasciata, Ice e Consolato a Tripoli (e Bengasi) fanno sforzi encomiabili, ma non basta. L’Italia si autovincola con tante piccole problematiche burocratiche, in cui non si capisce chi è competente per fare cosa. Noi vorremmo invece una vera cabina di regia dove tutti i protagonisti che possono provare a mettere insieme ciò che serve per facilitare la libertà e la sicurezza delle nostre imprese in Libia, possano creare questi presupposti. Abbiamo firmato un protocollo – che se ci lavoriamo bene potrebbe essere determinante – con il ministero del Governo Locale, che in Libia è il ministero che si occupa anche delle piccole e medie imprese, in cui ci proponiamo di facilitare problemi di dogana, bancari, burocratici.I libici sono corretti. Non ho mai visto un’impresa libica che non ha pagato una italiana. Il problema è che spesso ci sono difficoltà perché la banca è fuori dal sistema internazionale, bisogna triangolare con la Tunisia o con la Turchia, le lettere di credito sono complicate perché ci sono problemi… Se riuscissimo a sciogliere questi nodi potremmo dare sfogo alle potenzialità del sistema delle nostre PMI, inserendole in un contesto ricco e ben accogliente.Può spiegare meglio perché Italia e Libia sono unite, come lei usa dire, da un unico destino? LEGGI TUTTO

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    Apprendistato, dimissioni e smart working: approvato il ddl Lavoro. Tutte le novità

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    Il disegno di legge (DdL) Lavoro, collegato alla manovra di bilancio dello scorso anno, ha finalmente tagliato il traguardo con l’approvazione definitiva da parte del Senato. Con 81 voti favorevoli, 47 contrari e un’astensione, il provvedimento introduce importanti novità nel panorama lavorativo italiano. Analizziamo le principali disposizioni.Contratto Misto di Lavoro: FunzionamentoIl contratto misto consente all’azienda di assumere un lavoratore con un rapporto che combina lavoro autonomo a partita Iva e lavoro dipendente. Questo modello offre vantaggi fiscali, poiché il lavoratore potrà accedere al regime forfettario, pagando solo il 15% di tasse. Anche l’azienda beneficerà di minori costi.Versioni del ContrattoProfessionisti iscritti in albi e i datori di lavoro con oltre 250 dipendenti: Possono accedere al regime forfettario se assunti con un contratto part-time indeterminato (40-50% del tempo pieno).Professionisti non iscritti: Possono accedere al regime forfettario con un contratto di lavoro dipendente, seguendo specifiche modalità stabilite in un accordo aziendale.Nuove Regole per le Dimissioni di FattoDopo 15 giorni di assenze ingiustificate, il rapporto di lavoro sarà considerato risolto per volontà del lavoratore, senza applicare la disciplina delle dimissioni online. Questa norma mira a frenare l’accesso alla Naspi, che è possibile solo per chi ha perso involontariamente il lavoro. Di fatto le assenze ingiustificate sono equiparate alle dimissioni volontarie.Cambiamenti nei Contratti a Termine StagionaliLe riassunzioni a termine entro 10/20 giorni non saranno trasformate automaticamente in contratti a tempo indeterminato. La definizione di “stagionalità” viene ampliata, includendo attività legate a intensificazioni lavorative in determinati periodi dell’anno.Periodo di ProvaPer i contratti a termine, il periodo di prova sarà di 1 giorno per ogni 15 giorni di calendario, con un minimo di 2 e un massimo di 15 giorni per contratti fino a sei mesi, e 30 giorni per contratti superiori a sei mesi.Maggiore Tutela per i Liberi ProfessionistiLe libere professioniste godranno di una sospensione degli adempimenti verso la pubblica amministrazione dall’ottavo mese di gravidanza fino a un mese dopo il parto. Inoltre, i termini di sospensione si applicheranno anche in caso di ricovero ospedaliero del figlio.Cassa Integrazione e LavoroSi amplia la compatibilità della cassa integrazione con attività lavorativa. I lavoratori che svolgono attività durante il periodo di integrazione salariale non perderanno il diritto all’indennità, ma questa sarà ridotta in proporzione ai guadagni.Comunicazioni per lo Smart WorkingI datori di lavoro dovranno comunicare telematicamente al Ministero del lavoro i dettagli dei lavoratori in smart working entro cinque giorni dall’inizio del periodo di lavoro agile.Spinta all’ApprendistatoL’apprendistato potrà essere trasformato in apprendistato professionalizzante o di alta formazione, previa revisione del piano di formazione.Rateizzazione dei Debiti ContributiviA partire dal 1° gennaio 2025, sarà possibile rateizzare i debiti per contributi e premi dovuti all’Inps e all’Inail in un massimo di 60 rate mensili, con modalità da definire tramite decreto ministeriale.Compravendite immobiliariNon sarà più obbligatorio indicare nell’atto di acquisto di una casa o di un altro immobile, il compenso percepito dall’agente immobiliare. Le parti coinvolte nella compravendita potranno scegliere di riportare solamente gli estremi delle fatture. “Cade una norma che non solo era fortemente anacronistica – commenta Santino Taverna Presidente Nazionale di Fimaa-Confcommercio – ma che finiva anche con il limitare la libertà contrattuale delle parti”. L’obbligo era stato introdotto con il decreto legge Bersani-Visco del 2006.Il commento LEGGI TUTTO

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    I fornitori, la transizione, i fondi. Così si gioca il futuro dell’automotive europea

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    «Ritrovare la strada. Insieme per per affrontare la transizione». Una strada da ritrovare il più velocemente possibile e, ovviamente, italiana con la sua filiera dei fornitori: il gioco c’è il futuro dall’industria automotive europea. All’assemblea annuale pubblica di Anfia svoltasi a Roma, il filo conduttore di tutto il dibattito, al quale è intervenuto il ministro Adolfo Urso, ha riguardato proprio la necessità di una svolta immediata a partire dalla revisione delle sanzioni capestro a carico dei costruttori previste dal 2025. Chi non rientrerà nella media di emissioni CO2, abbassate a 94 grammi/km, sarà tassato. L’ammontare complessivo della stangata a carico dei produttori è tra i 15 e i 17 miliardi. Il limite imposto può essere raggiunto solo aumentando la vendita di vetture elettriche, che però non incontrano i favori del mercato, a scapito di quelle con alimentazione endotermica.Il presidente di Anfia, Roberto Vavassori, portando come esempio quello che sta accadendo in casa Volkswagen, in Germania, con la minaccia di chiusura di tre impianti e migliaia di licenziamenti, ha detto che «per ogni 15mila lavoratori mandati a casa, ne corrispondono almeno 45mila che perdono il posto nelle aziende della componentistica. E tra queste ci sono anche quelle italiane che, da sempre, lavorano il settore tedesco». Una drammatica ricaduta, dunque, a macchia di leopardo vista la centralità di quel mercato.La sintesi dei lavori e che occorre lavorare da subito su due piani ben distinti e tra loro interdipendenti: quello europeo e quello più specificamente nazionale. Sul versante europeo e stato ribadito il pieno supporto al “non-paper” predisposto dai governo italiano, attraverso il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Urso, e di quello ceco per ridisegnare in maniera efficace e credibile il percorso di transizione che porterà alla decarbonizzazione dei vettori energetici per i veicoli al 2035. Per l’Italia, sono state invece individuate alcune misure da implementare in maniera immediata a favore delle aziende della filiera, in particolare circa la riduzione del costo dell’energia per le imprese, un credito d’imposta per la ricerca e l’innovazione e misure specifiche di sostegno al settore dei veicoli commerciali leggeri.Ecco, poi, la richiesta di Anfia, indirizzata al governo, di prevedere ammortizzatori sociali straordinari per i prossimi 3 anni, perché, con la scadenza di quelli attuali, sono molte le aziende che rischiano di non aver alternative ai licenziamenti. Tutto questo nella cornice delle raccomandazioni del Rapporto Draghi, con particolare riferimento ai capitoli automotive e trasporti.«Scelte sbagliate o intempestive o, ancor peggio, il rifiuto ideologico di ammettere che decisioni prese nel 2018 non stanno oggi conseguendo i risultati attesi – così il presidente Vavassori – condannerebbero l’intero settore automotive europeo all’estinzione: vittima a livello mondiale con l’impossibilita di esportazione, e a livello continentale con l’arrembante crescita dell’industria veicolistica cinese. Per quanto riguarda il nostro Paese, la situazione è ancora più complessa: vede, infatti, la presenza di un unico costruttore di volume (Stellantis) che deve riappassionarsi in maniera razionale al nostro Paese, alla filiera dei suoi componentisti, ai suoi stabilimenti e mirare alla conquista di oltre 1 milione di consumatori che oggi scelgono vetture non prodotte in Italia». LEGGI TUTTO

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    Bce pronta a tagliare. Mutui, tassi giù al 3,7%

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    Scende ancora il tasso d’interesse applicato ai nuovi mutui nel mese di ottobre. Secondo quanto rilevano i dati di Bankitalia, infatti, il tasso Taeg (comprensivo di interessi e spese accessorie) è stato in media offerto al 3,74% (dal 3,82% del mese precedente) e in calo di oltre un punto rispetto al 4,82% di un anno fa. Si tratta della conseguenza diretta dei tre tagli ai tassi d’interesse finora apportati dalla Banca centrale europea che ha ridotto il costo del denaro di un quarto di punto a giugno, settembre e ottobre. L’aspettativa per domani, quando si terrà una nuova riunione di politica monetaria, è che l’istituto presdieduto da Christine Lagarde (in foto) ridurrà i tassi di un altro quarto di punto e questo, verosimilmente, andrà a diminuire ulteriormente i costi dei nuovi mutui in futuro.Intanto la pressione sulla Bce per apportare sforbiciate più aggressive arriva anche dal Capo economista di S&P per l’area Ema: «La fiducia rimane sorprendentemente bassa nell’eurozona», afferma Sylvain Broyer, «la Bce deve reagire e accelerare il ritmo dei tagli dei tassi». Per S&P occorre, pertanto, effettuare subito un taglio di 25 punti base e impegnarsi a procedere con ulteriori tagli consecutivi. Ancora più netto il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini: andare avanti con «decrementi dello 0,25, come vedremo giovedì, non è abbastanza. Serve coraggio. Ci aspettiamo che a metà del prossimo anno il costo del denaro non sia più di 1,5%, 1,7%».Tornando ai dati dell’istituto guidato da Fabio Panetta, invece, si rileva che i tassi applicati sui nuovi prestiti alle imprese sono calati al 4,73% dal 4,9% di settembre. Un dato che, tuttavia, non ha impedito una nuova frenata per i finanziamenti bancari alle imprese non finanziarie che sono diminuiti del 3,1% annuo (-2,4% il mese precedente). I prestiti alle famiglie, invece, si sono ridotti dello 0,2% annuo contro lo 0,4% segnalato in settembre. In generale, i prestiti al settore privato sono calati dell’1,1 percento. LEGGI TUTTO

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    L’Italia punta sull’eolico in mare. A Taranto e in Sicilia gli impianti

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    Il governo accelera sullo sviluppo dell’eolico galleggiante e, con un bando ad hoc del ministero dell’Ambiente, ha individuato in Taranto ed Augusta i capoluoghi portuali italiani per l’installazione di cantieri dedicati a questa innovativa fonte di energia green.Aspettando, dunque, l’acciaio verde dell’ex Ilva, Taranto guarda avanti e diventa polo nazionale dell’energia dal vento (in partnership con Brindisi) e con la provincia siciliana, battendo Civitavecchia, Crotone e Vasto, anch’esse candidate. Ancora in via di definizione il quadro economico insieme al Mef (Tesoro) e al Mit, ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Anche se, il coinvolgimento di tre dicasteri, testimonia l’importanza del progetto che rientra nel piano nazionale di diversificazione degli approvvigionamenti energetici.In quest’ottica si inserisce il progetto della multinazionale danese Vestas che ha messo in piedi a Taranto un’ulteriore linea di produzione in serie di pale eoliche. Parliamo delle unità per le nuove turbine V236 da 15 MW, gigantesche lame lunghe 115,5 metri e in grado di spazzare un’area superiore a 43mila metri quadrati.Nell’ultimo anno la fabbrica ha aumentato la sua forza lavoro da circa 700 a oltre 1.600 dipendenti sulle linee già attive. Ma con il nuovo incremento manifatturiero Vestas prevede di raggiungere i 2mila dipendenti nei prossimi mesi. Per la precisione, il progetto V236 creerà circa 1.300 nuovi posti di lavoro nello stabilimento. Un piano di assunzioni partito e annunciato ieri e che vede il coinvolgimento anche di Invitalia. La multinazionale danese, che a Taranto sta costruendo la pala eolica più grande del mondo per impianti offshore galleggianti, ha infatti avuto il sostegno dalla società pubblica con un finanziamento di 40 milioni. LEGGI TUTTO