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    Pensioni più alta per chi si ritira nel 2025. Guarda le simulazioni

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    Chi deciderà di andare in pensione nel 2025 potrà beneficiare di una significativa rivalutazione del proprio montante contributivo, pari al 3,66%. Questo incremento, comunicato dall’Inps attraverso il messaggio n. 914/2025, rappresenta un importante sostegno per i lavoratori che si apprestano a concludere la propria carriera professionale. Il montante contributivo, ovvero la somma di tutti i contributi versati durante la vita lavorativa, costituisce la base per il calcolo dell’assegno pensionistico. Grazie a questa rivalutazione, un montante di 250.000 euro si trasformerà in 259.156 euro, con un conseguente aumento dell’importo annuo della pensione da 14.307 a 14.831 euro.Il calcolo della pensione contributivaLa pensione contributiva si basa su un sistema che considera la totalità dei contributi versati nel corso della carriera lavorativa. In genere, l’importo della pensione corrisponde a una percentuale del montante contributivo, fissata dalla legge in base all’età di pensionamento, che può variare dai 57 ai 71 anni. Ogni anno, il montante contributivo viene rivalutato per preservare, almeno in parte, il potere di acquisto dei lavoratori. Questo meccanismo è particolarmente rilevante, considerando che i contributi versati possono risalire a decenni prima del pensionamento.Il ruolo del Pil nella rivalutazioneIl tasso di rivalutazione è determinato annualmente dall’Istat, in base alla variazione del Pil registrata nei cinque anni precedenti. A differenza di un sistema agganciato all’inflazione, questo metodo lega la rivalutazione alla crescita economica nazionale, con conseguenti fluttuazioni. Nel 2024, il tasso di rivalutazione è stato fissato a 1,036622, corrispondente a un aumento del 3,6622%. Questo valore è superiore a quello dell’anno precedente, che si attestava al 2,3082%. LEGGI TUTTO

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    Bilancia commerciale in deficit a gennaio

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    Il bilancio commerciale dell’Italia registra un saldo negativo a gennaio 2025, con un disavanzo di 264 milioni di euro, in netto peggioramento rispetto al surplus di 2,495 miliardi di euro dello stesso mese del 2024. Questo dato si discosta significativamente dalle previsioni di mercato, che stimavano un surplus di oltre 5 miliardi di euro. L’ultimo mese in cui l’Italia ha registrato un disavanzo commerciale è stato ottobre 2023, con un saldo negativo di 1,056 miliardi di euro.Dinamiche di export e importSecondo i dati Istat, a gennaio 2025 le esportazioni sono aumentate su base congiunturale dello 0,6%, mentre le importazioni hanno segnato una crescita più marcata, pari al 3,2%. Su base annua, l’export è aumentato del 2,5% in valore ma si è ridotto del 2,6% in volume. L’import, invece, ha registrato un incremento tendenziale dell’8,8% in valore, con una crescita più accentuata per l’area extra-Ue (+18%) rispetto all’area Ue (+2,2%).Nel trimestre novembre 2024-gennaio 2025, sia export che import hanno segnato una crescita del 2,2% rispetto ai tre mesi precedenti.Deficit energetico e avanzo non energeticoIl deficit energetico si è ampliato a -4,693 miliardi di euro, rispetto ai -4,233 miliardi di un anno prima. L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici si è ridotto da 6,728 miliardi di gennaio 2024 a 4,428 miliardi di gennaio 2025.I prezzi all’importazione sono aumentati dello 0,4% su base mensile e dell’1,4% su base annua (a dicembre 2024 l’incremento era stato dello 0,1%).Settori trainanti e in difficoltàTra i settori che hanno maggiormente contribuito alla crescita dell’export si segnalano:Farmaceutico e chimico-medicinale (+33,6%)Alimentare, bevande e tabacco (+7,4%)Metalli di base e prodotti in metallo (+6,4%)Al contrario, le esportazioni sono diminuite nei seguenti comparti:Autoveicoli (-15,8%)Coke e prodotti petroliferi raffinati (-16,7%)Articoli di abbigliamento (-9,2%)Macchinari e apparecchi n.c.a. (-3,1%)Articoli in pelle, escluso abbigliamento (-8,9%)Partner commerciali: luci e ombreI principali contributi positivi all’export provengono da:Svizzera (+13,6%)Stati Uniti (+6,2%)Regno Unito (+12,1%)Cechia (+30,8%)Paesi OPEC (+10,5%)Spagna (+4,8%)Francia (+2,6%)Di contro, la Cina ha registrato un calo significativo delle importazioni dall’Italia, con una flessione del 24,1%.Implicazioni economicheSecondo l’Unione Nazionale Consumatori, gli Stati Uniti si confermano il primo partner commerciale dell’Italia, con un saldo positivo di 2,604 miliardi di euro a gennaio, seguiti dal Regno Unito (1,633 miliardi) e dalla Francia (1,311 miliardi). Tuttavia, i possibili dazi americani contro l’Europa potrebbero aggravare ulteriormente il deficit commerciale italiano, incidendo negativamente anche sui prezzi per i consumatori. LEGGI TUTTO

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    La motosega di Milei non si ferma, surplus anche a febbraio

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    Lo Stato argentino ha segnato anche a febbraio un surplus finanziario di circa 300 milioni di dollari confermando una tendenza inaugurata fin dall’avvio del governo ultraliberista di Javier Milei, a dicembre del 2023. In questo modo il surplus accumulato solo nel primo bimestre, riferisce l’esecutivo, è pari allo 0,5% del Pil. Il risultato, sottolinea il ministro delle Finanze, Luis Caputo in un post sui social, “è stato ottenuto dopo aver raggiunto nel 2024 il primo surplus finanziario in 14 anni e il maggiore in 16 e dopo aver rispettato tutti gli impegni contratti dal settore pubblico nazionale”. “Questo risultato non fa che rafforzare l’impegno del governo e del presidente Milei con l’equilibrio fiscale, àncora fondamentale del programma economico e condizione necessaria per un’economia solida che generi occupazione di qualità e il recupero di salari e redditi in modo sostenibile nel tempo”, ha aggiunto il ministro.Intanto, l’Ocse prevede che l’attività economica in Argentina crescerà nel 2025 a un ritmo del 5,7% con un’inflazione in ulteriore calo al 28,5% annuale. I numeri dell’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) migliorano considerevolmente le precedenti stime contenute nell’outlook di dicembre che prevedevano rispettivamente una crescita del 3,6% e un’inflazione annuale al 29,8%. L’Argentina ha chiuso il 2024 con un calo del pil dell’1,8%, anche in questo caso un risultato migliore rispetto alle previsioni della maggior parte delle istituzioni multilaterali che stimavano una contrazione di almeno il 3 per cento. LEGGI TUTTO

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    Prezzi delle case, l’allarme della Bce: “Potrebbero salire ancora”

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    I prezzi delle case nell’Eurozona restano elevati e potrebbero salire ancora. Lo prevede la Bce nell’anticipo del bollettino economico dedicato alla dinamica dei prezzi delle abitazioni, attestando come il fenomeno darebbe un segnale “non del tutto sano” per l’economia in generale. Facendo il punto sulle dinamiche del mercato immobiliare, la Banca centrae europea ha registrato un aggiustamento dei prezzi molto più limitato rispetto alle crisi precedenti, con un impatto significativo sulle difficoltà di accesso alla casa.Secondo quanto emerge dal report, nel terzo trimestre 2024 i prezzi delle abitazioni erano già tornati al di sopra del picco del 2022. E il calo che si è registrato durante quest’ultimo ciclo dei prezzi, è stato “relativamente modesto e di breve durata e ha comportato un aggiustamento minore rispetto a quello osservato durante la crisi finanziaria del 2007 e la successiva crisi dei debiti”. Il livello dei prezzi in quest’ultimo ciclo è quindi rimasto comunque elevato, cosa che “ha avuto un impatto negativo sull’accessibilità economica delle abitazioni, nonostante una politica monetaria nel frattempo meno restrittiva”.Attualmente, secondo gli economisti, l’elevato costo delle costruzioni e i prezzi di acquisto delle abitazioni “ostacolano l’aumento dell’offerta nel mercato immobiliare, contribuendo anche a una situazione di scarsità nel mercato degli affitti”. Se il contesto non cambia, domanda e offerta difficilmente torneranno in equilibrio, con possibili ricadute per tutta l’economia. “Considerando la combinazione di limitazioni dell’offerta e il mantenimento di solidi fondamentali della domanda, l’andamento dei prezzi delle case potrebbe continuare a seguire un percorso di crescita”, annotano gli esperti della Bce. E questo “potrebbe non rappresentare un segnale del tutto positivo per l’economia nel suo complesso”.L’analisi coglie anche differenze rispetto alle dinamiche degli ultimi cicli. Durante la crisi finanziaria e quella del debito, infatti, le fluttuazioni dei prezzi erano state trainate dai Paesi dell’area euro “periferici”. Nel ciclo attuale, invece, sono stati i Paesi “centrali”, e in particolare la Germania, a influenzare i prezzi. Inoltre, mentre in passato le capitali registravano un aumento dei costi più marcato, negli ultimi anni si è osservato un rallentamento. Effetto – attesta lo studio – anche della diffusione del lavoro da remoto, che ha incentivato molti lavoratori a trasferirsi in aree meno costose. LEGGI TUTTO

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    Dazi, pronto il piano d’azione dell’Ue sull’acciaio e i metalli

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    Continua la lotta a distanza tra l’Ue e gli Usa in materia di dazi, in particolar modo sull’acciaio e i metalli (specialmente l’alluminio), finiti nel mirino del presidente americano Donald Trump. Che, peraltro, questa mattina ha affermato di “non avere alcuna intenzione” di allentare la tariffa del 25% imposta ai partner commerciali già dallo scorso mercoledì. Una mossa che ha inevitabilmente accelerato la risposta della Commissione europea che “entro il terzo trimestre del 2025, proporrà una misura a lungo termine che fornisca un livello di protezione altamente efficace al settore siderurgico dell’Ue”, come si legge nella bozza del Piano d’azione sull’acciaio e i metalli – visionata da LaPresse – che sarà presentato mercoledì proprio dalla Commissione.Gli obiettivi del Piano d’azione“Alla luce di questa situazione eccezionale”, si legge nella bozza, “è necessario introdurre un livello appropriato ed efficace di protezione delle frontiere oltre il 30 giugno 2026 che contribuisca a preservare un’industria siderurgica dell’Ue competitiva e sostenibile”. La Commissione, quindi, “si adopererà per garantire che la nuova misura entri in vigore in tempo per sostituire l’attuale salvaguardia e fornire un grado efficace di difesa contro gli effetti negativi correlati al commercio causati dalle sovraccapacità globali”. Ovviamente, “terrà conto dei cambiamenti nella domanda dell’Ue nonché di considerazioni di sicurezza e resilienza, preservando al contempo un certo livello di apertura nel mercato dell’Ue. Questo approccio equilibrato proteggerà gli interessi dell’Unione, compresi produttori e utilizzatori, nonché importatori e consumatori”. Ma non è tutto. In quanto, specifica che, allo stesso tempo, “l’Ue continuerà a collaborare con i suoi partner internazionali per affrontare le sovraccapacità a livello globale”.Quando scade la misura di salvaguardiaPartendo dal presupposto che la misura di salvaguardia scadrà legalmente il 30 giugno 2026, la Commissione tiene a precisare che è “irragionevole supporre che le sovracapacità globali strutturali e il loro impatto negativo correlato al commercio sull’industria siderurgica dell’Ue, che hanno innescato l’uso della salvaguardia, scompariranno il 1° luglio 2026”.Anzi, tutto il contrario. “È probabile che gli effetti negativi correlati al commercio vengano esacerbati, poiché un numero crescente di paesi terzi sta adottando misure volte a limitare le importazioni nei propri mercati, con il risultato che il mercato dell’Ue diventa il principale bacino di utenza delle sovracapacità globali”, specifica la bozza. LEGGI TUTTO

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    Agricoltura di precisione, BF e Associazione Futuri Probabili presentano una ricerca alla Camera

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    Si è tenuto oggi presso la Sala del Mappamondo della Camera dei Deputati il seminario di presentazione del position paper “Agricoltura di Precisione in Italia”, frutto di una ricerca durata 3 anni, coordinata da BF SpA, il più importante Gruppo agroindustriale italiano, e l’Associazione Futuri Probabili, associazione senza scopo di lucro che opera nel campo dell’innovazione promuovendo l’intreccio tra competenze tecnologiche e saperi umanistici.Alla ricerca hanno collaborato 62 tra professori ed esperti provenienti da 14 Università (Bolzano, Perugia, Brescia, Politecnico di Bari, Bologna, Firenze, Università degli Studi di Milano, Tuscia, Padova, Parma, Federico II, Teramo, Sapienza) e 9 tra consorzi e imprese (Crea, ASI, Osservatorio Smart AgriFood, E-geos, CNR, BF SpA, Confagricoltura, CER Consorzio Emiliano Romagnolo).Il convegno è stato introdotto da Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste; Federico Vecchioni, amministratore delegato di BF SpA, e Luciano Violante, presidente dell’Associazione Futuri Probabili.I lavori sono stati aperti dal Prof. Michele Pisante, ordinario di Agronomia all’Università di Teramo e Presidente di BF SpA, che ha messo in luce i risultati della ricerca, gli effetti dei recenti investimenti del PNRR e le sinergie pubblico-privato per favorire la diffusione delle applicazioni a livello nazionale.”L’agricoltura di precisione rappresenta una leva strategica per il futuro del settore agricolo italiano: tali pratiche, infatti, ci permettono già oggi di migliorare la sostenibilità e l’efficienza delle produzioni, evitando gli sprechi e garantendo maggiore competitività alle nostre filiere agroalimentari. In un contesto in cui l’innovazione è sempre più determinante, dobbiamo investire nella digitalizzazione e nell’automazione per ottimizzare l’impiego delle risorse naturali e migliorare la qualità delle produzioni. Il nostro impegno come BF, attraverso tutte le società del Gruppo, dalla rete dei Consorzi Agrari d’Italia fino a BF Educational, è quello di contribuire a creare un sistema in cui ricerca, formazione e impresa si integrino attivamente per rendere l’agricoltura italiana sempre più resiliente, performante e di qualità”, ha dichiarato Federico Vecchioni, ad di BF SpA. LEGGI TUTTO

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    La Germania è in una palude: il 75% delle aziende automotive ha tagliato gli investimenti

    L’economia tedesca continua a navigare in acque stagnanti, avviluppata in una crisi che si sta trasformando in una vera e propria trappola economica. Il prestigioso istituto di ricerca Ifo ha rivisto al ribasso le previsioni per il 2025, abbassando la stima di crescita del Pil allo 0,2%, un taglio di 0,2 punti percentuali rispetto alle già deboli previsioni invernali. Uno scenario desolante che potrebbe conoscere una leggerissima ripresa solo nel 2026, con una crescita che non andrà oltre lo 0,8%.Un’economia paralizzata: fiducia ai minimi, investimenti congelati”L’economia tedesca è bloccata. Nonostante la ripresa del potere d’acquisto, la fiducia dei consumatori resta debole e anche le aziende sono caute negli investimenti”, ha dichiarato Timo Wollmershauser, responsabile delle previsioni economiche dell’Ifo. Il quadro che emerge è quello di un paese impantanato in un immobilismo pericoloso, con un settore industriale afflitto da una domanda interna ed estera asfittica e da una crescente competizione internazionale.Le incertezze politiche, sia in Germania che all’estero, amplificano le difficoltà. “La nuova amministrazione statunitense ha adottato una politica economica irregolare e protezionistica. I dazi sulle importazioni di merci provenienti da Messico, Canada e Cina, già annunciati, stanno avendo effetti negativi iniziali sull’economia statunitense e mondiale. Se venissero imposti ulteriori aumenti tariffari sui prodotti europei, ciò potrebbe avere un impatto significativo sull’industria delle esportazioni tedesca”, ha sottolineato Wollmershauser.Sul fronte interno, Berlino brancola nel buio. Sebbene si discuta di misure per rilanciare le infrastrutture e il settore della difesa, “non è ancora chiaro se e quando saranno attuate”. Il rischio, dunque, è che l’incertezza continui a dominare, lasciando l’economia in balia degli eventi. “Una politica economica affidabile è essenziale per creare fiducia e stimolare gli investimenti. Le aziende hanno bisogno di sicurezza nella pianificazione, soprattutto alla luce delle attuali sfide poste dal cambiamento strutturale nel settore”, ha ammonito Wollmershauser.Il settore automobilistico in agonia: investimenti fermi, burocrazia insostenibileSe l’intera economia tedesca soffre, il settore automobilistico – tradizionale motore del paese – è in piena crisi di nervi. I dati emersi da un sondaggio dell’Associazione dell’industria automotive (Vda) tra 150 aziende mostrano una situazione drammatica: il 75% delle aziende ha dichiarato di “posticipare, trasferire o annullare completamente” gli investimenti pianificati in Germania. Solo a ottobre 2024 questa percentuale era del 69%, segno che la situazione sta peggiorando rapidamente. Inoltre, quasi un’azienda su tre (29%) sta pensando di delocalizzare all’estero, rispetto al 23% di qualche mese fa.”Le aziende automobilistiche di medie dimensioni stanno sempre più frenando gli investimenti in Germania”, si legge nel report della Vda. E a determinare questa fuga sono fattori molteplici: il 58% delle aziende cita l’eccessivo costo del lavoro, mentre il 56% lamenta una domanda fiacca sia in patria che nel resto d’Europa.L’umore nel settore è ai minimi storici. Se nell’ottobre 2024 il 17% delle aziende intervistate si aspettava un miglioramento nel 2025, oggi solo il 13% nutre speranze in un futuro migliore. Al contrario, il 43% prevede un peggioramento della propria situazione e il 45% non vede alcun segnale di ripresa. “La sfida più grande per le aziende automobilistiche di medie dimensioni continua a essere l’eccessiva burocrazia”: un monito chiaro, con il 90% delle imprese che si sente “pesantemente” o “molto pesantemente gravato” dagli oneri amministrativi.La richiesta delle aziende al governo è netta: “Il prossimo esecutivo federale deve fare della riduzione della burocrazia una priorità del suo lavoro”, ha dichiarato la presidente della Vda, Hildegard Müller. Ma il problema non è solo burocratico. “Gli elevati prezzi dell’energia continuano a rappresentare uno svantaggio significativo in termini di localizzazione”: il 61% delle aziende si sente fortemente penalizzato dai costi dell’elettricità, il 50% da quelli del gas. Otto aziende su dieci chiedono con urgenza misure per abbassare i costi energetici, mentre il 75% si sente soffocato dalle tasse.”Mentre la concorrenza internazionale tra sedi si intensifica e la pressione geopolitica continua a crescere, la competitività della Germania come sede aziendale si sta erodendo”, ha aggiunto Müller. “Tuttavia, questa situazione difficile è rimasta politicamente irrilevante per troppo tempo. Il programma di un nuovo governo federale deve essere ambizioso e puntare sulla competitività con riforme concrete. La forza economica è il fondamento per superare le sfide globali ed essere in grado di sopravvivere a lungo termine”. LEGGI TUTTO

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    Riforma fiscale, più soldi per 11,8 milioni di famiglie

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    L’ultima analisi dell’Istat conferma i risultati positivi delle politiche economiche introdotte dal governo Meloni nel 2024. La riforma dell’Irpef, il potenziamento della decontribuzione per i lavoratori dipendenti e le nuove misure di sostegno alle famiglie hanno generato effetti tangibili sui redditi disponibili degli italiani, dimostrando l’efficacia della strategia fiscale adottata.Più soldi nelle tasche degli italianiSecondo l’Istat, grazie alla riforma Irpef e alle misure di decontribuzione, 11,8 milioni di famiglie, pari al 45% delle famiglie italiane e al 78,5% di quelle con almeno un lavoratore dipendente, hanno beneficiato di un aumento medio del reddito disponibile pari a 586 euro all’anno. Un risultato che conferma l’impegno del governo nel sostenere il potere d’acquisto delle famiglie e dei lavoratori, anche in un contesto economico internazionale complesso.Particolarmente significativo l’impatto sulle lavoratrici madri, per le quali l’esonero totale dei contributi ha generato un beneficio medio annuo di oltre 1.000 euro, con punte di 1.800 euro per coloro con retribuzioni superiori a 35.000 euro. Una misura che, oltre a sostenere la natalità, incentiva la partecipazione femminile al mercato del lavoro.Un sistema fiscale più equo e meno oppressivoL’intervento di riduzione fiscale ha permesso anche di migliorare il reddito disponibile per 9,6 milioni di famiglie, grazie alla diminuzione delle imposte dirette, con un beneficio medio di 251 euro annui. La strategia di alleggerimento della pressione fiscale voluta dal governo si è dunque rivelata efficace, lasciando più risorse ai cittadini e stimolando la ripresa economica.L’abolizione del Reddito di cittadinanza: un passo verso una politica del lavoro attivaIl passaggio dal Reddito di cittadinanza all’Assegno di Inclusione (Adi) ha inevitabilmente comportato una riduzione del reddito per circa 850.000 famiglie, con una perdita media annua di circa 2.600 euro. Tuttavia, questa transizione era necessaria per superare un sistema che, di fatto, incentivava l’inattività lavorativa. Con l’introduzione dell’Adi e del Supporto per la Formazione e il Lavoro, l’obiettivo del governo è stato quello di promuovere politiche attive per l’occupazione, favorendo il reinserimento nel mercato del lavoro di chi è realmente in grado di lavorare.Anche il Sud sta meglioL’efficacia della riforma fiscale è testimoniata dalla riduzione della diseguaglianza dei redditi primari di oltre 16 punti percentuali, con un impatto particolarmente significativo nel Mezzogiorno. Sebbene l’indice di Gini del reddito disponibile sia lievemente aumentato (dal 30,25% al 30,40%), questa variazione marginale non inficia il successo complessivo della strategia fiscale del governo, che ha favorito milioni di lavoratori e famiglie.Osnato (Fdi): “Confermato il successo della riforma”I dati parlano chiaro: la riforma Irpef, la decontribuzione e il superamento del Reddito di cittadinanza stanno contribuendo a rendere il sistema fiscale più equo ed efficiente, premiando chi lavora e incentivando la crescita economica. LEGGI TUTTO