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    Truffa del falso SMS: 1.700 euro spariti dopo la telefonata, ecco il numero da non chiamare mai

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    C’è una nuova truffa che sta circolando ultimamente nel nostro Paese, e che purtroppo sta mietendo vittime. L’ultimo caso, finito in maniera fortunatamente non drammatica, ha portato alla sottrazione di ben 1.700 euro da un conto corrente. Tutto parte da una telefonata a un determinato numero; un numero che non deve essere assolutamente contattato.L’episodio a cui facciamo riferimento è avvenuto a Reggio Emilia, dove un cittadino è stato raggirato dai cyber-criminali. Stando a quanto ricostruito, la truffa è partita da un SMS. Nel messaggio i malviventi si spacciavano per degli operatori di un istituto di credito, e invitavano la vittima a fare attenzione a possibili tentativi di frode. Nello specifico, il testo diceva:”Posteinfo: Gentile cliente, è stato effettuato un tentativo di pagamento da 1700 EUR se non sei tu bloccalo al numero verde allert: 0282861199″. Insomma, il classico messaggio che genera allarme, e che spesso non viene neppure esaminato con la giusta attenzione. Telefonare al numero in questione è un rischio enorme. Se si compone il numero, infatti, si viene invitati da un falso operatore a inserire le proprie credenziali d’accesso al nostro conto corrente. I criminali ottengono così le chiavi per accedere ai nostri risparmi e in breve tempo riescono a impossessarsi delle “famose” 1.700 euro.Purtroppo il cittadino di Reggio Emilia è stato truffato e non è stato possibile recuperare inizialmente il denaro. L’uomo si è rivolto alla propria banca, che tuttavia lo ha ritenuto responsabile dell’accaduto e non ha negato il rimborso. Il cittadino si è allora rivolto allo sportello online di Confconsumatori, chiedendo aiuto. Solo grazie a questa mossa è stato possibile ricevere indietro il denaro perso. Si è trattato però di un singolo caso. LEGGI TUTTO

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    Occhio al digitale terrestre, ecco quali Tv non dovresti mai comprare per non rischiare

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    Ci troviamo in pieno switch off al nuovo digitale terrestre, un processo di transizione necessario che porterà alla nuova codifica digitale MPEG-4 e allo standard DVB-T2. I tempi si sono allungati un po’, ma è ormai giunto il momento di adattarsi al cambio delle frequenze. I cittadini sono dunque tenuti ad aggiornare i propri dispositivi, passando a un nuovo televisore, oppure munendosi di un decoder compatibile. I decoder acquistabili sono muniti di apposito bollino, mentre per quanto concerne la Tv bisogna prestare maggiore attenzione.A quanto pare vi sono dei modelli fortemente sconsigliati che, a lungo andare, potrebbero portare a spiacevoli conseguenze. Non si tratta di un marchio specifico. Gli esperti sconsigliano in primo luogo le Smart Tv che hanno Android come sistema operativo ma sono prodotte da aziende poco conosciute. Non si hanno garanzie, infatti, sulla bontà del supporto. Può esserci il rischio di incappare in programmi di sabotaggio, o non supportati da aggiornamenti. Queste “faglie” potrebbero rivelarsi degli ottimi punti deboli per gli hacker, sempre pronti ad impadronirsi di dati sensibili. Solitamente i marchi più importanti offrono una protezione maggiore.Altra cosa da fare quando decidiamo di acquistare una tv è quella di affidarsi a dei rivenditori ufficiali e/o affermati. Meglio lasciar perdere dei televisori dal prezzo conveniente ma con provenienza dubbia. Da evitare i negozi con sede extra Ue. Anche in questo caso, infatti, c’è la possibilità che la tv contenga dei malware. LEGGI TUTTO

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    Fisco, tutte le scadenze di giugno: le date da non dimenticare per evitare sanzioni

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    Giugno sarà un mese ricco di scadenze del fisco. Tanti gli adempimenti a cui i contribuenti saranno chiamati, considerando che è entrata nel vivo la stagione della dichiarazione dei redditi ma non solo. A partire dal 3 di giugno, infatti, le date da cerchiarsi in rosso sul calendario saranno più d’una, ma vediamo le principali.Tre e 9 giugnoSi inizia subito dopo la Festa della Repubblica, il 3 giugno, con il pagamento del bollo virtuale per le fatture elettroniche emesse dai professionisti con Partita Iva salvo il caso in cui l’importo complessivo, sommato a quello del secondo trimestre 2025, non sia sotto i 5mila euro. In questo caso i versamenti dovranno essere effettuati direttamente entro il 30 novembre.Il 9 di giugno, invece, ci sarà il pagamento dell’ottava rata della Rottamazione Quater, la misura di pace fiscale, il cui versamento è obbligatorio da parte di coloro che hanno aderito per non perdere i vantaggi previsti dalla Definizione agevolata delle cartelle messe a ruolo a proprio carico dall’Agenzia delle entrate. In realtà la scadenza naturale sarebbe il 31 di maggio ma in considerazione delle feste e dei cinque giorni di tolleranza oltre la data, si arriva al 9 giugno data ultima per non decadere dai benefici della misura.16, 20 e 26 GiugnoIl terzo lunedì del mese (16 giugno) scadrà il termine per effettuare il versamento del primo acconto Imu, l’imposta municipale sulla casa al cui pagamento sono tenuti tutti i proprietari di immobili non rientranti nell’ambito delle abitazioni principali, salvo il caso degli immobili considerati di lusso per cui si paga l’imposta anche nel caso di prima casa.Come anticipato si tratta di un acconto ma coloro i quali fossero interessati sarà possibile effettuare anche l’intero importo entro la stessa evitando di effettuare il saldo della seconda rata, dunque, nel mese di dicembre.Entro il 20 o il 26 di giugno, invece, sarà possibile annullare l’invio del 730/2025 precompilato (20 giugno) o del modello Redditi Persone Fisiche 2025 (26 giugno).30 giugnoEntro fine mese, invece, coloro i quali abbiano optato per la cedolare secca per i redditi da locazione dovranno provvedere al saldo per gli importi del 2024 e l’acconto per l’anno in corso. LEGGI TUTTO

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    Italia al pari della Francia per Pil pro capite: come ci siamo arrivati

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    I punti chiave

    Come può crescere il Pil pro capite in un Paese dove l’economia ristagna e la popolazione invecchia e diminuisce? È il paradosso italiano che emerge dalle previsioni di crescita dell’economia europea pubblicate nei giorni scorsi dalla Commissione Ue. Il Belpaese, pur crescendo meno di Francia e Germania, ha raggiunto l’esagono in termini di Pil pro capite a parità di potere d’acquisto, colmando un divario che fino a pochi anni fa sembrava strutturale.Le previsioniSecondo le previsioni pubblicate dalla Commissione Europea, nel 2025 il gap con Parigi si è annullato (era del 10,1% nel 2020), mentre quello con Berlino si è dimezzato (dal 24,3% al 13,9%). Anche il confronto con la media dell’Eurozona si è fatto meno penalizzante: dallo scarto del 10,7% registrato cinque anni fa, si è passati al 5,9% attuale. Una performance che sembra premiare l’Italia, ma che, letta in profondità, racconta un’altra storia.Pil pro capite: cosa c’è dietro la crescitaDietro questo apparente sorpasso non c’è un boom economico, bensì una combinazione di dinamiche occupazionali, fattori geografici e, soprattutto, l’impatto della crisi demografica. L’aumento dell’occupazione ha sicuramente avuto un ruolo, ma a influire in maniera decisiva è stata la distribuzione della popolazione italiana in aree dove il costo della vita è inferiore alla media europea. Secondo Carlo Altomonte, docente di economia politica alla Bocconi, vivere in piccoli centri o in zone periferiche — realtà molto diffuse in Italia — comporta un potere d’acquisto più elevato rispetto alle grandi aree urbane europee, incidendo positivamente sul calcolo del Pil pro capite.Meno persone, Pil più altoMa il vero motore di questa “crescita” è un altro: la decrescita demografica. Se il prodotto interno lordo viene diviso per un numero minore di abitanti, il risultato sale. Non perché l’economia sia più forte, ma perché il denominatore dell’equazione si restringe. È un effetto matematico più che economico. L’Istat conferma che tra il 2000 e il 2024 la popolazione italiana è cresciuta appena del 3,6%, mentre negli ultimi anni ha iniziato a diminuire. Al contrario, Paesi come Francia e Spagna hanno attratto più giovani e più immigrati, mantenendo così alta la base demografica e rallentando la crescita del Pil pro capite, nonostante economie più solide. LEGGI TUTTO

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    Btp Italia sprint: dalle famiglie oltre 6,5 miliardi

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    La ventesima edizione del Btp Italia ha incassato oltre 6,5 miliardi dai piccoli investitori, con 1,24 miliardi raccolti nell’ultima giornata. Oggi, invece, ci sarà una finestra dedicata agli investitori istituzionali con il Tesoro che, prima dell’apertura delle sottoscrizioni, comunicherà la conferma o la revisione al rialzo del tasso minimo garantito, al momento fissato all’1,85 per cento (con un premio di fedeltà all’1% per chi conserva il titolo fino alla scadenza dei sette anni). La precedente edizione, che risale a oltre due anni fa, aveva raccolto 8,5 miliardi dalle famiglie, ma il titolo allora era trainato da un’inflazione elevata ed era particolarmente appetibile essendo indicizzato all’andamento dei prezzi. Considerato il contesto, i 6,5 miliardi raccolti in questa edizione sono quindi da considerare un riscontro positivo.Anche perché ieri è stata una giornata proficua per il finanziamento del debito pubblico italiano. Il ministero dell’Economia, infatti, ha collocato in asta 6,5 miliardi di euro di Btp a 5 e 10 anni e 3,5 miliardi di Ccteu (Certificati di credito del Tesoro indicizzati all’Euribor). La domanda robusta (oltre una volta e mezzo l’offerta) di titoli di Stato italiani ha limato il rendimento dei Btp a 5 anni che è risultato essere in calo al 2,73% mentre quello a 10 anni è sceso al 3,57 per cento. I Ccteu assegnati, con scadenza ad aprile 2034, rendono il 3,28 per cento. Un’asta con buoni risultati, quindi, che hanno portato a un ulteriore calo per il differenziale di rendimento tra il Btp decennale italiano e il Bund tedesco, che scende a 97 punti base (98 ieri) sui minimi da luglio 2021 (con un rendimento che è tornato sotto all’asticella del 3,5 per cento). LEGGI TUTTO

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    SPID clonato ma valido, stipendi e pensioni a rischio: come evitare la nuova truffa

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    I punti chiave

    È davvero possibile che qualcuno riesca a incassare lo stipendio di un altro senza accedere al suo conto corrente? Sì, ed è quanto sta accadendo con sempre maggiore frequenza in Italia. A confermare questa tendenza sono le segnalazioni in continuo aumento relative alle frodi legate al sistema SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale. Si tratta di truffe subdole che, in molti casi, colpiscono direttamente i lavoratori della Pubblica Amministrazione, con conseguenze gravi e immediate: interi stipendi scomparsi, dirottati su conti bancari intestati ai truffatori. Ecco come non cadere nell’inganno.Il raggiroIl raggiro si basa su una caratteristica tecnica del sistema SPID, che permette l’attivazione di più identità digitali valide per una stessa persona. I criminali informatici, una volta ottenuti i dati personali e copie dei documenti – spesso trafugati attraverso tecniche di phishing o reperiti nel dark web – riescono ad attivare un secondo profilo SPID intestato alla vittima, ma completamente controllato da loro. Con queste credenziali, i truffatori accedono ai portali istituzionali, tra cui NoiPA, INPS e l’Agenzia delle Entrate, e modificano l’IBAN associato ai pagamenti. Il risultato è che stipendi, pensioni o rimborsi fiscali finiscono direttamente nei loro conti correnti. La vittima, ignara di tutto, spesso si accorge dell’accaduto solo alla fine del mese, quando il bonifico previsto non risulta accreditato.Chi è esposto maggiormenteAd essere maggiormente esposti a questo tipo di frode sono i dipendenti pubblici. Insegnanti, operatori sanitari, impiegati statali e comunali sono tra i più colpiti, anche per via dell’uso frequente della piattaforma NoiPA, attraverso la quale gestiscono cedolini e retribuzioni. La gravità della situazione è aggravata dal fatto che il secondo SPID, pur attivato con modalità fraudolente, risulta tecnicamente valido. Il sistema, infatti, non rileva alcuna anomalia e riconosce l’accesso come legittimo, rendendo difficile bloccare l’operazione sul nascere o dimostrare immediatamente la natura illecita dell’azione. LEGGI TUTTO

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    Occhio alla data del 28 giugno: cosa cambia per i prelievi al bancomat

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    Importanti novità in arrivo per i prelievi al bancomat: a partire dal prossimo 28 giugno chi si recherà allo sportello ATM per prelevare dei contanti si accorgerà di alcune modifiche. Il tutto rientra nella riforma del sistema interbancario europeo. Dal momento che le autorità europee mirano alla maggiore trasparenza possibile è stata emanata una nuova regolamentazione a riguardo.In sostanza, dal prossimo 28 giugno la banca proprietaria dello sportello bancomat determinerà e prenderà visione dell’importo della commissione che sarà applicata ad ogni prelievo. Chi si recherà allo sportello potrà vedere l’importo della commissione stessa e poi decidere se procedere o meno con l’operazione. Insomma, quando andremo a prelevare vedremo a quanto ammontano le spese di commissione di ciascun istituto di credito e saremo liberi di decidere se prelevare da uno sportello ATM oppure no. Sarà tutto trasparente. Questo è indubbiamente un vantaggio.Non tutto, però, potrebbe essere a favore dell’utente. Se un tempo, infatti, era la banca del cliente a stabilire il prezzo della commissione anche presso gli sportelli di altre banche, adesso ogni banca potrà decidere quale tariffa applicare per l’uso dei propri sportelli da parte di chi è utente presso altri istituti di credito. Questo darà alle banche una notevole libertà di strategia. Da un lato questa situazione potrebbe andare a vantaggio dell’utente (le banche, per ragioni di competitività, potrebbero abbassare parecchio le tariffe), dall’altro rischia di tradursi in costi considerevoli in quelle zone in cui c’è poca concorrenza. LEGGI TUTTO