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    Le bollette non pesano: l’area del disagio sociale resta ai minimi

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    Pericolo scampato. Come anticipato dal Giornale, nonostante la ripresina in atto dell’inflazione, gli italiani mantengono il livello socio-economico migliore degli ultimi anni, con l’area del “disagio sociale” ai minimi di sempre. Lo conferma, oggi, il dato aggiornato del Mic, «Misery Index Confcommercio», indice che combina il tasso di disoccupazione (nella sua forma più estesa di disoccupati, sottoccupati, cassaintegrati e scoraggiati) con l’inflazione più “cattiva” di tutte, cioè quella calcolata sui prezzi di beni e servizi acquistati ad alta frequenza. In altri termini, dunque, più alto è il Mic, più cresce il “disagio sociale”, perché è più diffusa la disoccupazione associata a prezzi crescenti e quindi il disagio delle famiglie che hanno meno entrate e minor poter d’acquisto. Più basso è il Mic, più le famiglie respirano e programmano acquisti, con basso “disagio sociale”.Stamane l’ufficio studi di Confcommercio ha certificato che a dicembre 2024 l’indice di disagio sociale si è attestato a 9,3 punti, ai minimi da oltre 15 anni, pur se in moderato aumento su novembre (9,2) e su ottobre, quando aveva toccato il minimo di sempre a quota 8,8. Da allora (posto che la rilevazione è da quest’anno diventata mese su mese, mentre fino al 2024 presentava un ritardo di due mesi) i timori per una ripresa del disagio erano crescenti, sia per la tenuta della bassa disoccupazione, sia per le tensioni sui prezzi dell’energia, sfociate verso fine anno nel taglio delle forniture di gas dall’Ucraina. Ma l’aumento contenuto ampiamente sotto quota 10 del Mic rappresenta un segnale molto positivo.Infatti, scrive l’ufficio studi guidato da Mariano Bella, “in un contesto in cui il mercato del lavoro mostra una sostanziale tenuta, il tasso di disoccupazione esteso si conferma ai minimi e l’incremento dell’area del disagio sociale è da attribuirsi esclusivamente alla risalita del tasso di crescita dei prezzi dei beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto (1,8% a dicembre, dall’1,6% del mese precedente)”. Ma non si tratta di un allarme: il lieve ampliamento rilevato dall’aera del disagio sociale resta ai minimi da quando viene calcolato il Mic e, come scrive ancora l’ufficio studi, “non desta, al momento, particolari preoccupazioni”. Anche perché “i segnali di miglioramento registrati negli ultimi periodi sul versante dei consumi potrebbero portare a una moderata accelerazione dell’attività economica favorendo la tenuta del mercato del lavoro”. C’è quindi un fatto nuovo che lavora in favore del contenimento ai minimi storici dell’area di disagio sociale, ed è la ripresa dei consumi rilevata negli ultimi mesi dell’anno, con il forte segnale positivo del periodo natalizio che, dopo anni di stagnazione, nel 2024 è tornato a mostrare numeri in apprezzabile crescita, tredicesime più ricche e larghe fetta della popolazione disposte a spendere più di prima, grazie a un surplus di entrate e alla minore inflazione.La tenuta della disoccupazione – ai minimi storici – combinata con la ripresa dei consumi dovrebbero ben compensare la ripresina attesa dei prezzi. E se dovesse arrivare qualche segnale positivo anche dalla produzione (anche grazie all’entrata a regime di Transizione 5.0) i prossimi Mic dovrebbero confermare la riduzione ai minimi di sempre dell’area del disagio sociale. LEGGI TUTTO

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    Tfr nel fondo pensione: ecco perché conviene

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    I punti chiave

    In un momento di incertezza per il sistema pensionistico pubblico, il Tfr rappresenta un’opportunità importante per costruire una pensione integrativa. Destinare il Trattamento di fine rapporto a un fondo pensione, anziché mantenerlo in azienda, consente di investirlo sui mercati finanziari, offrendo potenziali rendimenti e benefici fiscali per il lavoratore. Una scelta che può fare la differenza per il futuro. Ecco tutte le novità per il 2025.Le nuove misureLa novità del 2025 permette ai lavoratori che hanno iniziato a contribuire dal 1996 di usare la previdenza integrativa per anticipare la pensione, incentivando così l’adesione ai fondi pensione e il conferimento del Tfr. Tuttavia, nonostante l’85% dei risparmiatori ritenga vantaggioso investire il Tfr in previdenza integrativa (secondo un’analisi di Moneyfarm) solo un terzo lo fa realmente. Dal 2007 al 2023, solo il 22% del Tfr accumulato (97 miliardi di euro) è stato destinato ai fondi pensione, mentre la maggior parte è rimasta in azienda: 98 miliardi al Fondo Tesoreria Inps e 242 miliardi nei bilanci di imprese con meno di 50 dipendenti. Questo capitale inutilizzato potrebbe essere investito per migliorare le pensioni future.Tfr in aziendaL’analisi evidenzia che la scelta di mantenere il Tfr in azienda è spesso influenzata da una carenza di informazioni. Il 39% degli intervistati ritiene che molti lavoratori non siano consapevoli delle alternative disponibili, come i Fondi Negoziali, i Fondi Aperti o i Piani Individuali Pensionistici. Inoltre, quasi un quarto degli intervistati percepisce il Tft in azienda come una soluzione più liquida e accessibile. Sul fronte della sicurezza, il 59% dei risparmiatori considera più sicuro investire il Tfr in un fondo pensione, soprattutto in contesti aziendali di piccole dimensioni. Nonostante il Tfr in azienda venga rivalutato a un tasso fisso dell’1,5% più il 75% dell’inflazione, i rendimenti dei fondi pensione risultano superiori: negli ultimi dieci anni e nove mesi, il Tfr aziendale ha reso mediamente il 2,3%, contro il 4,8% di un PIP con linea azionaria. Questo divario può tradursi in un significativo costo in termini di ricchezza futura, soprattutto per i più giovani, con una potenziale perdita fino all’83%. Un esempio pratico mostra che un quarantenne con un reddito netto di 2.000 euro potrebbe ottenere 57.838 euro lasciando il Tfr in azienda, mentre investendolo in previdenza integrativa potrebbe arrivare a 92.982 euro con una linea ad alto rischio, guadagnando fino a 35.144 euro in più. LEGGI TUTTO

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    Giovani coppie, under 36, famiglie numerose: tutte le agevolazioni per il mutuo

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    L’acquisto di una casa rappresenta un investimento davvero importante per una famiglia che, nella maggior parte dei casi, avrà bisogno di stipulare un mutuo per realizzare il proprio obiettivo.Così, chi compra dovrà muoversi tra anticipo, costi per i servizi del notaio e per l’erogazione del mutuo, la percentuale dovuta all’agenzia, i tassi di interesse; si tratta di tantissimi aspetti e soprattutto, di soldi che possono incidere davvero tanto sul portafoglio familiare.Ci sono, però, tante agevolazioni per l’acquisto della prima casa che possono aiutare l’acquisto. Vediamone alcune.Agevolazione mutuo prima casaLe giovani coppie e i giovani under 36, le famiglie monogenitoriali o numerose (con 3 o più figli minori di 21 anni) e i conduttori di alloggi popolare possono accedere, nel rispetto di specifici requisiti all’agevolazione prevista per l’acquisto della prima casa.La legge di bilancio ha stanziato, difatti, nuove risorse per finanziare il Fondo di garanzia per la prima casa che, dalla sua data di istituzione nel 2013, è stato più volte confermato e, al momento, sarà valido sino al 31 dicembre 2027.Questi mutui sono garantiti dal Fondo di garanzia per la prima casa gestito da Consap, e prevede lo stanziamento di risorse per chi, avendone diritto, sta acquistando la prima casa, così da garantire dal 50% al 80% (che diventa 90% per le famiglie numerose) della quota del mutuo.È previsto, però, un massimale che è di 250mila euro e si può accedere alla garanzia pari all’80% della quota capitale con un ISEE pari o inferiore a 40mila euro che diventa di 45mila euro per le famiglie con almeno 4 figli minori 21 anni; il mutuo è all’85%) e 50mila se i figli sotto i 21 anni sono cinque.Le risorse stanziate per il Fondo sono:di 130 milioni di euro per il 2025.di 270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027.Mutui agevolati con la 104Le famiglie che abbiano all’interno del proprio nucleo una persona a cui è riconosciuta la Legge 104 (in un precedente articolo abbiamo parlato delle agevolazioni per l’acquisto dell’auto) possono accedere a mutui agevolati per l’acquisto di casa, o anche per interventi di ristrutturazione che migliorino l’efficienza energetica degli immobili. LEGGI TUTTO

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    Agenzia delle Entrate, nel 2025 cambiano i controlli. Tutto quello da sapere

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    Concluso il periodo di sospensione dell’invio degli avvisi bonari in virtù della tregua fiscale dello scorso dicembre, la macchina del Fisco si è riattivata e sono quindi ripresi regolarmente i controlli e le comunicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate: nel 2025, tuttavia, sono entrate in vigore delle nuove norme che modificano i tempi entro i quali il contribuente è tenuto a rispondere a un’eventuale contestazione.Una volta ricevute le dichiarazioni dei redditi, l’Agenzia delle Entrate dà il via a una serie di controlli a campione con l’obiettivo di verificare la bontà delle informazioni riportate dal cittadino. Durante questo esame, svolto incrociando i dati rilevati in dichiarazione con altri di cui il Fisco è in possesso, può accadere che vengano individuati degli errori o delle incongruenze: nel caso in cui ciò si verifichi, l’Agenzia delle Entrate invia al contribuente un avviso bonario, informandolo dell’esito di queste verifiche automatiche.Il cittadino si trova davanti a due scelte: o decide di versare quanto richiesto dopo i controlli mettendosi in regola, avendo anche a sua disposizione la possibilità di chiedere una rateizzazione del debito, oppure di far valere le proprie ragioni fornendo chiarimenti all’Ente. Fino allo scorso anno i termini entro i quali provvedere al pagamento, inoltrare istanza di rateizzazione o impugnare l’avviso bonario erano di soli 30 giorni, ma a partire dal 1° gennaio 2025 il tempo a disposizione del contribuente per rispondere è raddoppiato: i cittadini possono infatti usufruire di ben 60 giorni, che s’incrementano ulteriormente, diventando quindi 120, nel caso in cui la comunicazione arrivi attraverso l’intermediario.A rimanere invariata, invece, è la scadenza del pagamento per quanto concerne i redditi soggetti a tassazione separata: il cittadino avrà ancora 30 giorni di tempo per versare le somme dovute entro il termine, evitando così interessi o sanzioni. A tal proposito, è bene ricordare che anche le sanzioni si sono ridotte, grazie al decreto 87/2024, ma solo nel caso in cui si faccia riferimento a violazioni compiute dal 1° settembre 2024. LEGGI TUTTO

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    Dsu precompilata: ecco cosa cambia con l’app Inps

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    I punti chiave

    Con un semplice tocco sullo smartphone, l’Inps apre le porte a una gestione più smart della Dichiarazione Sostitutiva Unica Mini precompilata. Questo strumento, utilizzato nel 2024 da oltre 5 milioni di famiglie è la chiave per accedere all’Isee 2025. L’Indicatore della Situazione Economica Equivalente permette di confrontare le condizioni economiche delle famiglie, considerando elementi come numero di componenti, redditi e beni posseduti, rendendo più equo l’accesso ai servizi. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.Le novitàPer ottenere la certificazione Isee 2025 è necessario presentare la Dichiarazione Sostitutiva Unica, un documento che può essere compilato utilizzando la nuova versione dell’app Inps Mobile, disponibile per dispositivi iPhone e Android. La Dsu precompilata include sia i dati auto-dichiarati dall’utente, sia quelli precompilati forniti dall’Agenzia delle Entrate e dall’Inps. “Il nuovo servizio per la presentazione della Dsu, molto utilizzato per accedere a tante prestazioni di welfare”, ha affermato il presidente dell’Inps, Gabriele Fava. “È un ulteriore passo avanti nella direzione della semplificazione. Vogliamo fare dell’App, che nei prossimi mesi si arricchirà di nuovi servizi e notizie sempre aggiornate, uno strumento per facilitare e migliorare il rapporto con l’Istituto, così come avviene per quella delle banche”, ha concluso.Come accedere al servizioPer accedere al servizio, è sufficiente installare l’app sul proprio smartphone o tablet, aprirla e selezionare dal menu principale la sezione Servizi > Isee, quindi scegliere l’opzione Acquisisci dichiarazione. Per utilizzare l’app, è indispensabile autenticarsi con SPID di livello 2 o superiore, CIE 3.0 (Carta di Identità Elettronica) o CNS (Carta Nazionale dei Servizi). LEGGI TUTTO

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    Stangata sul pieno di benzina, il Codacons attacca: “Rincari speculativi ingiustificati”

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    Caro prezzi anche alla pompa. Il prezzo della benzina è tornato a toccare quota 1,8 euro al litro, in rialzo di 3 centesimi rispetto alla fine dello scorso anno, complice anche l’aumento del costo di miscelazione dei biocarburanti dal primo gennaio. Un balzello che secondo i calcoli di Staffetta Quotidiana vale circa due centesimi al litro.”Aumenti del tutto ingiustificati che non trovano spiegazione nell’andamento delle quotazioni petrolifere”, tuona oggi il Codacons, commentando i rialzi dei carburanti sulla rete italiana.Le quotazioni del petrolio sono sì in leggera salita rispetto a fine 2024, ma ben lontani dai record raggiunti negli anni passati e l’associazione dei consumatori ritiene che “a fronte di tale sostanziale stabilità delle quotazioni, si registra invece un sensibile rialzo dei listini alla pompa, con un aumento di 3 centesimi al litro in pochi giorni che equivalgono ad una maggiore spesa sui rifornimenti pari a +1,5 euro a pieno, +36 euro ad automobilista su base annua”. “Senza contare ovviamente gli effetti indiretti legati ai maggiori costi di trasporto per le merci che viaggiano su gomma e che rappresentano l’88% dei prodotti venduti in Italia”, aggiunge il Codacons.Sugli aumenti sembra pesare l’extra-costo addebitato da inizio anno a rivenditori e gestori per la quota d’obbligo di miscelazione annuale dei biocarburanti, costo che rischia di essere interamente scaricato sui consumatori finali attraverso un incremento dei prezzi di benzina e gasolio. LEGGI TUTTO

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    Al via la “rivoluzione” dei bonifici istantanei. Cosa cambia da domani

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    Da domani 9 gennaio 2025, i bonifici istantanei in Europa diventeranno un diritto accessibile a tutti, senza costi aggiuntivi rispetto ai bonifici tradizionali. Grazie al Regolamento UE 886/2024, entrano in vigore nuove regole che obbligano le banche ad offrire e ricevere questo servizio senza sovrapprezzi. Una misura destinata a rivoluzionare il panorama dei pagamenti elettronici, favorendo consumatori e imprese con transazioni più rapide, sicure e convenienti.Cosa cambiaIl cuore della normativa prevede che:I bonifici istantanei avranno lo stesso costo dei bonifici ordinari, eliminando gli attuali extra-costi che, in Italia, oscillano tra i 2 e i 5 euro per operazione.Le banche saranno obbligate a garantire la ricezione delle transazioni in meno di 10 secondi, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno.L’obbligo di offrire il servizio a tutti i clienti scatterà a partire dal 9 ottobre 2025.Questa misura equipara i bonifici istantanei ai sistemi di pagamento digitali offerti da piattaforme come PayPal e Satispay, avvicinando il sistema bancario europeo a un modello più moderno e competitivo.I benefici per consumatori e impreseVelocità: La possibilità di trasferire denaro in pochi secondi consente di eliminare i tempi di attesa, spesso un problema nei pagamenti urgenti.Flessibilità: Disponibili 24/7, i bonifici istantanei sono ideali per acquisti last-minute, scadenze imminenti o pagamenti tra privati.Risparmio: La parità di costo con i bonifici ordinari riduce gli oneri per i cittadini e incoraggia l’adozione di questo strumento.Maggiore Sicurezza: Grazie alla verifica obbligatoria della corrispondenza tra IBAN e nome del beneficiario, si riducono gli errori e il rischio di frodi.Un mercato in crescitaSecondo un rapporto di Unimpresa, nel 2024 il valore totale delle transazioni tramite bonifici ha superato gli 8.000 miliardi di euro, con un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. Un trend positivo che prosegue da due decenni, sostenuto dall’adozione crescente di strumenti di pagamento digitali. Nel 2023, inoltre, si è registrato un calo del costo medio dei conti correnti bancari, sia fisici che online, segno di un maggiore utilizzo dei servizi digitali. LEGGI TUTTO