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    Naspi, dal 2025 cambia l’accesso: nuovo requisito contributivo per chi si è dimesso nei 12 mesi precedenti

    Dal 1° gennaio 2025 è entrata in vigore una novità normativa che modifica i criteri di accesso alla Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi), la principale indennità di disoccupazione erogata dall’Inps. Introdotta dal d.lgs. n. 192/2024 e dalla legge n. 207/2024, la nuova disposizione aggiorna l’articolo 3 del d.lgs. 22/2015, aggiungendo un requisito ulteriore in casi specifici.La misuraLa modifica riguarda i lavoratori che, nei dodici mesi precedenti al licenziamento, abbiano lasciato volontariamente un precedente impiego. In tali situazioni, per accedere alla Naspi non sarà più sufficiente la semplice perdita involontaria dell’ultimo posto di lavoro: sarà necessario aver maturato almeno tredici settimane di contribuzione nell’ambito dell’ultimo rapporto di lavoro conclusosi con il licenziamento.A chi è rivoltoIl nuovo requisito si applica solo ai casi in cui l’interruzione precedente è avvenuta su iniziativa del lavoratore – quindi attraverso dimissioni volontarie – e non, ad esempio, per giusta causa o con risoluzione consensuale certificata. Restano invariati gli altri due criteri già previsti per l’accesso alla Naspi: lo stato di disoccupazione involontaria e la presenza di almeno tredici settimane di contribuzione negli ultimi quattro anni, nonché di trenta giornate lavorative effettive nei dodici mesi precedenti l’inizio della disoccupazione. LEGGI TUTTO

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    Pec amministratori: ecco tutto ciò che c’è da sapere

    Nessuna corsa contro il tempo, nessuna multa in arrivo. Le Camere di commercio mettono ordine nel dibattito sull’obbligo di deposito del domicilio digitale, o pec, da parte degli amministratori di società, introdotto dalla Legge di Bilancio 2025. Nelle ultime settimane, alcune interpretazioni avevano fatto circolare l’idea di una scadenza fissata al 30 giugno 2025, con relative sanzioni in caso di mancato adempimento. Ma la norma, in realtà, non prevede alcun termine né automatismi sanzionatori.La questioneA ribadire il punto sono le Camere di commercio di Milano, Torino, Bergamo, Lecce, Padova e molte altre, che hanno diffuso comunicazioni ufficiali per offrire una lettura uniforme e rassicurante. L’articolo 1, comma 860, della legge 207/2024 introduce sì l’obbligo per gli amministratori di comunicare un proprio indirizzo PEC al Registro delle imprese, ma non stabilisce un termine entro cui adempiere, né menziona espressamente eventuali sanzioni. Il riferimento al 30 giugno è emerso in una prima lettura della disposizione da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, cui sono seguite – in data 2 aprile – osservazioni formali da parte di Unioncamere, attualmente in attesa di riscontro.Cosa dice la normativaSecondo la normativa vigente, per poter applicare una sanzione amministrativa è necessario che la legge indichi un termine preciso per l’adempimento. In questo caso, l’assenza di una scadenza esplicita rende al momento inapplicabili le sanzioni previste dall’articolo 2630 del Codice civile. LEGGI TUTTO

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    Assegno unico, cosa rischia chi non aggiorna l’Isee. Ecco la scadenza

    Si avvicina a grandi passi il 30 giugno, data entro la quale va presentato o aggiornato l’Isee 2025 qualora non si voglia correre il rischio di perdere gli arretrati dell’Assegno unico universale dalla mensilità di marzo. Ad essere interessati dalla scadenza sono tutti quei nuclei familiari beneficiari che devono ancora inviare la Dichiarazione Sostitutiva Unica aggiornata: in mancanza di questo requisito fondamentale, e non importa quale sia il reddito della famiglia, l’Inps continuerà ad erogare l’importo minimo previsto dalla misura, vale a dire 57,50 euro al mese per ciascun figlio.L’erogazione dell’assegno avviene in modo automatico senza che vi sia bisogno di inviare annualmente la domanda, ma per ottenere un importo personalizzato sulla propria condizione economica l’Isee va aggiornato ogni anno: solo così facendo il contributo potrà superare anche i 200 euro per figlio nei casi di redditi particolarmente bassi. Presentare la Dsu entro e non oltre il 30 giugno significa ottenere tramite conguaglio gli arretrati spettanti da marzo sulla base del reddito familiare, dal momento che in circostanze del genere l’Inps ha erogato solo l’importo minimo. Se l’aggiornamento dell’Isee venisse effettuato oltre la deadline, il nucleo familiare beneficiario riceverebbe quanto gli spetta a partire dalla mensilità successiva all’invio, tuttavia non esiste in questo caso alcuna retroattività, per cui sarebbe impossibile recuperare le somme spettanti pregresse.Come agire, quindi, per non perdere una parte del contributo? È sufficiente presentare la Dichiarazione Sostitutiva Unica aggiornata tramite Caf oppure attraverso il sito dell’Inps, dal momento che, come precisato dall’Istituto nazionale di previdenza sociale, non è necessario presentare una nuova domanda di assegno unico ma basta comunicare eventuali variazioni nel nucleo familiare.La necessità di inviare gli aggiornamenti è legata a un’altra novità entrata in vigore lo scorso aprile, vale a dire la riforma del calcolo dell’Isee che non include più i titoli di Stato fino a 50mila euro nel patrimonio mobiliare. Stando ai dati riportati dall’Inps nel mese di aprile 2025 sarebbero state prodotte più di 75mila Dsu al giorno, con un incremento del 60% rispetto al 2024. Le “Dsu ripetute”, ovvero quelle che hanno modificato Isee già calcolati sulla base delle nuove norme, sarebbero state alla base di questa impennata, secondo Caf Cgil. LEGGI TUTTO

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    Il Fisco apre al dialogo: concordato light per le partite Iva

    Il nuovo concordato preventivo biennale per il 2025-2026 entra nel vivo. Con la circolare 9/E/2025, l’Agenzia delle Entrate chiarisce le regole operative aggiornate in seguito all’entrata in vigore del decreto correttivo (Dlgs 81/2025). Il documento, firmato dal direttore Vincenzo Carbone, raccoglie sia una parte generale sia una selezione aggiornata delle FAQ più rilevanti, fornendo un quadro completo a professionisti, lavoratori autonomi e microimprese interessati ad aderire. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.Le soglie agli incrementi di redditoUno degli aspetti più attesi riguarda le soglie agli incrementi di reddito che, grazie al correttivo, diventano più sostenibili per i contribuenti fiscalmente affidabili. In particolare, la percentuale massima di aumento del reddito ammessa ai fini della proposta varia in base al livello di affidabilità fiscale ottenuto nel periodo d’imposta precedente. Più alta è l’affidabilità, più contenuto sarà l’incremento richiesto.L’obiettivo della misuraQuesta misura punta a rendere le proposte di adesione più credibili e vicine alla realtà economica dei contribuenti, incentivando una maggiore partecipazione. Va inoltre sottolineato che tali limiti non si applicano quando la proposta di reddito concordato risulta inferiore ai valori di riferimento settoriali ottenuti con l’algoritmo dell’Agenzia. Le stesse soglie valgono anche per calcolare il valore della produzione ai fini Irap, per le partite Iva che ne sono ancora soggette. LEGGI TUTTO

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    Occhio alla truffa su 4 Ristoranti di Alessandro Borghese: ecco come agiscono i malviventi

    I criminali non si fermano davanti a nulla e trovano metodi sempre nuovi per poter raggirare le loro vittime; ultimamente ha preso piede una nuova truffa che sfrutta l’immagine di 4 Ristoranti, celebre programma tv, molto amato dagli italiani, condotto dallo chef Alessandro Borghese. Sfruttando il grande richiamo dello show, i malviventi sono già riusciti a mettere a segno qualche colpo.Per prima cosa è bene chiarire che 4 Ristoranti non ha nulla a che vedere con quanto sta accadendo. Al solito, sono i malviventi a usare l’immagine del programma per truffare le vittime, tutti ristoratori che vorrebbero partecipare alla prestigiosa competizione. In pratica, i criminali si fingono autori del programma e contattano i titolari dei ristoranti prescelti per invitarli a prendere parte a una puntata della trasmissione. C’è però una richiesta: per cimentarsi nella fantomatica sfida culinaria si deve pagare una somma di denaro.Compresa la situazione Alessandro Borghese, Sky e Banijay Italia si sono subito attivati per rendere nota la truffa e mettere in guardia i fan e i ristoratori che seguono il programma. Viene ribadito che partecipare al cooking show è assolutamente gratuito. “Abbiamo ricevuto segnalazioni di telefonate a ristoratori da parte di falsi rappresentanti di Sky Italia e Banijay Italia, che chiedono denaro per partecipare al programma Alessandro Borghese – 4 Ristoranti. Si tratta di una truffa: la partecipazione al programma è completamente gratuita e la selezione dei ristoranti è a cura esclusiva della produzione e di Sky”, è quanto si legge sui profili social della trasmissione. “Invitiamo a prestare attenzione e a non fornire dati personali né effettuare pagamenti”. LEGGI TUTTO

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    Come cambiano i bonifici: a cosa dovrà stare attento chi effettua il pagamento

    Nuova stretta per i bonifici, da tempo al centro dell’attenzione delle autorità internazionali per garantire trasparenza e tutele per quanti utilizzano questa diffusa modalità di pagamento.Nelle scorse ore il GAFI, il Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale, ha infatti stabilito una serie di nuove norme che andranno a cambiare la gestione del trasferimento di fondi in particolar modo per quanto concerne i bonifici transfrontalieri, ovvero quelli eseguiti tra Paesi diversi. Con le modifiche alla “Traver Rule”, nota come “Raccomandazione 16”, saranno necessari parametri ancora più rigidi circa l’identificazione e la trasmissione di dati relativi a colui che invia il bonifico. Trattandosi di un trasferimento di fondi, le nuove norme andranno a coinvolgere non solo il mittente ma anche gli intermediari coinvolti, come banche, fintech, wallet o crypto exchange.L’obiettivo è quello di garantire maggiore trasparenza e colmare le lacune del vecchio sistema, impedendo fenomeni di riciclaggio di denaro di qualunque genere: i bonifici dovranno infatti essere accompagnati da una serie di dettagliatissime informazioni verificabili dal momento dell’invio del denaro fino a quello dell’arrivo al destinatario. In questo percorso gli intermediari avranno la responsabilità di effettuare verifiche sul bonifico, nonché il dovere, tramite nuovi strumenti tecnologici di cui dovranno dotarsi, di evitare e correggere errori o di intercettare dei trasferimenti di denaro sospetti. A finire nel mirino non solo le transazioni in euro o dollari, ma anche quelle digitali in criptovalute.Le modifiche apportate alla “Raccomandazione 16” nel giugno del 2025 cambiano quindi le norme alla base dei bonifici, e da questo momento in poi ci saranno 5 anni a disposizione per renderle effettive: dal 2030 diventeranno infatti obbligatorie per tutti. Nonostante questo ampio margine, tuttavia, vedremo i primi risvolti già a breve dal momento che tanti Paesi stanno già iniziando a predisporre un cambiamento graduale dei sistemi bancari. Ma cosa cambia in concreto?Come detto, i bonifici richiederanno che il mittente fornisca dati più dettagliati e completi, in particolar modo quando si parla di cifre superiori a mille dollari e di trasferimenti di denaro transfrontalieri o peer-to-peer: tali informazioni dovranno accompagnare il bonifico lungo tutto il suo percorso, dalla banca che invia il pagamento a quella che lo riceve, incluse eventuali intermediarie. Andranno dunque indicati “Nome e cognome del mittente”, “Dati anagrafici”, “Indirizzo di residenza”, “Coordinate bancarie del beneficiario”. Una volta ricevuti i dati, sarà compito dell’intermediario, anche grazie all’introduzione di nuovi strumenti informatici, quello di verificarne la bontà e la correttezza ed eventualmente di bloccare la transazione e segnalarla in caso di irregolarità. L’ordinante dovrà prestare quindi grande attenzione, dal momento che per effettuare bonifici nei casi sopra menzionati non sarà più sufficiente inserire esclusivamente casuale e Iban. LEGGI TUTTO

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    “Cambia fornitore”: occhio alla truffa sul gas, come funziona

    Sono state molto numerose le segnalazioni di cittadini vittime di una nuova tipologia di truffa telefonica che invoglia a cambiare fornitore di gas dietro l’apparente (ma si tratta assolutamente di un falso) garanzia della Regione Lazio. Dall’altra parte della cornetta, infatti, falsi operatori si spacciano per dipendenti regionali proponendo contratti vantaggiosi.Non fornire dati sensibiliPer evitare che gli utenti più ignari potessero cadere in trappola, l’Urp (Ufficio relazioni con il pubblico) della Regione Lazio ha diramato una nota comunicando in maniera chiara e netta che non hanno nulla a che vedere con le forninture energetiche e che i cittadini non riceveranno mai nessuna telefonata per questioni del genere. “L’Urp della Regione Lazio ha ricevuto in queste ore numerose segnalazioni di cittadini che riferivano di essere stati contattati da un sedicente operatore regionale che proponeva cambi di fornitore del gas a prezzi vantaggiosi. Attenzione: si tratta di una truffa – affermano dalla Pisana – La Regione Lazio, naturalmente, non ha tra le proprie finalità istituzionali la gestione e/o la fornitura di qualsivoglia tipo di energia. La Regione Lazio, pertanto, invita i cittadini che dovessero ricevere telefonate simili a non fornire dati sensibili, a riagganciare immediatamente e a segnalare il numero sospetto alle autorità competenti”.Come funziona la truffaLo schema è quello classico e collaudato di tanti altri simili tentativi di truffa: gli operatori che contattano la gente si spacciano come funzionari della Regione formulando la finta offerta e poi, per concludere al meglio l’operazione, chiedono dati sensibili come quelli personali e bancari. Oltre a non fornire alcun dato, l’avviso è quello di interrompere immediatamente la conversazione e bloccare il numero telefonico in entrata. Si può anche chiedere aiuto alla Polizia postale che sta già provvedendo all’identificazione di queste telefonate con scopi fraudolenti. LEGGI TUTTO

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    Hai un figlio studente universitario? Cosa puoi scaricare nel 730 e come

    Quando in una famiglia un figlio frequenta l’università, le spese da sostenere sono davvero tante che riguardano non solo, ad esempio, il materiale didattico o la retta, ma anche l’affitto nei casi in cui si tratti di uno studente universitario fuori sede.In sede di dichiarazione dei redditi, però, alcuni dei costi sostenuti possono essere portati in detrazione fiscale.Vediamo come è possibile scaricare nel 730 queste voci.Spese universitarie: quali sonoOccorre evidenziare, innanzitutto, che tra le spese universitarie rientrano solo quelle riguardanti la frequenza ai corsi di studio, secondo quanto previsto dall’art. 15 del Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi) che prevede la possibilità di detrarre dall’imposta lorda il 19% delle spese sostenute per la frequenza di corsi di istruzione , si che si tratti di istituti statali che di quelle non statali: “Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo (…) le spese per frequenza di corsi di istruzione universitaria presso università statali e non statali, in misura non superiore, per le università non statali, a quella stabilita annualmente per ciascuna facoltà universitaria con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca da emanare entro il 31 dicembre, tenendo conto degli importi medi delle tasse e contributi dovuti alle università statali”.Pertanto, la detrazione spetta per la frequenza a:I corsi di laurea o di specializzazione.Corsi di perfezionamento e Master.Dottorati di ricerca.Corsi svolti presso Istituti tecnici superiori (ITS).Corsi presso i Conservatori di Musica e gli Istituti musicali pareggiati.Possono essere portati in detrazione, le:Tasse di iscrizione e immatricolazione.Tasse per esami di profitto e di laurea.Partecipazione ai test d’ingresso.A quanto ammontanoCome scritto sopra, la detrazione ammonta al 19% e occorre ricordare che queste spese sono detraibili anche nel caso in cui non vengano portate in dichiarazione dal diretto interessato ma anche dai familiari su cui lo studente è “a carico” (quindi se non ha percepito redditi superiori a 4mila euro se l’età è inferiore ai 24 anni e 2.840,52 euro se l’età è superiore ai 24 anni).Per le università non statali esistono dei limiti massimi detraibili variabili in base all’ambito disciplinare e all’area geografica: LEGGI TUTTO