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    Morosità e diritto di voto in assemblea: cosa sapere

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    I punti chiave

    Quando si vive in condominio, la gestione delle spese comuni può diventare un tema delicato, soprattutto in presenza di condòmini che, per vari motivi, non riescono o non vogliono versare le quote dovute. Ma un condòmino moroso ha ancora diritto di voto in assemblea? E se si, in quali situazioni? Cerchiamo di capirlo insieme.Cosa dice la leggeLa questione è regolata dall’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile, secondo cui l’amministratore può sospendere il diritto di voto ai condòmini morosi. Questa misura è stata introdotta con la riforma del condominio del 2012 (Legge n. 220/2012) ed è finalizzata a tutelare gli altri proprietari, evitando che chi non partecipa alle spese possa influenzare decisioni finanziarie importanti.Quando un condòmino perde il diritto di votoPerché scatti la sospensione del voto, devono verificarsi alcune condizioni: il condòmino deve essere moroso, ovvero non aver saldato le quote condominiali dovute; l’amministratore deve aver già avviato la procedura di recupero crediti, come previsto dal regolamento condominiale o dalla legge; la sospensione deve riguardare esclusivamente le decisioni di natura economica, come l’approvazione del bilancio e la ripartizione delle spese straordinarie.Partecipazione all’assembleaIl condòmino moroso può comunque partecipare all’assemblea, prendere parola e discutere gli argomenti all’ordine del giorno. Tuttavia, quando si passa alla votazione su questioni finanziarie, il suo voto non viene conteggiato.Perché questa normaL’esclusione del voto per i morosi è una misura che mira a garantire equità e responsabilità all’interno del condominio. Chi non partecipa alle spese non dovrebbe avere voce in capitolo sulle decisioni economiche che riguardano tutti gli altri proprietari. Inoltre, rappresenta un incentivo per chi è in ritardo con i pagamenti a regolarizzare la propria posizione.Quali eccezioniCi sono alcuni casi in cui il diritto di voto non può essere negato, e cioè: se la decisione riguarda modifiche al regolamento condominiale o altre questioni non direttamente collegate alle spese; se il condòmino salda il suo debito prima della riunione, riacquistando così tutti i diritti. LEGGI TUTTO

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    Mastercard, problemi in tutto il mondo: cosa sta succedendo

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    Come segnalato in varie parti del mondo ci sono problemi con i pagamenti di Mastercard, sia negli acquisti sia nei pagamenti online. Interruzione del servizio segnalato in Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Giappone e Francia. Sul sito Downdetector, che raccoglie le segnalazioni degli utenti in merito ai malfunzionamenti tecnologici, intorno alle 9 di oggi domenica 9 marzo c’è stato un picco di segnalazioni, con diversi commenti anche da parte di utenti italiani, in particolare a Roma, Milano e Bari.Dopo un paio di ore, intorno alle 11 in Italia, la situazione sembra essersi stabilizzata. In realtà, come evidenziato da alcuni esperti, sul portale italiano di Downdetector il picco di segnalazioni non è arrivato a 150, un numero sicuramente non così elevato per poter parlare di sistema fuori uso, considerato che gli utenti sono milioni, solo in Italia. LEGGI TUTTO

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    Falsi investimenti e dati rubati: la truffa online che usa Il Giornale per ingannare i lettori

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    I punti chiave

    Una pagina web di un finto giornale, corredata da foto, interviste e un testo che mima un articolo di news: questi sono gli ingredienti di un tipo di truffa online che sta prendendo piede da qualche tempo e che, nelle ultime settimane, ha colpito anche IlGiornale. Questo tipo di truffa è ben strutturato e sta diventando sempre più “credibile” e diffuso in Italia.Come funzionaIl meccanismo è semplice ma, purtroppo, efficace. I truffatori creano un sito che ricalca in tutto e per tutto il design di un giornale noto, come IlGiornale, con un nome familiare e un layout che fa sembrare tutto autentico. Le sezioni, il footer, e persino i commenti sembrano veri, e l’articolo stesso è scritto come un pezzo di cronaca, con tanto di interviste e dichiarazioni di personaggi pubblici, nel nostro caso citando cantanti conosciuti come Ghali. Tuttavia, se si legge con attenzione, si notano diversi segnali che fanno capire che qualcosa non va. Il testo, infatti, presenta sbavature sintattiche e grammaticali che fanno pensare a una traduzione automatica dall’inglese. Questi sono dettagli da non sottovalutare, perché una vera redazione giornalistica non pubblica articoli con questi errori. Inoltre, i link all’interno della pagina, anche quelli apparentemente validi, reindirizzano gli utenti a una pagina dove viene richiesto di inserire dati personali come nome, cognome e indirizzo email.Obiettivo: sottrarre denaro e dati personaliIl fine di questi siti falsi è molto chiaro: ottenere dati sensibili per scopi fraudolenti. L’articolo in questione conteneva anche la promessa di guadagni facili, come investimenti che sarebbero riusciti a trasformare poche centinaia di euro in migliaia in poche settimane. Ma queste offerte sono soltanto una trappola per rubare denaro e informazioni personali.L’ingannoNello specifico Il Giornale è stato preso di mira da truffatori che hanno creato un sito imitato, che pubblicava articoli falsi attribuiti alla nostra testata. In particolare, un articolo che parlava di un presunto scandalo finanziario che coinvolgeva Ghali, il noto cantante, ha attirato l’attenzione di migliaia di lettori. In questo articolo, si raccontava che investendo 250 euro, in poche settimane, sarebbe stato possibile guadagnare migliaia di euro, una notizia completamente inventata. Ci teniamo a precisare che IlGiornale non ha mai pubblicato una simile notizia e che il nostro sito non è mai stato coinvolto in attività di questo tipo. Quello che sta accadendo è una vera e propria frode, e il nome della testata viene usato indebitamente per guadagnare sulla credulità delle persone. LEGGI TUTTO

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    Caffè, nuovi aumenti in arrivo: quanto costerà al bar?

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    Fare colazione o concedersi una breve pausa per sorseggiare del buon caffè al bar sarà sempre più costoso. Anche il 2025 è caratterizzato dal fenomeno del caro-tazzina, con i prezzi del classico espresso che risultano in ulteriore aumento rispetto allo scorso anno. Un appuntamento irrinunciabile per gli italiani che però si fa ancora più salato. Rispetto al 2021, il caffè costa in media quasi il 20% in più.I dati emergono da uno studio condotto dal Centro di formazione e ricerca sui consumi in collaborazione con Assoutenti, che ha fatto un parallelismo tra i prezzi del caffè servito nei bar delle principali città d’Italia. La corsa non si arresta: la tazzina di espresso continua a essere protagonista di continui incrementi, tanto che il prezzo nelle grandi città è passato da una media di 1,03€ del 2021 a una media di 1,22€ di gennaio 2025. Nei fatti si tratta di un aumento superiore al 19%.I listini sono estremamente diversificati sul territorio. Dove costa di più il caffè? Al primo posto c’è Bolzano, con un prezzo medio di 1,43€. Seguono Trento, Pescara e Trieste con 1,34€. Invece la città più economica da questo punto di vista è Catanzaro, unica tra le grandi province in cui la tazzina non supera il costo di 1€. Tenendo in considerazione l’andamento degli ultimi 4 anni, i rincari più pesanti riguardano Pescara (+34%) e Bari (+32%). Ovviamente tutto ciò ha un impatto anche su Napoli: la capitale mondiale del caffè deve fare i conti con aumenti superiori al 32% e con un prezzo medio che ormai è vicino a 1,20€.Sembrano variazioni impercettibili, ma l’aumento del prezzo dell’espresso incide significativamente sulle tasche degli italiani, per cui la pausa caffè al bar è un’abitudine quotidiana (come dimostrano 6 miliardi di tazzine servite ogni anno nei locali pubblici del nostro Paese). Dunque la spesa per l’espresso passa dai 6,18 miliardi all’anno del 2021 agli attuali 7,32 miliardi, registrando un incremento di 1,14 miliardi a parità di consumi. LEGGI TUTTO

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    8 marzo, Conflavoro: “Imprese femminili valgono 240 miliardi, ma gender gap resta elevato”

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    Sono 1,3 milioni le imprese femminili in Italia, pari al 22,2% del totale, e danno lavoro a 4,7 milioni di persone generando un fatturato tra i 200 e i 240 miliardi di euro, ossia il 10-12% del Pil nazionale. Tuttavia, il divario economico rispetto alle imprese maschili è del 60%, a dimostrazione che resta molta strada ancora da percorrere”. Così Roberto Capobianco, presidente di Conflavoro, presentando i dati elaborati dal Centro Studi dell’associazione, diretto da Sandro Susini.Secondo l’indagine di Conflavoro, intitolata ‘L’imprenditoria femminile in Italia tra crescita e ostacoli strutturali’, il Sud Italia ospita mezzo milione di imprese femminili (37%), mentre la Lombardia guida la classifica con 182 mila aziende (15%), seguita da Lazio (147 mila; 10,4%) e Campania (137 mila; 10,1%). Queste tre regioni sono anche ai vertici in Europa, con la Lombardia prima assoluta (236 mila imprese femminili e lavoratrici autonome) e Lazio (194.500) e Campania (185 mila) nelle prime 10.“Nonostante i numeri incoraggianti, che testimoniano anche la capacità delle imprenditrici italiane di competere su scala internazionale, purtroppo le giovani donne stanno smettendo di fare impresa, influenzate da ostacoli strutturali come l’accesso al credito e la conciliazione vita-lavoro. Il 48% delle imprese femminili è guidato da over 50, il 38% da 35-49enni e solo il 14% da under 35. Sostenere le donne imprenditrici non è più solo una questione di giustizia sociale, ma anche una priorità economica e di futuro del Paese. Non l’8 marzo, ma sempre”, sottolinea Capobianco. LEGGI TUTTO

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    Taglio dei tassi e speranze di crescita: l’eterno duello tra falchi e colombe

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    Per il reddito fisso, obbligazioni e Btp, il barometro segna tempesta. La prima settimana di marzo, in proposito, è stata illuminante: nell’attesa del secondo taglio annuale dei tassi, che la Bce ha effettuato giovedì 6 marzo portando il tasso ufficiale dal 2,75 al 2,5%, il mercato ha seguito l’andamento opposto. I rendimenti, invece che scendere, sono vistosamente saliti. Le scadenze a 10 anni sono tornate a livelli che non si vedevano da mesi. Il Bund ha superato il 2,8%, mentre i Btp – mantenendo lo spread attuale intorno ai 105 punti – sono andati a 3,85 per cento. Altro che calo dei tassi: i rendimenti raccontano un’altra storia.Il taglio della Bce, almeno nell’immediato, non ha mosso alcunché, essendo dato per scontato. Ma a muovere i mercati sono per l’appunto i dati non scontati. E tra questi c’è il “sentiment” legato alla situazione geopolitica. Due gli elementi portanti: l’aumento della spesa pubblica per la difesa nella Vecchia Europa, con il piano Ue da 800 miliardi; e la riforma del freno al debito tedesco, che dovrebbe liberare la spesa per la difesa sopra l’1% del Pil dal vincolo costituzionale.Sono questi due gli elementi che hanno bruscamente interrotto la discesa dei rendimenti europei invertendo la tendenza e generando aspettative contrarie. Ora fa premio l’aumento generalizzato del debito pubblico europeo. Perché se è vero che il piano Ue dovrebbe prevedere di scomputare le spese per la difesa dal deficit ai fini del suo rapporto con il Pil, è altrettanto assodato che di deficit e debito si tratta. Con due tipi di conseguenze: per un Paese super esposto come l’Italia (vale anche per la Francia) si tratterà di vedere aumentare ulteriormente le grandezze già arrivate da tempo al livello di guardia. Non è un caso che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, impegnato già dal governo Draghi a tenere i conti sotto controllo, non abbia accolto con favore la notizia di nuovi investimenti pubblici nella difesa. Mentre la seconda conseguenza riguarda il Bund: se l’àncora europea del reddito fisso dovesse finire sotto la lente delle agenzie di rating a causa delle nuove regole costituzionali, verrebbe meno un punto di riferimento degli investitori di tutto il mondo. Con possibile effetto destabilizzante. LEGGI TUTTO

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    Disoccupazione: che differenza c’è tra Naspi e Discoll

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    I lavoratori che si trovano senza lavoro a causa della cessazione del rapporto di lavoro o per licenziamento, sono supportati, per un periodo di tempo definito, dalla Naspi o dalla Discoll. Per entrambe le misure ci si riferisce, fondamentalmente, ad un’indennità che mira a supportare economicamente i lavoratori che si trovano in uno stato di disoccupazione; ma tra la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego e la Discoll ci sono delle differenze.Vediamo quali.NaspiIstituita dal decreto legislativo n. 22 del 2015, la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego è una indennità mensile di disoccupazione rivolta ai lavoratori che, prima di perdere involontariamente l’occupazione, svolgevano attività tra cui:l’apprendistato.il socio lavoratore in cooperative con cui abbia anche un rapporto di lavoro subordinato.il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato.il dipendente a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni.Come precisato, la perdita del lavoro deve essere involontaria ma viene riconosciuta anche nel caso di:dimissioni per giusta causa o intervenute durante il periodo tutelato di maternità.per risoluzione consensuale del rapporto di lavoro anche al seguito del rifiuto del lavoratore di trasferirsi.per licenziamento disciplinare o per licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione.Inoltre, per poter accedere alla Naspi è necessario che il lavoratore, prima di perdere il lavoro, abbia versato nei 4 anni precedenti almeno 13 settimane di contribuzione.Per maggiori informazioni sulle modalità di richiesta e di calcolo degli importi è possibile leggere il precedente articolo su IlGiornale.It.DiscollSi tratta dell’indennità di disoccupazione rivolta ai collaboratori coordinati e continuativi, assegnisti e dottorandi di ricerca con borsa di studio che sono inoccupati e iscritti alla Gestione Separata.Anche se iscritti alla Gestione Separata, però, l’indennità non spetta alle partite Iva, ai collaboratori titolari di pensione o a coloro i quali abbiano svolto ruolo di amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica.Che differenza c’èCome scritto in precedenza, in entrambi i casi si tratta di un’indennità di disoccupazione, spettante nel 75% del reddito medio mensile; inoltre, anche relativamente alle tempistiche di presentazione o alle cause di decadenza, le somiglianze sono molte. LEGGI TUTTO