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    Multe, i casi in cui si può ottenere l’annullamento immediato: cosa dovrebbero sapere gli automobilisti

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    Una volta ricevuta una multa, onde evitare di dover versare cifre superiori tra sanzioni aggiuntive e interessi di mora, è sempre consigliabile pagare: gli unici casi in cui si può procedere per richiederne l’annullamento sono quelli in cui il fatto contestato non sussiste ed è comprovabile oppure qualora il verbale sia lacunoso o riporti informazioni errate. Ma a cosa bisogna stare attenti per comprendere se ci si trova in una condizione del genere e si ha quindi diritto di ottenere la cancellazione della contestazione?La prima cosa da sapere è che l’annullamento va chiesto entro 30 giorni se si ricorre al Giudice di pace o entro 60 giorni qualora ci si rivolga al Prefetto. È altresì possibile percorrere la via del ricorso in autotutela se si è in grado di rilevare nel verbale contestato lacune o errori: in questo caso va contattato l’Ente accertatore mediante Pec o Raccomandata con avviso di ritorno.È la soluzione da prediligere in una situazione del genere, dal momento che si tagliano tempi e costi. Ciò non significa, tuttavia, che si interrompano al contempo i termini per il ricorso, cioè i 30 o i 60 giorni: qualora non si ottenga risposta a breve distanza da queste scadenze con la modalità sopra indicata, è consigliabile procedere con il tradizionale ricorso. Quali errori o lacune possono essere determinanti per richiedere l’annullamento e procedere col ricorso in autotutela?Innanzitutto nel verbale deve essere indicato con chiarezza e precisione il luogo della contestazione: questa lacuna non consente al contribuente di effettuare ricorso, pertanto la multa è da considerarsi nulla. Non esiste una formula precisa che l’ufficiale deve seguire, ma il luogo deve essere localizzabile senza dubbi: ciò che può accadere, ad esempio, se manca l’indicazione del numero civico o di un qualsiasi altro riferimento, come un incrocio o un esercizio commerciale, che contribuisca a chiarire la posizione precisa.Non servono informazioni accessorie, ad esempio, nel caso in cui un cittadino posteggi la propria auto su un parcheggio per disabili, che è contrassegnato senza possibilità di errore da un numero identificativo. Anche le diverse contestazioni possono influire sulla necessità o meno di essere così precisi: ad esempio può essere importante in una multa per divieto di sosta e totalmente ininfluente per un posteggio in Ztl. Va da sé che inserire un’informazione errata, come contestare un divieto di sosta in una via in cui non sono presenti, sia sufficiente per procedere autonomamente con la richiesta di annullamento.Oltre al luogo vanno indicati nel verbale con chiarezza data e ora, a meno che ciò non sia ininfluente ai fini della contestazione: è importante la precisione, ad esempio, se si viene multati per sosta prolungata oltre il disco orario.Ovviamente i dati dell’auto e quelli del conducente devono essere precisi e non confondibili: ci sono casi di errori che non sono determinanti a evitare la multa, come ad esempio se si sbaglia parzialmente il nome o il cognome ma il codice fiscale è corretto. Idem per il veicolo, a parte il caso in cui l’ufficiale sbagli a indicare la tipologia del mezzo o la targa.Infine deve essere chiara e inequivocabile la ragione della contestazione, in modo che il multato sappia contro cosa fare eventualmente ricorso per ottenere l’annullamento. È sufficiente un’esposizione sintetica, ma è d’obbligo che sia chiaro il motivo alla base della sanzione: non è sufficiente, ad esempio, che sia possibile risalire ad esso sulla base dell’importo addebitato al cittadino. Laddove la multa arrivi grazie alla tecnologia, come autovelox o telecamere Ztl, i dispositivi devono essere omologati e perfettamente funzionanti. LEGGI TUTTO

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    Si può vendere l’auto anche con il bollo non pagato? Ecco cosa sapere

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    Con il termine bollo auto intendiamo quell’imposta che sono tenuti a pagare tutti coloro che possiedono un veicolo, sia esso un’automobile, un furgone o una motocicletta. Quando intendiamo vendere la nostra vettura, la parte relativa alla tassazione dovrebbe essere in regola per una maggiore sicurezza di chi vende e di chi compra. Il compratore, in particolar modo, è interessato a sapere che se non ci siano pendenze sul veicolo che intende acquistare. La domanda che sorge spontanea, dunque, è la seguente: è possibile vendere un’auto anche se non è stato pagato il bollo?Il bollo auto altro non è che una tassa di proprietà, e va versata a prescindere dall’utilizzo della vettura. L’importo deve essere versato entro la fine del mese successivo a quello dell’immatricolazione del veicolo. Vi è però un mese di tolleranza che potrebbe creare delle problematiche in sede di vendita dell’automobile. Il mancato versamento dell’imposta, anche oltre il mese di tolleranza, non inficia il trasporto, dato che ha valore unicamente fiscale. Il mezzo, dunque, può essere utilizzato. Si rischia, tuttavia, di incappare in una misura di fermo amministrativo, ma ciò non avviene immediatamente. Ne consegue che l’automobile può essere guidata. Il nuovo possessore può mettersi al volante e circolare, tenendo però presente che la situazione deve essere messa in regola il prima possibile.La vendita dell’auto prevede un passaggio di proprietà, che può essere ottenuto rivolgendosi a un notaio, a uno sportello della Motorizzazione Civile, all’Aci, oppure alle agenzie automobilistiche convenzionate. In ciascuna di queste sedi non sarà fatta una verifica sul bollo, pertanto non sarà necessario presentare alcuna ricevuta di pagamento. La compravendita, in sostanza, non può essere impedita dal mancato versamento dell’imposta. LEGGI TUTTO

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    Su alcune case si paga anche l’Irpef. Ecco cosa sapere

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    Imu e Irpef, ossia Imposta Municipale Propria per chi possiede un immobile e Imposta sul reddito delle persone fisiche. Solitamente con gli immobili non locati vale un effetto sostitutivo fra Imu e Irpef: in sostanza, sugli immobili viene applicata l’Imu, e il versamento dell’imposta fa in modo che non sia dovuta anche l’altra. Le cose però non stanno sempre così. Vi sono dei casi in cui il cittadino è tenuto a pagare entrambe le imposte.Ciò avviene quando l’immobile non locato risulta essere ubicato nel Comune in cui risiede l’abitazione principale. Esaminiamo dunque la normativa. All’articolo 8, comma 1 del decreto legislativo 23 datato 2011 si legge: “L’imposta municipale propria è istituita, e sostituisce, per la componente immobiliare, l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, e l’imposta comunale sugli immobili, fatto salvo quanto disposto nel successivo articolo 9, comma 9, terzo periodo”. L’articolo 9 spiega infatti che: “Sono comunque assoggettati alle imposte sui redditi ed alle relative addizionali, ove dovute, gli immobili esenti dall’imposta municipale propria. Fermo restando quanto previsto dai periodi precedenti, il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso comune nel quale si trova l’immobile adibito ad abitazione principale, assoggettati all’imposta municipale propria, concorre alla formazione della base imponibile dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali nella misura del cinquanta per cento”.Ne consegue che l’effetto sostitutivo di cui si è parlato in precedenza vale solo per quegli immobili non locati presenti in comuni diversi rispetto al comune in cui risiede la casa principale. Quando gli immobili si trovano nel medesimo comune il cittadino è tenuto a versare l’Imu e il 50% dell’Irpef. Il proprietario di un immobile non locato che si trova nel medesimo comune dell’abitazione principale è quindi tenuto a pagare l’Imu, versare il 50% dell’Irpef e applicare una maggiorazione alla rendita catastale di un terzo. LEGGI TUTTO

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    Come sarà il futuro del mercato globale? Il dibattito all’evento del Giornale

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    Cosa cambierà in futuro con Donald Trump presidente degli Stati Uniti d’America? Il mercato globale è sicuramente movimento, veloce e continuo, reale o virtuale, organizzato o irrazionale, quotidiano e improvviso. Ma è mobilità di umani e di merci, di masse e di idee. La vocazione, e la necessità, a spostarsi appartiene alla storia dell’umanità. Un fatto però è certo: adesso tutto è accelerato e contemporaneo. I numeri fanno la differenza, con un consumo di energia che lascia sul terreno una quantità fuori limite di scorie ed elementi più o meno dannosi. La transizione ecologica è – di conseguenza – a un punto di svolta. Ma l’approccio alla tutela dell’ambiente e al ripensamento sui tempi e sui costi delle politiche sullo sviluppo sostenibile sarà meno ideologico? Hoara Borselli ne parla durante l’evento organizzao dal Giornale a Palazzo Mezzanotte di Milano con Andrea Porchera, Responsabile comunicazione Renexia, Filippo Rodriguez, Head of Macro Area Nord Enel, e Cesare Trippella, Head of Leaf EU Philip Morris Italia.Secondo Porchera le aziende oggi “non possono permettersi un approccio ideologico, bensì pragmatico”, perché tutto questo “non farebbe l’interesse del sistema e si subirebbe i danni”. Ecco perché è necessario sicuramente porre in atto una “progressiva transizione verso fonti più pulite”. Il mix tra fonti rinnovabili e quelle tradizionali è inevitabile: “Bisogna pensare alla capacità di autodeterminarsi”, facendo quindi conto delle novità importanti. Anche perché si dovrà pensare alla de-carbonizzazione dell’economia e dunque questo equilibrio risulta fondamentale in assenza di gas e petrolio nel nostro Paese. Renexia ha annunciato un “investimento che supera i 10 miliardi di euro che riguarda un comparto fondamentale”: l’obiettivo è costruire al più presto un impianto eolico galleggiante che “coprirà il 3% del fabbisogno complessivo”. La sua azienda è la prima “che ha portato l’eolico offshore negli Stati Uniti, la costruzione comincerà a breve”, dichiara. Negli Usa il sistema vede un contatto “solo con l’Ente federale e fa sì che il percorso sia più chiaro”. In sintesi: “Noi portiamo alle autorità dati scientifici per avvalorare la bontà dei nostri progetti e abbiamo risposto a tutte le loro perplessità”.Anche Rodriguez si pone sulla stessa linea pragmatica fornita da Renexia. “Non ci si può innamorare di un’idea o di un progetto qualunque, ma bisogna affrontarlo pensando ai vantaggi per l’ambiente, per la società e per l’economia. Questi sono i tre capisaldi”, afferma l’Head of Macro Area Nord Enel. L’obiettivo è chiaro: “Rispettare le vocazioni del territorio, il cui rapporto è fondamentale e con il quale bisogna occorre instaurare una buona relazione a lungo termine, specialmente per un’azienda come Enel che gestisce infrastrutture strategiche destinare a durare nel tempo”. Questo tipo di collaborazione non può fare altro che portare dei vantaggi enormi. Ed è proprio in questa ottica che Enel ha già posto degli “investimenti di 44 miliardi di euro: 22 sono stati destinati all’Italia e ben 16 alle reti, che rappresentano un fattore abilitante della transizione energetica. Oggi, infatti, diventa importante investire sulla rete per renderla sempre più digitalizzata e resiliente per affrontare le sfide di una crescente domanda di energia e dei fenomeni atmosferici estremi”. LEGGI TUTTO

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    Droghe alla guida: confermati i test, ma controlli più precisi. Ecco cosa succede

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    I punti chiave

    Nessuna nuova circolare contraddice le recenti novità introdotte dal Codice della Strada sulla politica di tolleranza zero verso l’uso di droghe alla guida. Lo spiega il Mit, sottolineanco che la direttiva dell’11 aprile, anzi, conferma l’impianto normativo voluto dal Ministero dei Trasporti, chiarendo però che la punibilità non può più basarsi esclusivamente sulla presenza di tracce di stupefacenti. Per sanzionare un conducente, sarà necessario dimostrare che la sostanza sia stata assunta in un arco temporale vicino alla guida e che abbia ancora effetti psicoattivi. Si supera così il meccanismo automatico di sospensione della patente in caso di positività, introducendo un criterio più aderente alla realtà clinica e forense.Controlli più precisiLa nuova circolare rivede anche le modalità operative dei controlli: il primo test sarà salivare e verrà effettuato direttamente dagli agenti su strada. Se risulterà positivo, si procederà con il prelievo di due campioni da inviare ai laboratori di tossicologia forense. Solo la presenza di metaboliti attivi, cioè ancora in grado di influenzare le capacità cognitive e motorie, potrà giustificare sanzioni. I metaboliti inattivi, residui di assunzioni pregresse, non avranno più valore ai fini dell’accertamento. In quest’ottica, vengono esclusi i test urinari, considerati inadeguati per determinare uno stato di alterazione attuale. LEGGI TUTTO

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    “Oops, numero sbagliato”. Attenti a questo messaggio: cosa nasconde

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    L’allarme arriva direttamente dall’Fbi, che sta tentando di mettere in guardia i cittadini dalle insidie di una nuova truffa via Sms già in grado di mietere numerose vittime negli Stati Uniti: una forma di raggiro che sta rapidamente diffondendosi in tutto il Paese, e ha quindi come obiettivo i possessori di smartphone, indipendentemente dal sistema operativo installato.Stando a quanto riferito dalle autorità federali, e poi ribadito nelle scorse ore da quelle locali di Gretna in Louisiana, i cybercriminali starebbero agendo dalla Cina: la truffa, viste le sue caratteristiche, è stata ribattezzata “Oops, numero sbagliato”, e fa leva su tecniche di ingegneria sociale studiate per far capitolare i meno avvezzi alle frodi online.Come intuibile dal nome, tutto inizia con un apparentemente innocuo messaggio via Sms in cui il mittente invia al destinatario, che nella finzione scoprirà poi essere errato, un’informazione importante come un appuntamento di lavoro, una visita medica o una comunicazione familiare. I truffatori fanno leva sul fatto che il destinatario si senta in dovere di informare cortesemente dell’errore il mittente, così che possa inviare l’Sms a chi avrebbe dovuto riceverlo fin dall’inizio.Ecco, quindi, il gancio perfetto, grazie al quale i cybercriminali tentano di instaurare un dialogo con la vittima: facendo leva su interessi comuni, in qualche caso effettuando anche un approccio romantico, gli autori del raggiro cercano di carpire la fiducia dall’interlocutore con l’obiettivo di fargli abbassare le difese. La conversazione nata apparentemente in modo casuale, è quindi lo stratagemma per superare le barriere dell’obiettivo di turno, una volta oltrepassate le quali i truffatori puntano al bersaglio grosso. Siamo ben distanti dalle forme di raggiro in cui si cercano di ottenere rapidamente piccole quantità di denaro, come ad esempio in quella in cui i cybercriminali si fingono figli o nipoti della vittima simulando un incidente o un problema di vario genere. In questa circostanza l’obiettivo è quello di circuire col tempo l’interlocutore e di coinvolgerlo a tal punto da convincerlo a investire su crypto o a cliccare su link malevoli per impossessarsi dei suoi dati personali e delle chiavi di accesso al conto corrente. LEGGI TUTTO

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    Vendite al dettaglio in caduta a marzo 2025: cosa rivelano i dati Istat

    Il commercio al dettaglio in Italia continua a mostrare segnali di debolezza. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat, nel mese di marzo 2025 le vendite al dettaglio hanno registrato una contrazione dello 0,5% sia in valore che in volume rispetto al mese precedente. Una dinamica negativa che ha coinvolto sia i beni alimentari (–0,5% in valore e –0,9% in volume) sia i beni non alimentari (–0,3% in valore e –0,4% in volume).Il quadro non migliora nemmeno guardando all’intero primo trimestre dell’anno: le vendite al dettaglio segnano infatti una flessione dello 0,2% in valore e dello 0,5% in volume rispetto al trimestre precedente. Anche in questo caso, la contrazione è generalizzata: beni alimentari in calo dello 0,1% in valore e dello 0,5% in volume, beni non alimentari a –0,4% in valore e –0,6% in volume.Ancora più marcato il calo nel confronto tendenziale con marzo 2024: il valore complessivo delle vendite si è ridotto del 2,8%, mentre il volume ha subito un crollo del 4,2%. Particolarmente significativa la contrazione per i beni alimentari, che scendono del 4,2% in valore e addirittura del 6,7% in volume. Più contenuto ma comunque preoccupante il calo dei beni non alimentari: –1,4% in valore e –2,1% in volume.In questo contesto fortemente negativo, si registrano solo isolate eccezioni in controtendenza tra i beni non alimentari. I prodotti di profumeria e per la cura della persona crescono dell’1,8% su base annua, seguiti dai prodotti farmaceutici con un +0,6%. All’opposto, i settori più colpiti sono quelli di cartoleria, libri, giornali e riviste (–4,5%) e calzature, articoli in cuoio e da viaggio (–4,2%).Tutte le forme distributive risultano in calo rispetto a marzo 2024: la grande distribuzione registra una flessione del 2,6%, le imprese su piccole superfici del 3,1%, le vendite al di fuori dei negozi del 4,7%, mentre il commercio elettronico scende dell’1,3%.I dati hanno suscitato reazioni immediate e fortemente critiche da parte delle associazioni di categoria. Secondo Federdistribuzione, «i dati diffusi da Istat relativi alle vendite al dettaglio del mese di marzo evidenziano a livello tendenziale un calo a valore del -2,8% e a volume del -4,2%. Il dato sui consumi nel mese di marzo risente della diversa calendarizzazione della Pasqua rispetto allo scorso anno. Ad ogni modo, è evidente come l’andamento delle vendite resti ancora debole, in un contesto segnato dal clima di incertezza nei consumatori e nelle imprese, alimentata anche da uno scenario geopolitico sempre più complesso». L’associazione avverte anche che «il rischio di potenziali criticità legate alle politiche sui dazi, con possibili impatti sulle filiere produttive e sul commercio internazionale, non contribuisce a intravedere nel breve termine prospettive di ripresa dei consumi».Ancora più duro il commento del presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona: «Dati disastrosi! Di male in peggio! Non si salva nessuno! Non c’è un solo dato positivo, né congiunturale né tendenziale, né in valore né in volume. Un crollo che non si spiega con la collocazione diversa della Pasqua, che giustifica solo la caduta delle vendite alimentari su base annua, non certo quella rispetto a febbraio 2025 e men che meno chiarisce il crac delle vendite non alimentari». Dona aggiunge poi un’immagine forte per descrivere la situazione delle famiglie italiane: «In un solo mese, rispetto a febbraio, gli italiani fanno una cura dimagrante da 7 chili in 7 giorni, mangiando in quantità lo 0,9% in meno di cibo. Una dieta a dir poco pericolosa che indica la difficoltà delle famiglie di arrivare a fine mese».Anche il Codacons lancia l’allarme: «Si aggrava nel 2025 il trend negativo delle vendite al dettaglio, che a marzo registrano un vero e proprio tracollo su base tendenziale». L’associazione sottolinea come, al netto dell’effetto Pasqua, «le vendite registrano segno negativo in tutti i comparti, sia in volume che in valore. In particolare i beni non alimentari, che non risentono delle festività, segnano un calo annuo dell’1,4% in valore e del 2,1% in volume, a dimostrazione della crisi che sta interessando i consumi nel nostro Paese». Il presidente Carlo Rienzi aggiunge: «La nuova fiammata dei prezzi al dettaglio registrata nell’ultimo periodo porta le famiglie a tagliare i consumi e dirottare gli acquisti verso esercizi commerciali come i discount che garantiscono maggiori risparmi. Un segnale preoccupante che il governo farebbe bene ad intercettare». LEGGI TUTTO

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    Benzina sotto 1,7 euro: record dal 2021, giù anche il diesel

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    I punti chiave

    Prosegue la fase di rallentamento dei prezzi dei carburanti. Il prezzo medio della benzina in modalità self service è sceso a 1,699 euro al litro, un livello che non si registrava dal 6 ottobre 2021 – escludendo il periodo eccezionale tra settembre e dicembre 2022, quando era in vigore il taglio temporaneo delle accise. L’analisi riguarda i dati diffusi da Staffetta Quotidiana e basati sulle comunicazioni all’Osservatorio Prezzi del Mimit da parte di circa 18.000 impiantiIl calo giornalieroIl calo giornaliero è lieve, pari a -0,003 euro/litro, ma significativo sul piano simbolico ed economico. Le compagnie petrolifere praticano in media 1,702 euro/litro, mentre le pompe bianche – impianti indipendenti – offrono prezzi più competitivi, con una media di 1,694 euro/litro. Scende anche il prezzo del diesel self, che si attesta a 1,592 euro/litro. La modalità servito, invece, rimane su livelli ben più alti: la benzina costa mediamente 1,842 euro/litro.Le quotazioni internazionaliIl calo è in linea con l’andamento ribassista delle quotazioni internazionali dei prodotti raffinati, favorito da una maggiore stabilità geopolitica e dalla correzione del prezzo del greggio sui mercati globali. Il rallentamento delle dinamiche inflazionistiche, insieme alla domanda ancora sotto tono in alcune aree europee, contribuisce a tenere sotto controllo i listini alla pompa. LEGGI TUTTO