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    Craxi: il fardello del debito, il Britannia e la fine della Prima Repubblica

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaQuali furono le «vere ragioni» che portarono alla caduta della Prima Repubblica? Cosa disse Mario Draghi il 2 giugno del 1992 sul panfilo di Sua Maestà la Regina sulle privatizzazioni delle aziende pubbliche italiane? Di chi è la responsabilità storica del debito pubblico italiano? A questi e ad altri interrogativi risponde la seconda edizione di Controvento. La vera storia di Bettino Craxi (Ed. Rubbettino) in questi giorni in libreria. Non è solo una biografia quella che Fabio Martini, giornalista politico de La Stampa, ha scritto sul leader socialista, di cui il 19 gennaio sono stati ricordati i 25 anni dalla morte ad Hammamet (Tunisia). Attraverso la vita di Craxi, di cui non nasconde le grandi responsabilità, Martini fa luce su almeno un ventennio della storia politica ed economica italiana recente e su alcune vicende rilevanti per il Paese. Con l’esperienza del cronista e la messa a fuoco che il tempo trascorso consente.Le due Americhe Nella ricostruzione delle ragioni che portarono alla deflagrazione della Prima Repubblica, Martini pone l’accento sui fattori esterni e ricostruisce, in particolare, il cambio radicale di strategia delle amministrazioni americane sull’Italia, le «due Americhe»: a quella di Bush, che appoggiava il pool di magistrati milanesi, nel 1993 succede quella di Clinton che lascia le inchieste a loro corso e «incoraggia una nuova leva politica, investendo persino sugli ex comunisti e sugli ex missini». Le due amministrazioni – scrive ancora Martini –«perseguirono disegni diversi, finendo per determinare il risultato finale: l’espulsione rapida e definitiva di alcuni dei principali protagonisti della Prima Repubblica». Compreso Bettino Craxi che diventò uno dei capri espiatori di quella stagione.Loading…Il discorso di Draghi agli ospiti del BritanniaIn quel clima da fine impero si colloca anche un episodio molto citato nelle cronache e nelle ricostruzioni, ma i cui contorni sono rimasti per decenni poco definiti. Il 2 giugno del ’92 sul panfilo Britannia, ancorato davanti al porto di Civitavecchia, banchieri, economisti e manager delle aziende pubbliche italiane incontrano esponenti dei grandi istituti di credito e dei fondi d’investimento internazionali. L’Italia è in transizione tra una legislatura e l’altra. Tocca a Mario Draghi, da direttore generale del Tesoro, rappresentare il governo. Il suo discorso anticipa e spiega le scelte politiche che il Paese sta preparando per privatizzare le grandi aziende di Stato. A prescindere dai governi…Le privatizzazioni allontanarono le imprese pubbliche dalle ingerenze dei partiti privando questi ultimi di risorse e potere su cui avevano fatto affidamento per decenni. Molti degli ospiti del Britannia, italiani e internazionali, «furono gratificati» (…) «alcuni hanno investito sul tracollo italiano, ma la vecchia politica – sottolinea Martini – aveva fatto di tutto per escludersi dalla nuova stagione». Le inchieste di Mani Pulite stavano per deflagrare: non erano frutto di un complotto ordito dai poteri forti presenti nel Paese, ma il colpo definitivo su un mondo già compromesso.Dove nasce il debito pubblico«Il trascorrere degli anni – afferma la prefazione alla seconda edizione – consente di definire sempre meglio la statura di Bettino Craxi: l’incancellabile sottovalutazione della questione morale non impedisce di vedere meglio come il leader socialista affrontò questioni rimaste irrisolte». Una di queste è il debito pubblico, destinato a diventare uno dei problemi più rilevanti dell’economia italiana, a cui è dedicato un intero capitolo. LEGGI TUTTO

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    Caso Almasri, la prossima settimana informativa di Piantedosi in Parlamento

    Si terrà la prossima settimana una informativa in Parlamento del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sul caso del comandante libico Najeem Osema Almasri Habish, arrestato a Torino e poi rilasciato. I leader del Pd Schlein e di Avs Fratoianni con +E, Iv, M5s e Azione parlano di ‘gravità inaudita’ per il rilascio del comandante libico che la Cpi cerca per crimini di guerra e chiedono alla premier Meloni di riferire in Parlamento. Sarà invece il ministro dell’Interno Piantedosi a riferire alle Camere la prossima settimana. 

    Il caso

    Un’interrogazione a risposta urgente è stata presentata dai senatori del Pd Sandra Zampa e Michele Fina. In essa si ricostruisce la vicenda così come riportata dai quotidiani: dall’arresto nella notte tra il 19 e il 20 gennaio, al rilascio e al successivo trasferimento a Tripoli su un Falcon 900 dell’Aeronautica militare italiana. “Anche prescindendo da ogni valutazione di carattere tecnico-giuridico – si legge nell’interrogazione – in merito alla decisione assunta dalla Corte d’Appello di Roma, destano sconcerto e grave preoccupazione le decisioni successive ad essa e, in particolare, la decisione di procedere immediatamente al rimpatrio dell’arrestato, così vanificando ogni possibilità di rispettare e dare esecuzione a quanto richiesto dalla Corte penale internazionale; destano altresì sconcerto, se confermate, le modalità con cui il rimpatrio è avvenuto; appare in particolare gravissimo – per la serietà delle accuse e per la rilevanza dell’obbligo internazionale, gravante sull’Italia, di dare esecuzione alle richieste della Corte Penale Internazionale – che non si sia ritenuto di trattenere in ogni caso Najeem Osema Almasri Habish in Italia, onde favorirne la successiva consegna alla Corte nel rispetto delle procedure all’uopo previste; tutto al contrario, fermo restando il doveroso rispetto dell’ordine di scarcerazione, di favorirne, agevolarne e – ciò che è peggio – direttamente determinarne il rientro in Libia, così definitivamente sottraendolo alla giustizia internazionale”. “Si chiede di sapere – conclude l’interrogazione – se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto in narrativa, quale ricostruzione dei fatti sia in grado di fornire e quale sia stata la motivazione che ha condotto alla decisione di procedere all’immediato rimpatrio di Najeem Osema Almasri Habish”. LEGGI TUTTO

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    Successione a Santanchè, voci su Malan ma da Palazzo Chigi smentiscono

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaIl capogruppo al Senato di FdI, Lucio Malan, è stato a Palazzo Chigi. Nel pomeriggio si sono diffuse voci su una possibile sua successione a Daniela Santanchè, sulla quale grava un rinvio a giudizio per falso in bilancio. Ma da Palazzo Chigi smentiscono: i due capigruppo erano in riunione dal capo di gabinetto del presidente, Gaetano Caputi, per parlare di concessioni autostradali, il resto sono solo fantasie.Malan: piena fiducia in ministro? CertoPiena fiducia in Santanchè? «Il ministro Santanchè è ministro, abbiamo votato la fiducia… Certo». Risponde così ai cronisti il capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan, uscendo da Palazzo Chigi assieme al capogruppo alla Camera, Galeazzo Bignami. «Abbiamo parlato di concessioni autostradali», spiega.Loading…Tajani: al vertice non si è parlato di Santanché, noi garantisti«Non se ne è parlato». Lo ha detto in rapporto a un vertice tra i leader, tenutosi stamattina, il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani arrivando a un convegno alla Camera. «Noi – ha aggiunto – siamo garantisti: finchè una persona non è condannata in via definitiva è innocente, lo prevede la nostra Costituzione».Voci di incontro La Russa-Santanchè, fonti Senato smentisconoUn incontro tra il presidente del Senato, Ignazio La Russa e la ministra Daniela Santanché, rientrata oggi a Roma. Diverse fonti riferiscono di un momento di confronto tra i due, attorno all’ora di pranzo che però fonti della presidenza del Senato, interpellate al riguardo, smentiscono. La Russa ieri aveva incontrato, sempre all’ora di pranzo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. LEGGI TUTTO

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    Referendum, dal jobs act alla cittadinanza: su cosa si voterà in primavera

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaAl via la campagna referendaria sul lavoro e sulla cittadinanza per gli extracomunitari. Sui cinque quesiti dichiarati ammissibili dalla Consulta – quattro promossi dalla Cgil – si voterà in primavera. «Sarà una primavera di diritti, democrazia e partecipazione», afferma il segretario generale Maurizio Landini sostenendo “5 sì” per «cambiare pagina» e «cancellare e modificare le leggi sbagliate, balorde, fatte in questi anni sul lavoro, a partire dal Jobs act». Quesiti sul lavoro a loro tempo firmati anche dalla segretaria del Pd, Elly Schlein (oltre che dai leader del M5s, Giuseppe Conte, e di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli): «Li ho firmati e non faremo mancare il nostro contributo, anche sulla cittadinanza», assicura la segretaria dem. Una scelta logica per Schlein, da sempre contraria alla riforma simbolo del governo Renzi. Ma non per un pezzo di Pd (a partire dall’ala riformista) che quella riforma all’epoca l’ha sostenuta. Non solo. La bocciatura da parte della Consulta del referendum per l’abrogazione della legge Calderoli sull’autonomia differenziata, che avrebbe fatto da traino, rende molto difficile il raggiungimento del quorum.Jobs act nel mirinoTornando ai quesiti, nel mirino c’è innanzitutto il Jobs act per il ripristino dell’articolo 18 e quindi del reintegro nei casi di licenziamento illegittimo per i lavoratori assunti dopo il marzo 2015 (da quando sono entrate in vigore le norme del governo Renzi, che hanno introdotto il contratto a tutele crescenti).Loading…Gli altri tre quesiti sul lavoroIl secondo quesito riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. L’obiettivo è innalzare le tutele per chi lavora in aziende con meno di quindici dipendenti eliminando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato. Mentre il terzo punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine, per limitarne l’utilizzo a causali specifiche e temporanee. Infine, l’ultimo quesito riguarda l’esclusione della responsabilità solidale di committente, appaltante e subappaltante negli infortuni sul lavoro. In particolare, con il referendum si vogliono tagliare le norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.Il referendum sulla cittadinanza per gli extracomunitariL’altro quesito ammesso, proposto tra gli altri da +Europa, chiede di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanzaVoto in primaveraIl voto sui referendum sarà dunque in primavera: in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno. In attesa che il governo fissi la data, gli scenari prevedono la possibilità di un accorpamento della consultazione referendaria con quelle previste in diversi Comuni, tra cui Genova, per l’elezione del sindaco. LEGGI TUTTO

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    Caso Santanché-Visibilia e ipotesi dimissioni, Meloni valuta la posizione della ministra

    La titolare del Turismo è stata rinviata a giudizio per falso in bilancio. Su di lei pende inoltre un altro possibile processo per truffa all’Inps legata alla cassa Covid. Situazioni complicate da gestire per il governo, tra la premier che ieri ha incontrato il presidente del Senato La Russa (che ha però negato le indiscrezioni trapelate definendole “prive di verosimiglianza”) e la posizione garantista di Crosetto che afferma: “Aspettiamo che la giustizia si esprima” 

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    Il caso Santanchè agita il governo. La ministra del Turismo, insieme ad altre persone, lo scorso 17 gennaio è stata rinviata a giudizio dalla gup Anna Magelli per false comunicazioni sociali in merito al caso Visibilia, una delle società del gruppo da lei fondato e dal quale ha dismesso le cariche nel 2022. Una situazione difficile da gestire per la premier Giorgia Meloni che starebbe valutando l’ipotesi delle dimissioni per la ministra Daniela Santanché. Su di lei pesano infatti il processo già fissato per il prossimo 20 marzo per falso in bilancio e un’altra richiesta di rinvio a giudizio per truffa all’Inps legata alla cassa Covid. Situazioni queste che non implicano le immediate dimissioni ma sulle quali il governo deve riflettere per valutare se il processo penale a carico della titolare del Turismo non possa compromettere il suo ruolo. 

    Pranzo Meloni-La Russa

    Dopo il processo a Matteo Salvini su Open Arms e il caso dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano la situazione è delicata. Anche per questo Giorgia Meloni, che fino ad ora non ha parlato dell’argomento in pubblico, ha incontrato ieri a pranzo il presidente del Senato Ignazio La Russa. Nonostante fonti vicine a entrambi tengano a precisare che l’incontro abbia fatto parte di abituali contatti tra i due e fosse “in programma da tempo”, non è difficile pensare che il caso Santanché possa essere stato tra gli argomenti di conversazione. La premier potrebbe essersi confrontata con La Russa sull’ipotesi di far dimettere la ministra del Turismo, con la quale, tra l’altro, la premier non si è ancora incontrata. Il presidente del Senato, però, ha preso le distanze dalle informazioni trapelate sul pranzo con la premier. “Non abbiamo fatto dichiarazioni, vorrei sapere come si fa a fare le ricostruzioni di quello che ci siamo detti”, ha detto. Per La Russa si tratta di ricostruzioni prive di fondamento “visto che eravamo io e lei e che la riunione non era sulla Santanchè. Di conseguenza è priva di ogni riscontro la ricostruzione che ne fanno alcuni giornali. Io non ho fatto dichiarazioni, Giorgia Meloni sicuramente non ne ha fatte. Non c’era nessuna altro – ha ribadito – quindi per forza devono essere prive di verosimiglianza”.  LEGGI TUTTO

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    Caos treni, Salvini: “Escalation di azioni contro ferrovie”. Schlein: “Si scusi”

    Botta e risposta tra governo e opposizione nell’Aula della Camera durante l’informativa urgente del vicepremier Matteo Salvini sulla situazione della rete ferroviaria nazionale alla luce di alcuni disservizi registrati negli ultimi mesi. Il ministro delle Infrastrutture e del Trasporti ha definito gli episodi avvenuti come una “escalation preoccupante” iniziata il 28 novembre scorso quando – ha riferito – “alcuni soggetti si sono indebitamente introdotti nella sede legale di Italferes Spa provocando l’incendio di 17 veicoli aziendali e privati attraverso un rapidissimo posizionamento di materiale infiammante. A distanza di soli due giorni è avvenuto un altro rogo doloso che ha provocato l’incendio di due carcasse di autovetture già in parte distrutte precedentemente”, ha sottolineato Salvini aggiungendo che l’episodio è stato rivendicato su alcuni blog di frange anarcoinsurrezionaliste.

    Salvini: “Sostegno a dipendenti Fs e forze ordine”

    Salvini ha quindi passato in rassegna altri episodi da quello che l’11 gennaio scorso ha coinvolto il Freccia 9515 “a causa della disalimentazione della linea elettrica con rottura del filo e pantografo danneggiato” fino all’effrazione del 18 gennaio nei pressi dello scalo di Roma Aurelia. “Esprimo il mio sostegno ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato e agli uomini delle forze dell’ordine, ogni giorno impegnati in attività delicate”, ha affermato il ministro dei Trasporti che ha poi annunciato la riapertura del traforo del Frejus ferroviario “entro marzo”. “Nel 2024 i treni di alta velocità hanno avuto una puntualità di quasi il 75% mentre i risultati peggiori si riferiscono al 2018 quando i ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti erano stati prima del Pd e poi dei 5 Stelle”, ha aggiunto Salvini che sugli scioperi, difende il ricorso alla precettazione. “La tutela dei viaggiatori è e sarà sempre una priorità: se ne faccia una ragione chi invoca rivolte sociali e chi ha già proclamato l’ennesimo sciopero il prossimo weekend”, ha detto.
    Treni, Schelin (Pd): “Non ci sono alibi”
    Dura la replica della segretaria del Pd Elly Schlein che intervenendo alla Camera ha definito le parole di Salvini come un “alibi” per scaricare le responsabilità. “Oggi Matteo Salvini viene a evocare il sabotaggio con una denucia pubblica a cui corrispondono pochi riscontri. Gli atti vandalici sono diminuiti del 42% mentre il ministro avrebbe dovuto programmare e prevenire i disagi”, ha detto la leader dem, che poi accusa il governo Meloni di paralizzare l’Italia e Salvini di lavorare solo per tornare al Viminale. “Meloni non le darà l’incarico, si rassegni e cominci a lavorare”.

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    Discorso di Trump, Prodi a Sky TG24: “Imperiale, è un cambiamento globale”

    “Ho ascoltato con molta attenzione il discorso di Trump: è un cambiamento globale del mondo. Mai avrei pensato che la democrazia fosse messa rischio degli Stati Uniti. Quello di Trump è un discorso aggressivo: Panama, i dazi, i migranti, il Messico. E’ un discorso che dobbiamo definire imperiale”. Questo il commento dell’ex premier Romano Prodi, intervenuto a Start su Sky TG24, a proposito delle parole di Donald Trump, in occasione dell’Inauguration Day. “Gli Usa hanno la forza per farlo per cui tutti si adeguano. Mi ha colpito molto come la prima reazione di Bruxelles sia stata, giustamente, nel sottolineare l’amicizia ma si poteva dire anche che qualche preoccupazione c’è”, ha aggiunto Prodi.

    “Meloni? Da Trump solo l’estrema destra che obbedisce”

    L’ex premier ha poi parlato anche di Giorgia Meloni. “E’ un successo a breve della Meloni, del resto Trump ha invitato solo i governi di estrema destra, che gli obbediscono in modo totale. Ma gli altri non c’erano”, ha proseguito Prodi nella sua analisi. “Meloni a Washington? Dal suo punto di vista ha fatto benissimo, sta giocando una carta anti-europea”, ha aggiunto ancora. “Si creerà una forte tensione con le istituzioni europee, che non possono lasciare a un Paese il rapporto con gli Usa”, ha sottolineato.
    Il ruolo dell’Ue ed il Pd
    Il discorso di Prodi, quindi, ha toccato anche altre tematiche, con un focus sul ruolo dell’Unione Europea. “L’Ue può reagire e vincere se prende delle decisioni coraggiose. E’ chiaro che in Europa con l’unanimità non si va avanti. Non c’è alternativa oggi ad un’Ue a più velocità dobbiamo fare come con l’euro che è andata bene, eravamo solo 12 ora siamo a 19 quando si tratta di grandi decisioni non ci può essere unanimità”, ha spiegato ancora a Start. Poi una panoramica sulla scena politica attuale. “Al centro della sinistra si muove qualcosa? Bisogna prepararsi ad un eventuale ritorno al governo, è chiaro che si apre il dibattito sul nuovo. Tra due anni riusciamo a fare una coalizione per il governo, serve rafforzare il Pd e costruire un’alleanza che possa arrivare al 50%. Oggi il Pd è il partito più grande dell’opposizione, ma non basta, bisogna porsi questo problema”, ha concluso Prodi. “Primarie? Si fanno quando c’è un obiettivo definito e preciso, ora non porterebbero il Pd dal 25 al 50%, bisogna guardare a un obiettivo complessivo. Si deve vedere di creare una coalizione di grande respiro, capire cosa possiamo fare assieme, quale il programma da proporre agli elettori. Il Pd rappresenta la metà dei voti per vincere, adesso bisogna arrivare all’altra metà, fare appello agli astenuti”, ha chiosato. LEGGI TUTTO

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    Giovanni Amoroso nuovo presidente della Consulta: «Autonomia, il legislatore intervenga sui Lep»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaScaduto il lasso di tempo (circa trenta giorni) che di consueto lascia correre per il rinnovo del presidente che ha terminato il suo mandato, la Corte costituzionale si è riunita in camera di consiglio per eleggere il suo nuovo presidente: il successore di Augusto Barbera è Giovanni Amoroso, finora presidente facente funzioni e membro più anziano. Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, nato a Mercato San Severino (Salerno) il 30 marzo 1949, Amoroso è membro della Consulta dal 26 ottobre 2017. Il suo mandato scadrà il 13 novembre 2026. I suoi due vice presidenti saranno Francesco Viganò e Luca Antonini.La telefonata con la premierIl neo presidente ha telefonato alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni per informarla della sua elezione. La premier, fanno sapere fonti di Palazzo Chigi, gli ha espresso gli auguri di buon lavoroLoading…«Autonomia, occorre che il legislatore intervenga sui Lep»«Non ci sono linee programmatiche da esporre. La Corte è un organo profondamente collegiale. C’è da ricordare che la bussola nell’attività della Corte è la Costituzione» ha detto Amoroso nella conferenza stampa subito dopo la sua elezione. Parlando della riforma dell’Autonomia, Amoroso ha detto che «occorre che il legislatore intervenga e determini i criteri per i Lep», il «pilastro su cui si regge la legge 86» che «è stato investito dalla pronuncia di incostituzionalità».«Con undici giudici la Corte non è menomata»Amoroso ha pure affrontato la questione dello stallo in Parlamento per il mancato accordo sulla nomina dei quattro membri della Consulta di nomina politica. «Anche con undici giudici la Corte non è menomata» ha detto. «Il Parlamento ha mandato in passato giudici di eccellenza. Temere che possa esserci un atteggiamento di sottovalutazione non mi pare. Ci aspettiamo che verranno giudici di assoluto livello» ha aggiunto. «Ci aspettiamo e sicuramente sarà così che dal Parlamento verranno nominati giudici di assoluto livello» che, ha sottolineato, «dopo il giuramento si spogliano della loro provenienza» perché poi «c’è la sintesi della camera di consiglio».«Stallo su tema fine vita, serve leale collaborazione»  LEGGI TUTTO