Manovra, maggioranza cerca accordo. E riparla di premierato
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in PoliticaViolenza donne, La Russa: Meloni convinta su ddl consenso | Video Sky TG24 LEGGI TUTTO
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in Politica“Nel corso della riunione di maggioranza a Palazzo Chigi sul ddl bilancio, svoltasi in un clima di grande condivisione, è stata raggiunta un’intesa su alcune questioni ancora aperte”. E’ quanto emerge da una nota diffusa da Palazzo Chigi. “In particolare, si è trovato un accordo sugli affitti brevi, sull’ampliamento dell’esenzione Isee sulla prima casa, sull’articolo 18 riferito ai dividendi, è stata chiarita la possibilità di compensazione anche per i contributi previdenziali delle imprese, e si è discusso delle misure a favore delle forze dell’ordine”, è stato riferito. All’incontro hanno partecipato il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, i Vicepresidenti Antonio Tajani e Matteo Salvini, il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi, il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, il Viceministro dell’Economia, Maurizio Leo e i Presidenti dei Gruppi parlamentari di maggioranza del Senato.
Questioni “ancora aperte”
La maggioranza, dunque, ha cominciato a trovare una quadra su alcuni dei temi più “caldi” legati alla manovra da 18 miliardi che, stando agli Uffici di presidenza delle Camere, dovrebbe avere il via libera del Senato il 15 dicembre e approdare poi a Montecitorio il 19 dello stesso mese. Le due ore di vertice odierne a Palazzo Chigi sono servite per trovare l’intesa su questioni che però, è stato precisato, “sono ancora aperte”. Tutto ciò mentre in Commissione Bilancio di Palazzo Madama venivano bocciati 105 emendamenti sugli oltre 400 segnalati. Le proposte di modifica però restano ancora diverse, anche perché ai senatori è stata data la possibilità di presentare altri emendamenti al posto di quelli cassati. Il focus continua ad essere quello relativo alle coperture anche considerando che, per soddisfare tutte le richieste, secondo un primo calcolo, “servirebbe poco più di un miliardo”, ha commentato il capogruppo di FdI al Senato Lucio Malan.
I nodi della finanziaria e gli affitti brevi
Tra i nodi di questa finanziaria, il dibattito sugli affitti brevi è stato uno dei principali e più intricati. Ora, il punto su cui sembra che le forze di maggioranza stiano trovando una visione comune riguarda il numero di case di proprietà che farebbe scattare il cosiddetto “reddito di impresa”. Ad oggi, la cedolare secca sulla prima casa è tassata al 21%, dalla seconda alla quarta casa si passa al 26%, dalla quinta casa in poi subentra proprio il concetto di “reddito di impresa”. L’idea generale è quella di abbassare questa asticella alla terza casa, lasciando invariate le aliquote del 21% sulla prima e del 26% sulla seconda”, ha fatto sapere ancora il senatore Malan. “Noi tuteliamo la casa”, ha detto invece Gasparri, “su questo siamo tutti d’accordo, poi tocca al Mef vedere se le coperture ci sono”.
Le coperture
Su come e dove trovare queste risorse resta ancora tutto in sospeso anche perchè, ancora, nessuno e nemmeno il Mef si è sbilanciato. Dunque, se da un lato il vertice odierno ha consentito di fare dei “passi avanti”, ora l’attenzione si sposta proprio sulle coperture, che dovranno passare al vaglio del ministero dell’Economia. La cifra cui si guarda supera il miliardo di euro, anche se i calcoli non sono definitivi. In cima all’elenco degli interventi c’è un ulteriore prelievo a carico delle banche. Il gettito, secondo diverse fonti, ammonterebbe a poco meno di 200 milioni. L’intenzione dichiarata dalla maggioranza è di limitare l’incremento solo alle grandi banche. Ma secondo altre fonti il rischio è di colpire indiscriminatamente. “Parleremo con tutti i soggetti interessati, non lo scopriranno dai giornali”, ha fatto sapere il ministro dei rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. A contribuire alle coperture c’è anche la tassa sui pacchi, mentre qualche dubbio prende forma sulla tassa sull’oro da investimento: “è una tematica molto complessa, che ha bisogno di un ulteriore approfondimento”, ha riferito il capogruppo della Lega in Senato Massimiliano Romeo. LEGGI TUTTO
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in PoliticaElly Schlein è stata invitata a partecipare ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia che si terrà a Roma a dicembre. Non è la prima volta che l’invito viene recapitato al Nazareno. Era accaduto anche due anni fa, ma la segretaria del Pd pose come condizione il confronto con Giorgia Meloni. Non se ne fece nulla e, con spirito goliardico, gli organizzatori della manifestazione disseminarono il piazzale di Castel Sant’Angelo – dove la kermesse aveva luogo – di sagome in cartone della leader dem che, nel frattempo, teneva un forum agli studi De Paolis sulla Tiburtina, in vista delle elezioni europee.Lo schema si ripete oggi. L’invito è arrivato e la segretaria ha risposto “sì, vado”, ma ponendo la stessa condizione: che ci possa essere il confronto con la presidente del Consiglio Meloni.
Donzelli: “Schlein-Meloni? Se ok per tutti chiedo alla premier”
Il responsabile organizzazione di Fdi Giovanni Donzelli, interpellato sulla disponibilità espressa dalla leader del Pd a partecipare alla festa di Fratelli d’Italia solo nel format di un confronto con la premier, ha affermato: “Se va bene a tutti, visto che stiamo invitando tutti i leader dell’opposizione e hanno già quasi tutti accettato, porterò questa proposta a Giorgia Meloni e deciderà lei. L’unica cosa che ci interessa è non mancare di rispetto agli altri leader dei partiti di opposizione che hanno dato disponibilità senza porre alcuna condizione “. LEGGI TUTTO
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in Politica“La mia intenzione è non dilatare troppo i tempi, per questo ho dato dei limiti e cioè che ogni gruppo parlamentare può indicare solo due auditi. Voglio solo persone tecniche ed esperte del settore che leggeranno la norma e ci daranno delle indicazioni. Questo ci darà la possibilità di chiudere le audizioni in un mese. Nessuno si deve permettere di dire che si vuole affossare una legge o che si è ritardata, perché in commissione è arrivata ieri”. Lo ha dichiarato Giulia Bongiorno, Presidente della Commissione Giustizia del Senato, ospite a Timeline su Sky TG24. “Io non mai fatto una legge in un’ora, non vedo perché dovrei fare in un’ora una legge così importante. In commissione la legge sarà pronta a gennaio. A febbraio potrebbe già esserci l’approvazione in Senato”.
“Non è un rinvio, norma va scritta meglio”
“E’ vero che c’era un accordo tra Schlein e Meloni, ma non nel dettaglio, del singolo comma, o che la norma dovesse passare il 25. Escludo categoricamente di parlare di ritardi e di rinvii, perché quando un testo arriva a me, che sono Presidente della Commissione Giustizia, io per fare il mio dovere, lo devo esaminare. Non mi sta bene, già come concetto, l’idea che siccome l’ha esaminato la Camera, il Senato possa non esaminarlo. Non mi è stato dato nemmeno il tempo di leggerlo ed esaminarlo, quindi non ho rinviato, sto facendo semplicemente il mio dovere, salvo che non mi si dica che è una norma perfetta, priva di lacune, e che siamo tutti d’accordo. Invece è stato evidenziato da numerosi esponenti di centrodestra, a prescindere da quello che si era pensato alla Camera, che in realtà ci sono dei margini di miglioramento enormi. C’è una parte della norma che c’era già da prima, che è sempre stata oggetto di polemica, perché contiene l’espressione ‘quando il fatto è di minore gravità’. Cosa si intende per minore gravità? Magari lo vogliamo scrivere, o vogliamo lasciarlo determinare a qualsiasi giudice? Abbiamo visto questa norma, abbiamo visto che c’erano alcuni esponenti del centrodestra che dicevano ‘Una volta che stiamo facendo un cambio epocale, facciamolo per bene’, e abbiamo deciso di sentire il parere di tecnici. Io sto convocando in questo momento alcuni giudici della Cassazione, alcuni professori, per capire se la norma si può scrivere meglio, ma mica è un rinvio!”. Così Giulia Bongiorno, Senatrice della Lega e Presidente della Commissione Giustizia in Senato, al microfono di Alessio Maurizi in Effetto Giorno su Radio 24. LEGGI TUTTO
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in PoliticaL’Aula del Senato ha approvato, per alzata di mano, in via definitiva il cosiddetto “decreto legge flussi” che prevede una serie di disposizioni in materia di ingresso regolare di lavoratori e cittadini stranieri, oltre che di gestione del fenomeno migratorio. In favore si è schierata la maggioranza, mentre contrarie sono state le opposizioni. Il via libera definitivo è dunque arrivato dopo quello di Montecitorio, registrato il 18 novembre. Il provvedimento aveva ottenuto l’ok del Consiglio dei Ministri il 4 settembre, ma poi era tornato in Cdm all’inizio del mese di ottobre.
Cosa prevede il decreto
Il decreto introduce il termine massimo di 30 giorni per il rilascio del nulla osta al lavoro dal momento della presentazione della richiesta nominativa. Inoltre è stato esteso a 12 mesi, in via sperimentale sino al 31 dicembre 2027, il limite temporale per presentare la domanda di visto di ingresso, una volta completate le attività di istruzione e formazione nei Paesi di origine. Non solo, perchè viene allungato da 6 a 12 mesi la durata dei permessi di soggiorno dei cittadini stranieri rilasciati per motivi di protezione sociale, ovvero le persone vittime di tratta o di grave sfruttamento, e di quelli rilasciati agli stranieri vittime di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. In tutti e due questi casi, la legge prevede adesso la possibilità di prorogarne la durata per consentire l’inserimento socio-lavorativo.
Le altre decisioni
Non è tutto, perchè il dl flussi riconosce ai titolari di permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale e vittime di violenza domestica la possibilità di beneficiare dell’assegno di inclusione, contemplando verso di loro la non applicabilità delle norme vigenti che prevedono specifici requisiti di cittadinanza, di residenza e di soggiorno. Viene poi prorogata fino al 2028 la possibilità di ingresso e soggiorno “extra-quote” in favore di massimo 10.000 lavoratori stranieri da impiegare nel settore dell’assistenza familiare oppure ancora socio-sanitaria a favore di persone con disabilità o anziane o a favore di bambini dalla nascita ai sei anni. Il contingente d’ingresso degli stranieri ammessi a partecipare a programmi di volontariato in Italia, sarà poi stabilito non annualmente, come accaduto fino ad oggi, ma nell’arco di un triennio. Modificato anche il termine per il rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare: si passa da 90 a 150 giorni. Infine, è stata estesa la possibilità di partecipare alle riunioni del Tavolo per il contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura anche agli enti religiosi civilmente riconosciuti.
Assindatcolf: “Bene 10mila baby sitter fuori quota”
“Esprimiamo grande soddisfazione per l’allargamento della platea dei beneficiari delle 10mila unità fuori quota previste dal Decreto Flussi, che ora consente l’ingresso di assistenti familiari non comunitarie anche per la cura dei bambini dalla nascita fino a sei anni, oltre che per grandi anziani e persone con disabilità”. Lo ha detto Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, l’Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico. “Ringraziamo il Parlamento e il Governo per aver accolto una richiesta che proprio noi di Assindatcolf avevamo avanzato durante l’audizione in Commissione Affari Costituzionali alla Camera lo scorso 15 ottobre. Questo significa che, dal prossimo anno e per tutto il triennio 2026-2028, sarà possibile chiamare assistenti familiari non comunitarie ricorrendo alle 10mila unità fuori quota anche per la cura di bambini fino ai sei anni”, ha aggiunto. LEGGI TUTTO
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in PoliticaIl consenso è “assolutamente condivisibile come principio, ma una legge che lascia troppo spazio alla libera interpretazione del singolo è una legge che rischia di intasare i tribunali e alimentare lo scontro invece di ridurre le violenze”. Lo ha detto il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, a proposito dello stop in Senato alla modifica della norma del codice penale sul reato di violenza sessuale. “Questa sorta di consenso preliminare, informato e attuale, così come è scritto, lascia lo spazio a vendette personali, da parte di donne e uomini, che senza nessun abuso userebbero una norma vaga per vendette personali che intaserebbero i tribunali”, ha aggiunto. Salvini ha poi sottolineato il lavoro della senatrice Giulia Bongiorno, “esperta e avvocata di tante donne vittime di violenza e molestia”.
La frenata al Senato
Le parole di Salvini sono arrivate dopo che ieri al Senato, a un passo dall’approvazione definitiva, il centrodestra ha frenato riguardo al disegno di legge sulla violenza sessuale rivoluzionato, appunto, dal consenso. La legge, come approvata a Montecitorio, nel suo unico articolo prevede il carcere da 6 a 12 anni per chi fa o fa compiere o subire atti sessuali a un’altra persona senza il consenso “libero e attuale”. A siglare l’accordo bipartisan sulla norma erano state la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein e lo scorso 19 novembre alla Camera c’era stato un voto unanime. Ma il consenso “libero e attuale” delle donne – che, se manca, certifica la violenza sessuale – dovrà aspettare a diventare legge. Nonostante l’iter accelerato a Palazzo Madama, la maggioranza ha chiesto approfondimenti, ha ottenuto un breve ciclo di audizioni e ha rallentato il cammino. Sembra che a non convincere sia la pena per i casi di minore gravità, diminuita non oltre i due terzi. Ma è sull’attualità del consenso che, in realtà, covano i dubbi maggiori. “Vogliono affossare il provvedimento”, è stata la lettura delle opposizioni. I parlamentari di Pd, M5s, Avs e Iv, spiazzati dal dietrofront “inspiegabile”, hanno lasciato la commissione Giustizia, presieduta dalla leghista Giulia Bongiorno, che aveva cominciato a discuterne. LEGGI TUTTO


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