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    Le sperimentazioni per produrre fertilizzanti con la pipì

    A Brattleboro, nello stato americano del Vermont, c’è un’organizzazione che raccoglie donazioni di pipì. Si chiama Rich Earth Institute e dal 2012 conduce ricerche sui fertilizzanti ottenuti ​​dall’urina. Il suo obiettivo è recuperare alcune sostanze che rendono il suolo fertile, riducendo al tempo stesso la quantità di acque fognarie da trattare e l’uso di fertilizzanti sintetici, la cui produzione è responsabile di grosse quantità di emissioni di gas serra.I fertilizzanti che sostentano gran parte della produzione di cibo nel mondo contengono tre elementi particolarmente importanti: l’azoto, il potassio e il fosforo, elemento usato anche per la realizzazione di pannelli solari e batterie per auto elettriche. Ed è proprio il fosforo una delle sostanze che il Rich Earth Institute ricava dall’urina.Oggi i fertilizzanti contenenti fosforo si ottengono nella stragrande maggioranza dei casi dalla fosforite, un minerale estratto da rocce di origine sedimentaria. Fino al 2021 i dati dello US Geological Survey, l’istituto geologico statunitense, parlavano di riserve mondiali di fosforite che ammontavano a 71 miliardi di tonnellate e si trovavano principalmente in Marocco (50 miliardi di tonnellate): per questo si parlava del rischio che in qualche decennio si sarebbe arrivati a una carenza di fertilizzanti con gravi conseguenze sulla produzione alimentare globale.Dopo la recente scoperta di un gigantesco deposito da 70 miliardi di tonnellate di fosforite in Norvegia, le cose potrebbero cambiare: la compagnia mineraria Norge Mining prevede che tali disponibilità potrebbero soddisfare la domanda mondiale di fertilizzanti, pannelli solari e batterie per auto elettriche dei prossimi 50 anni. Inserito dalla Commissione Europea nella lista delle materie prime critiche, il fosforo rimane comunque una risorsa esauribile nel medio periodo.Le piante richiedono sostanze nutritive per crescere e produrre il cibo che mangiamo, e per incrementare la rendita dei raccolti i fertilizzanti sintetici ricchi di fosforo e azoto sono diventati sempre più usati dagli agricoltori di tutto il pianeta. Dal momento in cui, nei primi del Novecento, i chimici tedeschi Fritz Haber e Carl Bosch impararono a produrre industrialmente ammoniaca a partire dall’azoto, i fertilizzanti sintetici hanno contribuito in modo determinante alla riduzione delle carestie nel mondo. Sono così importanti che, con i metodi agricoli attuali, il centro di ricerche britannico Rothamsted stima che senza di essi potremmo produrre solamente la metà del cibo. Negli ultimi 50 anni l’utilizzo di fertilizzanti è quadruplicato e con l’aumento della popolazione la domanda è destinata a salire.L’urina può contenere tra il 50 e il 70 per cento del fosforo contenuto negli scarichi domestici, e il suo riciclo per uso agricolo – o “pipiciclo”, come lo chiamano in Vermont – è considerato una pratica che, comparata alla produzione e all’uso di tradizionali fertilizzanti sintetici, può avere un minore impatto ambientale per diverse ragioni. Secondo uno studio del 2023 realizzato da un gruppo di ricerca dell’Institut national de recherche pour l’agriculture, l’alimentation et l’environnement (INRAE) francese, causa minori emissioni di anidride carbonica (CO2), il principale gas che causa l’effetto serra, minore eutrofizzazione (cioè nutrimento eccessivo delle alghe nei corsi d’acqua), limita l’utilizzo di materie prime e di acqua. Le diverse tecnologie disponibili per trattare l’urina umana ed estrarne il fosforo consumano ancora tanta energia, e dunque causano una significativa produzione di emissioni di gas serra a meno di usare esclusivamente energia prodotta da fonti rinnovabili, ma il riciclo consentirebbe una riduzione degli impatti ambientali sia nella fertilizzazione agricola sia nel trattamento delle acque reflue.A livello globale l’80 per cento delle acque fognarie non riceve alcun trattamento, e per questo l’urina e le feci umane non correttamente trattate rilasciano fosforo e azoto nelle acque di fiumi e laghi, contaminandoli. Un eccessivo incremento provoca l’eutrofizzazione, che può portare alla crescita eccessiva di alghe che impoveriscono l’acqua di ossigeno e per questo decimano le specie acquatiche. In alcuni casi poi le specie di alghe in eccesso possono contenere e disperdere nell’acqua sostanze tossiche anche per gli esseri umani.L’eutrofizzazione non deriva solamente dall’inquinamento provocato dalle acque fognarie non trattate, ma anche dal suolo dedicato all’allevamento intensivo. Per esempio, la proliferazione di alghe tossiche nel lago Erie, nel nord degli Stati Uniti, è causata dalle feci prodotte negli allevamenti che sorgono lungo il fiume Maumee, immissario del lago: mucche e maiali trasformano soia e granturco (fertilizzati) in letame contenente sostanze nutritive per le piante che poi finisce nel lago. Nel 2018 la superficie di un altro lago americano, il lago Okeechobee, in Florida, è stata coperta per il 90 per cento da una fanghiglia tossica. La stessa situazione riguarda anche altri laghi e fiumi in giro per gli Stati Uniti, il terzo maggior produttore di fosfato raffinato, un composto del fosforo.La proliferazione di alghe nell’ovest del lago Erie nel settembre del 2017 vista da un satellite della NASA (NASA via AP)Questo tipo di inquinamento è dovuto al fatto che i fertilizzanti vengono spesso applicati in dosi più elevate rispetto alla capacità di assorbimento delle piante. Le sostanze nutritive che contengono filtrano rapidamente attraverso il terreno e gli agricoltori ne applicano grandi quantità per essere sicuri di nutrire sufficientemente le radici. Il risultato è che si diffonde nell’ambiente una grande quantità di sostanze che si trasformano in una fonte di inquinamento.L’uso eccessivo di fertilizzanti contribuisce anche al cambiamento climatico. Se vengono applicati in eccesso o in modo improprio, diffondono nell’atmosfera protossido di azoto, un gas che ha un contributo all’effetto serra 300 volte maggiore rispetto a quello dell’anidride carbonica a parità di massa. E la produzione di ammoniaca sintetica (sostanza attraverso cui le piante assorbono azoto e quindi ingrediente fondamentale dei fertilizzanti) richiede molta energia e dunque causa notevoli emissioni di CO2. Si stima che il letame e i fertilizzanti sintetici siano responsabili dell’emissione di 2,6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno, più dell’aviazione e del trasporto marittimo messi insieme.Diversi studi scientifici dicono che il riciclo dell’urina può diventare una pratica efficiente anche in termini di resa agricola, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. «La combinazione di humus (complesso di sostanze organiche presenti nel suolo derivate dalla decomposizione di residui vegetali e animali) e fertilizzante organico-minerale ottenuto dal riciclo dell’urina migliora la crescita delle piante e mantiene la fertilità del suolo», dice Ariane Krause, ricercatrice al Leibniz-Institut e co-autrice di uno studio che ha testato i benefici del riciclo da urina e feci, stimando che i fertilizzanti ricavati dagli escrementi umani potrebbero sostituire oltre il 25 per cento di quelli sintetici attualmente utilizzati.Tuttavia anche le quantità dei fertilizzanti organico-minerali devono essere dosate in modo da consentire al suolo di rigenerarsi. Per mantenere la fertilità del terreno e contenere la fuoriuscita di sostanze nutritive dal letame animale è quindi importante nutrire le piante senza esagerare.Al Rich Earth Institute l’urina donata deve essere consegnata in apposite taniche con imbuto, progettate per eliminare gli odori e consentire il travaso del liquido. Poi viene pastorizzata, cioè sottoposta a un trattamento termico che serve per eliminare molti microrganismi e aumentare i tempi di conservazione, e distribuita agli agricoltori locali come fertilizzante organico-minerale. Grazie alle ultime tecnologie è possibile produrre 100 litri di concime liquido da mille litri di urina. Considerando che in un anno gli abitanti della città di New York producono circa 4,5 miliardi di litri di pipì e quelli di Shanghai quasi 14, il potenziale potrebbe essere immenso.Al momento però la sfida più complessa è trovare un metodo efficiente ed economico per raccogliere la giusta quantità di pipì. Un modo prevede la raccolta e il trattamento dell’urina dagli impianti di depurazione delle acque reflue (acqua contaminata dall’uso umano e industriale). Nonostante si parli di questa pratica da diversi decenni, sono ancora molti, forse troppi, gli ostacoli per vedere un suo sviluppo su vasta scala. Gli impianti odierni sono progettati per rimuovere i nutrienti come fosforo e azoto piuttosto che recuperarli. Alcune ricerche suggeriscono che per far diventare il pipiciclo una possibilità reale nell’agricoltura su larga scala sarebbe necessaria una riconversione dei nostri sistemi fognari che renda possibile la separazione dell’urina.L’approccio di raccolta più innovativo consiste invece nel separare l’urina alla fonte: per quanto abbiano ancora dimensioni ridotte, esistono varie iniziative che se ne occupano.Diversamente dalle feci, la pipì presenta un rischio molto basso di trasmissione di agenti patogeni (i microrganismi responsabili dell’insorgenza di una patologia) e offre la possibilità di filtrare meglio i residui farmaceutici. La raccolta viene effettuata tramite orinatoi a secco (senza o con pochissima acqua) e sono previsti trattamenti che vanno dalla semplice conservazione per uso locale, come nel caso del Rich Earth Institute, a trasformazioni industriali più complesse che producono fertilizzanti organici come l’Aurin, un concentrato a base di urina sviluppato dall’Istituto federale svizzero di scienza e tecnologia acquatica (Eawag) e autorizzato per la vendita anche in Liechtenstein e in Austria.In Francia, il parco dei divertimenti Futuroscope ha iniziato a riciclare la pipì dei suoi visitatori. Entro il 2025 utilizzerà solo orinatoi senza lo sciacquone, in modo che l’urina non finisca nelle fogne ma in appositi serbatoi. Lanciato a luglio 2021 come esperimento, dal parco sono stati recuperati oltre 23.000 litri di pipì con un risparmio di 275.000 litri d’acqua. L’idea è nata dalla startup francese Toopi Organics che collabora con festival di musica, eventi e servizi autostradali per raccogliere l’urina da riciclare.Viste le difficoltà logistiche nella raccolta e il trasporto della pipì, è molto improbabile che il riciclo della pipì possa sostituire completamente i fertilizzanti sintetici, ma può essere un’alternativa più sostenibile e praticabile in alcuni contesti. LEGGI TUTTO

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    Esplosione in uno stabilimento di depurazione ad Anagni, un operaio ferito

    L’operaio rimasto ferito a seguito della deflagrazione è un 32enne di Frosinone. L’incidente è avvenuto in uno degli impianti della Gima Water di Anagni. Vigili del Fuoco – Nanopress.itL’operaio è attualmente ricoverato all’ospedale Umberto I di Roma, dove è ricoverato in gravi condizioni.Esplosione in uno stabilimento ad AnagniIncidente sul lavoro questa mattina ad Anagni, nel Frusinate, in uno degli impianti della Gima Water, un’azienda specializzata nella depurazione e lavorazione delle acque reflue. Un operaio 32enne è rimasto gravemente ed è stato trasferito all’ospedale Umberto I di Roma.Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri intervenuti sul posto, l’operaio è stato investito dall’esplosione riportando diverse ferite. All’interno dello stabilimento sono intervenuti i Vigili del Fuoco del Comando di Frosinone e gli ispettori del servizio Prevenzione e Sicurezza della Asl di Frosinone.Saranno le forze dell’ordine a chiarire cosa sia accaduto e cosa abbia provocato la deflagrazione, ma stando ai primi riscontri pare sia stata causata da una fuoriuscita di acetilene. LEGGI TUTTO

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    Minaccia di buttarsi da un ponte, donna salvata dai carabinieri ad Alto Reno Terme

    L’episodio si è registrato nel pomeriggio di ieri – 30 ottobre – ad Alto Reno Terme (Bologna). La donna si è fermata sul ponte del viale della stazione e ha minacciato di lanciarsi nel vuoto. Carabinieri – Nanopress.itI carabinieri l’hanno bloccata un attimo prima che potesse compiere il folle gesto.Donna minaccia di lanciarsi nel vuoto e viene salvata dai Carabinieri“Voglio ammazzarmi! La voglio fare finita! Mi butto!”Sono le grida di dolore di una donna di 40 anni che ieri è stata salvata dai carabinieri di Alto Reno Terme, in provincia di Bologna. L’episodio si è registrato nel pomeriggio di ieri, 30 ottobre. La donna stava minacciando di lanciarsi da un ponte sul viale della stazione che si trova sul fiume Reno.Sul posto sono immediatamente giunti i militari dell’Arma di Bologna, che hanno bloccato la donna prima che si lanciasse nel vuoto. Visibilmente spaventata, la donna è stata poi affidata ai sanitari del 118, che l’hanno presa in cura. LEGGI TUTTO

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    La reintroduzione dei ghepardi in India non sta andando affatto bene

    Tra il 17 settembre 2022 e il 18 febbraio 2023 venti ghepardi sono stati portati in India dalla Namibia e dal Sudafrica per un progetto di reintroduzione, cioè per cercare di far tornare la specie nel paese, dove è estinta almeno dal 1952. Il progetto è stato molto apprezzato dal primo ministro indiano Narendra Modi, che in occasione del suo 72esimo compleanno era stato invitato ad aprire la gabbia del primo ghepardo rilasciato in libertà in India. Ma per il momento non si può dire che il piano di reintroduzione stia andando bene, anzi.Da marzo sei dei ghepardi arrivati dall’Africa sono morti, così come tre dei quattro cuccioli che erano nati nel frattempo. Tra luglio e agosto tutti i ghepardi superstiti che erano stati lasciati liberi all’interno del Parco nazionale di Kuno-Palpur, che si trova nel centro dell’India, sono stati ricatturati dal gruppo di esperti che segue il progetto e ora sono tenuti all’interno di zone recintate.In passato i ghepardi erano presenti in gran numero non solo in Africa, ma anche in alcune zone dell’Asia, dalla penisola arabica all’Afghanistan, con la sottospecie dei ghepardi asiatici, Acinonyx jubatus venaticus secondo la nomenclatura scientifica. Oggi ne restano pochissimi e solo in Iran: negli anni Settanta erano circa 300, adesso, secondo l’ultimo conteggio ufficiale iraniano, ce ne sarebbero solo 12.La specie è praticamente scomparsa a causa della riduzione del suo habitat per via delle attività umane, della scarsità di cibo dovuta a una più generale riduzione delle popolazioni di animali selvatici e della caccia: durante la dominazione britannica dell’India, venivano uccisi per evitare che sbranassero il bestiame. Negli scorsi decenni si è provato più volte a reintrodurli, ma senza successo, e perché il Project Cheetah fosse approvato era stata necessaria l’autorizzazione della Corte Suprema indiana. Gli animali presi per la reintroduzione venivano dalla Namibia e dal Sudafrica perché sono due tra i paesi dell’Africa meridionale con le più grandi popolazioni di ghepardi.Il piano iniziale del Project Cheetah prevedeva che i ghepardi provenienti dall’Africa si acclimatassero nell’ambiente indiano gradualmente: prima all’interno di aree recintate ristrette, per un periodo di quarantena di 50-70 giorni, poi dentro aree recintate più ampie per uno o due mesi e infine in libertà nel Parco di Kuno-Palpur, dopo essere stati dotati di radiocollari per seguirne gli spostamenti. Sempre secondo il piano iniziale, prima sarebbero stati liberati i maschi e poi, dopo qualche settimana, le femmine. Nell’esecuzione del piano però ci sono stati ritardi e problemi, tanto che dei 20 ghepardi arrivati dall’Africa solo 12 sono stati liberati. E dopo che due di quelli sono morti, così come quattro di quelli ancora in cattività, i superstiti che erano liberi nel territorio del parco sono stati ricatturati.Le cause di morte dei ghepardi sono elencate nel primo rapporto annuale del Project Cheetah, ma non sono tutte note con esattezza. Il primo individuo morto, una femmina proveniente dalla Namibia, aveva problemi di insufficienza renale pregressi che non hanno risposto alle cure date all’animale. Il secondo ghepardo morto era un maschio sudafricano, deceduto improvvisamente all’interno della recinzione di acclimatamento più ampia: non si sa perché. Un’altra femmina, sudafricana, è stata uccisa da un maschio durante un tentativo di accoppiamento. Tre dei cuccioli nati in India invece sono morti a causa del caldo estremo dello scorso maggio; il quarto è sopravvissuto, ma essendo stato rifiutato dalla madre ora viene accudito dai responsabili di Project Cheetah.Le morti più problematiche per il progetto sono state quelle di una femmina e due maschi appena dopo essere stati messi in libertà: sono morti per setticemia, cioè per un’infezione, legata a ferite che si erano formate vicino e sotto i radiocollari. «Queste circostanze sono senza precedenti per la specie e non erano state anticipate dagli esperti internazionali di ghepardi», spiega il rapporto. I ricercatori del progetto ritengono che i radiocollari non siano stati l’origine dei problemi dei ghepardi, ma piuttosto che abbiano facilitato lo sviluppo di infezioni che potrebbero essere state causate da insetti o parassiti indiani a cui i ghepardi, provenendo da un altro ambiente, erano particolarmente vulnerabili.Le persone che si occupano del Project Cheetah sono comunque ottimiste sulla reintroduzione e nel rapporto sottolineano che «alcune morti sono eventi inevitabili». Tuttavia non era previsto che morissero così tanti ghepardi ancora nella fase in cattività. In un articolo pubblicato sul quotidiano indiano The Hindu l’esperto di animali selvatici Ravi Chellam, amministratore delegato di Metastring Foundation, una società che si occupa di raccogliere dati sulla biodiversità indiana, ha rivolto alcune critiche al Project Cheetah e ipotizzato che nel rapporto sul primo anno della reintroduzione si sia cercato di giustificare a posteriori le morti dei ghepardi.Secondo Chellam il fatto che una dei ghepardi sia morta per un problema di salute pregresso potrebbe indicare che la scelta degli animali dall’Africa non è stata fatta nel migliore dei modi, considerando peraltro che il trasporto da un continente a un altro e la permanenza in cattività sono esperienze stressanti per un animale selvatico anche quando non è particolarmente vulnerabile. Anche la nascita dei cuccioli e la morte di un’altra femmina durante un tentativo di accoppiamento fa pensare a una gestione scorretta degli animali: «Perché c’è stata fretta di farli accoppiare in cattività quando sarebbe potuto succedere una volta lasciati liberi nel parco?».In generale Chellam pensa che il fatto che nove morti siano avvenute con gli animali in cattività sia problematico e che i responsabili del progetto dovrebbero anche valutare se ghepardi che hanno passato così tanto tempo in aree recintate ristrette possano poi sopravvivere in autonomia una volta liberati.Anche altri esperti internazionali di fauna selvatica hanno dei dubbi sulla bontà della gestione del progetto. Tra questi c’è il veterinario sudafricano, esperto di ghepardi, Adrian Tordiffe, che ha fatto parte di una commissione di consulenza per il Project Cheetah. Ha detto alla rivista Time che lui e altri esperti stranieri a un certo punto sono stati esclusi dalle riunioni della commissione e hanno ricevuto in ritardo le informazioni sugli animali malati.Attualmente si sta considerando di proseguire il progetto di reintroduzione in un altro parco naturale, sempre nello stato del Madhya Pradesh in cui si trova quello di Kuno-Palpur. È possibile che alcuni ghepardi siano liberati nella riserva di Gandhi Sagar entro la fine dell’anno. Sono poi attesi altri ghepardi dall’Africa l’anno prossimo: da progetto ne dovrebbero arrivare più o meno una dozzina ogni anno per i prossimi cinque anni, con l’obiettivo di creare una popolazione di almeno 40 individui.I ghepardi sono una specie considerata «vulnerabile» all’estinzione dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), l’ente internazionale riconosciuto dall’ONU che valuta quali specie animali e vegetali rischiano l’estinzione. Dovrebbero essercene circa settemila in natura in tutto il mondo. LEGGI TUTTO

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    Maltrattamenti su un’anziana ad Altopascio, arrestata la badante: picchiata e lasciata senza cibo

    Le vessazioni inflitte alla vittima sono state riprese dalle telecamere di sorveglianza installate nell’abitazione dell’anziana, dopo la denuncia di un’amica, che l’aveva vista dimagrita e con lividi sul corpo, e per questo si è rivolta ai carabinieri.Mani di un’anziana – Nanopress.itA quel punto i militari hanno installato delle telecamere di sorveglianza nell’abitazione dell’anziana, e le riprese non hanno lasciato dubbi. La badante, una 46enne marocchina, è stata arrestata e trasferita nel carcere di Pisa.Badante arrestata ad AltopascioI carabinieri di Altopascio, in provincia di Lucca, hanno arrestato una badante di 46 anni con l’accusa di reati contro conviventi e familiari. Le indagini dei militari dell’Arma che hanno portato all’arresto della donna sono partite circa un mese fa, quando un’amica dell’anziana si è rivolta ai carabinieri perché aveva notato che la vittima era molto dimagrita e aveva diversi lividi sul corpo.A quel punto i militari hanno installato una telecamera nascosta nell’appartamento dell’anziana e grazie alle immagini registrate è emerso il grave quadro indiziario a carico della badante, una 46enne marocchina. La donna è stata quindi arrestata in flagranza di reato. È accusata di aver picchiato, schiaffeggiato e spintonato l’anziana di cui avrebbe dovuto occuparsi e di lasciarla spesso senza cibo. L’anziana è stata quindi affidata alle cure dei sanitari del 118, mentre l’indagata è stata trasferita nel carcere di Pisa. LEGGI TUTTO

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    Maxi sequestro di cosmetici a Castrovillari, contenevano una sostanza dannosa per la salute

    I cosmetici erano prodotti con una molecola bandita dall’Unione Europea. Denunciate otto persone.Trucco – Nanopress.itIl sequestro è stato eseguito dai finanzieri del Comando provinciale di Cosenza.Maxi sequestro di cosmetici a CastrovillariSono oltre 11mila i prodotti cosmetici sequestrati questa mattina a Castrovillari dagli uomini della Guardia di Finanza di Cosenza. Denunciate otto persone. I controlli sono partiti dalla filiera di distribuzione dei prodotti cosmetici, e hanno riguardato diversi esercizi commerciali. In particolare i prodotti make up conterrebbero una sostanza dannosa, denominata Lilial, che è stata bandita dall’Unione Europea dal primo marzo 2022, perché ritenuta cancerogena e tossica per la fertilità. Gli uomini della Giardia di Finanza hanno sequestrato bagnoschiuma, cosmetici e shampoo.In alcuni casi, la sostanza dannosa bandita dall’Ue era stata camuffata con l’apposizione di una nuova etichetta che non riportava il nome nell’elenco degli ingredienti del prodotto. LEGGI TUTTO

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    Maltempo a Milano, esonda il Seveso: il lago di Como rischia di straripare

    Nella notte un violento nubifragio si è abbattuto sulla città di Milano. Il Seveso è esondato, mentre il lago di Como è tenuto sotto osservazione, perché rischia di straripare. I volontari hanno già montato le barriere mobili su Lungo Lario Trento e Trieste e nella zona di piazza Cavour. Maltempo a Milano – Nanopress.itAllagati anche i sottopassi Negrotto e Rubicone.Maltempo a Milano: esondato il SevesoUn violento nubifragio si è abbattuto nella notte a Milano. Il fiume Seveso è esondato e il lago di Como è un “sorvegliato speciale”.  La pioggia è iniziata poco dopo le 4 di notte. Appena sue ore dopo, il Seveso è straripato. Tanti i disagi e gli allagamenti nella zona del Niguarda. In via precauzionale i vigili del fuoco hanno evacuato le famiglie residenti nella zona del Lambro. La superstrada Milano-Meda è rimasta bloccata, per via dell’esondazione del torrente Tarò.Gravi ritardi anche alla circolazione ferroviaria tra Seveso e Mariano Comense.❌ #Maltempo #Lombardia, dalle 4 del mattino forte #pioggia in regione, oltre 170 interventi fatti dai #vigilidelfuoco per allagamenti di strade, sottopassi e scantinati: maggiori criticità a #Milano, in zona Niguarda per esondazione del Seveso, e nel monzese [#31ottobre 9:00]— Vigili del Fuoco (@vigilidelfuoco) October 31, 2023Il vento forte che ha colpito Milano ha fatto crollare impalcature e alberi. Al momento il 118 non si segnalano feriti, ma sono state decine le chiamate arrivate ai vigili del fuoco. Questa mattina, una donna è rimasta bloccata in auto insieme ai suoi due figli per via di un albero caduto a Mediglia, ed è stata soccorsa dai vigili del fuoco.Nel Bresciano sono state evacuate 350 persone, per una possibile esondazione del fiume Caffaro. LEGGI TUTTO

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    Trovato un cadavere in un sottopasso vicino allo stadio “Maradona”, forse voleva entrare senza biglietto

    Si tratta di un uomo di 42 anni, incensurato, originario di Bacoli (Napoli), morto dopo essere precipitato per almeno 20 metri. L’uomo avrebbe tentato di entrare allo stadio per assistere al match contro il Milan, che si è disputato domenica sera. Auto dei Carabinieri – Nanopress.itIl corpo era in un cunicolo nel parcheggio abbandonato sotto il settore ospite dello stadio.Trovato un cadavere in un sottopasso vicino allo stadio “Maradona”La scorsa notte è stato trovato il corpo senza vita di un uomo di 42 anni nell’area abbandonata del parcheggio nei pressi dello stadio Maradona di Napoli. Si tratta di un italiano, che sarebbe deceduto dopo essere precipitato per almeno 20 metri, forse nel tentativo di entrare allo stadio senza biglietto.La vittima, che era in compagnia di un amico, si sarebbe arrampicata, ma nel farlo è precipitata al suolo. Sul posto sono in corso gli accertamenti delle forze dell’ordine e della scientifica. Il cadavere è stato segnalato al termine della partita da un passante. Quando i soccorsi sono giunti sul posto, per il 42enne non c’era più nulla da fare. LEGGI TUTTO