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    Ryanair, bonus ai dipendenti che scoprono bagagli fuori misura: la cifra

    Per alzare ancora di più la soglia dell’attenzione dei propri dipendenti, la compagnia irlandese low cost Ryanair sta pensando di incrementare il bonus previsto quando vengono scoperti bagagli che non rientrano nelle misure standard appena prima dell’imbarco su un volo.Le parole di O’LearyA dichiararlo è stato lo stesso amministratore delegato, Michael O’Leary, durante un’intervista con l’emittente Rte di Dublino. “Stiamo volando quasi sempre a pieno carico, circa metà dei passeggeri può portare due bagagli e l’altra metà solo uno, perché è tutto quello che entra sull’aereo”, ha spiegato l’amministratore delegato sottolineando quali sono i prossimo obiettivi. “Eliminare il problema dei passeggeri con bagaglio in eccesso”, ha aggiunto O’Leary, nel giorno in cui sono stati annunciati i risultati del primo trimestre che sorridono sempre di più alla compagnia con ricavi più che raddoppiati e passati da 360 a 820 milioni di euro.Le cifreAttualmente esiste già un bonus per i dipendenti di 1,50 euro per ogni bagaglio “fuori posto” che i passeggeri provano a portare a bordo senza che siano rispettate le misure decise dalla compagnia per un massimo di 80 euro mensili. Adesso, però, sembra che la cifra possa essere aumentata con l’obiettivo di incentivare chi lavora per Ryanair e prestare un’attenzione ancora maggiore sull’individuazione di valigie troppo grandi o pesanti rispetto a quanto consentito per il trasporto in cabina.Le multe per i bagagli fuori misuraO’Leary ha comunque spiegato che il 99,9% dei passeggeri rispetta già le norme sui bagagli: la multa per chi vuole fare il “furbo” per non incorrere in uno costo maggiorato fino a 75 euro che viene stabilito dagli appositi “misuratori” della compagnia irlandese che si trovano in tutti gli aeroporti.Ricordiamo che le attuali regole di Ryanair prevedono che si possa portare a bordo, gratuitamente, un bagaglio a mano molto piccolo (zaino, borsa) che rispetti le misure massime di 40x20x25 cm con un peso non superiore ai 10kg. Non è incluso, invece, il classico trolley che deve essere pagato extra così come l’imbarco per le valigie più pesanti e ingombranti che finiscono direttamente in stiva. LEGGI TUTTO

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    Detrazione delle spese per l’agenzia immobiliare nel 730: come funziona e chi può richiederla

    Comprare casa è sempre un passo importante, spesso però comporta anche costi aggiuntivi legati all’intermediazione immobiliare. Non tutti sanno che una parte di queste spese può essere recuperata con la dichiarazione dei redditi. Vediamo allora come funziona la detrazione per le provvigioni pagate all’agenzia, a chi spetta e quali documenti servono per ottenerla.Chi ha diritto alla detrazioneSe nel 2024 si è proceduto all’acquisto di un’abitazione principale tramite un’agenzia immobiliare, è possibile portare in detrazione una quota dei costi sostenuti per la provvigione. L’Agenzia delle Entrate riconosce infatti un’agevolazione fiscale pari al 19% delle spese di intermediazione, calcolata su un importo massimo di 1.000 euro. In pratica, il beneficio massimo è di 190 euro per ciascun acquirente.La detrazione spetta solo a chi ha acquistato un immobile destinato a diventare la residenza abituale del contribuente o dei suoi familiari. Non è prevista, invece, per l’acquisto di seconde case, immobili dati in locazione o per le spese sostenute dal venditore. Non spetta, inoltre, se le spese sono sostenute nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico.Se l’immobile è stato acquistato da più persone, ciascun intestatario dell’atto può detrarre la propria quota, purché risulti anche intestatario della fattura dell’agenzia e abbia effettivamente sostenuto la spesa.Facciamo un esempio pratico. Una coppia acquista la prima casa al prezzo di 200.000 euro e paga all’agenzia immobiliare una provvigione pari al 3%, cioè 6.000 euro.La fattura è intestata a entrambi e ciascuno sostiene il 50% della spesa (3.000 euro). La detrazione è calcolata su 1.000 euro a testa (il massimo consentito dalla normativa).Il beneficio fiscale per ciascun coniuge sarà quindi di 190 euro, per un totale di 380 euro recuperati nella dichiarazione dei redditi. Si ricordi che, se la fattura è intestata a più acquirenti, ognuno potrà detrarre solo la quota effettivamente pagata.Attenzione alle esclusioniNon rientrano tra le spese detraibili:le provvigioni pagate per la vendita dell’immobile;le spese di mediazione per affitti o locazioni;gli immobili acquistati come seconde case (come detto) o a fini di investimento.Cosa serve per ottenere la detrazione e dove inserirla nel 730Per ottenere la detrazione è necessario presentare una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, indicando le modalità di pagamento della provvigione, anche se la vendita è soggetta a Iva. Chi richiede il rimborso deve dichiarare:di essersi avvalso di un mediatore;i dati identificativi dell’agente (nome e cognome o, per società, denominazione e dati del legale rappresentante);il codice fiscale o la Partita Iva;il numero di iscrizione al ruolo mediatori e la Camera di commercio di riferimento;Per poter beneficiare dell’agevolazione, è poi fondamentale avere:la fattura dell’agenzia immobiliare intestata all’acquirente (o agli acquirenti, in caso di comproprietà);la copia dell’atto di compravendita, che certifichi l’acquisto dell’abitazione principale;la prova del pagamento della provvigione (bonifico, assegno o altro metodo tracciabile).Senza questi documenti, l’Agenzia delle Entrate potrebbe negare la detrazione in caso di controlli.Le spese vanno riportate nel modello 730/2025, all’interno del Quadro E – Oneri e spese, nei righi da E8 a E10, utilizzando il codice 17 (“Spese per intermediazione immobiliare per l’acquisto dell’abitazione principale”).In un periodo in cui le spese legate alla casa sono sempre più elevate, anche un piccolo rimborso come quello previsto per l’intermediazione immobiliare può fare la differenza. Vale quindi la pena conservare con cura tutta la documentazione e indicare esattamente l’onere nel 730. LEGGI TUTTO

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    Essilux fa shopping con le lenti coreane

    Nuovo acquisto per EssilorLuxottica, che rafforza la sua presenza in Corea del Sud. La società guidata dal Ceo Francesco Milleri (in foto), infatti, ha rilevato la divisione lenti oftalmiche del gruppo coreano Pucore. Lo si apprende da una nota del gruppo italofrancese, che spiega come tra gli asset acquisiti figurano un centro di ricerca e sviluppo, uno stabilimento produttivo e una filiale commerciale in Corea, oltre ai diritti di proprietà intellettuale inerenti alle formulazioni chimiche e ai relativi processi industriali.«Siamo felici di accogliere la divisione ottica di Pucore e i suoi team all’interno del nostro gruppo», ha commentato Milleri sottolineando che l’operazione è «in linea con il nostro impegno a elevare gli standard in ambito di ricerca, sviluppo e produzione di lenti oftalmiche». Un’operazione che consentirà, fra l’altro, a Essilux di «ampliare il portafoglio di brevetti, tecnologie e competenze e rafforzare il presidio a monte della catena del valore delle lenti. Continuando a innovare i processi di formulazione e produzione dei monomeri ad alto indice». Secondo EssilorLuxottica l’operazione, soggetta al consueto via-libera delle Autorità competenti, dovrebbe concludersi entro l’anno. LEGGI TUTTO

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    Lavoro, la Consulta ribalta il risultato del referendum

    È incostituzionale il tetto massimo di sei mensilità previsto dal Jobs Act per l’indennità risarcitoria nei casi di licenziamento illegittimo nelle imprese con meno di 15 dipendenti. Lo ha stabilito la Consulta, affermando che il limite rigido imposto dal Jobs Act non tiene conto della gravità dei fatti, delle specificità dei singoli casi e della reale forza economica dell’azienda. A poco più di un mese dall’esito dei referendum sul lavoro, l’Alta Corte riporta così all’attualità uno dei quesiti referendari proposti dalla Cgil, toccando uno dei punti più divisivi della riforma del 2015 che ha modificato profondamente lo Statuto dei lavoratori. E sancendo a posteriori la vittoria del sì in una consultazione che non ha raggiunto il quorum.La sentenza ha trovato immediata eco nel mondo sindacale. Ringalluzzito, dopo le ultime débâcle, il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che ha sottolineato come “la posizione della Corte è esattamente la richiesta che facevamo noi con il referendum”. Adesso, rilancia Landini, “bisogna rimettere il lavoro al centro della discussione politica e sociale del Paese”. Anche la Cisl ha accolto positivamente la decisione. Per il segretario confederale Mattia Pirulli, si tratta di un segnale che rafforza la necessità di un nuovo intervento legislativo “con il pieno coinvolgimento delle parti sociali”. Sulla stessa linea la Uil. “Ben vengano queste sentenze che scardinano, pezzo per pezzo, norme che creano differenti trattamenti tra lavoratori”, ha commentato la segretaria confederale Ivana Veronese che auspica la reintroduzione della reintegra.Preoccupata Confapi per l’aggravio di costi su pmi che “non hanno le coperture e la liquidità delle grandi aziende”. Per Unimpresa un’azienda con quattro dipendenti potrebbe trovarsi a versare 12-18 mensilità di retribuzione (in media 30-40mila euro) per rapporto di lavoro, “con la concreta possibilità di dover ricorrere a indebitamento, dismissioni o cessazione dell’attività”. LEGGI TUTTO

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    Stellantis con i conti ancora in rosso

    Il direttore finanziario (cfo) di Stellantis, Doug Ostermann, nel commentare i dati preliminari della prima metà dell’anno e quelli del secondo trimestre, ha fatto da apripista al nuovo ceo Antonio Filosa che il 29 luglio, in occasione dei risultati finanziari, si sottoporrà per la prima volta al fuoco di domande degli analisti. E a conferma dell’eredità pesante lasciata dal precedente ceo Carlos Tavares, uscito di scena a inizio dicembre 2024, il cfo ha sottolineato come “ci sia molto lavoro da fare, in particolare per quanto riguarda la ripresa commerciale; ovviamente non siamo contenti del punto in cui siamo, ma rispetto al periodo precedente si vedono alcuni passi avanti”.I dati preliminari di Stellantis presentano, infatti, una situazione molto complessa: tra gennaio e giugno sono stati riportati ricavi per 74,3 miliardi con una perdita netta di 2,3 miliardi, mentre l’utile operativo adjusted è stato pari a 0,5 miliardi e il free cash flow industriale negativo per 3 miliardi. Tra i fattori che hanno avuto un impatto significativo sui risultati del primo semestre, ci sono i primi effetti dei dazi imposti dagli Stati Uniti. A 300 milioni ammontano i danni economici relativi alla perdita di produzione, tra cui il fermo della linea Dodge Hornet, a Pomigliano d’Arco, il “gemello” di Alfa Romeo Tonale destinato al mercato Usa. Al 31 dicembre prossimo, comunque, le tariffe doganali avranno un effetto negativo stimato sul gruppo tra 1 e 1,5 miliardi di euro.A Piazza Affari il titolo Stellantis, dopo un avvio in rosso a 7,68 euro, ha ripreso quota portandosi a 8,04 euro con una crescita dell’1,5 per cento. Il mercato, pur nella consapevolezza delle difficoltà del gruppo, sembra aver apprezzato le affermazioni del cfo. Tra l’altro, i numeri presentati ieri sono risultati sotto le aspettative di Banca Akros, Morgan Stanley, Ubs e Jefferies.Un segnale importante il cfo Ostermann ha voluto darlo e riguarda la guidance che era stata sospesa lo scorso 30 aprile, in occasione della prima trimestrale, a causa delle incertezze legate alle tariffe doganali. “Ebbene – ha spiegato il manager americano – la società prevede di reintrodurla per l’intero anno con i conti del prossimo 29 luglio”. “I numeri dei primi 6 mesi – ha aggiunto – sono molto sotto il nostro potenziale, ma in questa prima metà del 2025 i progressi sui prodotti hanno rappresentato una parte importante: a cavallo del 2024 e dell’anno in corso abbiamo lanciato molte novità, tra cui 5 nuovi modelli nel segmenti B (vetture compatte) e C (medie) che hanno colmato alcune lacune temporanee nella nostra offerta, oltre al restyling dei pick-up Ram e Dodge di media e grande portata. E quello che è importante riguarda ciò che abbiamo in serbo da qui alla fine dell’anno”.C’è poi la presa d’atto, da parte del gruppo, della sempre maggiore richiesta di veicoli compatti. “Prevediamo – ha precisato Ostermann – un significativo aumento della produzione delle nuove auto del segmento B (quello della Fiat Grande Panda, per fare un esempio), il lancio imminente di tre modelli Stellantis di fascia media in Europa e il ritorno della Jeep Cherokee in Nord America, che contribuiranno a migliorare i risultati della seconda metà dell’anno”. LEGGI TUTTO

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    Sator, no delle Fondazioni al bilancio

    Fondazione Roma e Fondazione Mps hanno bocciato il bilancio 2024 di Sator spa, la finanziaria fondata e guidata da Matteo Arpe (in foto), sollevando rilievi su mancate svalutazioni per oltre 23 milioni relative alle partecipazioni in Tinaba e nel Fondo Sator Private Equity Fund (Spef), il fondo che controlla indirettamente Banca Profilo. È quanto riferisce Radiocor.I due enti bancari, azionisti di minoranza (2,9% Roma e 1,1% Mps), hanno formalizzato le loro osservazioni all’assemblea di fine giugno, chiedendo al cda di valutare le opportune rettifiche. Hanno votato contro il bilancio anche in ragione di una “sovrastima del valore delle più rilevanti poste dell’attivo”, che comporterebbe svalutazioni per 23,1 milioni e la perdita della principale fonte di ricavo, le commissioni di gestione di Spef, ormai in liquidazione. Le due Fondazioni hanno espresso “forti perplessità sull’esistenza dei presupposti per la continuità aziendale a medio termine”. Nonostante il loro voto contrario, il bilancio è stato approvato dall’assemblea con oltre il 70% del capitale, come hanno riferito fonti finanziarie.Tra i rilievi principali delle due Fondazioni la valorizzazione del Fondo Spef, iscritto in bilancio per 25 milioni, giudicata “sovrastimata e poco prudente”, e le difficoltà di realizzo della quota in Banca Profilo. Contestata anche l’assenza di un bilancio consolidato e il rischio di una minusvalenza latente di 7,8 milioni legata a un contenzioso erariale da 43,5 milioni. Quanto a Tinaba, la partecipazione è iscritta per 10,5 milioni, ma secondo i due soci andrebbe svalutata per oltre 9,2 milioni. LEGGI TUTTO

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    Unicredit, Orcel verso l’addio all’offerta. Ma valuta di tornare all’attacco su Bpm

    La decisione finale di Unicredit riguardo all’offerta su Banco Bpm è prevista per oggi, quando si riunirà il consiglio d’amministrazione per esaminare i conti trimestrali della banca. L’attesa è tanta, anche perché l’offerta pubblica di scambio terminerà naturalmente entro domani e le adesioni sono a un livello da prefisso telefonico (allo 0,48%). Nel frattempo, nella giornata di ieri si è rincorsa l’indiscrezione della convocazione di un consiglio d’amministrazione preparatorio in vista di quello ufficiale del giorno seguente. La banca, interpellata da Il Giornale, ha smentito la convocazione formale di un board. Tuttavia, secondo alcune fonti l’amministratore delegato Andrea Orcel (in foto) e diversi consiglieri dovrebbero essersi incontrati per scambiare pareri in vista dell’appuntamento di oggi, che sarà quello di ratifica della decisione.Secondo quanto raccolto, tutti gli scenari al momento rimangono aperti, ma quello ben più probabile degli altri è che il cda decida per lasciare andare su un binario morto questa Ops, di fatto rinunciandoci, per poi valutare di ripresentarla a stretto giro in un secondo momento, magari sfruttando un eventuale ribasso del titolo di Bpm e con modalità diverse rispetto all’offerta presentata ormai otto mesi fa. Restano sul tavolo anche ipotesi alternative: ovvero, un rilancio con proroga dei termini (più difficile); oppure una ritirata completa per rivolgersi verso altri obiettivi.Ognuna di queste ipotesi ha un margine di rischio. Ripresentando successivamente l’offerta con una nuova formula, Unicredit dovrebbe ricominciare da zero l’iter autorizzativo, ma avrebbe il vantaggio di guadagnare il tempo necessario affinché si riesca a fare definitiva chiarezza riguardo al decreto Golden Power del governo che la sentenza del Tar ha smussato in alcuni punti. Secondo alcune fonti, Piazza Gae Aulenti avrebbe bisogno di un paio di notizie, tra Tar e Commissione Ue, per avere una visione completamente chiara su quello che l’aspetterebbe nel caso l’acquisizione di Banco Bpm arrivasse a compimento. Il punto è che, lasciando e ripresentando un’offerta, il Credit Agricole avrebbe a disposizione il tempo necessario per salire oltre il 20% di Bpm e costruire una minoranza di blocco a qualsiasi ambizione di Orcel (a meno che le due banche non si mettano d’accordo). LEGGI TUTTO

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    Controlli del Fisco, arriva lo stop alle verifiche “a sorpresa”: la sentenza che cambia tutto

    Cambiano i controlli fiscali da parte di Agenzia delle entrate: una recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) impone di motivare le verifiche svolte nei confronti dei contribuenti e l’Italia ha deciso di adeguarsi.La sentenza della CEDU risale al 6 febbraio 2025, quando l’Italia è stata ripresa per i suoi controlli tributari. Nello specifico, i giudici hanno trovato illegittime determinare verifiche nei confronti di persone e imprese effettuate senza reale autorizzazione giudiziaria. Ecco perché in occasione della conversione in legge del DL fiscale (DL 84/2025), ha ricevuto il via libera anche un emendamento che obbliga Fisco e la guardia di finanza a motivare i loro controlli.In futuro, dunque, gli agenti del Fisco dovranno avere delle valide ragioni per procedere. Durante le verifiche si cerca di capire se il contribuente ha adempiuto a tutti i suoi obblighi fiscali. Le attività del Fisco consistono in controlli di persona, ispezioni, accessi ai conti e molto altro.A svolgere le dovute verifiche sono gli uomini della guardia di finanza, cui spetta il compito di verificare lo stato finanziario del contribuente, valutando la sua capacità contributiva. Una volta conclusi i controlli, si procede con la compilazione di un Processo verbale di Constatazione (PVC), in cui vengono riportate le attività svolte e le eventuali violazioni riscontrate. LEGGI TUTTO