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    Lombardia “dispensa” d’Italia sposa agricoltura e hi-tech

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    Nell’immaginario collettivo, la Lombardia viene spesso associata a Milano, la metropoli che incarna il dinamismo e l’avanguardia tecnologica. Eppure, al di là della dimensione urbana, la regione custodisce un patrimonio meno noto ma di enorme valore: l’agricoltura. Celebre per tante eccellenze, la Lombardia si distingue anche come la vera e propria dispensa d’Italia. Lo dicono i numeri: il sistema agricolo lombardo ha superato nel 2023 i 10,5 miliardi di valore, con una produzione cresciuta del 4,9 percento. Il territorio lombardo è la patria del settore zootecnico nazionale, dove si produce quasi metà del latte italiano e si allevano i suini che alimentano le filiere per molti dei salumi più rinomati del Paese, anche quelli prodotti in altre regioni, confermando il suo ruolo strategico lombardo nella filiera alimentare nazionale. La Lombardia vanta una produzione agricola ricca e diversificata: tra i prodotti di punta si annoverano anche il riso, il mais, vini e formaggi di grande pregio, frutta e verdura con alcuni primati poco conosciuti: la Lombardia è, infatti, tra le prime produttrici nazionali di pomodoro.«La nostra agricoltura -sottolinea il presidente Attilio Fontana- è l’espressione di una tradizione consolidata che si fonde con una capacità di innovazione senza precedenti. Le aziende agricole lombarde stanno affrontando con coraggio la sfida della sostenibilità. Una sfida che non riguarda solo l’ambiente, ma coinvolge anche aspetti economici e sociali, essenziali per garantire un futuro al settore». Già, la sostenibilità. Quella che il presidente Fontana declina nella giusta accezione, «in realtà spiega il governatore – è una parola sempre più abusata. Soprattutto se la sostenibilità viene ideologizzata, diventando la scusa per orientare politiche europee che, se non saremo in grado di correggere, avranno effetti devastanti sulla nostra agricoltura».«Quello che molti non capiscono sottolinea l’assessore all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste Alessandro Beduschi è che in Lombardia l’agricoltura è oggi l’avanguardia della sperimentazione, dell’uso di tecnologie innovative e di tutti gli strumenti che permettono di garantire a tutti noi cibo sano, di qualità, al giusto prezzo. Abbiamo l’occasione di dimostrare che la tradizione può evolvere senza essere sacrificata. Proteggere l’agricoltura non significa fermare il progresso, ma orientarlo verso un modello che metta al centro la terra e le comunità».In questa sfida che parte da lontano, la Regione investirà metà delle risorse europee a lei assegnate per il periodo 2023-2027, circa mezzo miliardo di euro, per finanziare l’innovazione. Ma proprio perché non siamo all’anno zero, un giro per campi e aziende lombarde è la miglior prova per fotografare un settore che si evolve e dove l’alleanza tra istituti di ricerca, startup e istituzioni è sempre più forte.Lo si vede in Valtellina, dove i droni vengono utilizzati per effettuare i trattamenti nei vigneti, facilitando il compito dei viticoltori che da sempre operano in condizioni difficilissime e dove le macchine non arrivano. O in Lomellina, dove per la prima volta in Italia Regione e Università di Milano stanno sperimentando le Tecnologie di evoluzione assistita (Tea) che, intervenendo sul genoma della pianta senza essere Ogm, la rendono resistente a un fungo che è capace di dimezzare i raccolti, dandoci un riso più sano e riducendo drasticamente l’uso di sostanze antiparassitarie.La sfida più grande si gioca nelle stalle. I reflui degli allevamenti, oggi il vero problema che mette il settore sotto la lente di ingrandimento ambientalista, sono il vero oro nero della Pianura Padana. Le tecnologie già oggi ci consentono di trasformarli in biogas e biometano e il futuro è produrre idrogeno, cioè energia pulita dagli scarti delle stalle. E quello che rimane da questi processi di trasformazione, chiamato digestato, sarà al centro di una sperimentazione su larga scala per testarne le sue capacità di fertilizzare i campi, anche in questo caso limitando concimi chimici. LEGGI TUTTO

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    Dal cibo ai vini: qui il sapore del territorio è l’eccellenza

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    La Lombardia si conferma una protagonista indiscussa della scena agroalimentare italiana, con un altro anno di crescita per i suoi prodotti a Denominazione d’Origine. Grazie a 75 eccellenze certificate tra cibi e vini, la regione ha raggiunto un valore complessivo di 2,6 miliardi di euro, segnando un incremento del 3,3%. Questi risultati, certificati dal Rapporto Ismea-Qualivita 2024, sottolineano il prestigio dei marchi lombardi, apprezzati sia a livello nazionale che internazionale. Il settore lattiero-caseario si conferma il cuore pulsante della DOP economy regionale. Il Grana Padano, con un valore alla produzione di 1,88 miliardi di euro, guida la classifica nazionale delle DOP ed è il prodotto italiano più venduto nel mondo. Nella top ten si trovano anche altre gemme lombarde come il Gorgonzola (430 milioni), il Provolone Valpadana (55 milioni) e il Parmigiano Reggiano, che con 1,6 miliardi, include una quota significativa proveniente dai caseifici della provincia di Mantova, unica a fregiarsi delle due grandi DOP dei formaggi italiani. Complessivamente, la filiera casearia della regione genera un valore di 1,7 miliardi di euro, un primato indiscusso che celebra la tradizione e l’innovazione del territorio. Anche la Bresaola della Valtellina si distingue tra i prodotti lombardi di eccellenza, entrando nella rosa dei primi 15 prodotti italiani per valore con 225 milioni di euro, ulteriore testimonianza della versatilità e della qualità della produzione regionale. L’impatto economico dei prodotti a Denominazione d’Origine non si limita a un solo comparto, ma si distribuisce capillarmente sul territorio lombardo. Brescia si posiziona al vertice con 929 milioni di euro, rappresentando il 36% della produzione regionale certificata. Seguono Mantova con 602 milioni (23%), Cremona con 307 milioni (12%) e Sondrio con 278 milioni (11%). Anche il settore vinicolo lombardo, pur confermandosi stabile rispetto al 2022, porta lustro alla regione con un valore di 496 milioni di euro, spinti da eccellenze come Franciacorta, Valtellina, Oltrepò Pavese e Lugana, che trainano numerose piccole denominazioni di qualità. LEGGI TUTTO

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    Così Poste surclassa i portalettere inglesi

    Matteo del Fante

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    Italia batte Gran Bretagna, di sicuro sul fronte postale. Dopo cinque secoli di attività, la liberalizzazione del 2006 e una mezza privatizzazione nel 2013, Royal Mail Post, le Poste inglesi, passate di mano al finanziere miliardario ceco Daniel Kretinsky, sono un caso di scuola dal forte significato simbolico. Ma dove ha fallito la Royal Mail? E perché in Italia Poste è profittevole e competitiva a tal punto da essere un asset che aiuta il governo a ridurre il debito? Sono sostanzialmente tre le differenze tra le Poste inglesi e il gruppo guidato dall’ad Matteo Del Fante con il supporto del direttore generale Giuseppe Lasco: la rete, la diversificazione e le alleanze commerciali.È il 2016 quando il settore delle Poste in Uk viene liberalizzato, Royal Mail si fa ancora carico di gran parte della consegna delle lettere e il gruppo arranca nel cercare di rispondere alla forte concorrenza della posta elettronica e di grandi società estere che hanno aperto il proprio servizio di consegne nel Regno Unito, in particolare l’olandese Tnt e Dhl Express, di proprietà del gruppo Deutsche Post.Negli anni, il numero di lettere gestite ogni giorno si riduce di milioni e nel 2012 il servizio perde 750mila sterline al giorno. Problemi che nel 2013 spingono il governo conservatore, quello di David Cameron, a privatizzarla. Ed è lì che, con la parziale quotazione del gruppo, si decide anche lo scorporo della rete degli sportelli. «Un errore che spiega un analista costerà caro. A differenza di Poste Italiane e dei player francesi che hanno diversificato il business, Royal Mail, senza rete, è rimasta un operatore puramente logistico di pacchi e lettere. Troppo poco per superare le evoluzioni di un mercato in grande cambiamento».Non è un caso che il gruppo di Del Fante e Lasco oggi abbia costruito il proprio business sui servizi finanziari, quelli assicurativi e quello dei pagamenti digitali. E che da questi tragga gran parte dei profitti. Sui 12 miliardi di profitti 2023, i ricavi da servizi finanziari ammontano a 5,2 miliardi, trainati da una solida raccolta netta assicurativa che ha conseguito una performance oltre il livello di mercato, come i servizi assicurativi in generale. I pagamenti online hanno fatturato 1,4 miliardi, con una crescita di oltre il 27 per cento. La diversificazione è stata l’arma per sostenere le flessioni della posta (lettere) e gli investimenti necessari nella logistica. Oggi Royal Mail soffre inoltre della concorrenza di Amazon nel Paese dove i due gruppi, nella logistica sono fortemente rivali.L’opposto di quanto accade in Italia dove Amazon e Poste hanno forti accordi commerciali da anni. Per Kretinsky, ad di Eph (il più grande gruppo energetico dell’Europa centrale), proprietario di due squadre di calcio (lo Sparta Praga e il West Ham di Londra), del quotidiano francese Le Monde e di un atollo alle Maldive, l’investimento nelle Royal Mail sarà dunque una grande sfida. Il governo manterrà la golden share e Kretinsky ha promesso di conservare il marchio, la sede centrale e soprattutto la residenza fiscale di Royal Mail nel Regno Unito per i prossimi cinque anni. LEGGI TUTTO

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    Pensioni, cambia la flessibilità in uscita. Le nuove regole per smettere di lavorare a 64 anni

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    Importanti novità sul fronte previdenziale arrivano dalla Camera dei Deputati, dove è stato approvato un emendamento della Lega, a prima firma della deputata Tiziana Nisini, riformulato in commissione Bilancio. Il provvedimento introduce un nuovo meccanismo che permette, per la prima volta in Italia, di cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare, aprendo così la possibilità di anticipare la pensione a 64 anni.Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha espresso grande soddisfazione per il risultato ottenuto, sottolineando come questo intervento rappresenti un passo concreto verso una maggiore flessibilità in uscita: «È stato approvato l’emendamento della Lega, riformulato in commissione Bilancio alla Camera, che premia la flessibilità in uscita. Per la prima volta nella previdenza italiana si potranno cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni».Nuovi requisiti per il pensionamento a 64 anniAttualmente, la pensione anticipata a 64 anni con 20 anni di contributi è prevista per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 e si trova quindi nel sistema contributivo. Tuttavia, questa possibilità è subordinata al raggiungimento di un assegno pensionistico pari ad almeno tre volte l’assegno sociale, ossia circa 1.600 euro al mese.Grazie all’emendamento approvato, dal 2025 sarà possibile raggiungere questa soglia anche utilizzando la rendita maturata presso un fondo di previdenza integrativa. Tuttavia, saranno necessari requisiti contributivi più stringenti: 25 anni di contributi dal 2025 e 30 anni a partire dal 2030.L’impatto del provvedimento sulle pensioni povereDurigon ha sottolineato l’importanza del provvedimento per contrastare il fenomeno delle pensioni povere, una problematica destinata a crescere a causa della sempre maggiore diffusione del sistema contributivo. «Con questo intervento si affronta concretamente il problema delle pensioni povere, destinate ad aumentare a fronte di un sistema contributivo che sarà più prevalente. Un ringraziamento alla collega Tiziana Nisini per il lavoro portato avanti sul tema e ai ministri Calderone e Giorgetti per il loro supporto», ha dichiarato il sottosegretario.Prospettive futureLa Lega si dichiara convinta che il percorso intrapreso sia quello giusto e punta ad ampliare ulteriormente la platea dei lavoratori interessati nelle prossime manovre finanziarie. «Nella prossima finanziaria cercheremo di ampliare la platea dei lavoratori interessati», ha dichiarato Durigon, confermando l’impegno del governo per una maggiore flessibilità nel sistema pensionistico.Non sono mancate le critiche, in particolare da parte della Cgil, che considera buoni i provvedimenti di flessibilità in uscita solo se non provengono da governi di centrosinistra. La segretaria confederale Lara Ghiglione ha definito l’emendamento un intervento che non risolverebbe i problemi strutturali del sistema previdenziale e che, anzi, consoliderebbe l’applicazione della Legge Fornero, già fortemente criticata. Secondo Ghiglione, il requisito della soglia pensionistica, già difficilmente raggiungibile da molti lavoratori, continuerà a escludere una larga parte delle categorie più deboli.Tuttavia, è curioso notare come misure simili non abbiano mai suscitato altrettanto clamore o indignazione quando proposte dai governi precedenti, che spesso hanno ignorato le richieste di flessibilità o addirittura inasprito le regole di uscita. Oggi, invece, anche soluzioni che aumentano le possibilità di pensionamento anticipato vengono aspramente criticate da chi, in passato, non ha mai alzato la voce su norme restrittive. LEGGI TUTTO

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    Non hai pagato l’Imu? Ecco cosa succede: tutte le soluzioni per mettersi in regola

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    Lunedì 16 dicembre è stato l’ultimo giorno disponibile per versare il saldo Imu entro i termini previsti dal regolamento attuale, e come spesso accade i ritardatari non sono pochi: a loro disposizione, comunque, vi sono una serie di soluzioni tra cui poter scegliere per rimettersi in regola ed evitare di incorrere in sanzioni e interessi eccessivamente gravosi.Chiunque si sia venuto a trovare in una situazione del genere, per una dimenticanza o per qualunque altra motivazione, deve mettere in conto che sarà da affrontare anche una maggiorazione. Una volta oltrepassata la scadenza, il cittadino può decidere di provvedere a saldare il proprio debito in modo autonomo mediante ravvedimento operoso per ridurre la portata delle sanzioni e degli interessi applicati, oppure attendere che gli venga inviata la richiesta di pagamento da parte del Comune di residenza: pure in questa circostanza saranno da pagare sanzioni e interessi, ma in qualche caso è possibile ottenere la possibilità di suddividere in rate il totale dovuto.Ovviamente prima ci si mette in regola e meno consistente sarà la maggiorazione da affrontare al momento del pagamento. Ma quali sono le tempistiche e le sanzioni previste? Con un ritardo non superiore ai 90 giorni la sanzione è pari al 12,5%, altrimenti si sale fino al 25%. Grazie al ravvedimento operoso, tali sanzioni possono essere ulteriormente ridotte. Questo lo schema per le violazioni successive al 1°settembre 2024:entro 14 giorni dalla scadenza viene applicata una sanzione dello 0,833% (pari a 1/15 del 12,5%), per ogni giorno di ritardo;tra il 15esimo e il 30esimo giorno dalla scadenza la sanzione è ridotta all’1,25% per cento (pari a un 1/10 del 12,5%);tra il 30esimo e il 90 esimo giorno dalla scadenza la sanzione applicata è ridotta all’1,39% (1/9 del 12,5%);tra il 90esimo giorno ed entro 1 anno dalla scadenza viene applicata una sanzione del 3,125% (pari a 1/8 del 25%);oltre un anno ma prima del secondo dalla scadenza la sanzione è ridotta al 3,572% (1/7 del 25%);oltre i due anni dalla scadenza la sanzione è pari al 4,17% (1/6 del 25%).A ciò si aggiungano, ovviamente, anche gli interessi di mora, calcolati in base ai giorni di ritardo intercorsi tra la data di scadenza del pagamento e quella in cui si salda effettivamente il proprio debito. Per ridurre i danni, quindi, sarebbe consigliabile non andare mai oltre il 90esimo giorno. LEGGI TUTTO

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    Radar, telecamere e AI. Come funziona Navigard, l’occhio elettronico che sostituisce Tutor

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    I punti chiave

    Entrato il vigore il nuovo Codice della Strada, ora si passa a modernizzare gli strumento di controllo del traffico. Ed ecco che presto il Tutor, ovvero il sistema di rilevamento della velocità in autostrada, avrà compagnia: entro il 2026, infatti, partirà la rivoluzione Navigard, con nuovo sistema di monitoraggio che promette di affiancare e potenziare le tecnologie già in uso, come il Tutor appunto e Vergilius. Navigard è stato presentato da Movyon e Autostrade per l’Italia, e punta in particolare a rendere più sicuro il traffico pesante e alla prevenzione dei rischi.Che cos’è Navigard e come funziona?Navigard è una piattaforma avanzata che integra diverse tecnologie per monitorare il traffico autostradale. Alla base del sistema ci sono radar, telecamere ad alta definizione, server periferici, antenne DSRC (capaci di leggere i dati dei tachigrafi di nuova generazione) e un sistema centrale dotato di intelligenza artificiale. Questi elementi lavorano insieme per rilevare e analizzare in tempo reale situazioni di pericolo o violazioni, inviando segnalazioni tempestive alle pattuglie della Polizia Stradale.Una delle caratteristiche distintive è la capacità di operare anche in condizioni critiche, come all’interno di gallerie più lunghe di 500 metri, grazie all’uso di sensori e telecamere di ultima generazione. La piattaforma è progettata per rilevare incidenti, ostacoli sulla carreggiata, veicoli contromano e molte altre situazioni potenzialmente pericolose.Quando e come entrerà in funzione?Secondo il cronoprogramma annunciato, Navigard sarà operativo entro il 2026 e pienamente funzionante nel 2027, quando coprirà l’intera rete autostradale italiana. Si tratta di un progetto ambizioso che richiede un’infrastruttura tecnologica capillare e un periodo di implementazione graduale.Il sistema è in grado di monitorare una vasta gamma di infrazioni. Ecco alcuni esempi:Velocità eccessiva: come i sistemi Tutor, Navigard rileva le velocità medie e istantanee dei veicoli.Uso improprio delle corsie: verifica il rispetto delle regole di circolazione, ad esempio il mancato utilizzo della corsia di destra da parte dei mezzi pesanti.Limiti di peso: grazie a sensori ottici e telecamere, controlla che i mezzi pesanti rispettino i limiti di massa consentiti.Trasporto di materiali pericolosi: identifica i veicoli che trasportano merci pericolose e ne monitora il transito in zone vietate, come le gallerie.Dati tachigrafici: attraverso le sue antenne, legge i tachigrafi intelligenti per verificare il rispetto dei tempi di guida e della manutenzione dei veicoli.Pagamento dei pedaggi: intercetta eventuali tentativi di elusione del pagamento dei pedaggi autostradali.Focus sui mezzi pesantiPur essendo progettato per monitorare tutti i tipi di veicoli, Navigard dedica particolare attenzione ai mezzi pesanti, che rappresentano una componente cruciale del traffico autostradale e una potenziale fonte di rischio se non adeguatamente controllati. Grazie alla combinazione di intelligenza artificiale e telecamere ad alta definizione, il sistema può analizzare in modo approfondito: LEGGI TUTTO

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    Stellantis si impegna a investire in Italia

    Il governo punta un miliardo sul rilancio del settore automotive in Italia in direzione della transizione tecnologica e industriale e Stellantis si impegna a non abbandonare le fabbriche del Paese a loro stesse con l’annuncio di due piattaforme tecnologiche innovative che promettono di rivoluzionare la produzione nazionale. E per l’anno prossimo programma 2 miliardi di investimenti nel nostro Paese e 6miliardi di acquisti di componenti dalla filiera automotive italiana. Una conferma che, dopo l’uscita di Tavares – con la sua fissa per l’elettrico -, il confronto è meno teso. Questi, per ora gli esiti del Tavolo Stellantis al ministero delle Imprese a Roma. Alla riunione hanno partecipato figure di spicco come il Ministro Adolfo Urso, il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il Ministro del Lavoro Marina Calderone, il responsabile per l’Europa di Stellantis Jean-Philippe Imparato e rappresentanti delle organizzazioni sindacali.​Pomigliano: la nuova piattaforma STLA Small e il futuro della “Pandina”Pomigliano d’Arco diventa protagonista del rilancio industriale di Stellantis. Jean Philippe Imparato, responsabile europeo del gruppo, ha confermato che l’attuale Fiat Panda, soprannominata “Pandina”, continuerà a essere prodotta fino al 2030, ma a partire dal 2028 lo stabilimento ospiterà una rivoluzione tecnologica. Installeremo la piattaforma STLA Small, su cui produrremo almeno due nuovi modelli compatti di nuova generazione», ha dichiarato Imparato.Inoltre, Stellantis ha annunciato che una nuova generazione della Fiat Panda sarà prodotta proprio a Pomigliano. Questa scelta rappresenta un segnale importante per il mantenimento della competitività dello stabilimento campano, che si conferma al centro della strategia del gruppo per le auto di piccola taglia.Un miliardo per la transizione, e l’innovazione industrialeIl ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha sottolineato l’importanza di governare la transizione tecnologica senza traumi, affermando che il governo è determinato a garantire un futuro sostenibile per il settore automotive: «La transizione va governata. Per questo abbiamo chiesto a Stellantis di assumersi la piena responsabilità sociale, mantenendo operativi tutti gli stabilimenti italiani e investendo in nuove tecnologie e modelli».Urso ha anche ribadito che il Piano Italia rappresenta un punto di riferimento per il settore, con investimenti strategici che includono lo sviluppo delle piattaforme STLA, la valorizzazione del Made in Italy e un rafforzamento della collaborazione con la filiera produttiva.«Ora possiamo rimettere sulla giusta strada l’auto italiana ed europea, possiamo farlo da oggi in Italia, dobbiamo farlo insieme in Europa. È il momento delle decisioni, è il momento della responsabilità», ha proseguito, parlando al tavolo. Urso ha inoltre evidenziato come il “Sistema Italia” possa agire unitamente per rilanciare il settore automotive, affrontando le sfide legate al rinnovamento tecnologico e alla transizione industriale.Urso ha poi aggiunto: «Siamo in prima linea per superare le ideologie del green deal e realizzare finalmente un approccio pragmatico e realistico, capace di coniugare la sostenibilità ambientale con le esigenze produttive e sociali del nostro sistema industriale». Ha evidenziato la necessità di un impegno collettivo a livello europeo per tutelare la produzione e salvaguardare l’occupazione nel settore automotive, sottolineando il consenso ottenuto dal “non paper” italiano tra vari Paesi dell’Unione e associazioni imprenditoriali.Melfi: piena operatività per la piattaforma STLA MediumAnche lo stabilimento di Melfi gioca un ruolo strategico nei piani di Stellantis, grazie all’installazione della piattaforma STLA Medium. A partire dal 2025, Melfi produrrà quattro modelli chiave per il futuro del gruppo:- La nuova Jeep Compass (sia elettrica che ibrida);- La nuova Lancia Gamma;- La nuova DS n°8 (esclusivamente elettrica);- La nuova DS7 (sia elettrica che ibrida).Jean Philippe Imparato ha sottolineato un cambiamento strategico importante: «Tutti questi modelli, tranne la DS n°8, saranno disponibili anche in versione ibrida, triplicando i volumi di produzione previsti».Questo approccio ibrido mira a rispondere alla crescente domanda del mercato, bilanciando le esigenze di elettrificazione con soluzioni tecnologiche più accessibili e adatte a un pubblico ampio.Atessa: il futuro dei veicoli commerciali elettriciLo stabilimento di Atessa, già punto di riferimento per la produzione di veicoli commerciali leggeri (SCV), si prepara a una significativa trasformazione tecnologica. Dal 2024 inizierà la produzione di veicoli elettrici, segnando un passo decisivo verso l’elettrificazione della gamma.Una delle principali innovazioni sarà il programma CustomFit, che consentirà di personalizzare fino al 50% dei veicoli elettrici prodotti, rispondendo alle esigenze specifiche dei clienti business. Inoltre, Jean Philippe Imparato ha annunciato una novità strategica per il 2027: «A Atessa introdurremo una nuova versione di Large Van, progettata per competere direttamente con i veicoli asiatici in termini di qualità e competitività».Questo sviluppo rafforza il ruolo di Atessa come polo industriale centrale per il segmento dei veicoli commerciali, garantendo maggiore capacità produttiva e competitività internazionale.Cassino: piattaforme di lusso per il futuro del gruppoLo stabilimento di Cassino ospiterà la nuova piattaforma STLA Large, equipaggiata con tecnologie all’avanguardia come STLA Brain e STLA Smart Cockpit, segnando l’ingresso di Stellantis in un segmento premium e tecnologico. A partire dal 2025, verranno prodotti tre nuovi modelli: la nuova Stelvio, la nuova Giulia nel 2026, e una vettura top di gamma.Imparato ha inoltre confermato che è in fase di valutazione la possibilità di introdurre versioni ibride, oltre a quelle elettriche, per Giulia e Stelvio, ampliando l’offerta e incrementando il potenziale commerciale di questi modelli di lusso.Modena: il futuro polo dell’alta gamma Made in ItalyModena si conferma il cuore pulsante del lusso automobilistico italiano, diventando il polo dedicato all’alta gamma di Stellantis. Jean Philippe Imparato, responsabile europeo del gruppo, ha ribadito il ruolo centrale di Modena come punto di riferimento per il Made in Italy, dichiarando: «Modena sarà l’orgoglio dell’alta gamma italiana, con una visione che coinvolge l’intero ecosistema produttivo della Motor Valley».L’obiettivo è sviluppare un progetto integrato con l’intera filiera produttiva, dal design alla pre-industrializzazione, valorizzando i migliori componenti nazionali per innovazione e sostenibilità. Questa strategia non solo garantirà l’eccellenza qualitativa delle vetture di alta gamma, ma rafforzerà la sinergia tra Stellantis e le competenze uniche della Motor Valley, un patrimonio industriale e culturale riconosciuto a livello globale.L’iniziativa rappresenta un ulteriore impegno per consolidare il posizionamento dell’Italia nel segmento premium e per promuovere la circolarità e l’innovazione tecnologica come valori fondanti del rilancio industriale.Stellantis: investimenti record e impegno a lungo termine in ItaliaJean Philippe Imparato ha concluso il Tavolo Stellantis al MIMIT con un messaggio chiaro: l’Italia è al centro della strategia del gruppo, con un impegno finanziario senza precedenti. Il piano di Stellantis, infatti, non prevede aiuti pubblici, ma sarà interamente finanziato con risorse proprie, confermando la solidità economica e l’autonomia del gruppo.Investimenti e acquisti in ItaliaNel solo 2025, Stellantis investirà 2 miliardi di euro in Italia, con ulteriori 6 miliardi destinati all’acquisto di componenti da fornitori locali. Questo sforzo si inserisce in un più ampio piano di investimenti nel Paese:- 10 miliardi di euro investiti tra il 2021 e il 2025;- Una cifra complessiva che raggiunge i 40 miliardi, considerando anche gli acquisti da aziende italiane della filiera.Imparato ha inoltre sottolineato che ogni stabilimento italiano ha un piano produttivo ben definito, con modelli già programmati fino al 2032.Il ruolo centrale di Torino e MirafioriUn’attenzione particolare è stata riservata a Torino e al suo storico polo industriale di Mirafiori, che si conferma un asset strategico per Stellantis:Mirafiori diventerà la sede della regione Enlarged Europe, rafforzandone la leadership a livello continentale;Sarà il centro globale per i veicoli commerciali, oltre a rimanere l’unico sito al mondo dedicato ai test di sviluppo delle batterie elettriche;Si trasformerà in un hub produttivo per la nuova generazione della 500, che sarà disponibile in versione ibrida ed elettrica.Un futuro solido per il settore automotive italianoCon un piano di lungo termine e investimenti record, Stellantis conferma di essere il gruppo industriale che ha investito di più in Italia. Questo impegno non solo garantisce il mantenimento e la modernizzazione degli stabilimenti italiani, ma rafforza anche il ruolo dell’Italia come cuore pulsante del comparto automotive europeo.Il contesto europeo: una battaglia per la sopravvivenzaLa crisi del settore automobilistico non riguarda solo l’Italia ma l’intero continente europeo. Il ministro Urso ha sottolineato la necessità di un approccio pragmatico alle politiche industriali e ambientali, criticando le rigidità del Green Deal. Ha affermato che l’Italia, grazie al suo “non paper” sul futuro dell’automotive, sta guidando un movimento europeo per rivedere le regole del settore, ottenendo il supporto di importanti associazioni imprenditoriali e politiche di Paesi come Germania e Francia. «La battaglia per la sopravvivenza del sistema automotive si gioca in Europa», ha dichiarato Urso ieri. «Serve un grande sforzo di sistema per tutelare la produzione e salvaguardare l’occupazione», ha concluso. LEGGI TUTTO

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    Pensioni, come cambiano i coefficienti dal primo gennaio. Tutti i calcoli

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    I punti chiave

    I nuovi coefficienti di trasformazione, aggiornati dal Ministero del Lavoro, introducono importanti novità per chi va in pensione con il metodo contributivo. Questi parametri sono essenziali per determinare l’importo dell’assegno pensionistico: trasformano il montante contributivo accumulato nel corso della vita lavorativa in una rendita annua. I valori variano in base all’età del lavoratore al momento del pensionamento, partendo dai 57 anni fino a raggiungere i 70 anni. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.L’importo della pensioneL’importo della pensione è influenzato dall’età del lavoratore al momento del pensionamento: maggiore è l’età, più elevati saranno i coefficienti di trasformazione utilizzati per il calcolo della rendita pensionistica. Nel caso in cui il trattamento pensionistico venga riconosciuto a soggetti che non abbiano ancora compiuto i 57 anni, come avviene per l’assegno di invalidità o la pensione ai superstiti, viene comunque applicato il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età di 57 anni, che rappresenta il valore minimo previsto dalla normativa vigente. Ogni due anni, i coefficienti di trasformazione vengono aggiornati sulla base delle nuove stime relative alla speranza di vita della popolazione. Questo aggiornamento periodico riflette i cambiamenti demografici e, generalmente, porta a una riduzione dei coefficienti, rendendoli meno favorevoli per i lavoratori che andranno in pensione nei bienni successivi. Questo trend si verifica a meno che non si registri una diminuzione della speranza di vita rispetto al biennio precedente, un’eventualità che, pur essendo rara, può determinare coefficienti più vantaggiosi.I nuovi coefficientiÈ stato pubblicato il decreto n. 436 del 20 novembre 2024, adottato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che prevede la revisione biennale dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo. I nuovi coefficienti entreranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2025 e si applicheranno alla quota contributiva della pensione. La revisione interesserà coloro che rientrano interamente nel metodo di calcolo contributivo, quindi i soggetti privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, oltre a chi sceglie l’opzione di calcolo tramite il sistema contributivo. Saranno coinvolti anche coloro che rientrano nel sistema di calcolo misto e i soggetti “pro-rata”, quindi coloro che hanno accumulato almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995, limitatamente alla quota di anzianità maturata dopo il 31 dicembre 2011.I parametriSono stati stabiliti i nuovi parametri validi per chi accederà alla pensione tra il 1° gennaio 2025 e il 31 dicembre 2026. Questi prevedono, a parità di età, una riduzione compresa tra l’1,5% e il 2,18% rispetto al biennio attuale. Riportiamo i valori aggiornati:4,204% per chi ha 57 anni4,308% per chi ha 58 anni4,419% per chi ha 59 anni4,536% per chi ha 60 anni4,661% per chi ha 61 anni4,795% per chi ha 62 anni4,936% per chi ha 63 anni5,088% per chi ha 64 anni5,250% per chi ha 65 anni5,423% per chi ha 66 anni5,608% per chi ha 67 anni5,808% per chi ha 68 anni6,024% per chi ha 69 anni6,258% per chi ha 70 anni6,510% per chi ha 71 anni.Come funzionano i parametriIl meccanismo è abbastanza semplice. Immaginiamo un lavoratore che ha iniziato a versare contributi dal 1996, con un importo annuale di circa 7mila euro per 20 anni, accumulando un montante rivalutato di 170mila euro. Per calcolare la pensione annua lorda, basta moltiplicare questa cifra per il coefficiente di trasformazione relativo all’età in cui il lavoratore decide di andare in pensione. L’importo della pensione aumenta al crescere dell’età del pensionamento. Per esempio, se il lavoratore decidesse di ritirarsi a 62 anni, riceverebbe circa 8.151 euro lordi all’anno (170mila x 4,795% = 8.151 euro). Se, invece, decidesse di andare in pensione a 71 anni, senza considerare gli effetti della rivalutazione del montante, l’importo salirebbe a 11.067 euro annui (170mila x 6,51% = 11.067 euro). LEGGI TUTTO