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    25 aprile, Mattarella a Genova: “No a democrazia a bassa intensità”. IL DISCORSO

    Celebriamo oggi qui, a Genova, l’ottantesimo anniversario della liberazione dalla dittatura fascista e dalla occupazione nazista. Una regione, la Liguria che, ricca di virtù patriottiche, tanto ha contribuito alla conquista della libertà del nostro popolo. Rendiamo onore alle popolazioni che seppero essere protagoniste nel sostenere e affiancare i partigiani delle montagne e delle città.

    Dalla città di Genova, Medaglia d’oro al valor militare per la lotta di Liberazione che – recita la motivazione – ”piegata la tracotanza nemica otteneva la resa del forte presidio tedesco, salvando così il porto, le industrie e l’onore”, alla città di Savona, Medaglia d’oro, insignita per “l’ostinazione a non subire la vergogna della tirannide”, alle Province di Imperia e di La Spezia, anch’esse Medaglie d’oro. Così come alle Città di La Spezia e di Albenga, alla Provincia di Genova, insignite di Medaglia d’oro al valor civile per la Resistenza. Alle Croci di guerra assegnate, con la stessa motivazione, ai Comuni di Rossiglione, San Colombano Certenoli in val Cichero, Zignago, Albenga.

    Dalla Liguria è venuta allora una forte lezione sulla moralità della Resistenza, sulle ragioni di fondo che si opponevano al dominio dell’uomo sull’uomo, si opponevano a un conflitto nato non per difendere la propria comunità ma come aggressione alla libertà di altri popoli. Assumendo comportamenti elementari di rispetto e di solidarietà i partigiani si uniformavano a quel Codice di Cichero, che faceva sì che, nelle formazioni, il capo dovesse mangiare per ultimo, potesse addormentarsi solo una volta accertato personalmente che tutto funzionasse e fosse in ordine, avesse i turni di guardia più gravosi, che non si bestemmiasse, che non si molestassero le donne, che non si requisisse senza pagare il dovuto, che si dovesse dividere con gli altri qualunque cosa si ricevesse.

    Fraternità. Un’esperienza che ha tratto ispirazione da una figura, quella di Aldo Gastaldi, il partigiano “Bisagno”, comandante della Divisione Garibaldi-Cichero, protagonista di un impegno per la Patria, la giustizia, la libertà, considerato come servizio d’amore, oltre che esercizio di responsabilità. Morto drammaticamente un mese dopo la Liberazione, Medaglia d’oro al valor militare, la Chiesa di Genova ha determinato di dare avvio al processo canonico di beatificazione di questo Servo di Dio.

    Poc’anzi, al cimitero di Staglieno, ho reso omaggio ai caduti del movimento della Resistenza e, con loro, ho reso idealmente omaggio alle figure dei patrioti dei due Risorgimenti che in esso sono ospitati. Nel 1945 l’Italia si univa nuovamente – Sud e Nord – dopo che quest’ultimo era stato separato e trattenuto in ostaggio dai nazisti e dalla Repubblica di Salò. Tante le sofferenze e i caratteri originali della Resistenza ligure, solidamente collegata ai centri di Torino e di Milano e destinata, come essi, a soffrire sino in fondo la barbarie nazista e fascista. Con le stragi della Pasqua di sangue del 1944 alla Benedicta, di Fontanafredda di Masone, all’Olivetta di Portofino, a Costa Binella di Testico, alla Foce del Centa di Albenga, a Molini di Triora, Torre Paponi di Pietrabruna ove due sacerdoti vennero arsi vivi, a Ressora di Arcola. 

    Qui si sviluppa la maturazione politica di patrioti che sanno assumere, accanto alle operazioni militari di sabotaggio e di contrasto alle forze di occupazione, responsabilità di governo. Qui si collocano anelli di quell’arco di esperienze di “zone libere” che confermano la presenza sul territorio delle formazioni partigiane e la stretta relazione con le popolazioni. Qui, con la libera Repubblica di Pigna e di Triora nell’Imperiese, di Torriglia nel Genovese, della Repubblica del Vara in Alta Val di Vara nello Spezzino, emerge la dimostrazione della estraneità tra regime e popolazioni.

    Questo si manifestava nelle vallate, e trovava conferma nelle città dalle quali migliaia di donne e uomini vennero ignobilmente avviate al lavoro coatto in Germania, alla deportazione verso il lager di Mauthausen. E la fabbrica, le fabbriche, si manifestarono, una volta di più, luoghi di solidarietà, scuole di democrazia, con la crescita di coscienza sindacale, e la costituzione delle squadre di difesa operaia. Con gli scioperi nel Savonese e nello Spezzino alla fine del 1943 e nel 1944, che conferirono una forte spinta all’allargamento del consenso verso il movimento partigiano. Gli scioperi a Genova del 1943 sino al giugno del 1944, sino allo sciopero insurrezionale del 1945.

    Il crollo del fronte interno del regime si manifestava giorno dopo giorno. Il Bando Graziani per l’arruolamento nei reparti fascisti aveva dato un involontario contributo ai partigiani: posti di fronte al dilemma o repubblichini o in fuga, molti giovani sceglievano la strada della montagna, superando ogni attendismo. I partigiani facevano terra bruciata dei tentativi repubblichini di organizzazione amministrativa: bruciare i registri anagrafici della Rsi impediva, di fatto, sia le requisizioni dei beni dei cittadini, sia i tentativi di coscrizione obbligatoria. Da taluno si è argomentato come il contributo “militare” recato dalla Resistenza non sia stato decisivo per il crollo della Linea Gotica costruita dai tedeschi per ostacolare la risalita della penisola da parte degli Alleati e del Corpo Italiano di Liberazione. Al contrario, come è noto, e il 1944 lo ebbe a dimostrare, le forze dell’Asse in campo avevano difficoltà a presidiare, allo stesso tempo, le aree verso le quali premevano le forze alleate e le zone interne sempre più nelle mani della Resistenza. Veniva ascoltato l’ammonimento rivolto da Giuseppe Mazzini ai tanti che, all’epoca, confidavano nell’intervento d’oltralpe: “più che la servitù, temo la libertà recata in dono”. 

    La aspirazione profonda del popolo italiano, dopo le guerre del fascismo, era la pace. Il regime aveva reso costume degli italiani la guerra come condizione normale: non la guerra per la vita ma la vita per la guerra. La Resistenza si pose l’obiettivo di raggiungere la pace come condizione normale delle relazioni fra popoli. In gioco erano le ragioni della vita contro l’esaltazione del culto della morte, posto come disperata consegna dalle bande repubblichine. La Resistenza cresceva in tutti i Paesi europei sotto dominazione nazista. Si faceva strada, dalla causa comune, la solidarietà, in grado di superare le eredità delle recenti vicende belliche.

    Anche dalle diverse Resistenze nacque l’idea dell’Europa dei popoli, oggi incarnata dalla sovranità popolare espressa dal Parlamento di Strasburgo. Furono esponenti antifascisti coloro che elaborarono l’idea d’Europa unita, contro la tragedia dei nazionalismi che avevano scatenato le guerre civili europee. Un nome per tutti qui a Genova, quello di Luciano Bolis, esponente del Partito d’Azione, orrendamente torturato dalle Brigate nere nel febbraio 1945, miracolosamente sopravvissuto. Medaglia d’argento al valor militare, riposa ora a Ventotene, accanto ad Altiero Spinelli.

    Difendere la libertà dei popoli europei è compito condiviso. Ora, l’eguaglianza, la affermazione dello Stato di diritto, la cooperazione, la stessa libertà e la stessa democrazia, sono divenuti beni comuni dei popoli europei da tutelare da parte di tutti i contraenti del patto dell’Unione Europea. La libertà delle diverse Patrie è divenuta la liberazione dell’Europa da chi pretendeva di sottometterla. E fu una lotta così vera da coinvolgere anche persone che i nazisti pretendevano opporre ai partigiani. La solidarietà internazionale si misurò sulle montagne liguri come altrove con l’apporto recato dai tanti che, venuti da patrie lontane, si erano uniti alla Resistenza. 

    Desidero richiamare la figura del partigiano “Fiodor”, (Fiodor Andrianovic Poletaev), ucciso nella battaglia di Cantalupo il 2 febbraio 1945. A lui, giunto dalla Russia, la Repubblica Italiana ha voluto conferire la Medaglia d’oro al valor militare. Una strada di Genova reca il suo nome. La vita democratica, come si è constatato, cresceva nel carattere proprio alle forze antifasciste genovesi che, accanto alla presenza a di cinque partiti nei CLN del Nord Itali (azionisti, comunisti, democristiani, liberali, socialisti) annoverava una sesta forza politica, il partito mazziniano repubblicano. Questione del tutto peculiare, per dirimere la quale, dal CLNAI, venne inviato Sandro Pertini, settimo Presidente della nostra Repubblica. Oggi, nella sua regione, ne vogliamo onorare la memoria. La sua figura induce a ricordare che la partecipazione politica è questione che contraddistingue la nostra democrazia. E’ l’esercizio democratico che sostanzia la nostra libertà.

    Da questi principi fondativi viene un appello: non possiamo arrenderci all’assenteismo dei cittadini dalla cosa pubblica, all’astensionismo degli elettori, a una democrazia a bassa intensità. Anche per rispettare i sacrifici che il nostro popolo ha dovuto sopportare per tornare a essere cittadini, titolari di diritti di libertà. Il rovinio del posticcio regime di Salò, la progressiva sconfitta del nazismo apparivano ormai irreversibili e a Genova, importante bastione industriale, si posero le condizioni dell’insurrezione e, come abbiamo ascoltato, un esercito agguerrito si arrendeva al popolo.

    Ridurre le forze tedesche a trattare con i partigiani non fu facile. Preziosa fu la mediazione dell’Arcivescovo di Genova, il Cardinale Pietro Boetto – dichiarato “giusto fra le nazioni” per il soccorso prestato agli ebrei –  per giungere a siglare la resa del comando tedesco nella sua residenza di Villa Migone, tra il generale Meinhold e il presidente del CLN Remo Scappini (“Giovanni”). Sarebbe toccato al partigiano Pittaluga – Paolo Emilio Taviani – annunciare la mattina seguente: Genova è libera. Il generale Meinhold – condannato a morte da Hitler come traditore – avrebbe poi scritto: “era la sorte della città e, quello che più contava la vita di migliaia di persone da tutte e due le parti che doveva starci a cuore…. La mia coscienza mi vietava di sacrificare ancora un sol uomo”. Il rischio che Genova finisse distrutta come Varsavia era sventato.

    Si apriva la stagione dei diritti umani delle persone e dei popoli, per prevenire i conflitti, per affermare che la dignità delle persone non si esaurisce entro i confini dello Stato del quale sono cittadini. Non ci può essere pace soltanto per alcuni. Benessere per pochi, lasciando miseria, fame, sottosviluppo, guerre, agli altri. E’ la grande lezione che ci ha consegnato Papa Francesco. Nella sua “Fratelli tutti”, ci ha esortato a superare “conflitti anacronistici” ricordandoci che “ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte…Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel passato e fermarsi, e goderlo come se tale situazione ci facesse ignorare che molti nostri fratelli soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti”.

    Ecco perché è sempre tempo di Resistenza, ecco perché sono sempre attuali i valori che l’hanno ispirata. A Genova si espresse e si affermò il respiro della libertà. Un’anima che non sarebbe mai stata tradita. Un patto, un impegno, che non sarebbero venuti meno neppure quando, negli anni ‘70, il terrorismo tentò di aggredire le basi della nostra convivenza democratica. E dalle fabbriche venne una risposta coraggiosa, esigente, che si riassume nel nome di Guido Rossa. La sua testimonianza appartiene a quei valori di integrità e coraggio delle persone che, anche qui, edificarono la Repubblica. Viva la Liguria partigiana, viva la libertà, viva la Repubblica. LEGGI TUTTO

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    Festa della Liberazione, Mattarella anticipa di quattro ore la visita a Genova

    È confermata la visita di Sergio Mattarella nel capoluogo ligure, ma avverrà in anticipo a causa del funerale di Papa Francesco. Infatti la cerimonia dell’80esimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo si terrà alle 12 anziché alle 16, nel teatro Ivo Chiesa, come sottolineato sul sito del Quirinale. Il Presidente della Repubblica parteciperà a un incontro sulla Liberazione inaugurando “D’oro. Il sesto senso partigiano”, un progetto di Davide Livermore, diretto da Giorgina Pi. Lo spettacolo è tratto dal libro di Gad Lerner e Laura Gnocchi. Il cambio degli appuntamenti sull’agenda consentirà a Mattarella di fare ritorno a Roma per accogliere i capi di Stato stranieri e prepararsi per il funerale di Papa Francesco, previsto per il giorno successivo, sabato 26.

    Le modifiche al programma

    L’agenda del 25 aprile prevede per il Presidente della Repubblica la deposizione di una corona all’Altare della Patria, a Roma, alle 9,30, e poi subito a Genova dove è atteso per le 12 e, infine, la ripartenza per la Capitale. Il Comune di Genova, tenendo conto delle sopravvenute esigenze, con il Comitato permanente della Resistenza, hanno stabilito una programmazione aggiornata. È confermata nel cimitero monumentale di Staglieno, la formazione di un corteo e la deposizione di corone al campo israelitico, ai monumenti dedicati agli internati e ai deportati nei lager nazisti, al sacrario Trento e Trieste. LEGGI TUTTO

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    Milano e Roma, allerta per i cortei del 25 aprile

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura Il giorno della festa del 25 aprile, più che l’ottantesimo anniversario per la Liberazione a tenere banco sono il tema sicurezza e il rischio di scontri e le polemiche per gli eventi cancellati o modificati a causa del lutto nazionale per la morte di papa Francesco. Scontri in piazza Castello a Torino, si sono registrati nella serata di giovedì, al termine della fiaccolata organizzata dalla Città per il 25 Aprile. A cerimonia ultimata i componenti dello spezzone ’antagonista’ del corteo, composto da autonomi, attivisti dei centri sociali e di movimenti filo palestinesi, sono saliti sul palco dopo avere rimosso le transenne. In un punto i dimostranti sono giunti a contatto con il cordone delle forze dell’ordine che ha risposto con una manovra di alleggerimento e delle manganellate.Loading…A Milano timore per gli antagonistiA Milano a preoccupare sono soprattutto antagonisti, sindacati di base e giovani palestinesi che hanno annunciato l’intenzione di prendere la testa del corteo, invece di restare in coda come da tradizione. Lo scorso anno si sono ritrovati direttamente in piazza Duomo, dove hanno cercato di sfondare le transenne per arrivare al palco ma sono stati respinti dalle forze dell’ordine. Quest’anno, dopo un primo invito a ripetere lo stesso schema e trovarsi in piazza, hanno deciso di concentrarsi un paio di ore prima della partenza della manifestazione nazionale in via Palestro, in modo da precedere Anpi, gonfaloni ufficiali, sindacati e partiti, che però non hanno intenzione di cedere il passo.Attenzione sulla Brigata ebraicaSulla Brigata ebraica, che sfilerà insieme alla comunità ucraina, c’è particolare attenzione (lo scorso anno un membro della brigata fu ferito lievemente da un gruppo di ragazzini che usciva da un fast food). Con loro saranno in corteo anche esponenti di Azione (non Calenda che sarà al cimitero angloamericano di Roma), e di Forza Italia come Mariastella Gelmini. In manifestazione anche la segretaria del Pd Elly Schlein, il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni e Maurizio Landini che poi parlerà dal palco (insieme al sindaco Giuseppe Sala, al segretario nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo a quello milanese Primo Minelli e alla partigiana Sandra Gilardelli, classe 1925).Massima allerta a RomaSimile la preoccupazione a Roma per evitare contatti fra la Brigata ebraica che si troverà a porta San Paolo e il presidio di studenti palestinesi “No ai terroristi israeliani, no ai sionisti” e poi più tardi per escludere incidenti al corteo dell’Anpi da largo Bompiani al Parco Schuster, da cui si staccherà lo spezzone di ProPal e movimenti studenteschi diretto a Porta San Paolo. Il prefetto Lamberto Giannini ha parlato di “massima allerta” anche perché la capitale in contemporanea deve far fronte al flusso di fedeli diretti alla camera ardente di papa Francesco, che chiuderà domani sera. LEGGI TUTTO

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    Decadenza Todde: per la Procura di Cagliari ordinanza da annullare e sanzione da 40mila euro da rideterminare

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaIl rischio decadenza si allontana dall’orizzonte della presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde, ma resta la sanzione pecuniaria, anche se dovrà essere rideterminata. C’è una svolta sul caso della governatrice destinataria di un’ordinanza ingiunzione di decadenza emanata dal Collegio regionale di garanzia (e trasmessa al Consiglio regionale) che prevedeva, tra l’altro, anche una sanzione da 40 mila euro per presunte irregolarità nella rendicontazione delle spese elettorali.Le conclusioni della ProcuraPer la Procura di Cagliari il decreto del Collegio regionale di garanzia elettorale è da annullare nella parte relativa alla decadenza, mentre è da confermare la sanzione pecuniaria nella misura inferiore «che il Tribunale vorrà determinare».Loading…«La richiesta – dice Benedetto Ballero, legale del pool difensivo della presidente della Regione Alessandra Todde – è contenuta nelle conclusioni depositate proprio oggi, a fine mattina, dalla Procura che chiede di annullare il decreto del collegio regionale di garanzia per la parte relativa alla sanzione sulla decadenza e confermare la sanzione pecuniaria nella misura inferiore che il collegio vorrà determinare».Le contestazioniIl collegio regionale di garanzia aveva contestato alla governatrice irregolarità nella rendicontazione delle spese della campagna per il voto del febbraio 2024.Atti impugnati e ricorsoL’ordinanza ingiunzione di decadenza, dopo essere stata notificata alla presidente della Regione era stata trasmessa al Consiglio regionale che, però, aveva rinviato ogni decisione in attesa di un pronunciamento definitivo. A seguire, l’impugnazione dell’atto. Il ricorso al Tribunale civile con la prima udienza lo scorso marzo. Poi la decisione di rinviare al 22 maggio. Prossime date, come sottolinea l’avvocato Ballero, il 2 maggio per «nostre conclusioni» e poi il 12 maggio per «memorie difensive». «Nell’udienza del 22 maggio – aggiunge – i giudici decideranno anche della costituzione in giudizio per tutti i ricorsi, sia quelli ad opponendum sia ad adiuvandum». LEGGI TUTTO

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    Adozione embrioni congelati, Ministra Roccella: “Entro un mese il ddl”

    La ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, ha confermato quanto anticipato al quotidiano la Verità: entro un mese sarà pronto il disegno di legge sull’adozione degli embrioni crioconservati in stato di abbandono. Insieme alla Roccella stanno lavorando al testo il ministro della Salute Orazio Schillaci e alla Giustizia Carlo Nordio. “Seguiremo la legge sulle adozioni – ha detto la ministra su Rai Radio1 -. Cercheremo di fare una legge in cui assimiliamo l’adozione dell’embrione all’adozione di un bambino. Seguendo, più o meno, la stessa procedura, con tutte le cautele del caso”.

    “Situazione assurda e inquietante”

    “Ci siamo posti il problema, perché è una situazione assurda e un po’ inquietante – ha detto ancora Roccella -. Questi embrioni crioconservati, che non hanno nessun criterio di morte, se conservati correttamente possono sopravvivere per sempre. Questo limbo in cui si trovano va sanato, anche perché’ sono tantissimi, non abbiamo neanche cifre precise, perché la crioconservazione attiene ai singoli centri ed è complicato avere una nozione precisa su quanti siano”. La ministra ha rilevato che “la situazione è molto complessa, la legge è molto delicata, non trattiamo cellule e tessuti, come qualcuno ha detto, trattiamo embrioni, ovuli già fecondati, cioè possibili bambini. Ci sono tanti problemi, il primo è costituire con certezza lo stato di abbandono dell’embrione. Ci siamo posti il tema, visto che il problema delle adozioni ora si è molto intensificato, perché i bambini adottabili sono sempre meno e anche le adozioni internazionali sono sempre meno, perché gli Stati, con la crisi demografica, tendono a considerare i bambini come un ‘bene’ demografico, oltre al fatto che ci sono anche condizioni geopolitiche difficili per cui alcuni stati hanno chiuso, per motivi di conflitti, questa strada”. LEGGI TUTTO

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    Papa Francesco, l’omaggio dei politici in aula a Montecitorio: da Meloni a Schlein

    Si è svolta oggi nell’aula di Montecitorio la commemorazione di Papa Francesco. In tanti hanno preso la parola per ricordare Jorge Mario Bergoglio, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che lo ha definito “il Papa degli ultimi”, la segretaria del Pd Elly Schlein, il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e quello di Italia Viva, Matteo Renzi

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    Il mondo della politica omaggia Papa Francesco. Si è svolta oggi nell’aula di Montecitorio la commemorazione del Pontefice, a cui hanno partecipato senatori, deputati e membri di governo. In tanti hanno preso la parola per ricordare Jorge Mario Bergoglio, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che lo ha definito “il Papa degli ultimi”, la segretaria del Pd Elly Schlein, il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e quello di Italia Viva, Matteo Renzi. Papa Francesco era “un grande uomo” e “un grande Pontefice, che ha guidato la Chiesa con segni profetici in tempi complessi e certamente imprevedibili”, ha detto la premier, intervenendo in aula. Papa Francesco “ha portato il respiro della periferia del mondo, lo sguardo attento verso gli ultimi, e una voce per la pace, per la giustizia sociale, per l’ambiente e per la dignità delle persone”, ha sottolineato Schlein. Nel pomeriggio alcuni ministri si sono recati nella Basilica di San Pietro per rendere omaggio al feretro di Papa Francesco. Tra questi, la premier Meloni, il vicepremier Antonio Tajani, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e quello dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. In Basilica anche Elly Schlein, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs, e il procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi.

    Meloni: “È stato il papa degli ultimi”

    Durante la commemorazione a Montecitorio, la presidente del Consiglio ha preso la parola per ricordare il pontefice. È stato il “papa degli ultimi”, “delle periferie fisiche ed esistenziali”, “ha restituito voce a chi non l’aveva anche rompendo gli schemi perché diceva ‘non devi avere paura di andare controcorrente se devi fare una cosa buona’. Così, il papa venuto da lontano è entrato nel cuore delle persone”, ha spiegato la presidente del Consiglio in aula (IL VIDEO). “Ricordare Papa Francesco non significa solamente omaggiare un protagonista assoluto della nostra epoca, ma parlare di un uomo che, anche per me personalmente, ha rappresentato molto di più”, ha detto la premier intervenendo in aula.
    Meloni: “Papa Francesco ti faceva sentire prezioso”
    “Io ho avuto il privilegio di un rapporto personale, sincero, con il Pontefice. Che mi ha fatto comprendere il tratto forse più straordinario del suo modo di interpretare il pontificato”, ha aggiunto la presidente del Consiglio. Per Meloni, Papa Francesco “sapeva essere determinato, ma quando parlavi con lui non esistevano barriere, non creava barriere. Con lui eri a tuo agio, potevi parlare di tutto, e raccontarti senza filtri e senza timore di essere giudicato. Poteva vedere la tua anima e guardarti a nudo. Come se per lui significasse dire ‘io ci sono per te’. Ti faceva sentire prezioso in quanto unico e irripetibile”, ha ribadito (IL VIDEO).
    Meloni: “Sapeva trasmettere gioia, passione per la sua missione”
    Papa Francesco “diceva che la diplomazia è un esercizio di umiltà, perché richiede di sacrificare un po’ dell’amor proprio per comprendere le ragioni e il punto di vista dell’altro. Un insegnamento che intendiamo coltivare”, ha poi ricordato Meloni nel corso del suo intervento alla commemorazione del pontefice. “Sarò sempre grata per il tempo trascorso insieme, per gli insegnamenti e i consigli, tra cui ‘non perda mai il senso dell’umorismo’”, ha aggiunto la premier. Papa Francesco, ha ricordato Meloni, “disse ai pellegrini che è triste vedere un prete, un religioso, un monarca inacidito. Credo che il senso fosse che non puoi guidare gli altri se non sai trasmettere gioia per quello che fai. E Papa Francesco sapeva trasmettere la gioia, la passione, per la sua missione. Ne sapeva trasmettere anche la difficoltà, e questo dava alla sua allegria un valore molto più grande”, ha rimarcato la presidente del Consiglio. Bergoglio “ha adempiuto alla sua missione fino all’ultimo giorno, quando ha impartito la benedizione Urbi et Orbi e abbracciato i fedeli a San Pietro. E ha sintetizzato, nelle semplici parole sussurrate al suo infermiere: ‘Grazie per avermi riportato in piazza’, la cifra forse più significativa del suo intero pontificato”, ha ribadito Meloni.
    Meloni: “I suoi appelli alla pace sono un monito alla responsabilità”
    Papa Francesco “non ha smesso di invocare la pace, la fine delle guerre che finiscono l’umanità, dalla martoriata Ucraina al Medio Oriente, passando per il Sahel, lo ha fatto anche quando sapeva che alcuni avrebbero potuto non capire e che le sue parole potevano essere travisate e strumentalizzate”, ha ribadito Meloni, sottolineando che “i suoi molteplici appelli alla pace oggi sono ulteriore monito alla responsabilità”. Poi ha aggiunto: “Io, il governo e l’Italia gli saremo sempre riconoscenti anche per aver regalato quella presenza storica, la prima volta di un pontefice ai lavori del G7”.
    Meloni: “Al G7 richiamò l’attenzione sulle sfide del nostro tempo”
    Ricordando la partecipazione di Papa Francesco al G7, Meloni ha sottolineato che “da leader globale ha richiamato l’attenzione del mondo sulle grandi sfide del nostro tempo, dalla difesa del Creato all’Intelligenza artificiale. Aveva introdotto il concetto di algoretica, dare un’etica agli algoritmi per invocare uno sviluppo delle tecnologie che non superasse il limite invalicabile della centralità dell’uomo. E quando io gli chiesi di partecipare al summit del G7 per portare questo messaggio, lui non esitò”. “Tra i tanti messaggi che ci ha consegnato” al G7, ha ribadito la premier, “ce n’è uno che tocca tutti in quest’aula. Il Santo Padre ha detto che ‘la politica serve’ e che ‘di fronte a tante forme di politica meschine, tese all’interesse immediato, la grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi, pensando al bene comune a lungo termine'”.
    Meloni: “Papa Francesco ci ha indicato il valore infinito della persona e il coraggio”
    “Come pontefice”, Papa Francesco “ha vissuto quella che lui stesso ha definito non già un’epoca di cambiamenti, ma un vero e proprio cambio d’epoca. E qui, guardate, l’uso frequente di alcune espressioni a volte rischia di farne perdere il senso: il cambio di un’epoca investe ogni livello della vita dell’uomo, quello religioso, quello sociale, quello politico. Significa misurarsi con sfide inimmaginabili, senza poter ricorrere a esperienze sperimentate, e quindi rassicuranti”. Così la presidente del Consiglio ha ricordato ancora una volta Bergoglio in aula. “Cambio di epoca, per chi ha ruoli di guida, vuol dire mettere in conto incertezze, inciampi, assunzioni di responsabilità più difficili del consueto. Papa Francesco si è caricato di queste responsabilità e ci ha indicato alcune cose essenziali a cui dobbiamo restare agganciati: il valore infinito della persona, il principio di realtà, il coraggio”, ha aggiunto. Concludendo il suo intervento, la premier ha poi spiegato che “tentare di essere all’altezza di questo insegnamento è il nostro modo di dire grazie a questo straordinario uomo e Pontefice, che ora è tornato alla Casa del Padre, certo, ma continuerà a sorriderci e a guidarci. A Dio, Papa Francesco”. LEGGI TUTTO

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    Dl Bollette è legge, via libera del Senato al provvedimento

    Il decreto bollette è legge. Il Senato ha approvato il disegno di legge con 99 sì, contro 69 no e un astenuto. Il provvedimento, che aveva già ottenuto il via libera alla Camera lo scorso 16 aprile, prevede un bonus di 200 euro per gli Isee fino a 25 mila euro. “Questo decreto interviene con risorse importanti, circa 3 miliardi, per sostenere famiglie e imprese e, allo stesso tempo, introduce misure strutturali per rinnovare ed efficientare il sistema energetico italiano”, ha sottolineato il senatore e vicecapogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama, Roberto Rosso, intervenendo in Aula sul decreto bollette.

    Il via libera del Senato al Dl Bollette

    “La sicurezza energetica è l’obiettivo di questo Governo, perché è il modo migliore per garantire alle imprese prezzi che consentano loro di competere sui mercati globali e alle persone di affrontare più serenamente i propri bilanci familiari”, ha ribadito Rosso, che ha aggiunto: “Affrontiamo così le sfide della sicurezza energetica, della sostenibilità economica e della de-carbonizzazione per arrivare a una minore dipendenza dall’estero e a creare un mix di approvvigionamenti sempre più sostenibili, migliorando le fonti esistenti e creandone di nuove, tra cui il nucleare di ultimissima generazione”.
    Cosa prevede il Dl Bollette
    “Con l’approvazione definitiva al Senato del decreto bollette portiamo a compimento un provvedimento di vitale importanza per i nostri concittadini e per il Paese, un provvedimento che si inserisce in un panorama emergenziale che ha inciso in maniera pesantissima sul bilancio delle famiglie italiane e ha eroso la competitività del nostro sistema produttivo”, ha commentato la senatrice della Lega, Tilde Minasi intervenendo in Aula. “Ad accedere alle nuove misure messe in campo, infatti, potrà essere una fetta significativa della popolazione anche grazie al limite Isee fissato a 25 mila euro. Oltre al contributo diretto, che può arrivare fino a 500 euro per i nuclei più fragili, il decreto introduce, proprio grazie alla Lega, la tutela dei vulnerabili: over 75, persone con disabilità e coloro che vivono in condizioni economiche precarie potranno usufruire di un mercato tutelato sino al 2027”, ha spiegato Minasi. E ha aggiunto: “Sempre su proposta della Lega, vi sarà l’estensione delle misure anche alle strutture sanitarie e sociosanitarie convenzionate con il servizio sanitario nazionale nonché alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza”. Inoltre, vi sarà anche “lo stop al pignoramento degli immobili per debiti condominiali inferiori ai 5.000 euro e la semplificazione del quadro autorizzativo per gli impianti da fonti rinnovabili e sistemi di accumulo, così da velocizzare gli investimenti e accrescere l’autosufficienza energetica. A questo si aggiungono, sul fronte imprese, 600 milioni per il fondo per la transizione energetica nel settore industriale e il rifinanziamento del fondo per gli impianti sportivi energivori, con 10 milioni aggiuntivi”, ha ribadito la senatrice. LEGGI TUTTO

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    Cinque giorni di lutto nazionale, polemica politica sul 25 aprile

    Ieri il Cdm ha proclamato 5 giorni di lutto nazionale per la morte di Papa Francesco. Scoppia un caso sulle celebrazioni della Liberazione, che cade in uno dei giorni di lutto. “Tutte le cerimonie sono consentite, ma con sobrietà”, dice il ministro per la Protezione civile Musumeci. Sinistra in rivolta, Anpi conferma eventi. Il Pd replica che sospenderà tutte le iniziative programmate fino al 24, ma celebrerà la festa del 25 aprile. Il ministro poi puntualizza: “Nessun ostacolo”

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    Il governo ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale per la morte di Papa Francesco. La decisione è stata assunta ieri dal Cdm, ventiquattro ore dopo dopo la scomparsa di Bergoglio. Nell’esecutivo c’era chi spingeva per un lutto di tre giorni, in linea con quanto fu stabilito dopo la scomparsa di Giovanni Paolo II. Ma alla fine è prevalsa la linea più larga, perorata dalla premier Giorgia Meloni, che porterà il lutto fino a sabato 26 aprile, il giorno dei funerali del Pontefice. In questo modo il lutto interesserà anche la giornata del 25, cioè la festa della Liberazione. E questo ha causato una polemica con l’opposizione.

    Le parole di Musumeci e le reazioni

    “Il 25 aprile? Tutte le cerimonie sono consentite, con la sobrietà che la circostanza impone a ciascuno”, ha detto il ministro Musumeci al termine del Cdm di ieri. Parole che hanno scatenato dure reazioni. Il Pd annuncia seccamente che sospenderà le attività del partito solo per tre giorni, fino al 24. Avs punta il dito contro “l’allergia” di Palazzo Chigi “alla liberazione dal fascismo e dal nazismo”. I radicali parlano dell'”ennesimo sintomo di uno stato teocratico”. Nessun commento dal Movimento 5 stelle che però, è quanto filtra da ambienti di Campo Marzio, vogliono evitare polemiche politiche in un momento di lutto per il Papa confermando al contempo l’impegno a festeggiare il 25 aprile. Una polemica che potrebbe andare di pari passo – si teme in ambienti parlamentari – con l’omaggio della politica e delle istituzioni a Francesco che culminerà nelle commemorazioni ufficiali alla Camera (con la partecipazione della presidente del Consiglio) e sabato fermerà anche le partite di calcio.
    Protesta delle opposizioni
    “Non trovo giustificazione alle parole strampalate sulla sobrietà con cui celebrare il 25 aprile utilizzate da un ministro del governo Meloni”, attacca Nicola Fratoianni. “Voler sminuire il valore di ciò che rappresenta quel giorno utilizzando peraltro la scomparsa di una straordinaria personalità come Papa Francesco, non può passare sotto silenzio”. Il 25 aprile “non è una festa in discoteca o un happy hour, ma il giorno in cui si ricorda la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, grazie alla resistenza che ci ha poi condotti alla democrazia”, rincara il collega di Avs, Angelo Bonelli che aggiunge: “Musumeci ha perso un’occasione per tacere”. Il segretario di Radicali Italiani, Filippo Blengino, invita i sindaci a “disobbedire, non dando seguito alle disposizioni di Palazzo Chigi e non esponendo le bandiere a mezz’asta”. Mentre Rifondazione Comunista promette che il 25 sarà in piazza “con ancora più forza, con ancora più rabbia, con ancora più speranza. A ricordare che l’Italia è nata dalla resistenza”. LEGGI TUTTO