I panzer tedeschi guadagnano terreno contro la scalata di Unicredit a Commerzbank. Ieri è scattata la controffensiva del governo di Berlino che chiede all’ad Andrea Orcel di fare un passo indietro. «Ci aspettiamo che abbandoni il suo tentativo di acquisizione. Rimaniamo impegnati per una Commerzbank indipendente», ha dichiarato alla Dpa il ministro delle Finanze e vice cancelliere, Lars Kingbeil, aggiungendo che si tratta di «una banca di importanza sistemica in Germania» che «ha dimostrato di poter avere successo anche da sola». A inizio settimana il gruppo guidato da Orcel ha convertito parte dei suoi derivati, diventando primo socio di Commerzbank con il 20% del capitale e dei diritti di voto superando la quota dello Stato tedesco che è attualmente del 12%. Unicredit ha dichiarato che vuol convertire il suo restante 9% in azioni «a tempo debito». Le autorità di vigilanza, tra cui la Bce, hanno già autorizzato la manovra. Ma Berlino non ci sta e non intende cedere la propria quota.
Alle barricate alzate dal governo si sono aggiunte quelle della stampa tedesca. Ieri Handelsblatt riportava le parole del deputato della Cdu Sepp Müller («Siamo a favore di un centro finanziario forte in Germania, e questo include una Commerzbank indipendente»), della portavoce dell’Spd per la politica finanziaria, Frauke Heiligenstadt («Un’acquisizione di Commerzbank sarebbe rischiosa senza trasparenza strategica e accettazione politica, sia per la banca che per l’intero mercato finanziario tedesco») e anche di Christian Miele, socio della start-up Headline e membro del comitato consultivo di Commerzbank, che sottolinea come in un recente sondaggio di Finance Magazine, oltre il 70% degli intervistati si sia espresso a favore di una Commerzbank indipendente. Un commento apparso sulla Sueddeutsche Zeitung sottolinea che il caso Commerzbank sarebbe diverso da quello di Ita-Lufthansa e dal tentativo della famiglia Berlusconi di controllare la rete tv ProSieben perché si tratta di «un’acquisizione contro la volontà dei dipendenti e della politica» e perché «con Unicredit in Europa nascerebbe una banca piuttosto grande che in caso di crisi finanziaria potrebbe diventare un rischio incalcolabile».
La Faz ricorda il giudizio negativo dei sindacati e aggiunge che la prossima assemblea generale della Commerzbank è prevista per maggio 2026: fino ad allora, il consiglio di sorveglianza rimane l’organo di controllo decisivo, nel quale il governo federale ha due rappresentanti, Unicredit nessuno.
Nel frattempo, a margine della Conferenza pe la rinascita dell’Ucraina, il ministro Giancarlo Giorgetti ieri ha sottolineato l’importanza di escludere dalla ricostruzione di Kiev chiunque abbia beneficiato, a vario titolo, di proventi per aver fatto affari in Russia contribuendo a finanziare di fatto l’attacco contro l’Ucraina. Del resto, si tratta di un passaggio inserito anche nella dichiarazione finale dell’ultimo G7 Finanze in Canada approvato da tutti i membri G7 lo scorso maggio a Banff. E la questione è stata ribadita anche dal presidente del Consiglio, , nel corso del suo intervento. Il messaggio lanciato da Giorgetti, con l’appoggio della premier, è rivolto soprattutto a Unicredit.
Il governo italiano ha approvato l’operazione annunciata da Orcel sul Banco Bpm con una serie di prescrizioni, tra qui appunto quella di interrompere subito le sue attività in Russia, ad eccezione dei pagamenti delle aziende italiane in loco che si troverebbero in difficoltà, entro l’inizio del 2026.
Fonti vicine al Mef sottolineano, dunque, che l’operazione sul Banco Bpm non passerà mai finché Unicredit non uscirà dalla Russia. Condizione che resta imprescindibile.