Come ritrovare le vie della crescita? È attorno a questo quesito che si è sviluppato il dialogo con Carlo Messina, Consigliere Delegato e Chief Executive Officer di Intesa Sanpaolo. L’occasione è stata fornita dalla seconda giornata della Conferenza internazionale “Young Factor 2025”, un dialogo tra giovani, economia e finanza, promosso dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, in partnership proprio con Intesa Sanpaolo, che si tiene a Milano, a . Nell’intervista rilasciata al direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, c’è modo di spaziare attraverso varie dissertazioni.
Si parte dalla fortissime tensioni che si stanno registrando nel Medio Oriente: “Il contesto che osservo è sicuramente di grande turbolenza, anche se per ora concentrato a livello locale“. Se da un lato “è indiscutibile che la capacità di propagarsi a livello mondiale potrebbe creare qualche preoccupazione importante“, dall’altro “la mia spettativa è riduzione dei tassi di crescita, ma non recessione“, dichiara in maniera certa Messina. “Tale percorso sono sicuro che non verrà interrotto: il mondo continua ad avere una prospettiva di crescita, non di riduzione della prospettiva di crescita“.
Il banchiere romano poi, tenendo insieme due diversi temi economici-geopolitici per esprimere una propria opinione rispetto alla discussione che ha maggiormente preso piede dentro l’Unione europea: “Abbiamo la povertà, i giovani che devono trovare lavoro, problemi di stipendi e oggi tutti parlano della necessità di riarmarsi. Mi trovo poco a mio agio con queste considerazioni“, ha affermato Messina.
Quest’ultimo preferisce porre in atto un “approccio realista e sono convinto che esiste la necessità di un coordinamento nei meccanismi di difesa, la necessità di potenziamenti“, però da “questo a far diventare che tutto il dibattito è sulla trasformazione delle fabbriche in strumenti di preparazione delle armi, io non riesco a trovarmici a mio agio in un approccio che ragiona in questo modo“. L’ad di Intesa Sanpaolo ribadisce il concetto: “Se hai poveri in Italia e negli altri Paesi del mondo, questa dovrebbe essere la priorità, non parlare in continuazione di riarmo“. E a questo si lega sia al “problema dei giovani che vanno all’estero” sia a quello dei “neet, che è una questione inaccettabile“.
La questione dei poveri e degli stipendi, dunque dovrebbe essere al centro delle discussioni politiche, non il riarmo. I salari, del resto, sono “la base su cui noi possiamo consentire il benessere alle altre persone“. Ed è poi sotto questo aspetto che il CEO di Intesa Sanpaolo sferza gli imprenditori: “La forte correlazione dogmatica dello stipendio con la produttività, io francamente in aziende che fanno tanti utili la considero una scusa per non aumentare gli stipendi“. “Quando tu superi un determinato livello di utili – ha aggiunto Messina – credo che non sia neanche socialmente equo non dare aumenti di stipendi a chi lavora nelle aziende“.
Il membro del Comitato Esecutivo dell’ABI completa il suo ragionamento dicendo che, grazie all’azione svolta dalle banche, si è potuto cambiare la vita di chi si può trovare ad avere inconvenienti di 500 euro: “Se tu guadagni 2.000 euro, questa cifra di ‘imprevisto’ ti porta ad avere meno difficoltà a poter o mangiare o pagare qualcosa che può servire alla famiglia.
E questo credo che sia un dovere assoluto”. Sui dazi, infine, Carlo Messina non ha dubbi: “Trump è un negoziatore e la mia impressione è che si ricomporrà un mondo normale nell’arco dei prossimi mesi“.