Quando, come di questi tempi, gli istituti di credito ottengono performance particolarmente eclatanti in Borsa (si viaggia ai massimi storici) e specie in una stagione caratterizzata da un complicato risiko bancario, la Consob è chiamata a tenere gli occhi ben aperti. Vigilare e ancora vigilare. Perché il diavolo è maestro nel metterci lo zampino. Tanto più che incominciano a circolare spifferi che proprio in ragione dell’euforia borsistica mettono in guardia su una non chimerica bolla. E sappiamo chi ne farebbe principalmente le spese: cittadine e imprese. Perciò, la Commissione di vigilanza sulla Borsa non può permettersi alcuna distrazione. Occorre imparare dagli errori commessi da alcune gestioni passate. Un succinto ripasso di alcuni trascorsi nebulosi è opportuno. Gli scandali che hanno investito Mps; i disastri delle popolari venete e il dramma delle quattro banche popolari fallite nel 2015: miliardi di risparmi privati polverizzati. Con le conseguenze del caso, comprese le tensioni tra Authority e Bankitalia poi appianate. Quelle vicende hanno lasciato un deficit di fiducia. In particolare nei risparmiatori più indifesi. Recuperare credibilità non è semplice, soprattutto quando il soggetto coinvolto svolge un ruolo nel Sistema Paese oltremodo delicato. In questi anni Consob si è adoperata per riprendere confidenza con la propria ragion d’essere. Adeguandola al volto sempre mutevole del mercato finanziario. Da realtà indipendente è nelle cose che abbia rapporti non sempre lineari con i governi, perché ciascuno gioca la propria partita.
Tuttavia, è segno di realismo che emergano preoccupazioni per quel che sta avvenendo nel mondo delle banche. Una prova difficile per Consob: vigilare in modo proattivo. Come dicono i medici: prevenire è meglio che curare.
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