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Unicredit ad alta tensione. Sul golden power è scontro


A mercati chiusi, nel silenzio di Pasquetta, i vertici di Unicredit hanno dato vita a una riunione informale ristretta (non si tratta di una convocazione ufficiale del cda) per decidere i prossimi passi nel tentativo di scalata a Banco Bpm. In queste ore, ai piani alti del gruppo guidato da Andrea Orcel, c’è forte irritazione per le dure prescrizioni ricevute dal governo in virtù del Golden Power. La decisione era nell’aria da tempo, ma certo in Piazza Gae Aulenti non si aspettavano un intervento così duro, tanto da far pensare alla banca italiana di fare ricorso presso la giustizia amministrativa regionale. Non è detto che sarà così, però Unicredit sicuramente farà valere tutte le sue ragioni nel corso dell’interlocuzione formale, non escludendo anche le vie legali.

Delle diverse misure stringenti, forse la più pesante per una società quotata in Borsa (e che sta creando imbarazzi anche tra coloro i quali fanno il tifo per la nascita di un terzo polo bancario con Mps) è che Unicredit non potrà vendere o smobilizzare per 5 anni i Btp (o comunque titoli di emittenti italiani) attualmente in pancia ad Anima, società dei fondi che è sotto Opa di Bpm e che verosimilmente farebbe parte del perimetro del nuovo gruppo Unicredit-Bpm. Un’imposizione che desta molte perplessità e che potrebbe essere anche attaccabile dal punto di vista legale: proprio di qui, infatti, gli avvocati di Unicredit potrebbero partire per dare battaglia se si decidesse di battere la via del ricorso in tribunale.

Avrà un suo peso, anche se forse di minor rilievo, la questione dell’imposizione di lasciare la Russia entro nove mesi. Su questo aspetto, infatti, Unicredit è da tempo al lavoro per azzerare l’esposizione a Mosca. Un obiettivo che, entro il mese di settembre, conta di raggiungere sostenendo di essere già ora «pienamente in linea» con le richieste della Banca centrale europea. Da ambienti di Unicredit si fa però notare che l’obbligo di abbandonare tout court il Paese entro nove mesi è un target molto sfidante, soprattutto se ci si misura in uno Stato dove a prendere le decisioni è il Cremlino, che ha voce in capitolo sul compratore e perfino sul prezzo.

Orcel, da lottatore della finanza, da quanto trapela non intende mettere da parte i suoi progetti tanto facilmente, ragione per cui darà battaglia in ogni sede possibile. Potrebbe farlo già nell’assemblea delle Generali di giovedì, dove Unicredit ha il 5% (ma potrebbe essere salita anche vicino al 10%) e quindi, col suo voto, potrebbe rendere i contorni della vittoria della lista di Mediobanca particolarmente cospicui. Intanto, a soli due giorni dall’assemblea del Leone continuano a salire i decibel della discussione. Il grande azionista Francesco Gaetano Caltagirone, che ha presentato una lista di sei elementi per la compagnia assicurativa, è tornato ad adombrare i rischi di una fuga senza ritorno degli investimenti dall’Italia qualora la joint venture con Natixis vedesse la luce.

Allo stesso modo, il numero uno di Generali, Philippe Donnet, si sta spendendo per tranquillizzare i vertici del governo, temendo di fare la stessa fine di Unicredit. Due realtà intrecciate, ora più che mai, che hanno come minimo fattore comune il risparmio degli italiani.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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