Le retribuzioni dei dipendenti pubblici potrebbero crescere fino a oltre 500 euro al mese tra il 2019 e il 2027, secondo quanto emerge dal Rapporto semestrale Aran sulle retribuzioni del pubblico impiego. L’analisi, presentata a Roma, prevede incrementi significativi: per le funzioni centrali, l’aumento medio pro-capite sarebbe del 20,43%, pari a 562 euro mensili per 13 mensilità; per la sanità si stimano 530 euro in più (+21,08%), mentre per scuola, istruzione e ricerca l’incremento sarebbe di 400 euro (+16,57%) e per le funzioni locali di 395 euro (+16,68%).
Le risorse stanziate e l’equilibrio di bilancio
I costi complessivi per i rinnovi contrattuali ammonteranno a 10 miliardi nel triennio 2025-2027, raggiungendo gli 11 miliardi nel triennio successivo. Per la prima volta, le risorse destinate ai rinnovi sono pianificate con un orizzonte temporale fino al 2030, in linea con il Piano strutturale di bilancio trasmesso all’Ue. L’Aran sottolinea inoltre che, a partire dal 2025, l’indennità di vacanza contrattuale sarà riadeguata seguendo il tasso di inflazione stimato, garantendo un minimo incremento dello 0,6% da aprile e dell’1% da giugno.
“Il rapporto presentato oggi ci offre un quadro dettagliato dei dati economici della contrattazione nel pubblico impiego. Tuttavia, per avere una visione completa, è necessario affiancare a questi numeri l’analisi della parte normativa dei contratti, che ha un rilievo significativo anche rispetto al settore privato” ha dichiarato Antonio Naddeo, presidente dell’Aran. “Elementi come l’orario di lavoro, i permessi, il lavoro agile, il buono pasto e la settimana corta sono aspetti fondamentali che contribuiscono a definire un sistema di garanzie e diritti per le lavoratrici e i lavoratori del pubblico impiego” ha aggiunto Naddeo, sottolineando come tali istituti regolino non solo le condizioni lavorative, ma anche l’evoluzione delle tutele nel mondo del lavoro in generale.
Retribuzioni e inflazione: il confronto con il settore privato
Secondo il rapporto, nel 2024 il settore privato ha registrato incrementi retributivi maggiori (+4%) rispetto alla Pubblica Amministrazione (+0,7%), con i dirigenti pubblici che hanno però visto un aumento del +3,7%. Nel periodo 2014-2024, le retribuzioni contrattuali sono cresciute del +15,1% nell’intera economia, con il settore privato a +16,3% e la PA a +12,2%. Tuttavia, l’inflazione cumulata ha raggiunto il +21,2%, segnalando un divario ancora da colmare.
La posizione del governo
Il ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, ha accolto con favore i dati del rapporto: “C’è una falsa narrazione che i numeri ancora una volta smentiscono” ha commentato. “Dal rapporto emergono dati che fotografano la realtà e smentiscono tesi che alcuni sindacati continuano a sostenere. Il primo elemento rilevante riguarda l’ammontare complessivo delle risorse finanziarie stanziate da questo Governo per il rinnovo dei contratti dal 2022 e in prospettiva fino al 2027: 21 miliardi di euro. Mai prima d’ora erano state allocate così tante risorse e con tale anticipo rispetto alla scadenza dei contratti stessi”.
Zangrillo ha poi evidenziato come gli incrementi retributivi, soprattutto in sanità e funzioni centrali, siano allineati all’inflazione reale: “Anzi, se si considera anche il triennio 2016-2018, due comparti – sanità e funzioni centrali – mostrano incrementi retributivi coerenti con il quadro dell’inflazione e con quello finanziario del nostro bilancio, smentendo le
dichiarazioni di Cgil e Uil”.
Il ministro ha concluso sottolineando la necessità di interventi per riequilibrare la dinamica retributiva delle funzioni locali, che hanno accumulato un ritardo rispetto agli altri comparti.