Sono settimane calde in attesa dell’emanazione delle norme di secondo livello sulla lista del cda, uno dei punti più delicati della legge sui Capitali. Ora la Consob ha preso tempo evocando «ulteriori verifiche di carattere giuridico» prima di emanare le sue disposizioni: evidentemente la loro stesura si sta rivelando più laboriosa di quanto avessero immaginato in Via Martini. Lo si desume da alcuni documenti consultati dal Il Giornale relativi alla consultazione presso il mercato indetta dall’authority guidata da Paolo Savona dai quali emerge che il confronto ha assunto toni particolarmente accesi. Per esempio, un gruppo di 32 tra giuristi, economisti e accademici di chiara fama ha scritto una lettera di 8 pagine per esprimere contrarietà su alcuni punti inseriti nel documento di consultazione, che a loro parere si prenderebbe troppe libertà interpretative riguardo il testo normativo di primo livello. Nel dettaglio, l’articolo 144-quater.1 del Regolamento emittenti dà disposizioni sul voto di lista e, in particolare, su chi ha diritto a partecipare al secondo turno di votazioni per determinare le scelte all’interno della lista del cda. Ebbene, Consob propone che solo i «soci che hanno votato in favore della lista del cda» vi possono partecipare. Secondo i firmatari, tra cui l’ex presidente Consob Giuseppe Vegas e l’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria (tra gli altri: Angelo Barba, Michele Costabile, Fabrizio Criscuolo, Maurizio Dallocchio, Francesco Di Ciommo, Francesco Gianni, Francesco Macario, Rainer Masera) andrebbero invece ammessi tutti i soci, essendo l’unica interpretazione «coerente con il tenore anche letterale della norma» che fa riferimento al termine «assemblea». L’intento del legislatore, del resto, era di «limitare, come è stato evidenziato in letteratura, la libertà di azione degli amministratori, in ragione dei rischi di una loro debordante e interessata attività rispetto alla rinnovazione dell’organo gestorio – continua la lettera – esigendo una base legittimatrice dello strumento della lista del cda nella volontà dei soci, espressa a livello delle regole organizzative essenziali dell’ente e poi confermata con il voto in assemblea». Un intento, questo del puntello e radicamento nella volontà dei soci, «che si spinge proprio al punto di esigere che la lista presentata dagli amministratori uscenti formi oggetto di una doppia approvazione assembleare».
Insomma, l’orientamento della consultazione – coordinata dalla commissaria Chiara Mosca, particolarmente legata al notaio Piergaetano Marchetti – pare pendere esplicitamente verso un’interpetazione più favorevole all’autoperpetuazione dei manager a danno degli azionisti. L’esatto opposto dell’intento delle legge, che invece vorrebbe riequilibrare i rapporti di forza rispetto a situazioni – che ormai sono caso di scuola – come quelle di Mediobanca e Generali.
Quanto, invece, al comma che va a determinare il numero dei consiglieri di competenza delle minoranze, la Legge Capitali prevede che se la lista del cda risulta prima ma le due liste di minoranza più votate superano il 20% dei voti, la maggioranza dei consiglieri da eleggere deve essere tratta dalla lista del cda mentre alle minoranze devono essere assegnati posti in modo proporzianale a tutte quelle le liste che abbiano superato il 3% delle preferenze. Secondo la Consob, le società potrebbero derogare al principio di proporzionalità puro, prevedendo un meccanismo diverso nello Statuto. Secondo i 32 firmatari non ci dovrebbe invece essere tale limitazione: «L’interpretazione in base alla quale il numero di consiglieri da assegnare alla lista del cda e alle liste di minoranza sia da calcolare secondo un metodo proporzionale puro – recita la lettera – risulta l’unica aderente al dato testuale», che fa riferimento a «componenti del nuovo cda di competenza delle minoranze», senza fornire un’indicazione percentuale «dei posti in consiglio da assegnare». Ciò implica «che la divisione massima tra maggioranza, da un lato, e minoranze complessivamente intese dall’altro, potrà arrivare al 51% dei posti per la prima e al 49% dei posti per le seconde».
L’auspicio dei 32, quindi, è che il decreto d’attuazione si allinei alla loro
interpetazione, più coerente con la funzione originaria della lista del cda che nasce nel contesto di azionariati estremamente diffusi «per supplire all’inattivismo dei soci». Non, quindi, per escluderli dal governo societario.